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Autore: Kamon    09/03/2012    2 recensioni
- Non mi toccare feccia… che cosa mi hai fatto? - quell’uomo, anzi no, quel MOSTRO, aveva reso un Mostro anche Darc che era disorientato e confuso, avrebbe potuto aspettarsi un giorno di fare un incidente in macchina, di mangiare una libellula o perfino di fare un Cosplay di Molly delle Superchicce ma non di poter diventare un Angelo Caduto capace di sparare buchi neri a casaccio e di uccidere persone.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Ma che cosa diavolo mi è venuto in mente? – non credeva che dire ad alta voce il nome del più acerrimo rivale di Dio fosse totalmente lecito dentro ad una Chiesa, ma visto che si era diretto lì senza saperne il perché non poteva neanche appellarsi al Creatore dato che la sua stessa presenza lì sembrava blasfema.

Eppure per qualche strano motivo, a lui stesso sconosciuto, si era svegliato quella mattina con un insana voglia di dirigersi nella più grossa Cattedrale della City, cosa quanto mai strana per uno come lui: assolutamente ateo e non credente in alcuna forma di culto religioso. Eppure, oltre ad avvertire costantemente sussurri nella sua testa, come se qualcuno gli parlasse sottovoce e uno strano intorpidimento gli avvolgeva le mani, si sentiva come spinto verso la cattedrale.
Aveva rimandato quel viaggio per tutto il giorno ma finalmente si era deciso.
Si sentiva totalmente fuori posto in quel luogo: le finestre dai vetri colorati dipingevano ampie pennellate multicolore sul pavimento di marmo, le colonne si levavano ampie fino al soffitto a volta, alto ed affrescato sopra la sua testa, una qualche sorta di vento freddo gli accarezzava la pelle nonostante si fosse avvicinato alle candele bianche che i fedeli accendevano per chissà quali arcani motivi, come se quel piccolo barlume di luce fosse un’ ancora di salvataggio.
Eppure era estate inoltrata, non avrebbe dovuto esserci tutto quel freddo lì dentro; Per non parlare del fatto che ci sarebbe dovuto essere qualcun altro là dentro, oltre a lui, e invece no era lì, solo come un cretino, ad ascoltare i canti religiosi diffusi da qualche altoparlante piazzato chissà dove.
–Devo essere ammattito completamente…- la mano si mosse ad allargare il collare di cuoio che portava da anni, un gesto che ormai gli veniva in automatico quando era nervoso o si trovava in difficoltà, i suoi occhi verdi, smeraldini quasi, spaziavano velocemente le tre arcate della Cattedrale, come se sperasse di trovare una risposta alla domanda che gli invadeva la mente ormai da mezz’ora: che cosa ci faceva lì?
La mano sinistra, precedentemente occupata a giocherellare col collare, si spostò sui capelli corvini dai riflessi rossicci, spettinandoli ancor più di quanto non lo fossero già.
Percorse solo qualche metro, tagliando la distanza che lo separava dai pesanti battenti di legno della Cattedrale. Il silenzio attorno a lui era interrotto soltanto dal riecheggiare dei suoi passi e da quelle stupide registrazioni dei canti Cristiani.
Stava camminando, il suo sguardo veniva continuamente attirato dalla maestosità degli affreschi che andavano ricongiungendosi proprio sopra l’altare, quando una voce limpida e cristallina lo costrinse a riabbassare lo sguardo.
– Darc DeepGate non è vero? –
Si ritrovò a strabuzzare gli occhi, sorpreso nel vedere quella figura comparsa dal nulla… poteva giurare che quella figura, ammantata di nero, poco prima non c’era.
O forse era lui a non l’aveva notata?
- Dipende… chi vuole saperlo?- il solo fatto che si trovasse lì era strano ma che uno sconosciuto lo chiamasse per nome e cognome lo era ancora di più. L’abbigliamento di quell’uomo era strano: indossava una tunica nera lunga, fino ai piedi, che non lasciava scoperto nessuna parte del corpo se non le mani e il volto, un’ombra quasi perfetta se non fosse stato per quei bottoni viola che, dal colletto fino alla cintola, tenevano chiuso il mantello.
I bottoni, neanche a farlo apposta, erano dello stesso colore degli occhi del suo interlocutore e le sue iridi sembravano risplendere quasi di luce propria, mentre lo sguardo dello sconosciuto era fisso proprio su di lui e lo scrutavano come se volesse analizzare in tutto e per tutto l’anima del giovane Darc.
– Si, sei proprio tu… Non avevo dubbi. – quell’uomo doveva essere per forza pazzo.
Un largo sorriso si stagliava sul volto del giovane sconosciuto, doveva raggiungere a malapena la trentina e gesticolava con enfasi mentre parlava, rivelando una serie di tatuaggi neri che partendo dalla sommità del dito indice, si avvolgevano in una spirale intricata, percorrendogli l’intera mano mancina fino a scomparire oltre le maniche dalla tunica.
– Sei molto bravo ad immaginare straniero. Posso sapere chi sei e cosa vuoi da me? – come sempre, si era rivelato schietto ed arrogante forse anche un po’ incerto dal momento che la domanda più ovvia poteva essere come mai fosse a conoscenza del suo nome… O forse era solo uno dei tanti partecipanti alla rissa dello “Stregatto”, un Bar di Brooklyn, avvenuto la settimana prima.
Forse era per quello che conosceva il suo nome.

- Quando lavoro, diciamo, sono soliti chiamarmi Padre ma gli amici mi chiamano Feitan. Tu puoi chiamarmi così se ti va. - anche questo “padre”, in quanto ad arroganza non scherzava!
Darc fu sorpreso nel notare però che, mentre inclinava il volto a sinistra, una ciocca blu dei suoi capelli tinti finiva a coprire un occhio violaceo dei suoi occhi, rendendolo ancora più… fastidioso. – Voglio chiederti di seguirmi ma non ti obbligherò a farlo. Se vorrai, potrai uscire in qualunque momento tu voglia. -

Solo in quel momento Darc si era reso conto di una cosa: nel momento stesso in cui il “padre” si era avvicinato, quei fastidiosi sussurri che gli avevano invaso le orecchie per ore intere, erano scomparsi.
– D’accordo. Ti seguirò ma stai attento a quello che fai. Se provi a stuprarmi, sappi che non ti tratterò con delicatezza, “padre”. – se c’era una categoria di persone che Darc non sopportava proprio, erano proprio le persone ambigue e quello lo sembrava decisamente troppo per i suoi standard.
Feitan non rispose alla sua provocazione, anzi, si limitò a scoppiare a ridere allontanandosi da lui e
seppur con una certa riluttanza venne seguito dal ragazzo, che si mantenne a distanza di sicurezza e senza togliere gli occhi di dosso dalla sua temporanea guida in quello strano luogo. Il suo corpo non aspettava altro che una distrazione da parte di Feitan per darsi ad una veloce fuga.
- Non aspettarti da me che usi il tuo nome. Non sei mio amico e non sono solito utilizzo il nome di gente che mi si presenta a random. – non gli fu possibile osservare la reazione del prete, dal momento che egli si era incamminato verso l’ennesimo corridoio che costeggiavano la navata principale, aumentando il passo fino quasi a scomparire nella penombra del luogo. Fortunatamente i capelli del Padre gli rendevano il compito dell’individuarlo più facile del previsto.
La mano dell'uomo da capelli blu si posò su un candelabro a muro e rimase fermo ad osservare lo spesso muro di mattoni per qualche secondo. Il muro non si mosse fino a quando il prete non avvicinò la fronte al muro, mormorando sottovoce delle parole incomprensibili, forse latino ma non ci pensò troppo: i mattoni più superficiali sembrarono girare attorno a dei cardini invisibili, lasciando spazio ad un varco nascosto nel buio più totale. Un oscurità così fitta da far sembrare che il varco nel muro inghiottisse la luce proveniente dalle finestre colorate della Chiesa.

L’uomo si scostò, liberando il passaggio per il ragazzo. - Dopo di te… Mio caro Darc – sembrava quasi volesse sottolineare quelle parole, immaginando che il ragazzo non avrebbe affatto apprezzato tutta quella confidenza.
Darc, con un ghigno spavaldo dipinto sul volto e una marea di insulti diretti al prete con i capelli blu nella mente, cominciò ad inoltrarsi lentamente nel varco appena comparso.
– Ribadisco il concetto: prova anche solo a sfiorarmi, o qualcosa del genere e farai una brutta fine. – strinse i pugni nelle tasche dei jeans,cominciando a muovere i primi passi nell’oscurità, nervoso per la mancanza di illuminazione presente in quel misterioso cunicolo mentre una misteriosa forza sembrava volerlo spingere a continuare la sua camminata verso l’ignoto ma non appena Feitan, alle sue spalle chiuse il varco e battendo le proprie mani il corridoio fu illuminato da una lunga schiera di candele non più bianche come quelle della chiesa ma nere come la pece.
– Direi che “qualcosa del genere” è esattamente la definizione che io darei a quello che ho intenzione di fare. - essendo lui alle sue spalle non poteva vederlo ma Darc era sicuro che stesse ghignando.
– Non mi rassicuri affatto, lo sai? – era molto tentato di girarsi e tornarsene a casa e magari buttarsi a letto, sprofondando in qualche manga ma era altrettanto spinto verso la direzione che gli indicavano le candele appese al muro, dall’ennesimo strano canto che gli aveva invaso la testa dato che le melense litanie nella sua testa sembravano esser tornate a tormentarlo.
– Lo so - il padre sembrava comprendere lo stato d’animo del ragazzo – Ma se ti può far stare meglio, anche io ci son passato -.
Ovviamente quelle parole, oltre a non averlo rassicurato affatto l’avevano confuso ulteriormente.
Dopo un tempo che sembrò un eternità, il corridoio si aprì in una stanza a forma triangolare.
Sembrava essere completamente vuota, non c’era nessun mobile: nessuna sedia, nessuna lampada, nessuna scrivania, nessuna libreria… Niente.
Eppure, ad un occhiata più attenta, Darc si accorse di un particolare che attirò ben presto la sua attenzione dato che su una delle tre pareti era rappresentato uno strano cerchio, mentre dei ceppi di metallo facevano capolino tra una pietra e l’altra, l'intonaco rigonfio agli infissi delle manette come se qualcuno avesse provato a strapparli dal muro – Che posto è questo? Mi sembrava di averti detto che non intendevo essere stuprato! Non è che oltre ad avere un senso praticamente inesistente verso la moda, sei anche sordo e Gay? - in effetti gli sembrava proprio l’ambiente tipico dove si sarebbe potuto praticare del sadomaso ma Feitan non sembrava della stessa opinione, - Rilassati ragazzino! Stai pur certo che tra non molto sarà finito tutto. Lo senti il canto nella tua testa vero?-
Dark non rispose: era troppo occupato ad osservare quella strana stanza dall’alto soffitto e ora che ci faceva caso, sulla parete obliqua di destra c’era una specie di nicchia buia dove risplendevano delle lame che con la loro sinistra brillantezza sembravano occhi famelici; sulla parete di destra invece un cerchio simile a quello disegnato sulla prima parete sembrava quasi risplendere di luce propria, un bagliore scarlatto che illuminava tutta la stanza, dando la strana illusione di sembrare nel bel mezzo di un incendio ma al ragazzo, tutte quelle cose strane, non piacevano per nulla.
– Scusa è, ma mi sono appena ricordato che ho da tinteggiare la cuccia del mio T-Rex se ti fa piacere puoi venire con me, a me non fa certo bene la tua compagnia ma preferisco mille volte doverti sopportare all’aperto anziché starmene chiuso qua dentro. – i canini si erano serrati delicatamente sul labbro inferiore, in un gesto nervoso, e le mani erano troppo immerse nella tasca per andare ad accarezzare il collare di cuoio o sarebbero “corse” la nel giro di pochissimi secondi.
–Stai tranquillo tra poco sarà tutto finito. - Feitan era serio ma Darc non era tranquillo, anzi il nervosismo andava crescendo e come se non bastasse la litania nella sua testa sembrava aumentare sempre di più la sua intensità fino a procurargli di tanto in tanto alcune deboli fitte dolorose alle tempie.
Il ragazzo si voltò verso il prete, notando che Feitan aveva la mano sinistra aperta e tra le sue dita scintillavano fili di una strana luce molto poco rassicurante a suo parere, come se fosse una ragnatela lucente.

Gli impulsi elettrici lucenti crepitavano nel silenzio assoluto che dimorava nella stanza, la luce rossastra del cerchio dipinto sulla parete andava a scontrarsi con quella bianca dei piccoli fulmini che convergevano nella sua mano dell’uomo: ebbene si, dalla mano di Feitan guizzavano piccole saette e lui sembrava fissarle pigramente, come se l'assomigliare ad una murena fosse naturale quanto respirare.
– Vorrei poterti dire che mi dispiace ma è l’ordine che il Creatore mi ha dato. È la mia missione, non posso oppormi al suo volere… mi scuserei ma non lo ritengo necessario! – un abbagliante luce lampeggiò all’interno della stanza e Darc percepì un forte dolore all’altezza dello sterno. Furono le uniche cose che provò prima di perdere i sensi, un dolore talmente acuto, talmente potente che coprì perfino il suo urlo disperato che si perse nello scoppio di luce improvviso che per un attimo cancellò tutte le ombre nella stanza ma i suoi occhi erano già chiusi ed il suo corpo stava già cadendo verso il suolo.

Urla, le sue probabilmente, erano il dettaglio più nitido degli sprazzi di coscienza che provava tra uno svenimento e l’altro.
Le sue urla e un dolore acuto in tutto il corpo, come se stesse esplodendo dall'interno ma non c'erano parole per descrivere quella sensazione tremenda.
Come se il sangue gli ribollisse nelle vene, come se stesse subendo una mutazione atroce, eppure in quello stato di semi incoscienza, avvertiva distintamente la presenza di Feitan all’interno della stanza come se la di lui figura brillasse all'interno della sua mente brillando di luce proprio ma era una luce sinistra e per niente rassicurante.
Intorno a se percepiva ancora il crepitare di quelle strane scintille mentre il suo naso percepiva l’odore del sangue pungente … il suo probabilmente.
Ancora una volta non sapeva dire quanto tempo fosse passato, forse anni o forse qualche attimo appena ma una sensazione gelida gli accarezzava la guancia, facendolo rabbrividire e il dolore adesso sembrava passato, ad eccezione dei polsi, delle caviglie e all’altezza delle scapole dove sentiva un dolore pungente
– Darc...Darc DeepGate mi senti? – una voce fastidiosamente familiare che lo chiamava,una voce carica di emozione e curiosità repressa in malo modo.
Il ragazzo riusciva solo ad ansimare, sentiva la gola secca, il sapore di sangue sulla lingua, doveva essersela morsa mentre cadeva al suolo prima di svenire per la prima volta poco dopo essere entrato nella sala triangolare.
– Portategli dell’acqua- la solita voce familiare ed odiosa impartì un ordine secco, alcuni passi che s che si allontanavano per ubbidire all'ordine giunto e qualche secondo dopo delle mani gli alzarono il capo posandogli sulle labbra una superficie gelida seppur il versamento dell'acqua nella gola riarsa e dolorante ebbe un che di rinfrancante.
Riuscì ad aprire gli occhi, osservando il mondo attraverso una patina rossastra di cui non sapeva stabilire la provenienza dimentico del cerchio dipinto sul muro che brillava poco lontano, percependo con gioia l’acqua che gli scorreva lungo la gola.

La mano che lo dissetava era maldestra e severa ma quando l’acqua finì, Darc riuscì a capire più nitidamente cosa gli stesse intorno.
Ci mise infatti qualche istante per collegare la stanza triangolare dove si trovava e al percorso svolto per arrivare fino a lì e solo faticosamente riuscì a ricordarsi il nome dell’alto figuro avvolto in una tunica viola e nera che gli si stagliava davanti con fare spavaldo – Feitan….- parlare gli procurava ancora un dolore sordo ma inferiore a quello provato poco prima ma non voleva pensarci.
-Ti pregherei di rimetterti in sesto velocemente Darc, ho molte cose da spiegarti ora che sei sveglio –.
Neanche a farlo apposta come ebbe finito di parlare il ragazzo cadde nuovamente incosciente, con la faccia schiacciata contro il pavimento duro e gelido segno che era stato rilasciato dai ceppi che lo legavano al muro ma i polsi continuavano a dolergli debolmente. Questa volta seppe che erano passati appena pochi secondi dal suo svenimento e seppe con chiarezza che gli era stata gettata in volto dell’acqua gelata, che gli fece riprendere almeno in parte, le forze. – Che cosa diavolo mi hai fatto figlio di puttana! – la gola non gli doleva più, adesso erano solo polsi e caviglie a pulsargli leggermente ma gran parte del dolore gli veniva dalle scapole,il perché, non se lo sapeva proprio spiegare, doveva esser stato schiacciato violentemente contro il muro.
Riaprì gli occhi lentamente, mettendo a fuoco la stanza triangolare dove oltre a lui e Feitan, altri due tizzi avvolti dalla stessa cappa indossata del prete, seppur colorata di marrone e non nera come quella del Padre, alti e massicci, ingombravano la stanza, che però gli sembrava decisamente più grande rispetto a prima.
Dopo un paio di tentativi riuscì a mettersi seduto accarezzandosi i polsi dove si erano disegnate delle sottili linee rosse, dove gli erano stati strette le manette evidentemente, infine si sfiorò le guance poco sotto gli occhi, ritrovandole sporche di sangue “Possibile che io abbia pianto sangue?” pensò quasi stupendosi dell’assurdità di quel pensiero ma poco prima aveva visto un uomo sparare fulmini e saette dalle mani, di certo quella spiegazione non gli pareva più tanto impossibile.
Darc si sentiva fuori posto, come se tutto ciò che gli stava intorno fosse diventato troppo strano e misterioso perché lui riuscisse a comprenderlo fino in fondo.

Anzi ora che faceva caso i suoi occhi ora riuscivano a vedere molto meglio di prima, riusciva a notare i disegni intricati incisi sui bottoni viola della tunica di Feitan e riusciva anche, seppur a grosso modo, a vedere i lineamenti dei due uomini incappucciati posati ai lati della porta.
Si sentiva un po’ tipo Peter Parker, nel momento in cui capisce che il morso del ragno gli ha fatto aumentare la vista di quasi dieci volte – Vuoi sapere cosa ti ho fatto? La risposta è semplice: ho risvegliato quello che noi chiamiamo Fattore Virtuoso, una cosa che hai sempre avuto dentro di te ma di cui non conoscevi ne la presenza ne la forza stessa di quest’arte… Insomma una cosa che tu possiedi dalla nascita ma che per alcuni motivi abbiamo potuto mostrarti soltanto adesso. – Darc non era molto convinto di ciò che gli era appena stato detto ma si limitò a guardarsi attorno perché per una volta, non aveva trovato la forza di rispondere a malo modo e tutta la sua arroganza e presunzione di cui spesso si faceva vanto erano scomparsi, dissolti dinnanzi al dolore e alla paura.
Il soffitto che l’ultima volta gli era sembrato altissimo e scuro, ora invece aveva una fine netta e ben delineata, ma troppo in alto per le sue misure, i cerchi ora mostravano più dettagli e al loro interno poteva vedere chiaramente delle scritte strane e antiche, quasi fossero formule magiche. Anzi, se si concentrava, poteva persino comprendere il significato di alcune parole, come “Creatore” “Sangue” o “Angeli” ma non appena il suo sguardo si posò proprio sulla parola “Angeli” sentì un peso imponente premergli contro le scapole e il dolore che provava si fece ancora più forte – Non mi hai ancora risposto Feitan…che cosa mi hai fatto Stradiavolo? - ebbe come risposta solo un ghigno divertito, ed un cenno della mano solcata dalle spirali nere che gli faceva capire che doveva alzarsi, cosa che fece ben volentieri non appena riuscì a raccogliere sufficienti forze, le gambe per un attimo gli tremarono ma poi si rilassarono consentendogli la stabilità adeguata.
Poteva vedere ora che sulle pareti c’erano ora dei simboli disegnati col sangue,il suo sangue: triangoli, croci, immagini di ali e altre parole dall’origine arcana, a terra la serie di coltelli che aveva visto nella nicchia, sporchi del suo sangue seppur ad occhio e croce non sembrava aver ricevuto ferite esterne se non la perdita di sangue che aveva avvertito sotto gli occhi ma anche li, non vi erano tagli.
Mosse qualche passo lento verso Feitan, volenteroso di stampargli un pugno in faccia e infatti aveva già la mano contratta con forza, a tal punto che le nocche erano sbiancate lasciando un alone rosso attorno alle ossa, ma non appena il piede si posò sul pavimento, come un peso strano lo strattonò dietro di sé, facendogli perdere l’equilibrio costringendolo a fermarsi, il cuore che batteva a mille – Spero che ti piaccia il regalo che ti abbiamo fatto…è il dono del Creatore – impulsivamente mosse le mani verso le scapole tutt’ora doloranti ma dove non avrebbe dovuto esserci nulla a parte l’aria, le sue dita sfiorarono una superficie piumata e che gli dava una sensazione strana al tatto,come se quella superficie facesse parte di lui – Ali…- non poteva che trattarsi di quello,ma più che altro si chiedeva cosa diavolo ci facesse lui con un paio di stra-fottutissime ali attaccate alla sua schiena, non era mica un Colibrì lui.
- Esatto Darc, quelle che hai appena avvertito sulla tua schiena sono ali. Le ali di un Angelo perché il sangue degli araldi della parola del Creatore scorre nelle tue vene ma ovviamente tu non lo sapevi….nessuno lo sa mai,almeno fino a quando non giunge per lui il momento di rivelarsi, e allora noi agiamo per dare libertà al Dono che scorre oggigiorno in pochi umani- non sapeva perché ma le sue parole sembravano sincere, come se alcuni pezzi del Puzzle che cercava di comporre da quella mattina fossero tornarti al loro posto,ma ancora qualcosa non gli era chiaro –E perché mi avete trasformato?Che cosa posso fare io che richiedeva tutto ciò?E perché prima hai parlato di un compito?- almeno per adesso quelli gli sembravano i punti più importanti da chiarire, avrebbe deciso solo successivamente di tentare o meno di combattere contro Feitan o i due energumeni dietro di lui, nelle risse di strada era sempre stato bravo ma contro uno che spara fulmini dubitava seriamente di poter vincere – Semplice, il sangue degli angeli come ho già detto prima,a l giorno d’oggi è raro da reperire ma sembra che New York ne sia stranamente impregnata, forse il contatto tra tutte le colture diverse ha facilitato il nascere del Dono Virtuoso, ma comunque sia sei stato trasformato, come dici tu o asceso, come diciamo noi, per essere addestrato e studiato come uno degli arconti del Creatore, che vuole riprendere ciò che gli spetta di diritto, ovvero il Mondo, quindi abbiamo bisogno della forza di più tanti possibili arconti tra le nostre fila – fin lì tutto sembrava esser perfino chiaro, seppur assurdo ma una parola di Feitan non gli andava a genio –In che senso “Studiato”?- la domanda di Darc sembrò avere una qualche sorta di nota esilarante nella voce, perché i due energumeni sghignazzarono da sotto i loro cappucci e Il Padre rifece l’espressione che prima aveva odiato, inclinando la testa e facendo ricadere davanti agli occhi smeraldini ciuffi di capelli blu elettrico,un sorriso malizioso dipinto sul volto –Hai capito bene, studiato, tu sei il primo essere umano non battezzato a nessuna religione che abbia supportato il peso immane dell’ascesa, portandola a compimento con la tua sola forza di volontà e per questo intendiamo studiarti per osservare quale razza di proprietà potrebbero avere altri guerrieri come te…se risulterai un fallimento, debole e se cadrai in decomposizione per non riuscire a sopportare il peso del Dono mi sembra chiaro che con la tua morte, e quella di qualche altro ragazzo, capiremo se portare avanti o meno lo studio su questa razza di Angeli Caduti, si direi che vi potete definire così -.
Nonostante avesse ascoltato con interesse le parole dell’uomo i suoi pugni erano ancora contratti contro i fianchi, pronti a tentare di sferrare un poderoso pugno contro quella figura, ma più che le sue mani erano le ali che desideravano muoversi: i muscoli nuovi erano colpiti da sempre più frequenti crampi al punto che aveva costretto gli innovativi arti piumati a stendersi nella loro ampiezza di un paio di metri circa per ogni ala, e le cui punte piumate sfioravano i muri di mattone, avvertendo come una sensazione aliena che quelle ali non erano fittizie anzi e come si era già reso conto prima erano sensibili al tatto come le sue stesse mani, sentiva una leggera corrente d’aria proveniente dall’alto accarezzargli le piume e gonfiandole sollecitando i tendini delle protuberanze piumate, con la coda dell’occhio poteva perfino vedere quelle “cose” bianche e candide che gli spuntavano dalla schiena – E quindi io sarei solo un vostro esperimento, nulla di più?- rimase fermo nella sua posizione, gli occhi smeraldini puntati contro quelli violacei del Folle Feitan che aveva compiuto su di lui quegli esperimenti, quella trasformazione assurda –No Darc tu sei molto di più, sei un passo avanti per la conquista del Mondo,s ei un arma in più tra le mani del Creatore…sarai un guerriero d’elitè se addestrato a dovere e se riuscirai a resistere all'ascesa!- le sue parole trasudavano fede ma Darc non aveva mai creduto e dubitava seriamente che dopo tutto ciò avrebbe mai potuto credere in un Dio qualsiasi –Un esperimento….sono solo questo quindi!!!???- abbassò il tono come se avesse perso, come se fosse stato umiliato, la sua vista potenziata probabilmente dal risveglio della sua natura Angelica gli faceva percepire pure i minimi dettagli della roccia ai suoi piedi ed il poter notare le rughe d'espressione agli angoli della bocca del prete lo faceva infuriare, ma sentiva qualcos’altro di strano, come se un torrente di energia percorresse le sue membra, avvolgendolo con la forza di un fiume in piena, lo spirito di uno dei due se le una scarica di adrenalina pervadesse il suo corpo eccitandolo quasi ed infine quella scarica di pura energia si distaccò dal suo corpo dirigendosi senza volerlo verso uno dei due Guardiani che sostavano dietro a Feitan.
Fu un attimo, giusto il tempo di rialzare lo sguardo e vide che come un buco nero in miniatura era scaturito dalla gola del guerriero massiccio, un foro di mera oscurità che avviluppò per un attimo quel folle, già se era dalla parte del Padre era senz’altro un folle, e come tentacoli di tenebra sgorgarono dalla figura vorticante del buco nero, che dopo un attimo si dissolse rapido com’era stato creato, lasciando un foro che tagliava da parte a parte la gola del soldato, che con un verso non molto chiaro e accompagnato da uno schizzo di sangue dietro sulla parete, si accasciò a terra privo di vita, sotto gli occhi increduli di tutti quanti gli spettatori.
Doveva essere stato Darc a liberare quel fiume di energia nera che aveva fatto cessare la vita al guerriero che stava all'entrata della stanza, che con occhi sgranati aveva rapidamente cambiato soggetto del suo interesse dal guerriero morto al ragazzo angelico che stava in mezzo alla stanza, con le ali ancora aperte a far abituare i muscoli nuovi e neonati, ma che si guardava le mani con un espressione completamente sbalordita dipinta in faccia: mai avrebbe potuto pensare di porre fine alla vita di un uomo,n e aveva picchiati tanti si, quello era vero ma mai era giunto a pestare a morte un rissaiolo, neanche nel più arcano dei suoi incubi eppure pochi secondi prima aveva ucciso un uomo completamente inerte sotto il flusso di quell’energia strana che aveva lui stesso sprigionato, - Feitan ma che cosa mi hai fatto?- ma evidentemente anche lui non lo sapeva esattamente, era sbalordito come Darc se non di più – Gray stai attento, è riuscito ad usare l’aura senza che gli spiegassi come si fa, ed è pure un Angelo NeoRisorto non dovrebbe ancora disporre dell’energia necessaria per poter sprigionare una potenza tale….- lampi elettrici guizzavano ora nelle iridi viola dell’uomo che a quanto pare, dava segno di esser preoccupato o nervoso per la prima volta da quando era iniziata tutta quella buffa faccenda.
Comunque l’uomo incappucciato chiamato Gray non aveva certo bisogno di farsi ripetere di fare attenzione, aveva infatti sfoderato una lunga ascia dalla lama apparentemente antica nonché affilatissima che rimandava i bagliori del cerchio magico che ancora mandava flebili bagliori purpurei nella stanza – E cosa sarebbe questo mio potere? – Darc non sapeva proprio cosa pensare, fino ad adesso gli era stato parlato di Angeli e Creatori, sangue con un eredità pazzesca ma di poteri speciali, neanche una volta e ciò lo impressionava alquanto –Calmati Darc, concentrati e pensa al vuoto, cerca di ristabilire la calma dentro al tuo spirito, così anche le ali potranno essere nascoste e avrai temporaneamente bloccato il circolo dell'energia nel tuo corpo ma ti prego calmati… - Feitan alzò lentamente la mano sinistra,q uella tatuata con la spirale nera attraverso il cui inchiostro impresso nella pelle, lampeggiava un fulmine flebile che si propagava fino all’estremità del dito medio - Non mi toccare feccia… che cosa mi hai fatto? - quell’uomo, anzi no, quel MOSTRO, aveva reso un Mostro anche Darc che era disorientato e confuso, avrebbe potuto aspettarsi un giorno di fare un incidente in macchina, di mangiare una libellula o perfino di fare un Cosplay di Molly delle Superchicce ma non di poter diventare un Angelo Caduto capace di sparare buchi neri a casaccio e di uccidere persone.
-Darc calmati,come ti ho detto c’è un modo con cui puoi bloccare temporaneamente la tua forma di Angelo Caduto e con esso i poteri, basta che ti rilassi e potrò insegnarti a padroneggiare la tua forza….- sembrava però più disposto a cacciargli una scarica elettrica fin dentro il midollo se Darc avesse rifiutato di essere aiutato però era esattamente quello che lui voleva fare, andarsene via da quel luogo, scappare e cercare di dimenticare quella terribile giornata ma finché avrebbe avuto quelle ali dietro la schiena il pensiero di una vita normale gli sembrava solo un sogno.
Quelle stesse ali che stava maledicendo sembravano però aver colto il desiderio del ragazzo di fuggire e ormai da qualche secondo, avevano cominciato a battere con forza,s ollevando ventate d’aria fredda e di polvere – Gray stai pronto perfino a usare i tuoi poteri su questo ragazzo, ma non ucciderlo!!!- Darc d’altronde aveva indietreggiato lentamente ,con le punte dei piedi ormai che sfioravano terra e il resto del corpo sospeso a mezz’aria, le grandi ali candide che si muovevano dietro di lui –Non voglio che tu mi insegni a controllare questa forza, io non la voglio neanche stramaledizione!!! – voleva solo fuggire, scappare a gambe levate da lì e ancora una volta le ali sembravano esser disposte a realizzare il suo desiderio in quanto con uno scatto improvviso Darc si ritrovò ad una ventina di metri più in alto rispetto a dove si trovava prima, i capelli corvini che svolazzavano frustati dalle ventate portate dalle sue ali, le figure di Feitan e Gray sotto di lui, entrambi con le mani alzate come se stessero pregando.
Sapeva però cosa stavano per fare e non aveva intenzione di restare lì quando i due avrebbero liberato i loro poteri e li avrebbero usati su di lui.
Cominciò a spingersi sempre più in alto macinando rapidamente i metri che lo separavano dal soffitto in pietra, ma aveva reagito troppo tardi: due fulmini accecanti e sfrigolanti si erano levati dal basso provenienti dalle mani del prete in nero, ma per un soffio lo mancarono, andando a infrangersi contro il soffitto ormai vicinissimo creando due buchi nella muratura massiccia due fori oltre i quali poteva osservare uno sprazzo di cielo notturno stellato, che era ora per lui la sua unica possibilità di salvezza.
Esortò le ali ad accelerare l’andatura, assaporando il vento che gli accarezzava le gote e gli spasmi che di tanto in tanto lo colpivano all'attaccatura fra le scapole e le ali spingendo sempre di più per diventare accelerare e in suo aiuto corse il fatto che una nube giallastra saliva verso di lui, mulinando lenta, non sapeva di cosa si trattasse quell'ennesima stravagante apparizione ma sapeva sapeva invece di non volerla provare sulla propria pelle e quindi aumentò ancora di più la propria velocità.
I sassi e i frammenti di pietra che gli piovvero addosso dopo che i fulmini ebbero sfondato il soffitto non gli fecero però ne male ne lo rallentarono, ostinato a volersene andare da quel posto e solo quando, ad un metro da sé trovò finalmente il soffitto bucherellato, mise le braccia davanti alla sua faccia quasi a voler proteggere i propri occhi dall'etera luce della Luna a cui andava ad avvicinarsi e conscio di una nuova superba forza oltre che della velocità impressionante raccolta durante la salita si ritrovò libero nel cielo notturno sorridendo quasi per la libertà appena conquistata.

Le stelle danzavano brillanti nel cielo sereno della primavera, una sottile Falce di Luna gettava ombre scure su New York e un Angelo Caduto dagli occhi verdi, scappava sbattendo le ali velocemente per tentare di fuggire ad un avventura che lo terrificava molto più di quanto avrebbe potuto mai immaginare…
 

   
 
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