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Autore: Lost Tsukiko    08/03/2012    4 recensioni
"Lui non era morto per malattia, incidente, suicidio o omicidio. Soprattutto non era morto per omicidio.
Un uomo che toglie la vita ad un altro essere umano, nulla sarebbe stato più lontano dalla realtà.
Da quel dannato giorno, da quando aveva stipulato il contratto, non un solo uomo aveva potuto seriamente alzare le mani su di Lui, figuriamoci togliergli la vita."
Dimenticatevi dell'anime, di angeli assessuati, demoni che ballano il tip tap e di ragazzini sociopatici.
Questa fic si svolge dopo 10 anni dall'incontro tra Sebastian e Ciel e narra ciò che potrebbe succedere alla fine del contratto.
La traccia base è stata scritta inizialmente dalla mia amica Hitomi, io l'ho messa nero su bianco.
Ho reputato di mettere l'avvertimento OOC per scrupolo. Faccio di tutto per restare IC, ma certe situazioni diventerebbero ingestibili... quindi qualcosa di OOC c'è.
Genere: Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Eterna Dannazione

Eterna Dannazione

Oscurità.

Silenzio.

Era dunque questa la morte? No forse no, almeno non per tutti.
Lui non era uno dei tanti, oh no di certo.
Lui non era morto per malattia, incidente, suicidio o omicidio. Soprattutto non era morto per omicidio.
Un uomo che toglie la vita ad un suo simile, nulla sarebbe stato più lontano dalla realtà.
Da quel dannato giorno, da quando aveva stipulato il contratto, non un solo uomo aveva potuto seriamente alzare le mani su di Lui, figuriamoci togliergli la vita.
Qualcuno, tuttavia, se l’era presa la sua vita, oh se lo aveva fatto! Ma ne aveva tutto il diritto, era il suo compenso.
Quel “qualcuno” era tutt’altro che paragonabile ad un infimo e semplice essere umano.

Un sussurro...

Lui sussulta.
No, non è possibile… deve esserselo immaginato.
Lui ora è nel nulla, è Il Nulla.

O così dovrebbe essere… almeno è ciò che Lui pensa.

Come può pensare?
Come può ricordare ogni singolo istante della sua miserevole vita?
Come può avere ancora coscienza di sé?

Lui è morto.
È stato divorato.
La sua anima è stata il cibo per quell’essere impuro.

Che sia la sua punizione eterna per aver sancito il contratto?

Un sussurro… ancora…

 
“Chi è là” vorrebbe urlare.
Si… perché questa volta Lui sa di aver sentito.
Ma nulla risuona, se non un silenzio assordante.
I pensieri si susseguono frenetici, uno dopo l’altro, nella sua mente.

Lui è morto.
Il dolore è scolpito nei suoi ricordi.
Lui ha sentito sulla sua anima ogni singolo straziante “morso” di quell’essere.
Del suo Maggiordomo Nero.
Del suo Demone.
Ma allora come…

“Bocchan…”

 
Non udì più un sussurro, ma una flebile voce.
Chi lo chiamava?
Chi lo tormentava anche in quella sua eterna punizione?
Sì, perché era questo che lui pensava fosse.
 

“Bocchan…”

 
Quella voce. Più chiara. Di nuovo.
Era impazzito?
Sarebbe stato quello il suo tormento eterno?
Udire la voce del suo salvatore e carnefice?
Sentire quel suono tanto famigliare, ma così profondamente odiato?

Piuttosto che udire ancora quella voce suadente e vellutata, avrebbe preferito risentire per mille e mille volte il dolore conosciuto nella morte.
Quel dolore che fu il grido della sua anima straziata dalle fauci di quel Demone.
Quella voce gli riportava alla mente il ricordo di ciò che fu la sua vita e che non sarebbe più stato.

Riuscite sempre a divertirmi, Bocchan

 

“Basta!”
Voleva urlare.
“Smettila!”
Voleva ordinare.
Ma la sua voce non risuonava.
 

Povero piccolo Bocchan…

Lo stava deridendo, come sempre.

“E voi siete permaloso come sempre, Bocchan…”

 “Tu… come osi”
Avrebbe voluto urlargli contro.

“Oserò questo ed altro, Bocchan…”

I pensieri di Lui si fermarono.
Non poteva essere.
Era morto. Lui era definitivamente morto.
Non poteva impazzire, non poteva sentire, non poteva pensare.

Lui non era più.

Come poteva allora quell’essere leggergli la mente se Lui ora era il nulla?
Perché era questo ciò che stava accadendo.
Poco male, morto o non morto se il Demone voleva giocare, Lui l’avrebbe accontentato.

E sconfitto. 

“La vostra mente è proprio come la immaginavo, Bocchan…” 

“Non hai forse già avuto la mia anima, Sebastian?”

“Mai gustato niente di più prelibato, Bocchan…” 

“Cos’altro vuoi Sebastian?”

“La vostra Eternità, Ciel.” 

“ La mia Eternità? Vuoi essere il mio eterno tormento nella morte, Sebastian?”

“Quello non è più il mio nome, Ciel. Ora aprite gli occhi…” 

“Sono morto! Come potrei farlo?”

“Questo non è del tutto esatto, Ciel…” 

“Non li ho più gli occhi, idiota! Non ha senso ciò che dici!”

“Mph…”

“Cosa ci trovi di divertente?”

“Non ci avete nemmeno provato, Ciel… “ 

“Zitto! Non osare chiamarmi così!”

“Piccolo, sciocco Ciel…”

“Tu… Dannato Demone…” 

“Mai Dannato quanto voi… Ciel…”

“C-cosa vuoi dire?”

“Fate ciò che vi è stato detto e lo saprete… Ciel…”

 
Qualcosa era cambiato.
Lui non sentiva più di essere nel nulla. Di essere il Nulla.
Sentiva il suo corpo.
Il suo cuore batteva.
Il petto si alza e si abbassava.

Era… Vivo?

Con tutta la forza che possedeva tentò di aprire le palpebre.
Niente.

“Vi arrendete così facilmente, Ciel?
Ma se è sufficiente una cosa del genere per fermarvi, avrei fatto meglio a lasciarvi al vostro destino 
e godere totalmente l’interezza della vostra anima…
E io che ve ne ho lasciata a sufficienza per vivere…
Speravo di aver trovato chi mi tenesse testa per l’Eternità…”

“Che vai farneticando, la mia anima ti ha dato alla testa?”

“Se aprirete gli occhi lo capirete, Ciel…”

Lui non badò più alle parole di quell’essere, in quel momento aveva altro a cui pensare.
Ritentò e riprovò più volte. Finché, finalmente, i muscoli non risposero.
Un filo di luce gli ferì gli occhi. 


Li richiuse subito.
Troppa luce dopo essere stato nel buio assoluto.
Riprovò e lentamente le palpebre si alzarono, liberando definitivamente gli occhi dall’oscurità.

La figura nera di Sebastian lo sovrastava con il suo solito indefinibile sorriso.

Ciel si alzò a sedere con enorme sforzo.
Osservò l’ambiente. Era una lussuosa stanza da letto dove il rosso cremisi e il nero più profondo tingevano ogni oggetto.
Scese dal giaciglio che lo aveva ospitato fino a quel momento.
Sentiva il suo corpo pesante e gli doleva in maniera indicibile, ma non una smorfia comparve sui nobili tratti del suo viso.

Il Demone, dal canto suo, si limitava a guardarlo con la sua solita espressione stampata sul volto.

Ciel vide uno specchio alla sua sinistra, vi si mise davanti.
La sua esile figura si rifletteva altera e superba.
Percorse il suo riflesso dai piedi fino a arrivare al volto.

Ma non vi trovò quello che per anni aveva visto ogni singolo giorno della sua vita.

Dietro di lui, quello che fu Sebastian, lo guardò negli occhi attraverso lo specchio.
Cremisi nel cremisi, occhi di demone in occhi di demone.

“Siete morto come umano e rinato come demone...
                        Ora siete una mia creatura…
                                    Un essere dall’anima corrotta…
                                                Un Demone…                   

  Benvenuto nella vostra nuova, dannata ed eterna vita, Ciel Phantomhive…”

Colui che fu l’ultimo Conte Phantomhive, il cane della Regina d’Inghilterra, il ragazzino che per vendetta strinse un patto con un Demone, ora fissava con i suoi occhi cremisi il suo nuovo demoniaco riflesso.

 Quello fu il giorno dove ebbe inizio la sua Eterna Dannazione.

   
 
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