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Autore: xMoonyx    10/03/2012    5 recensioni
[Spoiler 4xO4]
L'uovo si è schiuso solo per lui...
O forse no?
Aithusa non è nato solo per lui.
E' nato per Albion: quindi anche per Arthur.
Per lui e per Arthur.
La sua nuova famiglia.
xxx
«Mamma?» ripeté Merlin sconvolto mentre il piccolo saltava giù dal ceppo per raggiungerlo.
Il moro indietreggiò, cercando gli occhi lampeggianti di Kilgarrah, che sembrava non riuscire a trattenere le risate.
«Cosa significa questo?!»
«Ops. Credevo di averti già parlato dell'imprinting di un drago.»
«Impri-che?» biascicò Merlin, distraendosi, e di conseguenza inciampando su una radice.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino | Coppie: Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Mum&Dady 5

Dedico il capitolo a elfin emrys, chibisaru81, Your guardian Angel, Deb, Lycoris, valentinamiky e RossKL per le loro fantastiche recensioni :)


Mum&Dady
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Mumy's POV

Arthur era atterrito, pallido e scandalizzato.

«Salve, giovane Pendragon.» lo salutò amabilmente Kilgarrah, facendo un buffo inchino -che consistette nell'abbassare il grande testone-.

Arthur aprì la bocca ma gli uscì appena un gemito rauco.

«Kilgarrah, ti presento Arthur.»

«Lo conosco già.»

«Arthur, ti presento Kilgarrah.»

Il nobile somaro era una maschera di granito.

Quando lo guardò, nei suoi occhi baluginava un fuoco.

«Dannazione, Merlin!» imprecò, sfoderando la spada. «Ma quante altri draghi mi hai tenuto nascosti, eh?? Spiegami: li allevi, per caso? Ti diletti ad affilare le loro zanne e a cantar loro la ninna nanna? Mio dio santissimo!»

«No, in realtà sono ottimi come compagnia.» considerò il mago mentre il re sudava freddo.

«Questo drago è enorme!»

«Lo vedo, sire.»

«Potrebbe distruggere Camelot con una vampa di fuoco!»

«Sì, potrebbe in effetti.»

«Per la barba di Balinor, Merlin! Si può sapere dove hai perso la testa?!»

«Kill non farebbe male ad una mosca, sire.»

Arthur barcollò, la spada tremante nelle mani sudate.

Era stravolto, incredulo, molto vicino ad una crisi isterica.

«Kill? Ha anche un soprannome, adesso?»

Merlin annuì, accogliendo tra le braccia Aithusa, che li aveva -a quanto pareva- seguiti tutto il tempo.

«E' lui che ha badato ad Aithusa.»

«E parla, anche!» ricordò Arthur, ancora più sconvolto.

«Beh, che credevi?» si inserì il lucertole, offeso nell'orgoglio. «Sono un drago istruito, io.»

«Dei santissimi.» pigolò Arthur, debolissimo.

«Suvvia, sire, non avete ancora visto la parte migliore!»

Lo sguardo che gli rivolse Arthur fu molto eloquente.

«Ce n'è un altro?»

«Magari.» brontolò Kilgarrah e Arthur impallidì boccheggiando, come ogni volta che il drago apriva bocca, scoprì più tardi Merlin.

«No, temo di no.» gli fece presente il maghetto, con un tono conciliante che doveva calmare l'ansia del principe.

«Porca di quella lamia.» imprecò Arthur mentre Merlin lo trascinava a forza verso Kilgarrah.

«Sei sicuro che questo è il grande Re Arthur, colui che fonderà Albion e che diventerà il più grande sovrano di tutti i tempi?» domandò Kill rivolto direttamente a Merlin, che scrollò le spalle.

«Direi di sì.»

«Un giorno scriveranno libri su di te, e anche molte fan fiction. Ah, sì, e naturalmente anche dei film e dei telefilm.»

Arthur, completamente trasecolato, non rispose, né accennò a fare altro se non lasciarsi condurre senza opporre resistenza dal suo servo idiota.

«Volevo mostrarvi qualcosa che apprezzerete molto, sire.» Merlin gli sorrise, ma Arthur non distolse nemmeno un attimo lo sguardo smarrito dalla vasta mole del drago.

«Io l'ho già visto, questo, Merlin.»

«No, vi sbagliate, Arthur.»

«L'ho già visto, ti dico.»

«Fandonie. Io sono unico ed irripetibile.» si schermì Kilgarrah, altezzoso.

Arthur fece il broncio, ancora non convinto del tutto.

«Non assomiglia a quel drago che ho ucciso due anni fa?»

«No, sire, quello era molto più brutto.» stette al gioco Merlin, dando sonore pacche sul collo di Kilgarrah che soffiò tra i denti, nel tentativo di frenare una risata.

«Mmm.»

«E quello aveva tentato di distruggere Camelot. Kilgarrah, invece, non lo farebbe mai.»

Arthur, come folgorato da un ricordo all'improvviso, si voltò a guardare Merlin, additandolo.

«Tu!»

«Io?»

«Tu mi avevi detto che avevo ucciso il drago, ma non c'era nessun corpo!»

Balzò all'indietro, fissando il drago come se l'avesse visto per la prima volta.

«L'hai salvato! Dannazione, Merlin, l'hai...»

«Oh, ma è tocco questo qui?» fece Kill, querulo, interrompendo quel fiume di parole. «Altro che Re in eterno, questo è un idiota senza speranza. Allooora.» aggiunse, voltando il testone all'indirizzo del sovrano. «Quello della valle era il mio fratello gemello. Dio solo sa quanto possano essere diversi due gemelli. E per quanto riguarda il corpo... noi draghi quando moriamo ci dissolviamo nel nulla.»

Merlin corrugò la fronte, mordendosi a sangue l'interno della guancia per non ridere, mentre Arthur ascoltava rapito le parole del drago, quasi fossero oro colato, incantato dal suo sguardo antico e saggio, di chi ha visto cose che gli umani non possono neanche immaginare.

«Un gemello? Ma quanti siete?» lo travolse alché il somaro. In realtà, non voleva conoscere realmente la risposta, perché puntò gli occhi stupiti sul servitore. «Merlin, non sarà che anche tu sei un drago sotto mentite spoglie?»

Merlin sollevò un sopracciglio, domandandosi ingenuamente se, per errore, non avesse versato del vino nella colazione del somaro.

«Temete che possa sputare fuoco?»

«A questo punto non mi sorprendo più di niente.»

Merlin rise, scuotendo la testa, e Aithusa gorgheggiò tra le sue braccia, allungando il collo candido, attirandosi dei deliziosi gratini sulla nuca.

«I draghi sono delle creature antiche e potenti, ma non hanno ancora appreso la conoscenza della metamorfosi. Come se ce ne fosse bisogno, perché mai dovremmo voler trasformarci in piccole pulci senza ali?» Kilgarrah si erse in tutta la sua altezza, come a voler mostrare l'ampio ventre, dove scaglie luccicanti facevano bella mostra di sé, quasi a prendersi gioco della confusione del re.

«Smettila di vantarti, Kill.» lo ammonì Merlin, divertito, e il drago sbuffò una fiammata dalle narici.

Arthur lanciò un urletto acuto quando le lingue di fuoco gli sfiorarono la guancia, incenerendo le punte dei suoi capelli.

Merlin fu colto dall'istinto di correre a sorreggerlo, temendo che le ginocchia dell'asino avrebbero potuto cedere da un momento all'altro, ma poi Aithusa attirò nuovamente la sua attenzione, mordicchiandogli i polpastrelli per imporgli di continuare con le coccole e il moro non se lo fece ripetere due volte.

«Mi hai condotto qui per farmi sbranare, Merlin?» domandò Arthur cercando di riguadagnare un po' di contegno, ma la voce tremula lo tradì e Pendragon junior si maledì mentalmente in tutte le lingue che conosceva.

«Saresti un boccone succulento.» confermò Kilgarrah, ispirato, e Aithusa sbatté le alucce con un ringhio ferino, volando al fianco del ragazzo.

«Dady no!» soffiò levandosi sulle zampette anteriori, quasi a volerlo difendere.

Era una scena piuttosto patetica, considerò Merlin osservano il piccolo corpicino bianco che a stento arrivava alle ginocchia di Arthur.

«Allora fate sul serio!» il somaro sembrava aver perso i toni virili della sua voce e Merlin si trattenne a stento dal ridere, promettendo a se stesso che si sarebbe servito del fatto per comprarsi il favore del babbeo.

«In realtà, Arthur, volevo solo... farvi vedere una cosa.»

«Non era questa, la cosa?» replicò Arthur, indicando il grosso lucertole che nel frattempo si stava esaminando le unghie.

«Parlate piano, sire, potrebbe offendersi.» Merlin agguantò il polso del somaro, conducendolo verso un fianco di Kilgarrah, e si morse le labbra per non ridere al biancore che aveva tinto il volto del re.

«I draghi odiano essere definiti delle cose... potrebbero ridurci in cenere da un momento all'altro.»

Adesso Arthur era diventato grigio.

«Ma naturalmente loro non lo farebbero.» si affrettò a rassicurarlo Merlin, indicando con un ampio gesto zio e figlia, che nel frattempo stavano comunicandosi qualcosa nella loro lingua.

«Certo che no!» si aggregò Arthur, mettendo mano all'elsa della spada. «Ci provassero, e dovranno vedersela con me!»

«Che paura.» ironizzò Kilgarrah, all'orecchio di Arthur che sobbalzò, preso alla sprovvista, con un urlo stupito.

Il somaro mise mano alla spada, ma prima che potesse voltarsi e affondarla nella carne squamosa del drago, egli gli aveva avvolto la coda attorno ad una caviglia, sollevandolo a testa in giù all'altezza del suo muso, per scrutarlo con più attenzione -o forse per incutergli timore-.

La spada di Arthur disegnò una circonferenza in aria, prima di infilzarsi nel terreno.

Il povero testa di fagiolo, con il sangue fluito alla testa e il mantello a ventaglio che ondeggiava al vento, si dibatteva furiosamente.

«Merlin, accidenti, fa' qualcosa!»

«Ma se dite sempre che non so fare nulla.» gli ricordò ingenuamente il servo, godendosi il momento: per una volta era lui a reggere le redini!

«Ti manderò alla gogna dopo, ricordalo!»

«Sempre se sarete ancora vivo, dopo

Arthur fermò per un attimo il suo dibattersi per lanciargli un'occhiataccia, ma un cupo terrore sembrava diffondersi nelle sue pupille.

Merlin tramontò gli occhi. «Va bene, va bene.» si schiarì la gola. «Lascialo andare, Kil.»

«Mi stavo divertendo» obiettò il drago, ma poi lo riportò a terra.

Arthur si rimise in piedi in un lampo, tentando di scostarsi di dosso il mantello, che nella manovra l'aveva avvolto impedendogli i movimenti. E se il suo volto non fosse stato acceso dall'ira Merlin si sarebbe volentieri spanciato dal ridere.

«Adesso volete ascoltarmi, sire?»

«Ascoltarti? Ascoltarti?! Vorrei che tu ascoltassi la lama della mia spada, al momento.» con uno strattone Arthur fece emergere un braccio dal mantello, ma quando provò a prendere la spada inciampò in un lembo di esso e finì direttamente a terra.

Merlin non si scompose ma Kilgarrah iniziò a singhiozzare senza controllo.

«Un drago si sta prendendo gioco di me, è il colmo!» sbraitò Arthur, estraendo la spada e riponendola nel fodero con sdegno, come se fosse un affronto.

All'improvviso sembrava aver dimenticato la paura che l'aveva divorato in precedenza.

«Sono sicuro che mi perdonerete...» continuò Merlin avanzando verso di lui e aiutandolo a stabilizzarsi in piedi, ma l'altro cacciò le sue mani e fece da solo. «... dopo che avrete assaporato ciò che ho in mente di mostrarvi.»

Poi, senza dare tempo al babbeo di concepire una replica plausibile, diede una pacca sul fianco di Kilgarrah e, aiutato dalle squame sporgenti, si issò su, per poi aggrapparsi ad una scaglia appuntita sulla schiena, circondandola con le dita per rimanere in equilibrio.

A lavoro ultimato abbassò lo sguardo su Arthur, rimasto immobile dove l'aveva lasciato, più che pallido adesso proprio verdastro.

«Su, cosa aspettate?»

«Stai scherzando, vero?» lo aggredì lui, per poi scuotere con decisione la testa. «Non vorrai sul serio che io vada lì sopra?» e fece una smorfia al solo pensiero.

«In realtà è proprio così, e non ve ne pentirete. Arthur, fidatevi di me.»

«Non se ne parla, io lì sopra non ci salgo! Non è mica un cavallo, razza di idiota, è un drago!»

«E voi siete o non siete un cavaliere?»

«Io non cavalco draghi!»

Arthur sembrava vagamente isterico ma Merlin non demorse.

«C'è sempre una prima volta, no?»

Il verso che produsse Arthur fu un mix tra sconvolgimento, sorpresa e obiezione.

Ma prima che potesse estrarre nuovamente la spada, fuggire o rispondere qualcosa, Kilgarrah l'aveva di nuovo avvolto con la cosa, questa volta al petto e sollevato da terra.

«Uoooo-ooh, e adesso basta!» Arthur si aggrappò alle scaglie sulla coda, con i piedi che penzolavano nel vuoto e si agitavano alla ricerca di un sostegno.

«E' diventato un vizio?» Merlin interrogò il drago, il cui dorso vibrò sotto le sue gambe, scosso da una risata sorda.

«Non avrebbe mai avuto l'orgoglio di farlo da solo.»

«O il coraggio.» lo corresse Merlin ignorando bellamente che il soggetto di cui stavano amabilmente discutendo era a una spanna da lui.

Arthur -prima troppo attento a cercare di non cadere o bestemmiare alla volta del grande testone del drago- all'improvviso risvegliò la propria attenzione e lanciò a Merlin uno sguardo di fuoco.

«Mi stai dando del codardo?»

«Non potrei mai, maestà.»

«Io non sono un codardo, e avrei benissimo potuto salire su questo bestione da solo, senza l'aiuto di nessuno!»

Kilgarrah, che stava giusto per deporlo sul proprio dorso, si bloccò di colpo, a mezz'aria, vagamente offeso. «Ah sì? Vediamo se è come dici.»

Lo lasciò andare all'improvviso e ad Arthur mancò il fiato, mentre percorreva in caduta libera l'ultimo metro che lo separava dalla schiena squamosa del rettile.

Scivolò di lato ma riuscì in tempo ad aggrapparsi ad una scaglia, poi coi piedi trovò un pertugio tra le squame e provò ad issarsi su.

Merlin si incantò a fissare i muscoli delle braccia che si erano gonfiati per lo sforzo, con le gocce di sudore che impertinenti rotolavano giù fino alla piega del gomit--- si riscosse, arrossendo di colpo, e cercando di scacciare la visione.

Arthur, il volto contratto dalla fatica, allungò una mano fino ad avvolgere la schiena del drago, e provò a sollevare un piede per mettersi a cavalcioni ma Kilgarrah rise tra i denti aguzzi e dispiegò le ali, proiettando ombra sui due ragazzi.

Merlin, che si era sporto appena, allungandosi per aiutare l'amico ad arrampicarsi, si accorse troppo tardi delle intenzioni del drago che -in risposta all'urletto eccitato di Aithusa-, fece pressione con le zampe e spiccò il volo, frustando l'aria con la coda.

Il movimento di quest'ultima fece sbalzare Arthur in avanti proprio... tra le braccia di Merlin.

«Kill!» lo rimproverò il servo, riuscendo a stento a rimanere incollato alla scaglia con una mano. Arthur si rialzò a fatica, ritrovandosi ad un centimetro dalla sua faccia.

«Sicuro che Kill non stia per Killer?» domandò, irritato.

Merlin arrossì, perdendosi nei suoi occhi, ed era così intento ad assaporare il suo profumo che non colse subito la domanda.

«Eh... ehm...» balbettò quando comprese il senso delle parole, incespicando con la lingua. «Non lo so... cioè no, non penso che...»

«Potrei offendermi.» completò per lui Kilgarrah, continuando a battere le ali regolarmente.

In quell'istante -e forse anche perché l'aria gli frustava piacevolmente i capelli e i vestiti- Merlin si rese conto del fatto che... sì, accidenti, stavano volando!


 [Scusate se mi inserisco durante la lettura ma... vi invito ad ascoltare questa musica da qui in poi. Io l'ho fatta partire ripetutamente per scrivere questa scena e davvero, rende dieci volte meglio che senza :3 http://www.youtube.com/watch?v=nyrC8R_whCU]


Guardandosi intorno vide le creste degli alberi che scorrevano ai fianchi di Kilgarrah come fiumi di foglie, e poi scomparvero anch'essi, sostituiti da due sentieri di cielo azzurro.

Con un urlo liberatorio Merlin si aggrappò con entrambe le mani alla scaglia a forma di corno, solo dopo essersi assicurato che anche Arthur avesse fatto lo stesso con quella successiva.

Con un sorriso grande quanto una casa si voltò a guardare il suo viso stravolto.

«Sire, guardate!» la sua risata si disperse nell'aria, mentre anche Aithusa appariva al fianco di Kilgarrah, volteggiando e ruotando su se stessa, come un fuoco d'artificio.

Aithusa li notò e interruppe i suoi giochi d'abilità, allargando le alucce bianche e mostrando la chiostra di dentini bianchissimi -più del suo manto- in un gorgoglio estasiato.

Arthur si perse a fissarla, accucciato e terrorizzato contro la scaglia, le ginocchia strette quasi convulsamente attorno ai fianchi del dragone, tanto che Merlin fu sicuro di averlo sentito lamentarsi.

«Va tutto bene, non cadrete.» lo rassicurò Merlin incapace di smettere di ridere.

Era così felice!

E cavalcare su un drago era sempre un'emozione grandissima... per di più, con Arthur al fianco era semplicemente perfetta.

«Questo lo dici tu!» sputò Arthur a stento, mentre il vento gli scompigliava i capelli come una carezza decisa.

«Kil non vi lascerà cadere.» gli confidò, più dolcemente, abbozzando un sorriso sincero -di quelli che sicuramente l'asino avrebbe colto, a dispetto del suo essere un totale ed inguaribile somaro- «Io non lo permetterei.»

Arthur continuò ad osservarlo, perseguendo a tacere, e riducendo le labbra ad una linea sottile.

Ma Merlin fu sicuro, nel profondo, che fosse un po' più tranquillo, adesso.

Il battito regolare delle ali di Kilgarrah era come un balsamo rassicurante per le sue orecchie, e il modo in cui planava nel cielo, ed evitava nuvole ed uccelli spaventati, era semplicemente qualcosa di indescrivibile a parole.

Ad un certo punto, trascinato dal momento Merlin lasciò andare la cresta, stringendo le ginocchia attorno ai fianchi di Kilgarrah -consapevole che poi avrebbe avuto le piaghe dolenti per giorni, ma che importava?- e allargò le braccia, cacciando fuori dalle labbra un urlo di pura felicità, come la prima volta che era salito sul dorso di Kilgarrah.

«Merlin!» lo sgridò Arthur, preoccupato, ma Merlin non si fece contagiare dalla sua paura e anzi lanciò un secondo urlo.

«Non cadrò, sire, non preoccupatevi!»

«Non puoi saperlo.»

«Siete seriamente in pensiero per me?» Merlin ritirò le braccia -più per accontentarlo che per mera necessità- scoccandogli un'occhiata con la coda dell'occhio.

Arthur distolse lo sguardo, imbarazzato.

«No, ma un servo idiota come te è difficile da trovare, al giorno d'oggi.»

Merlin si limitò a sorridere, felice.

Aveva ormai capito che quello era il modo di Arthur di dirgli che ci teneva a lui.

In un modo personalissimo, asinino e ben poco gentile, ma non l'avrebbe cambiato con nessun altro.

Anzi, era anche grato al fatto che il babbeo non avesse iniziato a stonargli le orecchie elencandogli i rischi del volo, dei draghi e del cielo, i doveri di un re, le preoccupazioni che qualcuno avrebbe potuto vederli... niente di niente.

Merlin meditò che forse Arthur era troppo sconcertato per aprire bocca, ma poi qualcos'altro attirò la sua attenzione, discostandolo da quelle domande senza risposta.

Lì, all'orizzonte, oltre la cappa di vaporose e candide nubi che stavano attraversando, le creste merlate del castello di Camelot, con gli stendardi che garrivano al vento e il sole che  donava ai doccioni una luce rasserenante, si ergeva in tutta la sua maestosità.

«Sire, guardate!» lo chiamò, e quando Arthur alzò lo sguardo e seguì la traiettoria del suo indice, i suoi occhi si spalancarono e le sue labbra si dischiusero, al colmo dell'ammirazione.

«E' Camelot!» sibilò, incapace di alzare il tono della voce, tanto era la sua emozione. Merlin fu sicuro di vederlo sorridere, con gli occhi lucidi e commossi, ma non fu in grado di indagare oltre a riguardo perché Kilgarrah, con un vigoroso battito d'ali, si buttò a capofitto verso il castello, in picchiata.

Merlin e Arthur urlarono, colti di sorpresa, ma per motivi diversi: Merlin dalla gioia, Arthur dal terrore.

Aithusa non si accorse subito del cambiamento di rotta, e quando ciò avvenne si affrettò ad emulare lo zio.

Proprio quando Merlin pensò che fossero troppo vicini alle creste del castello e le loro bandiere -vicini abbastanza perché qualcuno, alzando gli occhi, avesse potuto vederli-, Kilgarrah distese le ali in tutta la loro estensione (fibre carnose dalle quali filtrava pallida la luce del sole) e planò.

Merlin e Arthur vennero trascinati dolcemente all'indietro dal movimento, ma questa volta non temettero nemmeno di scivolare giù dal dorso del lucertolone.

Quando la manovra fu conclusa Arthur lanciò un sospiro di sollievo.

Poi, nel momento in cui Kilgharrah riprese a fustigare il vento con le ali, Arthur si affacciò di lato, attento a non sporgersi troppo.

«La città bassa!» esclamò con enfasi, con gli occhi che percorrevano febbrili i tetti dei negozi del mercato e delle case, come se cercasse di catturarne ogni minimo dettaglio.

«E i cancelli!» si unì Merlin con lo stesso tono, indicandoli.

«E la cittadella» elencò Arthur come un bambino che rincorre una farfalla «E il cortile, e guarda, lì c'è la taverna!»

«E' vero, chissà se Gwaine non l'ha già raggiunta.» rise Merlin al pensiero e Arthur si unì a lui.

Pura e semplice, quella risata.

Così... sincera.

Merlin non ebbe tempo di sorprendersi, perché la sua visuale venne occupata da un affusolato corpicino bianco, che si avvitò su se stesso con gli occhietti vispi e ridenti.

«Aithusa!» la chiamò, non riuscendo a contenere la felicità che lo invadeva al momento.

Il draghetto bianco volò attorno a Kilgarrah e perfino il grosso lucertole si unì alla gioia collettiva, con una roboante risata gutturale proveniente dal fondo della gola, che gli fece fremere i fianchi come in un terremoto.

Arthur contemplava il paesaggio che si inseguiva molti metri sotto di loro, innamorato di quella visione e Merlin faceva lo stesso... col volto del suo signore.

Vederlo così felice e sereno gli scaldava il cuore.

Da quando era diventato Re Arthur era maturato, e aveva avuto ben poco tempo per rilassarsi.

Doveri, doveri e ancora doveri.

Uther aveva portato con sé nella tomba anche la sua felicità.

Ma adesso era lì, il suo migliore amico, il suo signore, il re di Camelot e in futuro, anche di Albion.

Era lì e stava ridendo.

Era lì e non pensava a niente.

Arthur, probabilmente attirato dal suo sguardo insistente, alzò gli occhi su di lui e il suo sorriso si allargò.

«Grazie, Merlin.» disse, colpito, mostrando ancora una volta quel lato gentile che Merlin tanto amava.

Il servo annuì, sentendosi completo.

«E di che, prima eravate così riluttante!»

«Non pensavo che potesse...» Arthur lasciò vagare lo sguardo intorno, tra le nuvole, ma le parole gli morirono in gola di fronte alla bellezza della natura. «Solo questo: Grazie. E' il più bel regalo che potessi farmi... il migliore che abbia mai ricevuto.»

Merlin sollevò gli angoli della bocca, senza staccare gli occhi da lui.

«E pensate, non è nemmeno il vostro compleanno» rispose agitando un dito accusatore, ma poi tutto venne smorzato da una risata.

«Smettetela di fare i piccioncini, voi due, lassù, che non ho intenzione di morire di diabete.» borbottò Kilgarrah decisamente divertito, virando all'improvviso.

Il colpo fece sbalzare di nuovo Merlin dalla cresta.

Si tuffarono in una nuvola frizzante e morbida, e quando ne riemersero Merlin si accorse di aver qualcosa attaccato alle labbra.

Spalancò gli occhi e incontrò quelli di Arthur.

Si discostò con uno schioppo, trattenendo il respiro, le guance più rosse di un pomodoro maturo.

Kilgarrah! Lo rimproverò mentalmente, mentre Arthur ammiccava, senza capire ancora cosa fosse successo.

Accidenti! continuò a lamentarsi Merlin mentre riprendeva possesso del suo posto vicino alla grande scaglia a forma di corno, mettendo tra sé e il babbeo più distanza possibile.

Era la seconda volta in dodici ore che, a causa di un drago, si ritrovava a ba.... ba... baciare il somaro!

Arrossì fino alla punta dei capelli, le orecchie che bruciavano, e incassò il volto nelle spalle, per nascondere l'imbarazzo e il disagio.

Al momento si sarebbe volentieri lasciato scivolare giù dalla schiena del drago.

Scoccò all'asino un'occhiata in tralice e lo vide continuare a grattarsi la guancia, confuso.

Sospirò di sollievo: fortuna che fosse così asino!

Anche se... aveva un buon sapo--no, Merlin, basta!


Uncle's POV



Kilgarrah rise silenziosamente, senza interrompere il monotono battito delle ali, che scandiva il tempo ad intervalli regolari.

Il giovane mago aveva con sé un grande potere, un destino eroico e una forza di volontà invidiabile.

Eppure, in fondo al cuore, era un essere umano come il Re e come tutti gli altri Senza Ali.

Anche lui aveva dei sentimenti... e il vecchio Kil aveva capito da subito che tra lui e Arthur non sarebbe intercorso solo il filo rosso del destino ad unire i loro mignoli.

No... c'era di più. Qualcosa di più potente, qualcosa di accecante e indissolubile nel tempo, qualcosa di totalizzante e potenzialmente distruttivo. Naturalmente, quando quattro anni prima si erano incontrati Kil non poteva immaginare come il rapporto si sarebbe potuto evolvere da semplice sogno scolpito nella nebbia del tempo -e delle profezie- a tangibile realtà.

A quel tempo, durante il loro primo incontro, Kil non avrebbe certo potuto rivelare tutta la verità. Certe considerazioni era necessario che rimanessero taciute, per evitare che il destino non si ripetesse. Esso doveva procedere con cura, passo dopo passo, senza fretta, come i mattoni di un casa, posti ad incastro l'uno sopra l'altro.

Se anche uno di questi fosse stato tolto, tutta la struttura sarebbe crollata.

Kilgarrah non poteva permetterlo.

Se era vero che era un drago, non l'avrebbe permesso.

Non avrebbe potuto rivelare al giovane mago che il principe Arthur, oltre che il suo destino, si sarebbe tramutato nel suo chiodo fisso, il suo pensiero continuo e perché no, anche la sua unica ragione di vita.

Non poteva fargli notare che la sua devozione andava al di là del significato proprio del termine. Non poteva certo spiegargli che quel sentimento si chiamava Amore.

Il giovane mago era già molto saggio... Kil non dubitava che l'avrebbe capito presto.

O forse no?

Il giovane mago era saggio sì, ma anche profondamente testardo. Per non parlare del Re-orgoglio-Pendragon.

Kil scosse la testa, ridacchiando al pensiero dei due giovani uomini e alla loro imbarazzata confusione sopra la sua schiena ricca di scaglie.

Solo il tempo avrebbe potuto concedere delle risposte. Per quanto lo riguardava, lui aveva concluso il suo compito di precettore già da tempo.


*

Aithusa's POV

Aithusa, con un'altra manciata di battiti d'ali, superò un venditore ambulante, il quale si discostò tanto in fretta che rischiò di rovinare a terra, trascinato dal peso della cassa piena di mele che stava trasportando.

Il draghetto bianco come la neve virò per sfuggire dalla presa di una donnina incallita, poi si levò più in alto, fino a raggiungere le vetrate di quella che suo zio chiamava "sala del trono".

Allungò il collo per guardarvi all'interno, oltre le vetrate che avevano decisamente visto giorni migliori, e scoprì tanti draghi, tutti lustri e profumati, ritti in piedi a fissare qualcosa... o meglio, qualcuno.

Aithusa seguì la traiettoria del loro sguardo e scoprì suo padre, lì, con una pelliccia color sangue e lo sguardo fiero di un drago.

Aithusa si sentì fiera di lui e rullò le ali, eccitata, emettendo uno strilletto acuto, che suo zio avrebbe definito infantile.

Ma a lei non interessava nemmeno di essere scoperta... del resto quei draghi senza coda sia dentro le mura che fuori sembravano non prestarle minimamente attenzione, tutti concentrati sulle loro faccende o su suo padre, che mostrava il petto liscio coperto da pelli.

Sulla testa arruffata faceva sfoggio di sé una strana cosa tutta brillante e appuntita... com'è che l'aveva chiamata zio Kil?

Corana... corolla... ah no, giusto, corona.

Cosa fosse Aithusa non ne aveva idea, ma il paziente lucertolone le aveva spiegato che per i draghi senza coda era un simbolo di potere.

Il suo paparino era quindi come il capo branco dei Senza Ali, ma... al suo fianco non vi era la mamma.

Vi era un drago femmina, con un vello scuro in testa... sì, era la stessa pelliccia di lana delle pecore che lei e lo zio tante volte avevano divorato a pranzo.

E anche lei indossava il simbolo del potere.

Aithusa si agitò, soffiando minacce in direzione della creatura, poi con gli occhietti passò in rassegna il gruppo nutrito di Senza Ali, alla ricerca di sua mamma, e la trovò... il suo sguardo azzurrino era così triste che Aithusa avrebbe voluto sfondare il vetro e accoccolarsi tra le sue braccia, per farla sentire meno sola.

Ma sapeva che Merlin non l'avrebbe mai perdonata... e nemmeno Arthur.

Non capiva cosa stesse succedendo... se mamma Merlin amava papà e papà ricambiava, perché Arthur stava rendendo un altro drago capo-branco al suo fianco?

Aithusa continuò a rumoreggiare dietro la finestra, agitando le ali e lanciando acuti stridii che avrebbero potuto far esplodere il vetro in grappoli di cocci.

Ma sua madre non alzò lo sguardo, e nemmeno suo padre.

O la dragonessa con la pecora in testa.

Nessuno le diede conto, nessuno si accorse della sua presenza.

Infuriata sopra ogni limite contro la dragonessa col simbolo del potere al fianco di suo padre, e triste per il volto affranto di mamma Merlin, Aithusa si staccò dal vetro con un frullio di ali e, col sole che giocava con la membrana della tenera pelle, proiettando un'ombra deformata sul muro di marmo, virò su se stessa e si allontanò veloce.

Se fosse rimasta lì ancora avrebbe fatto irruzione nel castello e divorato la dragonessa che aveva rubato papà a mamma, sì... l'avrebbe fatto, e al diavolo le conseguenze.

Sempre più inferocita Aithusa si defilò veloce, deviando all'indirizzo della foresta, per nascondersi agli occhi curiosi della gente.

Sotto le fronde l'aria era più tiepida, ma al drago non importò.

Continuò a sprofondare tra le ombre, sempre più in profondità nella selva, incurante dei ringhi dello zio nella sua mente.

O meglio, il ricordo di essi.

Era sfuggita dalla protezione delle sue ali per vedere cosa stesse succedendo in città.

Ormai era cresciuta, aveva spiegato, ribellandosi alle assurde richieste di Kilgarrah.

Lei voleva vedere i suoi genitori... l'ultimo loro incontro risaliva ad un paio di mesi prima, e quel volo era stato il suo più bel ricordo... e invece, adesso, quella dragonessa con la pecora in testa aveva rovinato tutto.

La vita era crudele... suo zio gliel'aveva spiegato, ma lei non gli aveva creduto.

La vita era facile, bastava saper cogliere i momenti al volo, come le prede... bastava serrare le mascelle attorno alla felicità, carpirla coi denti e farla propria.

Kil le aveva spiegato inutilmente che quei ragionamenti erano dettati dalla sua giovinezza -adolescenza, l'aveva definita- ma Aithusa aveva rifiutato di credervi.

E così, distratta dai suoi pensieri, non si accorse subito dei rumori provenienti dal retro di un cespuglio spinoso.

Aithusa interruppe il suo volo, battendo furiosamente le ali per arrestarsi, atterrò con delicatezza e precisione, e rizzò il collo con tutti i nervi all'erta, attenta a non far rumore.

Silenziosa come un'ombra sgusciò vicino al cespuglio e si appiattì al suolo, riparata dall'ombra di una pietra.

Quando affacciò lo sguardo al di là di essa scorse una Senza Ali riversa sul terriccio, che sembrava... morta.

Aithusa emise un suono sorpreso, inclinando la testolina bianca, poi si acquattò di nuovo al suolo e strisciò fuori, cauta, un passo dopo l'altro approssimandosi alla creatura Senza Respiro.

Si fermò a pochi passi e la annusò, confusa.

Respirava, a stento, ma respirava... quindi era ancora viva.

Osservandone il volto Aithusa credette di vedere una versione più delicata del suo papà... era così simile a lui, solo aveva la pelliccia scura sul capo... ed era una dragonessa.

La voce di suo zio le rombò nuovamente in testa: le ordinava di stare lontana dagli sconosciuti, perché potevano essere pericolosi.

Ma quella creatura era così pallida, così debole... così indifesa!

Non avrebbe potuto far male a nessuno e poi... Aithusa riusciva a percepire una sorta di odio nella creatura Senza Ali.

Un odio dimostrabile dal fatto che, tra le dita, stringeva una ciocca scura.

Aithusa annusò il ciuffo e scoprì che apparteneva alla pecora in testa alla dragonessa capo-branco al fianco di suo padre.

Dunque anche la dragonessa Senza Ali, come lei, odiava la capo-branco!

Con un gorgoglio complice Aithusa zampettò fino al cospetto della creatura e le soffiò in volto, per farla rinsavire.

Il soffio dei draghi aveva un potere salvifico, le aveva raccontato suo zio. In punto di morte, era l'unica cosa in grado di salvare qualcuno.

Così non si sorprese più di tanto quando la creatura aprì gli occhi -così verdi e grigi insieme, così freddi ma al contempo così ricchi di emozioni- e ammiccò in sua direzione, senza capire.

Aithusa si erse sulle zampe inferiori e gorgogliò, soddisfatta, inclinando la testa.

Aveva una nuova amica!



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Angolo Autrice.

Eccomiii, questa volta puntuale come un orologio svizzero... o quasi :3 Ho pensato che ero già stata abbastanza cattiva con voi, con tutto quel ritardo... e quindi eccomi qui, con l'ultimo capitolo di questa fic, che inizialmente doveva essere solo una breve one-shot. Non so cosa dire su questo capitolo, forse vi aspettavate un lieto fine? Beh... volutamente ho lasciato le cose un po' in sospeso. Innanzitutto non ho voluto approfondire troppo certe questioni, proprio perchè l'atmosfera di questa fic è leggera, e se mi fossi messa a sottolineare certe cose me ne sarei uscita col mio solito angst, e almeno per questa ff volevo tenerlo alla larga v.v Inoltre... il finale non poteva essere che questo. Del resto la quarta stagione finisce in questo modo, non potevo andare fuori dalla timeline xD In ogni caso, sappiatelo, non sono fan dell'Arwen (e come potrei?) e ho cercato di dare una spiegazione allo strano comportamento di Aithusa dell'ultimo capitolo o.o (cioè quando ha risvegliato Morgana ero tipo "Ma che caz...?! O__O") e in fondo, il lieto fine c'è, in un certo senso xD Morale della favola? Mamma Merlin e papà Arthur sono innamorati l'uno dell'altro MA papà ha dovuto sposare Gwen. Ma chissà... forse se nella quinta stagione Aithusa comparirà nuovamente potrò tornare a rompervi le balle col sequel di questa ff, anche per questo ho voluto lasciare il finale in mano alla vostra immaginazione :) 

Note: Come promesso questo capitolo è molto più lungo del precedente, ben 22 pagine, quindi mi auguro che ve le siate godute! ^^ Nel caso non si fosse capire la scena finale è ambientata nella 4x13 di Merlin, a mo' di spiegazione del comportamento di Aithusa. Ho immaginato che i draghi, sebbene non fossero telepatici, riuscissero a leggere le emozioni degli esseri umani -da questo spiegato perché la nostra lucertolina bianca ha avvertito l'odio di Morghy nei confronti di Gwen-. Il filo rosso del destino citato da zio Kill è una leggenda giapponese, che lega due persone destinate a stare insieme (tipo anime gemelle, in pratica >> colpa di xxxholic delle CLAMP, sorry D:) Poi... sì, la tipa con la pecora in testa è proprio lei, la vacca-Guinevieve, e la Senza Ali moribonda ovviamente Morgana (ma questo l'avrete sicuramente capito xD) e poi che dire... la scena del volo mi ha emozionato tanto, specialmente ascoltando quella soundtrack che vi ho linkato. Buh, mi da' un senso di pace, quanto vorrei che inserissero una cosa simile nel telefilm <3 Ma ovviamente siete voi i miei giudici, quindi bando alle ciance e aspetto i vostri pareri ** 

A titolo informativo, il prossimo capitolo di Changing sarà presto online, quindi ci risentiremo lì se volete leggere qualcos'altro di mio :3 Non so... spero di avervi divertito con queste brevi chicche che a me hanno divertito molto scrivendole, anche se sono pochi capitoli, lo so. A voi la sentenza ^^ Ah, per altro... non so a chi possa interessare ma ho fatto il mio primo video su Merlin, ecco il link :3 = http://www.youtube.com/watch?v=eT6JMq0j8D4&feature=channel (Se qualcuno di voi fosse su Youtube e volesse aggiungermi, il mio account è Remyfan95 :D) 

P.s_: e giuro che è l'ultima cosa che vi dico! x°D Bbeeene, riguardo a tutto la fic... come avrete notato oltre che ai POV dei nostri eroi (essendo una Merthur ovviamente quelli di Merlin e Arthur sono i più numerosi), ho provato a giocare anche coi pensieri di altri personaggi, perchè mi piace analizzare personalità diverse e farle interagire tra loro, naturalmente cercando di mantenerli IC ^^ Quindi avete letto di Leon, e ho cercato di usare un linguaggio piuttosto normale e forse un po' lamentoso come si confa ad un personaggio come Leon che pure è poco descritto nel TF, secondo me. Poi di Aithusa e perfino di Kilgarrah. Nel caso del bestione ho cercato di utilizzare un linguaggio un po' più adulto -anche nella scelta del lessico-, magari anche un po' criptico -del resto stiamo parlando di LUI, che mai è stato chiaro col nostro Merlin! x°D- e vagamente filosofico. E di Aithusa, ho provato al contrario a ricercare un linguaggio più semplice, diretto e diciamolo, anche un po' infantile v.v Non so, spero che la differenza si sia notata... in caso contrario mi do' all'ippica!! x°D Scherzo... v.v  Ovviamente descrivere i pensieri dei draghi è stato più difficile; specialmente di Aithusa, che del mondo degli uomini sa poco e niente. Ergo mi appello a voi: che ne pensate? Ecco ora ho concluso v.v

Per adesso, arrivederci alla prossima storia! =(°-°)=





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