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Autore: Shakechan    09/03/2012    0 recensioni
Ezio è un campagnolo orfano, sogna di andarsene libero dal paesino in cui al momento è confinato.
Ha il brutto vizio di fare a botte con chiunque lo provochi, nonostante questo, ha un buon cuore e si prende cura dei bambini del suo stesso orfanotrofio.
Il giorno del suo diciottesimo compleanno si ritroverà in una brutta situazione e ad aiutato ci sarà Leonardo.
Insieme affronteranno un avventura molto pericolosa che li avvicinerà ancora di più mettendo confusione ai loro sentimenti.
Genere: Avventura, Fluff, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Ezio Auditore, Leonardo da Vinci
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Spero che l’inizio di questa fic non vi annoi. (°w°)’’  Giuro che si evolve in modo molto movimentato.

Lasciatemi un commento per farmi sapere cosa ne pensate!

Più o meno metterò il secondo capitolo fra un mesetto!

Buona lettura!

 

-Dio vegli su di lui!

 

 

“E’ tutto qui quello che sapete fare?!” Gridai per poi sputare a terra del sangue misto a saliva iniziando a mischiarsi col putridume della terra.

Una decina di ragazzi rantolavano a terra, borbottando parolacce e varie maledizioni.

“Ci vendicheremo…” Mugugnò un ragazzo con una profonda cicatrice sul sopracciglio, mentre mi guardava sprezzante.

Luridi cani.

 “Non fatevi mai più vedere davanti a me.”  Dissi prima di girarmi e uscire da quel fetido vicolo del paese.

Misi le mani nelle tasche anteriori dei Jeans per nascondere le nocche sbucciate e sanguinati. Una volta uscito dal vicolo mi mescolai tranquillamente con i passanti.

Dannazione, se Leonardo scopre che ho nuovamente fatto a botte, mi rifilerà un'altra delle sue infinite prediche.

Mentre percorrevo le  strette strade del paese, un forte rintocco dell’orologio della chiesa vicina, mi fece capire che ormai era mezzogiorno.

“Diamine!” Iniziai a correre più velocemente che potevo, evitando abilmente i passanti.

Cavolo, quei tizzi mi hanno trattenuto più del dovuto!

Una motoretta con dietro un carretto pieno di mele, occupava la maggior parte della ripida stradina.

Senza rallentare mi lanciai in avanti, afferrando dall’alto una spranga di ferro reggente una lanterna.

Presi abbastanza slancio per tuffarmi in avanti e superare il carretto, facendo prendere un colpo al conducente.

“Dannazione a te, Ezio!” Gridò l’uomo fermandosi in mezzo alla strada per agitare furiosamente i pugni contro di me.

“Mi scusi signor Pietro ma vadodi fretta!” Gli urlai di rimando senza voltarmi ne fermarmi.

Uscii dalla piccola stradina, ritrovandomi in un enorme piazza piena di persone che curiosavano nei vari mercatini intorno. In fondo alla piazza troneggiava un enorme chiesa con un campanile così alto che sembrava volesse sfidare il cielo.

Cavolo è vero! Oggi è lunedì e c’è il mercato!

Allertai tutti i miei sensi e abilmente iniziai ad evitare le persone che si paravano davanti alla mia strada, tra giravolte, tagli (Intendo brusche frenate con cambi di direzione improvvisi) e salti, riuscii raggiungere l’ingresso della chiesa.

Silenziosamente e lentamente mi affacciai con la testa all’entrata della struttura.

Nessuno in vista. Bene.

Non appena provai a entrare una voce alla mia destra mi paralizzò per la sorpresa.

“Sei in ritardo di otto minuti Ezio.” Disse suor. Maria osservando il suo orologio da polso per poi coprirlo nuovamente con la sua veste nera, tipica delle suore.

“Ah! Ma ho una spiegazione molto valida per il mio ritardo!” Iniziai a dire sforzandomi di trovare una scusa credibile.

“Oh, bene. Sentiamo allora! Hai salvato un neonato da una casa in fiamme anche oggi oppure un qualche animale parlante come la settimana scorsa ti ha fatto perdere la strada?” Domandò la suora incrociando le braccia e alzando un sopracciglio.

“Bhè vede…” Iniziai a dire.

Pensa Ezio… PENSA!

Il mio sguardo si posò su una carta di caramella calpestata sul pavimento, vicino al piede della suora.

“Ho aiutato a pulire le strade.” Dissi velocemente per poi sorridere nervosamente.

“Tu che pulisci? E da quando?” Domandò la suora scettica.

“Eheh… Ma come Suor. Maria! Non lo sa che io sono un gran lavoratore?” Domandai mentre lentamente aggiravo Suor. Maria per dirigermi verso la porta alle sue spalle.

“Sinceramente? No. Scommetto che hai fatto a botte con qualche disgraziato, non è vero Ezio?” Chiese La donna afferrandomi le mani e vedendo le ferite.

Bruscamente le ritirai per nasconderle dietro la schiena.

“A botte?! Suor. Maria, lei mi offende! Non farei mai qualcosa di così avventato e stupido! Oh, credo di aver sentito qualcuno chiamarmi! A dopo Suor. Maria!” Liquidai velocemente la suora e corsi via verso la porta.

“Ezio questo tuo atteggiamento non va affatto bene! Ezio! Mi stai ascoltando?!” Mi gridò la suora mentre superavo velocemente la porta.

“Quell’Ezio mi farà impazzire…” Disse stancamente la donna sbuffando dirigendosi lentamente all’altare, dove un grande crocifissi di legno veniva illuminato dalle finestre colorate alle sue spalle.

“Oh Padre, veglia su di lui, te ne prego! Fa che non finisca mai in guai seri e riportalo sulla retta via.” La suora fece il segno della croce baciando poi il suo rosario appeso al collo.

 

Silenziosamente e abilmente mi dirigevo nelle cucine della chiesa e senza essere visto dai frati e dalle suore al lavoro, rubai una pagnotta di pane caldo.

Mmmmh… appena sfornato!

Distrattamente la infilai dentro alla tracolla bianco-sporco che mi portavo sempre dietro e con la stessa abilità di prima sgattaiolai fuori dalle cucine dirigendomi alla scala a chiocciola per salire al dormitorio.

“Ezio!” Mi chiamò un bimbetto di appena sei anni,  alto poco più di un metro e con i suoi curiosi e tondi occhi neri mi guardava rivolgendomi un sorriso bucato. Indossava una tutina di jeans con una maglietta azzurra sbiadita.

“Ciao Marco.” Lo salutai spettinandogli  i già arruffati capelli marroni.

“Ezio che ci hai portato?” Domandò un altro bambino affacciandosi dall’alto del letto a castello.

“Oh, si! Che ci hai portato Ezio?” Vari bimbi di svariate età si radunarono intorno a me saltellando eccitati e tirandomi i vestiti.

“Calmi, calmi! Ho portato qualcosa per tutti!”  Riuscii a dire mentre venivo spintonato.

“EZIO!” Un bambino biondo dagli occhi sottili di un azzurro candido e vestito con dei pantaloni da tuta neri e una magliettina grigia con sopra topolino, mi guardava dall’alto del suo letto a castello e eregendosi in tutta la sua gracilità con le braccia sui fianchi e le gambe divaricate iniziò a piegarsi all’indietro.

“Luca!” Gridai capendo ciò che aveva in mente di fare quel bambino di appena dodici anni.

“BEN TORNATO!” Con un balzo si lanciò sopra di me a braccia e gambe spalancate.

“AH!” Con i miei riflessi pronti riuscii a prenderlo ma la mia instabilità dovuta ai bambini intorno a me, mi fece cadere all’indietro.

In pochi secondi tutti i bambini, compreso Luca che mi era appena piombato addosso, mi tolsero la borsa di dosso iniziando freneticamente a farne uscire qualsiasi cosa all’interno.

“Uno Yo-Yo!” Sentii gridare con eccitazione Marco.

“Che bella macchinina rossa!” Gridò un altro bambino.

“Questo cos’è? Il vagone di un trenino? Oh! Ecco la locomofi… locotomi… la locomocifita!”

“Locomotiva, Giulio.” Lo corressi alzandomi a sedere.

“Il beniamino dell’orfanotrofio è tornato.”

Una voce alle mie spalle mi fece girare di scatto.

“Leonardo!” Lo chiamai sorridendo.

Un piede in faccia mi trascinò nuovamente a terra.

“Ho sentito che hai fatto di nuovo a botte.” Disse arrabbiato mentre strofinava il suo piede scalzo sulla mia faccia.

Come ha fatto a saperlo?! Chi glielo ha detto?!

“Non fè cofpa mia!” Provai a dire tentando di togliere il suo piede dalla mia faccia.

“Bugiardo!” Mi gridò nervosamente aumentando la pressione sulla mia faccia “Ti ho detto mille volte di non fare a botte con i ragazzi degli altri paesi!”

Sa anche che erano ragazzi di altre parti?!

Afferrai saldamente la caviglia di Leonardo e riuscendo a sollevarla ne approfittai per rotolare di lato ed infine alzarmi velocemente.

“Sono loro che mi provocano!” Mi giustificai scrollandomi energeticamente i vestiti pieni di polvere.

“Ignorali.” Disse seccamente Leonardo.

“Impossibile.” Risposi guardandolo negli occhi.

Un sospiro di rassegnazione uscì dalla bocca di Leonardo “Quando finirai in guai seri non venire a cercarmi…” mi disse girandosi per andarsene.

“Invece sarai il primo che chiamerò!” Gli dissi abbracciandolo dalle spalle.

“Ezio, questa cos’è?” Un bimbetto di quattro anni mi tirò delicatamente la camicia.

Girandomi vidi la rivista di Play Boy che avevo rubato al mercato mentre correvo verso la chiesa.

“Q-Questa non è per te!” Dissi sbrigativo afferrando la rivista e nascondendola dietro la schiena.

“Ezio…” Un aura malvagia iniziò a crescere dietro le mie spalle.

“L-Leonardo…” Balbettai girandomi lentamente verso di lui.

“Sei proprio un irresponsabile!” Un forte pugno mi colpì sulla testa, facendomi cadere a terra.

“Sequestrata!” Velocemente e furiosamente Leonardo prese la rivista che tenevo in mano e uscendo dalla stanza iniziò a strapparla rabbiosamente.

“Ma perché…?!” Borbottai massaggiandomi la testa.

“Ezio grazie dei regali!” La vocina di Luca mi riportò l’attenzione sui bambini.

“Lo sapete che se posso qualche volta i regali ve li faccio volentieri!” Dissi mettendomi a sedere.

Vidi cinque bambini intenti a mangiarsi la pagnotta di pane che avevo rubato prima.

“Aspettate! Quella non è per voi!” Gridai allungando le braccia per recuperare quel poco di pane rimasto.

“Pane?!” Altri due bambini entrarono dalla porta e scavalcandomi si aggregarono agli altri cinque.

“Insomma! Ho detto che non è per voi!” Gridai alzandomi nuovamente in piedi.

“Tranquillo Ezio, te ne abbiamo lasciato un pezzo!” Un bambino dagli occhi verdi e i capelli rossi con un faccino tondo e lentiginoso mi passò un piccolo pezzo di pane.

“…” Afferrai il pane e  senza dire niente uscii dalla stanza con una fitta al cuore.

Come potrei rimproverarli?!

Mi diressi verso una porta alla fine del corridoio del piano e aprendola mi ritrovai migliaia di gradini che scendevano e salivano.

Alzai la testa e con una sensazione di instabilità sorrisi alla maestosità dell’infinita altezza della torre del campanile.

Fantastica!

Riportando lo sguardo davanti a me ripresi l’equilibrio e iniziai a correre salendo le scale, alle volte saltavo due o più gradini.

Ci sono quasi…

Con il fiatone e le gambe doloranti, piegato in avanti appoggiai una mano sulla parete di destra per sorreggermi  e strusciando le mie dita sulla fredda pietra, salii gli ultimi gradini raggiungendo il campanile.

Guardai con occhi sognanti il panorama che mi si presentava.

Vedevo tutta la piazza con il mercato, più avanti le vecchie  case del paese che ammassate tra loro creavano le stradine che poco prima avevo percorso. Più in fondo scorgevo i campi di ulivi, grano e pascoli di pecore e vacche.

Strinsi gli occhi per vedere più lontano, sperando di scorgere qualcosa oltre il verde smeraldo dei prati.

Gli occhi iniziarono a lacrimarmi, deluso li richiusi facendomi sfuggire un sospiro.

Un forte vento spettinò i miei lunghi capelli castani.

Inalai profondamente e lentamente la fredda aria.

Un cinguettio alla mia destra mi ricordò del perché ero venuto lui.

Tirai fuori dalla mia tasca il pezzetto di pane che mi era rimasto e dirigendomi verso il cinguettio iniziai a masticare dei piccoli pezzi di pane.

In un angolo in alto del campanile, nascosto tra le travi, c’era un nido di paglia e rametti.

Due piccole teste spelacchiate con due gialli becchi si affacciarono nella mia direzione ed eccitati iniziarono a pigolare.

“Eccomi, eccomi.” Dissi sputando nella mia mano la poltiglia di pane.

Arrampicandomi sula ringhiera del campanile raggiunsi il nido, delicatamente feci scendere la poltiglia nelle bocche degli uccellini.

“Quanta fame…” Bisbigliai sorridendo.

Gli uccellini continuarono a cinguettare mentre scendevo lentamente dalla ringhiera una volta che finii il pane.

Lanciai un ultimo sguardo al panorama osservando le rondini che volavano leggere nell’aria.

Un giorno sarò libero anche io.

A passo veloce scesi le scale fino a tornare al piano del dormitorio.

“Eccoti finalmente!” Mi gridò Leonardo afferrandomi a sorpresa il braccio.

“Eh?” Chiesi confuso.

“E’ pronto il pranzo! Stanno tutti a tavola! Manchiamo solo noi due!” I rimproveri di Leonardo mi facevano sempre scappare un sorriso.

Sarà che è l’unico insieme a Suor. Maria a preoccuparsi ancora per me.

Velocemente e in poco tempo raggiungemmo la mensa silenziosa, dove tutti pregavano davanti ai loro piatti di minestra.

Leonardo ed io ci dirigemmo quatti e silenziosi come ladri verso i due posti in fondo, dove solitamente ci sedevamo.

“Amen!” Urlò Don. Donatello a capotavola.

“Amen!” Ripeterono in coro frati, suore e bambini ai tavoli, iniziando a creare il suono rumoroso del cucchiaio che sbatte contro il fondo del piatto di ceramica della minestra.

“Amen!” Ripetemmo in coro io e Leonardo afferrando poi i cucchiai.

Prima che potessi infilare in bocca la prima cucchiaiata di minestra, Leonardo mi strattonò il bordo della camicia.

“Che c’è Leonardo? Ho fame, quindi sbrigati!” Gli dissi bruscamente rivolgendogli lo sguardo.

“Tieni…” Da una mano di Leonardo spuntava una pallina stropicciata di giornale, tenuta a bada da qualche pezzo di nastro adesivo.

“Che cos’è?” Chiesi afferrando il pacchetto per esaminarlo da vicino.

“Il tuo regalo di compleanno… oggi fai diciotto anni, no?” Disse Leonardo senza guardarmi in faccia.

Rimasi stupito. Neanche io mi ero ricordato che oggi era il mio compleanno.

Bhè, teoricamente nessuno sapeva quando fossi nato, oggi era solo il giorno in cui i preti mi trovarono quando fui abbandonato davanti alla chiesa.

Notai che le guancie di Leonardo si stavano arrossando.

Sorrisi e iniziai a scartare l’involucro.

Dopo una faticosa sfida tra me, il nastro adesivo e la carta di giornale, riuscii ad arrivare al fondo del pacchetto.

Una luccicante piastrina con disegnata sopra una rondine era attaccata a una doppia catenella d’argento.

Caspita! Quanto gli sarà costata?!

Con occhi sgranati guardai Leonardo.

“Ti piace?” Mi chiese rivolgendomi un timido sguardo.

Non dovrei accettarla…

“Leonardo…” iniziai a dire.

“Me l’hanno trovata addosso quando i frati mi hanno preso.” Iniziò a dire Leonardo interrompendomi “Sono felice di poterla donare a te Ezio… Sei il mio migliore amico e spero che un giorno tu possa essere libero proprio come la rondine disegnata sopra a questa piastrina.” Leonardo mi guardò negli occhi e teneramente mi sorrise.

Strinsi il ciondolo nella mia mano.

“Grazie Leonardo.” Gli sorrisi a mia volta.

“Bene! E ora si mangia!” Disse allegramente affondando il cucchiaio nella minestra.

Misi il ciondolo nella tasca dei Jeans e iniziai a mangiare.

Una volta che tutti finirono di mangiare le suore diedero il permesso ai bambini di andare a vedere il mercato.

“Ma solo se insieme a voi ci saranno anche Leonardo ed Ezio!” Disse Suor. Maria.

Tutti e dieci i bambini dell’orfanotrofio ci guardarono con occhi da cuccioli.

Per faaavoooreee…” Dissero in coro.

“E va bene…!” Risposi seccato, distogliendo lo sguardo.

Entusiasti i bambini saltarono di gioia per poi iniziare a correre fuori dalla chiesa.

Leonardo mi sorrise ed insieme ci dirigemmo verso la piazza.

Seduti su una panchina di legno malandata io e Leonardo osservavamo i bambini da lontano.

“Non ti metti il ciondolo…?” Iniziò a dirmi Leonardo.

“Dopo.” Risposi seccamente.

“Ora.” Rispose velocemente.

“No.”

“Si.”

“Perché?”

“Perché si.”

“…”

Maledetto! E poi sarei io il prepotente!

Sbuffai e tirai fuori dalla tasca il ciondolo, lo misi al collo senza fatica.

“Felice?” Chiesi ironico a Leonardo incrociando le braccia al petto.

“Molto!” Mi rispose Leonardo sorridendo.

Arrossii, poi sentii un rumore alle mie spalle.

Velocemente mi alzai e con passo deciso andai verso una stretta stradina dietro la panca.

“Dove vai?” Mi chiese Leonardo allarmandosi.

“Da nessuna parte, controlla i bambini.” Risposi sbrigativo girando l’angolo.

Attraversai il lungo vicolo sterrato.

Dove diavolo sono…? Che sia stato solo un gatto?

Un lancinante dolore alla testa mi buttò a terra senza darmi il tempo di capire cosa fosse successo.

“Te lo avevo detto che me l’avresti pagata!”

Con lo sguardo che a poco a poco si annebbiava riconobbi il ragazzo con la cicatrice sul sopracciglio con cui avevo fatto a botte.

“C-Cosa vuoi…?” Domandai debolmente sentendo qualcosa di viscido e caldo colarmi dalla testa.

“Mai sfidare i ragazzi di città, campagnolo del cazzo!” Disse lui sputando a terra e alzando la spranga di ferro che stringeva nella mano.

Merda. Si, mi trovo proprio nella merda…!

“Bastardo…” Biascicai tentando debolmente di alzarmi facendo forza sulle braccia.

Un calcio alle costole mi rispedì a terra, smorzandomi il fiato.

“Non così in fretta campagnolo. Prima ti restituirò tutte le botte che mi hai dato questa mattina, più gli extra!” Una sadica risata proferì dalla sua bocca iniziando poi a calciarmi con forza sull’addome.

Sentii le costole piegarsi ad ogni colpo ed io non riuscivo a fare altro che raggomitolarmi per proteggermi e tossire ad ogni colpo.

Maledizione… di questo passo…

Crack!

Un dolore lancinante proveniente dal petto mi fece uscire un grido smorzato.

La costola… cazzo...!

“Ahahaha! Al campagnolo si è rotta una costola!” Gridò impazzito il ragazzo per poi fermarsi di colpo e iniziando a guardarmi con sguardo sadico “Ora tocca alle gambe…!”

Pazzo! Questo ragazzo è impazzito!

Il cuore mi batteva all’impazzata per la paura.

Ancora una volta tentai di alzarmi, tremante ricaddi a terra per il dolore all’addome.

“Di ciao, ciao alla gamba destra!” Mentre il ragazzo alzava la spranga di ferro io serrai gli occhi, preparandomi psicologicamente al dolore.

“NO!” Un grido disperato me li fece riaprire.

Vidi Leonardo afferrare la spranga di ferro mentre il ragazzo con la cicatrice sul sopracciglio, stupito si girava verso di lui.

Leonardo?! Cosa ci fa qui?!

“Leonardo… vattene…!” Provai a gridare, ma il risultato fu solo un tremante e quasi incomprensibile sussurro.

“Levati dalle palle!” con uno strattone il ragazzo spinse Leonardo, facendolo cadere.

Lo vidi cadere a terra e sbattere la testa.

Leonardo!

“Torniamo a noi due…! E se invece delle gambe ti colpissi in faccia?” Il ragazzo orami aveva uno sguardo folle. Sollevò la spranga.

Forse avrei dovuto ascoltare i consigli di Leonardo e Suor. Maria… ma ormai è tardi per pentirmi.

Strinsi gli occhi.

Sentii un Crack seguito dalla sbarra metallica che rimbalzava rumorosamente a terra.

Aprii lentamente gli occhi, la vista annebbiata non mi permetteva di vedere bene.

Il ragazzo che poco prima aveva tentato di uccidermi adesso era immobile davanti a me.

Si inginocchiò per poi cadere a poca distanza da me.

La sua faccia, davanti alla mia, iniziò a riempirsi di caldo sangue scarlatto.

Che diavolo…?

Alzai lo sguardo vedendo Leonardo con gli occhi sgranati mentre lasciava cadere a terra un masso sporco di rosso.

“L’ho ucciso…” Disse senza alcun tono.

Merda.

Tentai di alzarmi nonostante il dolore lancinante al petto.

“Leonardo…” Lo chiamai quasi con un sussurro.

Il suo volto sempre sorridente adesso era un volto di pietra privo di emozioni.

Piccole lacrime rigarono il suo viso mentre mi rivolgeva il suo vuoto sguardo.

“Va tutto bene Leonardo. Risolveremo tutto…”

Ma cosa diavolo dico?! Quel tipo è MORTO! È ovvio che non va tutto bene! Non posso mica resuscitarlo!

Leonardo assunse un espressione sofferente e iniziando a singhiozzare mi fece cenno di si con il capo.

  
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