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Autore: Vattelapesca    12/03/2012    4 recensioni
nei doni della morte apprendiamo che Lupin ha abbandonato la moglie e il figlio non ancora nato fondamentalmente per paura. Sappiamo anche che, però, sopratutto grazie ad Harry, tornerà a casa. Una splendida canzone di Adele nei pensieri e nelle parole di una Tonks incinta e forse un po' stanca, ma del tutto decisa a non lasciarlo andare via.
4° classificata al contest "Adele's songs and het pairings" di Charlotte McGonagall. Vincitrice dei premi "Miglior coppia canon" e "Miglior personaggio femminile"
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Nickname: Vattelapesca
Titolo: He won't go
Pairing: Remus/Tonks
Canzone: He won't go
Altri personaggi (eventuali): //
Generi: Introspettivo, Romantico
Avvertimenti: One-shot
Rating: Verde
Nda: le citazioni dalla canzone non sono evidenziate. Ci ho pensato a lungo, ma alla fine ho deciso in questo modo. Prima di tutto perché sono così integrate al testo che distinguerle con altri caratteri o colori diversi sarebbe risultato un po' posticcio. Ci ho provato, ma era veramente terribile. Non potevo usare il corsivo, perché in quel modo sono espressi i pensieri.
Anche i flashback sono in corsivo, quindi lì per i pensieri ho usato il carattere normale.
Introduzione: nei doni della morte apprendiamo che Lupin ha abbandonato la moglie e il figlio non ancora nato fondamentalmente per paura. Sappiamo anche che, però, sopratutto grazie ad Harry, tornerà a casa. Una splendida canzone di Adele nei pensieri e nelle parole di una Tonks incinta e forse un po' stanca, ma del tutto decisa a non lasciarlo andare via.
 
He won't go
 
Cause he won’t go,
He can’t do it on his own,
If this ain’t love, then what is?
We’re willing to take the risk.
 
 
Non se ne andrà.
Negli ultimi giorni questa frase è diventata il mio mantra nella sciocca convinzione che, a forza di ripeterla, acquisterà la consistenza della realtà. Ma tutto quello che sto ottenendo è l'opposto. Per ogni volta in più che lo penso, ci credo un po' di meno. Alla fine, forse, non ci crederò più affatto, e la smetterò.
Il solo pensiero mi provoca un altro attacco di nausea. Stesa sul mio letto, fisso il soffitto con più intensità, cercando di fermare un punto il quel bianco totale. Niente da fare, la nausea sale. Chiudo gli occhi, ma forse è anche peggio, la sua immagine mi assale, tingendosi di colori irreali nel buio delle mie palpebre.
C'è chi dice che starei meglio senza di lui. E' lui il primo a dirlo.
Ma sono balle. Come farei a star meglio senza di lui? Basta guardare i fatti per accorgersene. Stavo male prima, quando il suo rifiuto mi aveva ridotta ad una grigia ombra di me stessa, e sto male adesso. Soprattutto adesso.
E la parte peggiore è che lui non se ne accorge. Crede di farmi del bene, in questa maniera, e invece mi ferisce nel modo peggiore. O, almeno, questo è quello che mi sforzo di credere. La versione più ottimista, la versione che, forse, potrei aggiustare. Ma non sono mai stata brava ad aggiustare le cose. Sono bravissima a romperle, ad inciamparci e finire per farmi male, questo sì. Ma non ad aggiustarle.
Giro la testa sul cuscino nel tentativo di trovare una posizione più comoda e il mio sguardo viene immancabilmente catturato da ciò che c'è sulla sedia vicino all'armadio. E' la sua vecchia giacca, quella tutta rattoppata che gli ho visto addosso così tante volte. L'ha lasciata qui, proprio come ha fatto con me.
Non se ne andrà.
Se mi alzassi ed andassi a prenderla so che potrei sentire il suo odore. Mi manca sentire il suo odore, mi manca da giorni. Quei giorni che contano come settimane, per me. Ma so già che non ce la farei. L'unica cosa che posso fare, per ora, è aspettare. Aspettare che la nausea finisca, aspettare che lui ritorni.
Sollevo le mani che mi paiono pesanti come due macigni e le guardo alla scarna luce del tramonto che trapela dalle tende. Quasi non le riconosco. Le mie dita sono gonfie e intorpidite, all'anulare c'è la forma familiare dell'anello. Mi da fastidio, stretto com' è, ma non lo voglio togliere. Serve a ricordarmi chi è l'uomo che ho sposato, serve ad aiutarmi a sperare.
Però, nel frattempo, non riesco ad impedirmi di pensare anche all'altra versione, quella per cui lui se n'è andato perché voleva andarsene, quella in cui non ritornerà. La versione che tento di sotterrare, di ignorare, di cancellare per sempre dalla mia mente. Ma è troppo terribile perché io ci riesca.
Come faccio a dimenticarmi la sua espressione? Più ci penso, più mi sembra impossibile.
Nessuna donna la dimenticherebbe, ne sono sicura.
Perché quella non è l'espressione che un uomo dovrebbe avere alla notizia che sta per diventare padre. Almeno, non lo è nel nostro caso. Non ce la faccio, non posso sopportarlo. Ripensarci mi provoca una tale ansia che quasi non riesco a respirare.
E la parte peggiore è che mi sento colpevole. Colpevole di aver chiuso gli occhi, sperando che tutto svanisse.
Avevo deciso di ignorare i sintomi nella speranza di poter evitare la malattia. Ma poi la malattia è arrivata, eccome se è arrivata. Si è abbattuta su di me come un fiume in piena. Mi ha stremata e consumata, ma mi ha lasciata viva. E adesso tutto mi è terribilmente chiaro.
 
L'oscurità, ad un tratto, smette di avvolgermi, i polmoni riprendono l'aria rubata e le gambe ritornano a toccare il pavimento. Ecco, lì sta il problema: il pavimento. Appena lui molla la mia mano, io perdo l'equilibrio, finendo a terra. Lui mi aiuta prontamente ed io mi aggrappo alle sue braccia, ma solo per un attimo. Appena si è assicurato che sto bene, si distacca da me in fretta, come avesse paura di scottarsi. Io porto una mano alla pancia, un po' preoccupata dalla caduta, ma lui non mi vede, perché mi ha già voltato le spalle, percorrendo a grandi passi il piccolo ingresso. Il suo appartamento è davvero minuscolo, cosa che lui non manca mai di farmi notare, ma a me non interessa. A dir la verità, mi piace. Lo raggiungo sul vecchio divano, dove si è seduto con la schiena china, la testa nascosta tra le mani. Scosto uno dei cuscini colorati che ho comprato io e mi siedo accanto a lui.
Mi dispiace.” mormora.
Non importa, è stata comunque una bella serata. E poi non è colpa tua.”
Invece lo è. Se non fosse stato per me, non avresti avuto niente da temere.”
Adesso non ricominciamo...” dico piano. So perfettamente dove vuole andare a parare. E non mi va di assecondarlo.
Sai che ho ragione.” dice perentorio lui, la testa ancora fra le mani.
Ci rifletto un attimo. E' tutto il giorno che muoio dalla voglia di dirglielo. So che, forse, dovrei aspettare. Almeno fino al matrimonio di Bill e Fleur. In fondo, che cosa conta un giorno? La decisione è facile da prendere.
Conta troppo.
Remus... devo dirti una cosa. Una cosa bella.” so che sto sorridendo come una scema, ma non riesco ad impedirmelo. Lui alza la testa, incuriosito, e si poggia sullo schienale del divano. Lo stringo, posando la guancia nell'incavo della sua spalla e, nonostante tutto, lo sento sorridere mentre mi passa un braccio attorno alla vita e mi accarezza distrattamente. E allora glielo dico.
Avremo un bambino. Sono incinta!”
Ed è da qui che niente va più come dovrebbe andare. Lo sento fermare il respiro per un attimo infinito, il peso della sua mano scivola dalla mia schiena fino a ricadere via. Improvvisamente, è come se il suo corpo stesse respingendo il mio abbraccio con tutte le sue forze. Mi stacco da lui per cercarlo con lo sguardo, ma mi evita.
Remus...” dico piano.
Allora, finalmente, mi guarda, facendomi desiderare che non lo avesse mai fatto.
Terrore.
Disperazione.
Ribrezzo.
Tutto il resto, da quel momento in poi, è confuso. Rimango immobile mentre mi stiracchia un sorriso tremulo e mi bacia sulla fronte, come fosse costretto. Poi esce, dicendo qualcosa a proposito dell'Ordine, ma io so che non è vero niente. Quando torna a casa, a notte fonda, sento l'odore dell'alcol nel suo respiro.
Però decido di ignorare tutto. Quella notte chiudo gli occhi e lo abbraccio ancora un'altra volta, sperando che tutto scivoli via nell'oscurità.
 
 
Sento un rumore nell'ingresso e subito la mano corre alla bacchetta. Ho appena il tempo di notare li sguardi stravolti dei miei genitori, prima di precipitarmi fuori dal salotto, in guardia. C'è una figura avvolta da un mantello nero vicino alla porta, ma non riesco a vederla bene in viso.
Fermo dove sei! Identificati.”
Sono io, Remus John Lupin, Lupo Mannaro, conosciuto anche come Lunastorta. E tuo... marito.”
Abbasso la bacchetta e percorro di corsa i pochi passi che ci separano. Lo sento vacillare appena sotto il mio peso quando gli getto le braccia al collo, incredibilmente sollevata. Quasi non mi accorgo che lui, rigido come un pezzo di legno, non risponde al mio abbraccio.
Meno male che sei qui. Io... non sapevo dove cercarti, non ti ho più visto dopo tutta quella confusione. E con i miei genitori... meno male che sei qui.” farfuglio mentre mi stacco da lui.
Remus non mi guarda, tiene la testa china. Con sollievo riesco ad assicurarmi che è tutto intero. Sembra stanco e più sbattuto del solito, ma sta bene.
Cos'è successo?”
Sono venuti ad interrogarli. Gente del Ministero, Mangiamorte, non so. Hanno... hanno usato la Maledizione Cruciatus, però non sono riusciti a sapere niente. Ovviamente non hanno parlato.”
Come stanno adesso?” mi chiede mentre, con le mani affondate nelle tasche, cammina nervosamente su è giù nel piccolo ingresso.
Bene. Sono scossi, direi. Quando sono arrivata era troppo tardi, erano già andati via. Se solo fossi arrivata prima...” stringo i pugni con forza, amareggiata.
Non avresti potuto. Avevano studiato tutto. Mentre interrogavano noi, lo facevano anche con chiunque altro sapevano collegato all'Ordine.”
Annuisco guardandolo consumare di passi la moquette scura.
Quando ti hanno lasciata andare?” riprende lui con un tono quasi aggressivo. Non me ne curo, so che fa così quando è nervoso, o estremamente preoccupato. In questo caso, è entrambe le cose.
Dopo il breve scontro avvenuto nel giardino della Tana, ci avevano interrogati tutti separatamente, in modo che fosse più facile far crollare qualcuno. Ma non avevano ottenuto nulla.
Non mi hanno interrogata per più di un ora, in realtà. Quando mi hanno lasciata andare, sarei subito andata a casa per cercarti, ma ovviamente mi seguivano. Ci sono volute ore per seminarli, Remus.”
Lo so, hanno seguito anche me. Sospetto che lo stiano facendo ancora.” dice lanciando un'occhiata di traverso alla finestra. Il silenzio cala su di noi come una coperta pesante. Lui continua a camminare su e giù, facendomi quasi girare la testa. Sembra stia pensando intensamente a qualcosa, tiene il capo chino, ogni tanto si passa una mano tra i capelli, tormentandoli, e, sopratutto, non mi guarda.
Improvvisamente, mi rendo conto di quanto sono stanca. La cosa mi sorprende, sono sempre stata in grado di affrontare lunghi turni senza accusare mai un colpo. Fa parte del mio lavoro. Eppure, adesso, mi sento terribilmente stanca. Le gambe sono gonfie e doloranti, la schiena mi fa impazzire e gli occhi vorrebbero solo chiudersi. Praticamente mi sento come se mi avessero schiantata. Anzi, mi sento come se mi avessero schiantata parecchie volte.
Mi ci vuole un po' per capire, ma alla fine è chiaro come il sole.
Il mio corpo non è solo più mio. Il pensiero mi si conficca nella mente come una scheggia di vetro affilatissima. E' la prima volta, da quando lo so, che sento veramente la sua presenza. Penso a quanto ho rischiato, oggi, e a quanto sono stata incosciente. Un brivido mi corre lungo la spina dorsale. Non posso più comportarmi come al solito, devo stare più attenta, devo pensare al bambino. Mi appoggio allo stipite della porta, come se non riuscissi a reggermi sulle mie gambe. Quasi non mi riconosco. Tutt'a un tratto il pensiero che non potrò più essere l'Auror che ero mi schiaccia con la forza di un macigno. Guardo Remus, come in una muta ricerca di aiuto, ma lui è ancora impegnato nella sua passeggiata infinita. Non mi ha nemmeno chiesto se va tutto bene... la sua espressione del giorno prima mi si ripropone davanti agli occhi, prepotente. La scaccio via con altrettanta violenza, non sono in grado di pensare a certe cose, adesso. Non lo voglio fare.
Ma lui continua a camminare senza sosta, non si è neanche tolto il mantello, neanche mi guarda. Chiudo gli occhi per un attimo, sentendomi sopraffatta.
Ti vuoi fermare?!” sbotto rompendo il silenzio. Lui si immobilizza a metà di un passo, come se gli avessi lanciato un Pietrificus Totalus.
Sì... scusami. Io...”
Non importa. Su, togliti quel mantello e vieni di là.” gli dico addolcendo i toni.
Dora... no. Aspetta.”
Cosa c'è'?”
Io devo andare.”
Cosa? Ma se sei appena tornato!”
No, non capisci. Devo trovare Harry e gli altri. Devo...”
Harry può aspettare qualche ora. Sono certa che se la sono cavata bene. Ci andremo insieme, stai tranquillo.” lo interrompo avvicinandomi. Cerco il suo sguardo, ma lui me lo nega.
No, Dora, tu rimarrai qui. Ho bisogno di saperti qui, hai capito? Se tu non sei al sicuro, tutto questo sarà valso a nulla.”
Di che cosa stai parlando?”
Mi dispiace, tu non sai quanto mi dispiace. Ci ho pensato e ripensato. Tu ed io... è stato un errore, Dora.”
No.” dico con quello che vorrebbe essere un tono perentorio, ma che risulta più simile ad un gemito strozzato. “Non ricominciare adesso, ti prego.”
Devo andare via. Non posso stare qui. Starai molto meglio senza di me.”
No!” questa volta è un po' più forte, ma non ancora come dovrebbe. Gli prendo il viso tra le mani, costringendolo a guardarmi. Nei suoi occhi, dietro ad una determinazione che mi fa paura, c'è la stessa disperazione della sera prima.
Non sai quello che stai dicendo. Siamo stanchi, è stata una giornata orribile, fuori c'è la guerra. Non dovremo fare questi discorsi.”
So esattamente cosa sto dicendo. E lo sai anche tu. Alla fine capirai che è stata la decisione migliore. Per favore, cerca di capire.” dice prendendomi i polsi con gentilezza, ma con abbastanza forza da impedirmi di oppormi, per scostare le mie mani dal suo viso.
La decisione migliore? Ti rendi conto di cosa stai dicendo?”
Mi dispiace, non avrei dovuto neanche iniziare questa cosa, in questa maniera è solo più difficile.”
Questa cosa?” ancora una volta ripeto le sue stesse esatte frasi, mi sento stupida nel farlo, ma mi sembrano così assurde. Sono così assurde. “Saremmo noi quello che tu chiami “questa cosa?”E poi ti dispiace di cosa, di preciso? Di avermi sposata? Oppure di avermi messa incinta?” sento le lacrime pizzicarmi gli occhi, e, sebbene sono decisa a non piangere, so già che tra qualche secondo cederò.
Ma non capisci? Ho sbagliato, ho sbagliato tutto! Quelli come me non si riproducono!” improvvisamente alza la voce, quasi urla.
Remus...” mormoro io, sconvolta dalla sua affermazione “E' tuo figlio.” Ed ecco che lì, a quella parola, quel “figlio”, un singhiozzo mi sale su per la gola e, senza che io possa impedirlo, la vista mi si appanna di un velo di lacrime.
E' per questo che me ne devo andare. Ti ho già rovinato la vita abbastanza. Cedendo al mio egoismo, ti ho resa una reietta. Ma per lui non è ancora troppo tardi. Se c'è una cosa buona che posso fare per mio figlio, è liberarlo dalla mia presenza.”
Tu non mi hai rovinato la vita. E smettila di parlare come se tu fossi una bestia!”
Ah, no? Perché credi che abbiano torturato i tuoi genitori, oggi? Non vedono l'ora di versare il tuo sangue, ora che ti sei incrociata con uno come me.”
Non è vero. Non dipende da te.”
Lui ride amaro, distogliendo lo sguardo.
Io sono una bestia. Non avrò morso nessuno come fa Greyback, ma in fondo sono al suo pari. Mi sono lasciato travolgere dai miei istinti e così ho trasmesso la mia maledizione ad un innocente. Che differenza vuoi che ci sia?”
Rimango con la bocca spalancata, le lacrime non smettono di rigarmi il viso. Non riesco a credere a quello che ha appena mormorato sottovoce, come una confessione terribile e immonda.
No, no.” ripeto afferrandolo per le spalle. “Non dirlo, Remus, non dirlo.”
Promettimi che resterai qui al sicuro.”
Non te ne andrai.” gli dico con convinzione, ma lui non mi ascolta.
Promettimelo, Ninfadora, ho bisogno di saperlo.”
Non te ne andrai.” lui rimane in silenzio, svincolandosi da me. Lo vedo aprire la porta.
Mi dispiace.”
Non te ne andrai.” ripeto ancora una volta, meccanicamente.
Mi dispiace, mi dispiace. Per favore, stai attenta.” mi lancia un ultimo sguardo, ormai fuori dalla soglia. Per un attimo, tutta la determinazione che avevo visto prima sembra essere svanita, sostituita da un'immensa tristezza.
Non te ne andrai.” chissà come, ci credo.
La porta si chiude con un tonfo leggero, lasciandomi lì in piedi. Rimango così, immobile nell'ingresso della casa dei miei genitori, per non so quanto tempo. Semplicemente, muovermi mi sembra una prospettiva troppo difficile, troppo impegnativa. Tutte le mie energie sono impegnate in un unico, semplice pensiero.
Non se ne andrà.
Poi sento la mano di mio padre posarsi su una delle mie spalle e allora ecco che sono costretta a muovermi. Sulla soglia del salotto c'è mia madre. E' pallida e due profonde occhiaie le solcano il viso, ma posso vedere la scintilla del disappunto illuminarle lo sguardo. Scuote la testa, mia madre. Ed io, per l'ultima volta dico ad alta voce.
Non se ne andrà.”
 
 
 
 
Non è tornato. I giorni sono passati e lui non è tornato. Non mi sono mossa, non l'ho cercato, sono rimasta al sicuro, proprio come mi ha detto lui.
Voglio solo rimanere qui stesa finché non è tutto finito. Che qualcuno mi venga a chiamare quando è ora, io non mi alzerò, starò qui ad aspettare che questa battaglia sia vinta. Quasi mi vergogno di me stessa. Cosa direbbe Malocchio se mi vedesse così? Ma è inutile pensarci, perché tanto adesso non può più dirmi niente. Perché tanto adesso è morto.
L'Auror più valoroso, quello più bravo ed esperto, è caduto ed invece io sono rimasta. Sono rimasta qui a piangermi addosso pregando che lui torni. Sento che la mia dignità è caduta nel vuoto assieme a lui.
Ma non andrò a cercarlo, no. Farò come Remus mi ha detto. Correrò questo rischio.
Non se ne andrà.
Credevo che la nostra guerra personale l'avessimo già combattuta. Credevo di aver vinto, ma è evidente che mi sbagliavo. Non importa, vorrà dire che vincerò anche questa battaglia.
Già, ma se invece non ci riesco? Non si tratta più solo di me adesso. Il pensiero mi pietrifica. Cosa succede se nel tentativo mi si spezza il cuore una volta per tutte? La mano corre alla pancia mentre un brivido mi freme sulla pelle.
Non ci posso pensare. Non mi perdonerei mai se smettessi di provarci.
Ho sentito la sua voce oggi, ma non ho capito una sola parola di quello che mi ha detto. Se non avessi saputo che quello era il suo Patronus, non lo avrei neanche riconosciuto. Non era la voce dell'uomo che ho sposato. Ha detto qualcosa su Harry e gli altri e poi mi ha detto, come al solito, di rimanere qui.
E io farò come ha detto. Aspetterò, anche se ciò comporta annullarmi. Perché lui non se ne andrà.
Non se ne andrà.
Improvvisamente, sento delle voci provenire dal piano inferiore e mi pare che il mio cuore torni a battere. Mi alzo di scatto sul letto e per un attimo la nausea è tanto forte da farmi credere di stare per vomitare. Chiudo gli occhi e faccio respiri profondi.
No, aspetterò qui.” dice una voce. La sua voce.
Non c'è neanche bisogno che mia madre mi venga a chiamare, io sono già fuori dalla stanza. Scendo le scale in un attimo, correndo il serio rischio di cadere, come un'incosciente.
E' rimasto in piedi, neanche si è tolto il mantello, come se fosse solo di passaggio. Mi guarda con un'espressione strana, come di incertezza e senso di colpa. E' un espressione che conosco bene, è la stessa espressione che aveva il giorno che ho vinto la nostra guerra. Il giorno che mi ha detto che mi amava anche lui.
Preparo il thé?” chiede mio padre “Magari un bicchierino di Whiskey Incendiario?”
Lasciateci soli, per favore.”
Mio padre protesta, ma in qualche modo se ne va. Non so come, perché il mio campo visivo è interamente occupato dall'immagine di Remus, ma se ne va. Forse mia madre lo trascina via, forse capisce tutto da solo. In quel momento non mi interessa.
Sei tornato.”
Lui evita di guardarmi. “Dora, io...”
Mi avvicino e lui posa il suo sguardo su di me. Questa volta non c'è terrore, ne ribrezzo, ma solo una tristezza profonda. Per un attimo, sembra volersi avvicinare, poi qualcosa, un lampo, gli passa negli occhi e con un gesto brusco si allontana. Prima che io possa accorgermene gira i tacchi e scompare dalla soglia.
Lo inseguo nell'ingresso, riuscendo ad uscire prima che il portone si richiuda. L'aria fresca della sera mi assale la pelle, facendomi rabbrividire. Mi ci vuole un attimo per abituarmi, sono giorni che non esco di casa. Lo chiamo a gran voce e lui è costretto a fermarsi. Mi precipito verso di lui, prima che possa cambiare idea. Ovviamente, inciampo. Per un attimo, mentre il terreno si fa sempre più vicino, credo seriamente che stavolta finirò per prendere una gran bella botta in testa. Ma,poi, qualcosa si sovrappone fra me e la ghiaia del giardino. Mi aggrappo con forza alle sue braccia, mentre Remus si china su di me, preoccupato. Una delle sue mani è posata sul mio fianco, indiscutibilmente molto vicina alla pancia.
Stai attenta, per l'amor del cielo!” esclama.
Abbasso lo sguardo sulla sua mano, “Allora ti importa.”
Lui la ritrae velocemente, ma non si allontana da me. “Certo che mi importa! Non mi è mai importato così tanto in vita mia, credimi.”
Prendo un respiro profondo, prima di parlare. So perfettamente che devo stare attenta a quello che dirò. E' sempre stato così, fra di noi. La nostra battaglia infinita e spietata da giocare senza esclusione di colpi. In fondo, è come un duello. Si tratta di scegliere gli incantesimi giusti.
Discutere con lui sarà sfiancante, lo so. Ci faremo a pezzi, per poi guardarli bruciare, e alla fine rimarrà solo la cenere. Ma io so che le fenici rinascono dalle proprio ceneri.
Adesso mi devi ascoltare, Remus. Non lo fai mai. Mi ci è voluto un anno per convincerti che potevamo stare insieme, un anno sprecato. E tutto questo solo perché tu non mi ascolti. Fai sempre di testa tua, convinto di agire per chissà quale bene superiore. Lo so che credi di farlo per il mio bene, ma non è così. Devi smetterla, devi smetterla di fare la vittima.”
Ma io sono una vittima.” mi interrompe lui.
In parte, è vero. Ma ciò non vuol dire che tu non possa essere felice. Te lo meriti, Remus. Devi accettarlo.”
Lui resta in silenzio, stranamente incapace di ribattere. Allora io continuo.
Io non ce la posso fare da sola, ho bisogno di te. Ti prego, tutto questo mi sta distruggendo.”
Lui prende a tormentarsi i capelli, una ruga profonda gli solca la fronte. “Io non volevo, non volevo. Ha ragione Harry a dire che sono un codardo. Solo un codardo abbandonerebbe sua moglie e suo figlio per paura.”
Non sei un codardo.” rispondo meccanicamente, anche se non capisco cosa c'entri Harry in questa faccenda.
E invece sì.” continua lui, senza ascoltarmi. “Ho paura, ho talmente paura. Che succede se nasce come me? E se, invece, per miracolo sarà normale, come farà a crescere con un padre del genere? Tu non ti meriti questo.”
Smettila!” urlo io, afferrandogli i polsi per impedirgli di strapparsi i capelli. “Lo stai facendo di nuovo, non vedi? E' sempre la solita storia con te. Pensavo di averti convinto, ma evidentemente sei più testardo di quanto credessi.” Improvvisamente, sento un fiume di energia pura scorrermi nelle vene. Questa volta non lo lascerò andare. So di potercela fare. In lui è successo qualcosa, e in fondo so che vuole rimanere. Si tratta solo di lottare fino alla fine.
Guardami.” ordino mentre gli afferro il viso tra le mani. “ Io non mi merito di meglio, come potrei, quando ho già tutto quello che desidero? Sei tu quello che voglio, Remus. E se proprio sei convinto di non meritarmi, allora te lo lascerò credere. Vorrà dire che ti merito io abbastanza per tutti e due.”
Questo discorso non ha senso, lo sai, vero?”
Zitto!” dico stringendogli più forte il viso. “ Tu sei un uomo buono, Remus Lupin. Sei l'uomo più buono e coraggioso che io conosca. E se nostro figlio ti somiglierà anche solo un po', allora si potrà ritenere una persona molto fortunata. Anche io ho paura, ma andrà tutto bene, hai capito?”
Le cose, di solito, hanno la tendenza ad andarmi male.” risponde lui piano, posando le mani sulle mie.
Sbuffo davanti alla sua testardaggine, sciogliendo la presa sul suo volto.
Ti fidi di me?” gli chiedo a bruciapelo.
Lui mi guarda, confuso. “Ciecamente.”
E adesso dimmi, tu vuoi già bene a questo bambino, non è così?”
Certo. Gliene voglio da quando l'ho saputo ed è per questo che ho...”
Basta. Fammi finire. Ho un'ultima domanda.”
Lui annuisce senza spostare lo sguardo dal mio volto.
Tu mi ami, Remus?” l'ho detto in tono di sfida, come se avessi voluto aggiungere “Su, prova a contraddirmi.” Io so che lui mi ama. C'è stato un lungo periodo, quando continuava a rifiutarmi, in cui pensavo che i miei sentimenti non fossero corrisposti. Ma è da un po' che lo so, ormai.
Lo so da come, la notte, quando crede che io stia dormendo, gioca con i miei capelli.
Lo so dallo sguardo felice che aveva il giorno in cui mi ha sposata, uno dei pochi che gli abbia mai visto, forse.
Lo so dal modo in cui mi bacia, quando siamo soli. Dal modo in cui mi accarezza i fianchi e la schiena con le mani, per poi affondarle nei capelli. Lo fa come se fossi qualcosa di estremamente fragile e delicato. Ed io in quei momenti rido sempre, perché so perfettamente di essere la cosa meno delicata del mondo. Allora, in risposta ai suoi sguardi confusi, mi stringo più forte a lui, perché so che non potrebbe mai farmi male, neanche se volesse.
Non so, Dora. Credevo di sì. Ma come è possibile, se non faccio altro che ferirti? Farei di tutto per renderti felice, se solo tu non me lo impedissi.”
Sbuffo, incrociando le braccia. Ma è possibile che con lui debba sempre essere tutto così difficile? Non sarebbe bastato un solo, semplice, “Sì.”?
Ma non vedi?” gli chiedo avvicinandomi. “Se questo non è amore, allora cos'è?”
Alla flebile luce emanata dai lampioni, lo vedo tirare un breve sorriso.
Ho paura, Dora.” mi dice un'altra volta. “Non mi perdonerei mai se nascesse come me.”
E se non ci fossi lì per lui, quando ne avrà bisogno, allora ti perdoneresti? Vuoi veramente che cresca senza un padre?”
No.”
E allora ascoltami. Io ho due sole certezze, ora come ora. Una è che ti amo. E l'altra è che sarai un buon padre. Sono le uniche cose che so. E, se servirà a convincerti, allora te le ripeterò ogni giorno, senza mai stancarmi.”
Penso che dovrai farlo.”
Gli sorrido, un attimo prima di annullare la distanza fra noi per baciarlo. Allora, mentre sento le sue labbra premere più forte sulle mie, so di aver vinto.
Non se ne andrà. Penso un'ultima volta, finalmente credendoci per davvero.
 

Ps: eccomi qui! Che dire? Io adoro Adele e un contest del genere non me lo potevo far scappare. La canzone non la conoscevo molto bene, ma, una volta approfondito il testo mi sono resa conto che si adattava perfettamente a Remus e Tonks, così ho fatto la mia scelta. Ho sempre desiderato scrivere di loro e spero che questa storia vi piaccia. :D Ho adorato scriverla e sono anche molto soddisfatta del risultato del contest. Vi consiglio di ascoltare la canzone, qui potete trovarla con il testo. http://www.youtube.com/watch?v=Qgp7hlkfstI 

Ecco i tre bellissimi banner ^^ e il giudizio della giudicia


 

4ª classificata:
"He won't go" di Snoopy_4
 
Grammatica: 6.2/10
Purtroppo, la grammatica sembra essere il tuo punto debole.
Ho riscontrato 23 errori di punteggiatura, 8 verbi coniugati in modo errato e altre 7 imprecisioni.
Per ragioni di spazio ti chiederei se fosse possibile inviarti le correzioni separatamente o postarle in un altro momento a seconda delle tue preferenze.
Grazie mille.
 
Stile e lessico: 9/10
Lo stile, al contrario della grammatica, ad eccezione di qualche imprecisione lessicale, per esempio espressioni più pesanti a cui sarebbero preferibili alte, come "per davvero" che andrebbe sostituito con un più scorrevole "davvero", così come "un po' meno" sarebbe preferibile a "un po' di meno".
In generale, cerca di scrivere il minor numero di parole possibili.
 
Caratterizzazione e IC: 15/15
Remus e Tonks erano SUPERLATIVI!!!!
Fantastiche le paure di lui e l'amore incondizionato di lei e il modo impeccabile in cui descrivi le sue sensazioni... Bravissima!
Non sprecherò altre parole, non ce n'è bisogno!
 
Originalità: 8/10
Purtroppo, l'episodio è molto usato, ma l'hai trattato molto bene, con grande attenzione ai sentimenti e ai dettagli, quindi ho deciso di gratificarti. Te lo meritavi.
 
Utilizzo pairing e canzone: 10/10
Anche qui ho davvero poco da dire.
La canzone e la storia si completavano alla perfezione, le citazioni sono state gestite benissimo e le vicende narrate dal brano musicale e dalla fic erano in perfetta armonia!
 
Gradimento personale: 9.5/10
Qui mi piange il cuore, ma a causa della grammatica non ho potuto darti il massimo. Devi lavorare di più sull'aspetto grammaticale, perché per rischi di penalizzare storie altrimenti stupende!
Comunque la tua storia mi ha davvero catturata dalla prima parola all'ultima.
Hai degli ottimi tempi narrativi e un'eccellente capacità di introspezione.
 
Totale: 57.7/65
  
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