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Autore: roza_    09/03/2012    2 recensioni
"Il tempo stava cambiando, c'era qualcosa di sinistro e spaventoso in quei lampi che squarciavano il cielo."
Vicky è una ragazza di sedici anni rimasta ormai sola, i suoi genitori sono morti e la sorella vive all'estero, le uniche che la capiscono veramente sono le sue migliori amiche, Zoe e Kate, che l'hanno aiutata a superare il trauma della perdita dei genitori.
Ma qualcosa, o meglio qualcuno, sta per cambiare per sempre la vita di Vicky, che si ritroverà coinvolta in questioni che non riguardano il mondo umano.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un nuovo anno


Il tempo stava cambiando, le giornate erano sempre più cupe e c'era qualcosa di sinistro e spaventoso in quei lampi che squarciavano il cielo. Come al solito ero nel mio salotto sulla mia poltrona blu marino proprio accanto alla finestra; amavo accoccolarmici e leggere un buon libro in compagnia di Nicia, il mio certosino dagli occhi azzurri. Quella sera il tempo era particolarmente burrascoso e Nicia non smetteva di soffiare contro la finestra ma alla fine, dopo qualche ora di lettura, mi addormentai in poltrona.                                                                                                                                                              All'improvviso mi ritrovai in uno spazio indefinito, nero e senza vie di fuga. Mi misi a correre, correvo e correvo ma non riuscivo a scappare da quel vuoto, mi mancava l'aria e sapevo che se fossi rimasta ancora in quel vuoto sarei impazzita. Improvvisamente mi ritrovai a correre in mezzo ad un prato, mi fermai. In mezzo a quella distesa di verde priva di fiori c'era un ragazzo dall'aria spaventosa, appena lo vidi il mio cuore sussultò e iniziai a tremare. Era come se un vento gelido mi avesse attraversato le ossa. Provai il terrore più assoluto. Sotto quel terrore però c'era qualcos'altro, sentivo che stavo nascondendo qualcosa a me stessa, sentivo una strana euforia nel vederlo e quando si avvicinò mi sentii salire i brividi lungo la schiena. Non era umano. Qualcuno capace di infondere quelle sensazioni non poteva essere umano. Il ragazzo si avvicinava sempre di più, ricominciai a correre, mi mancava l'aria, non riuscivo a respirare, ogni muscolo del mio corpo voleva fermarsi e arrendersi al terrore.
Mi svegliai tutta sudata. Nicia si era accoccolata sulle mie gambe e mi stava facendo le fusa, la presi con delicatezza mi alzai e la rimisi sulla poltrona. I miei genitori erano entrambi morti e mia sorella viveva all'estero, ero da sola a casa ed ero anche in ritardo per andare a scuola! Mi vestii velocemente presi uno yogurt e andai a prendere la metro. Presa la metro riuscii a trovare un posto e iniziai a mangiare il mio yogurt. Ero arrivata. Dopo lunghi mesi di vacanze l'inferno doveva pur ricominciare. Non ero una ragazza particolarmente socievole, anzi si può anche dire che socializzare con ragazzi della mia età non era nelle mie priorità. Le uniche con cui parlavo erano Zoe e Kate, le conoscevo da quando ero piccola ed erano stata loro a impedirmi di cadere nel baratro dopo la morte dei miei genitori. Zoe era una ragazza solare e allegra, solo a guardare il suo viso di porcellana incorniciato dai quei lunghi capelli biondi e mossi ti metteva allegria, per non parlare dei suoi occhi azzurri  e profondi come un abisso.  Kate era sempre di buon umore, aveva dei capelli lunghissimi lisci e rossi  che con quegli occhi verdi  smeraldo  e quello spruzzo di lentiggini la facevano apparire una ragazza vivace e piena di energia. Loro erano le uniche che mi capissero veramente e le uniche con cui riuscivo a ridere e scherzare senza pensieri.                                                                                                                                                                                 
 "Hey, Vicky  da quanto tempo. Te l'ho detto, quando parte tua sorella mi devi chiamare. Sempre! Allora contenta di ricominciare?"  mi disse Zoe.                                                                                                                                                   Ok. La domanda peggiore che mi potessero fare era proprio quella. Chi sarebbe stato contento di tornare a scuola dopo appena qualche mese dalla morte dei propri genitori? Beh di certo non io. Non in quella vita almeno. Gli risposi con un mugugno soffocato che la fece scoppiare in una fragorosa risata.                                                                                          
Kate invece non si fece problemi, mi saltò letteralmente addosso e rischiammo di cadere per terra. A quel punto anche Zoe si era unita a noi e scoppiammo a ridere. Era dall’incidente dei miei che non ci sentivamo e dopo  mesi ero felicissima di rivederle.                                                                                                                                                         
Era appena suonata la campanella così  ci affrettammo ad andare in classe.                                                                                                   
E così era ricominciata la solita routine di ogni anno.                                                                                           
Dopo scuola andai a casa di Kate, era da un po’ che non entravo in quella casa, la camera era totalmente diversa da come me la ricordavo, l’unico rimasto sempre uguale era Pepe, il gatto di Kate, con i suoi grandi occhi gialli e il musetto tutto rosso che ti guardava con aria dolce. La stanza aveva le pareti ognuna di un colore differente dall’altra: una era verde, una gialla, una azzurra e una lilla. La stanza era tappezzata dai disegni fatti da Kate, sapeva disegnare benissimo ma non aveva mai avuto il coraggio di far vedere i suoi disegni a qualcuno che se ne intendesse. Ci mettemmo per terra sdraiate sull’enorme tappeto beige e iniziammo a chiacchierare e finalmente dopo qualche ora ci decidemmo a studiare un po’. Non le raccontai del sogno e non dissi niente anche a Zoe, non pensavo potesse essere di alcuna importanza il fatto che io avessi fatto un incubo, ormai non erano più così rari come prima. Tornai a casa, mi misi in pigiama e preparai la cena per me e Nicia. Anche quel giorno era brutto tempo, l’acqua non aveva intenzione di fermarsi. Dopo essermi mangiata il mio salutare petto di pollo andai in bagno e mi misi davanti allo specchio. Ero pallida rispetto alle altre ragazze ma quando mi sentivo in imbarazzo le mie guance avvampavano di calore e diventavano tutte rosse, ed essendo timida succedeva spesso. Cercai di legarmi i capelli in uno chignon ma dei riccioli ribelli saltavano fuori, non ci feci caso e mi iniziai a lavare i denti. Nicia come al solito mi aspettava seduta sulla poltrona, così dopo aver finito in bagno mi sedetti e la presi in braccio, mi misi a leggere per un po’ e poi andai a dormire. Fortunatamente non avevo avuto altri incubi quella notte e mi svegliai nell’assoluta tranquillità. Amavo la mia camera, al centro della stanza c’era un enorme letto a baldacchino bianco e accanto la cuccia di Nicia, la luce entrava da ogni punto della stanza; c’erano finestre ovunque e un piccolo balconcino proprio accanto all’armadio dove amavo andare durante l’estate. Dopo essermi alzata feci colazione e mi sbrigai ad andare a scuola, mi feci una lunga treccia e mi misi le prime cose che trovai nell’armadio.                                                                                                                                                                                               Zoe mi era venuta a prendere con il motorino, avevamo sedici anni perciò avevamo preso tutte e tre il patentino ma solo Zoe e Kate avevano il motorino. Arrivate a scuola andammo verso i nostri armadietti, prendemmo le nostre cose e andammo in classe. Alla prima ora avevamo chimica e né io né Kate e tanto meno Zoe, che aveva avuto il debito in chimica, volevamo andare. Dopo due ore di chimica e un’ora di storia finalmente era suonata la campanella. C’era una strana euforia  nell’aria, era successo qualcosa, e noi come al solito non ne sapevamo niente.  Nel corridoio le ragazze sembravano essere totalmente impazzite, ognuna urlava e saltellava in modo esagerato, anche chi di solito era tranquilla e timida e non osava parlare ora sembrava aver perso il senso della ragione. Arrivate alla fine del corridoio capimmo immediatamente il motivo di quell’eccitazione. Un ragazzo alto, riccio, moro e dagli occhi di ghiaccio era proprio davanti a noi, era nuovo ed era veramente bello. Ogni muscolo era sottolineato dalla maglietta nera e aderente che portava e quando si girò verso di me e mi sorrise rimasi pietrificata.

 

 Era il ragazzo del mio incubo.
 
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  
 
 
 
 
 
 
  
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