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Autore: AnonimaKim    11/03/2012    7 recensioni
La ragazza,ha poco più di sei anni quando la sua famiglia viene brutalmente uccisa dalla Mafia. Rimasta sola,coltiva in se stessa il desiderio di vendetta verso i tre assassini e giura di trovarne uno ad uno,vuole ucciderli.
La giovane ragazza crescerà,imparando le sofferenze del mondo,e perdendo la donna che l'aveva tirata su come una figlia. A quattordici anni,Courtney è di nuovo da sola,ma non si da per vinta. La ragazza farà conoscenza con due ragazzi poco più grandi di lei,che la aiuteranno a scovare tutti gli assassini dei suoi genitori.
Ma non sono gli unici
Incontrerà qualcun'altro,qualcuno che farà capire a se stessa,di essere molto più di una assassina vendicatrice.
Una ragazza,capace di amare
Dall'ultimo capitolo:
[A quel punto mi bastò solamente lasciarmi trasportare da quella dolce tortura che forse,avevo sottovalutato troppo in quella mia vita.
Quella notte aveva scalato la vetta delle più belle dalla mia vita,anche solo quando lui aveva posato quelle sue labbra calde sulle mie.
Pazza,completamente pazza...
Completamente innamorata...]
Genere: Angst, Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alejandro, Courtney, Duncan, Heather | Coppie: Duncan/Courtney
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Non ci ho messo molto eh?Sono tornata con una nuova fan fiction,più lunga rispetto all'altra e forse un po' più...ehm...cruenta.

Un avvertimento: Sono profondamente contraria alla violenza sulle donne,quindi “Non per stomaci delicati” intendo violenza generale.

Mi dispiace,ma per l'arrivo di un certo personaggio (e cioè quando inizierà la parte “interessante e romantica” della storia bisognerà attendere un po' di capitoli. La protagonista sarà sempre e comunque Courtney. La mia prima Long-fiction...Wow speriamo bene!

Spero vivamente che vi piaccia,

Saluti

AnonimaKim

 

 

 

 

INTRO

 

Mettiamo subito in chiaro una cosa: la mia storia non è per i deboli di cuore. Se vi aspettavate di leggere una bella favoletta,magari accompagnata da una bella cioccolata calda e qualche biscotto...avete sbagliato. Non credo nelle favole. Nel mio caso la protagonista non è una giovane fanciulla,bella,gentile,coraggiosa....no,nulla di tutto questo.

Non è questo il libro che dovete leggere se volete una lettura spensierata,felice e piacevole,vi avverto.

Ma se state leggendo queste righe,e probabilmente continuate a leggerle,vuol dire che ho catturato la vostra attenzione. Allora spero di non deludervi cari lettori,se lo facessi,vi invito a cambiare lettura,forse sono ancora troppo giovane per poter ipnotizzare con le mie parole,forse....

 

 

 

 

LA NASCITA

DI

UN'ASSASSINA

 

 

Ricordo quel giorno come se fosse solo ieri,ricordo quel cruciale giorno come se lo stessi rivivendo proprio ora. Non è facile da dimenticare l'odore del sangue,non è facile da dimenticare le urla. Quello fu il giorno,l'unico giorno i cui il mio cuore a rischiato di spezzarsi. Mio padre era un ex agente segreto,non era facile fare quel lavoro,né sicuro. Io,infondo,sono cresciuta di una piccola cittadina,con la mia famiglia in una bella casa. Erano dei bei momenti quelli,quando ancora avevo le forze per sorridere. Avevo un fratello più grande,ma per mio padre,io ero speciale. Facevamo sempre tutto insieme,ci divertivamo un mondo e mio fratello non era geloso di me,no,lui mi voleva bene. Io non ero cattiva,solo furba e detestavo ammettere di aver torto. Volevo a tutti i costi arrampicarmi sulla quercia,mia madre,Ginn,mi diceva che non dovevo,che mi sarei potuta fare veramente male. Ovvio che non la ascoltai,mio ero messa in testa di vedere il nido dei passeri,non era molto alto. Mi feci male quella volta,mi ruppi una gamba. Ma non piansi. Avrebbero dovuto darmi la medaglia al valore. Non piansi. Chiunque avrebbe pianto,io no. Il dolere era atroce, e Ginn non mi vietava di piangere nonostante avessi disubbidito. Non avevo mai pianto,e non volevo incominciare proprio ora. La verità? Mai una lacrima è scesa sulla mia guancia. “Piangere è da deboli” mi diceva mio padre, “se vuoi essere forte,prima impara a non piangere” non mi sgridava,mi spiegava,e aveva ragione.

Ero solo una bambina,piccola e indifesa,quando mio padre scoprì che ci davano la caccia. Ci trasferimmo in una piccola baitella in un boschetto tranquillo. Non era male lì,imparai ad arrampicarmi come si deve. Non avevamo la televisione,ma non mi importava,io amavo leggere e scrivere,passavo il mio tempo con un foglio e una penna.

Era una sera,pioveva,sfuriava un temporale. Avevo 6 anni.

Io e la mia famiglia giocavamo ad un piccolo gioco da tavolo che Jack,mio padre,ci aveva appena insegnato,era piuttosto divertente. Ridevamo come matti,io cercavo di barare,per gioco,non per altro,mi divertiva più barare che giocare in se e per se. Ci fu rumore,delle macchine,ricordo il viso impallidito di mio padre e di mia madre. “Vai nell'armadio” i miei genitori mi costrinsero a nascondermi in un armadio di legno,con dentro solo alcune coperte. Mio fratello si oppose a nascondersi,ma alla fine cedette e si rifugiò sotto il letto. Nel mio cuore cominciava ad aleggiare una strana ansia,una strana paura. Degli uomini buttarono giù la porta. Mio padre li conosceva. Mi rannicchiai in un angoletto dell'armadio,pian piano per non far rumore. Ma non era difficile coprire i brutti rumore che venivano dall'esterno. Si scambiarono poche parole e poi si diede inizio alla tortura, Per me,per loro,due colpi di pistola o forse più. Mini la testa tra la gambe,stringevo un lembo della mia magliettina. Finalmente ci fu silenzio,sentì ridere. Se ne andarono. Aspettai ben dieci minuti prima di aprire l'armadio,speravo in un rumore,speravo in un respiro. Ma fu il mio a fermarsi quando trovai il coraggio di aprire l'anta dell'armadio,del mio rifugio. Portai le manine davanti alla bocca. La stanza era grondante di sangue,l'odore nauseante riempiva la stanza. Mamma e papà non c'erano più,li avevano portati via. C'era solo sangue ora,non percepivo più niente,erano andati via,mi avevano lasciata da sola. Sotto il letto non c'era nessuno,mio fratello,anche lui non c'era più.

Ero solo io,sola,da sola

Chiusi gli occhi “un incubo” pensai intensamente ma quando riaprì gli occhi era tutto ancora più reale. Era vero il sangue ovunque,era vero.....da sola,ero sola. Le gambe mi tremavano,feci dei passi in avanti,facendo scorrere la mia piccola mano caramellata sul muro in legno,su una macchia di sangue. Era liquido sul mio palmo,di un rosso vivo spaventoso. Era finita,a quel punto mi chiesi se anch'io fossi morta. Che cosa avrei fatto adesso?Non avevo più nessuno.....

Quello fu il momento in cui i miei occhi si annebbiarono di uno strano liquido,sembrava acqua,erano lacrime. Ma non le feci mai scivolare giù. La mia attenzione cadde su un piccolo oggetto argentato sotto il tavolino,ormai del tutto fatto a pezzi. Nel spostare i pezzi,mi tagliai molte volte,ma raggiunsi il piccolo oggetto.

Per la nostra Courtney,buon compleanno principessa” queste erano le parole incise sopra. Aprì con lentezza smisurata il ciondolo,che scoprì essere un piccolo medaglione. C'era una foto,la nostra foto.

Fu una cosa improvvisa la mia mutazione. Ma proprio quello fu il momento che cambiò la mia vita per sempre. Il mio cuore non fu più dominato dalla paura,del terrore,dal dolore. La crepa nel profondo del mio animo si stava già curando. Sentivo crescere dentro di me qualcosa di molto più grande: Rabbia. Le mie lacrime si arrestarono di colpo,strinsi forte il medaglione tra le mani. La rabbia,l'ira cresceva. Un profondo sguardo assassino divampava sul mio volto,sul mio volto di soli 6 anni. Volevo solo una cosa in quel momento: uccidere. Dovevo cercarli,dovevo trovarli,dovevo vendicarmi.

La vendetta,che strana sensazione che si diffondeva nel mio corpo come un'ondata di elettricità. “Perdona e sarai perdonato” queste parole mi suonavano così banali,così insulse. E io non avevo paura di uccidere

Misi il medaglione al collo,lo sguardo perso nel vuoto cominciò a riprendere senso. Mi voltai,uscì dalla casetta di legno,pian piano,mi allontanai.

Da lì sarebbe iniziata la mia nuova vita,e per nuova,intendo dire che sono nata per questa vita.....

 

Camminavo senza meta,per le strade malfamate di Seattle,senza sapere effettivamente cosa fare. L'unica cosa di cui ero certa,era che avevo bisogno di un minimo di esperienza. Entrai in un bar,le luci rosse erano basse,la musica metal era troppo forte ma non ci feci caso. Un sacco di ubriaconi,ridevano solamente guardando i compari,buttavano le sedie a terra senza motivo. Le ragazze non mi sembrarono molto vestite. Mi avvicinai al bancone,mentre tutti mi guardavano sogghignando.

Cerco Kassie Ronald” avevo detto sicura mentre mi sedevo al bancone,ero brava ad arrampicarmi,mi sembra di averlo già detto. Sentì molti ridere,una sedia cadere per terra,un'altra,ma non ci feci caso. L'omone dall'altra parte mi guardò con un sorrisetto.

Ah,sì,Kassie” parlò ad alta voce “te la chiamo,intanto ti posso offrire qualcosa?” Aggiunse facendo ridere quasi tutti quelli intorno. Non mi scomposi di una virgola.

Magari un bicchiere d'acqua,grazie” Avevo risposto sicura. Non avevo sete,per nulla. Ma mi sembrò il caso di far notare che io non ero venuta lì a perdere tempo. Kassie era una vecchia amica di famiglia,sapevo che frequentava quei quartieri,e ora ero sicura che la conoscessero. Kassie si sconcertò un po' del mio arrivo,risposi così quando mi chiese cosa fosse successo : “Adesso importa solo quello che io farò a loro”. Capì perfettamente,non si oppose al mio strano carattere.

Mi tirò su,mi insegnò quello che era necessario sapere,mi amava,mi voleva bene.

Avevo tredici anni,la mia rabbia cresceva con me. Vivevo in un appartamento squallido,il legno era ammuffito,scarafaggi ovunque. Kassie tornava molto tardi la sera,spesso con un occhio nero e varie ferite. La curavo,la aiutavo. Non ero una ragazza che parlava molto. Avevo soltanto una cosa in testa,e penso che tutti voi l'abbiate capita: la mia vendetta. Sapevo maneggiare perfettamente una pistola,un coltello,a otto anni avevo ucciso a coltellate un uomo che ci era entrato in casa,voleva violentare Kassie. Io non abbi paura,non rimasi mai più chiusa in un armadio. Il sangue non mi dava più tanto fastidio. Uccidere non aveva mai rappresentato sensi di colpa per me,non per chi se lo meritava veramente.

Ma io non volevo uccidere per difendermi,io volevo uccidere delle persone che conoscevo troppo bene perché potessi dimenticarmene. Ricordavo solo un nome da quella notte: Micael Finch. Dovevo fissarmelo bene in testa.

Kassie nutriva lo stesso odio verso di loro,aveva detto che mi avrebbe aiutato a vendicare i suoi più cari amici. “Qualsiasi cosa” aveva detto sorseggiando il suo alcolico “quei bastardi la pagheranno”


Fin 

  
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