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Autore: Claire Piece    15/03/2012    7 recensioni
Nell’oscurità della mia camera non me ne ero accorta, ma erano di un colore diverso da quello che avevo visto ore prima.
Ora era un vero colore, naturale.
Erano iridi rosse.
Fui capace di non spaventarmene e improvvisamente capii che nel fondo del pozzo non ci avrei trovato elementi naturali comuni, ma ci avrei trovato del sangue.
Lo vidi spostarsi lento, parlò ancora vicino e mormorando “ Ti spaventano vero?”
“No…” bisbigliai “Li trovo orrendamente pieni di verità.”
Mi riaccostai per cercare un nuovo bacio ma lui sorridendo sghembo si allontanò appena e sussurrò “ In parte hai colto nel segno. Ma tu non puoi minimamente immaginare quante verità vedano.” Mi fissò per molto, serio.
I capelli corvini e la maglia altrettanto nera, fecero risaltare come una luce quel cremisi dei suoi occhi. Li vidi iniettarsi di sangue mentre mi guardava, sembrò volermi divorare, ma forse non è questa la sensazione più giusta per dire cosa provasse e cosa volesse realmente fare in quel momento Beyond .
Continuò a fissarmi e io non abbassai lo sguardo, non avrei mai perso nemmeno un attimo di quegli occhi.
Tornò poi a parlare piano e con sofferenza tentava di trattenere un impulso irrefrenabile che lo voleva spingere a fare qualcosa, ma non capivo bene cosa. Disse sotto voce solo poche parole prima di andarsene “Povera cappuccetto rosso è finita dritta, dritta nella bocca del lupo.”

Nella vita di una ragazza senza problemi, se non quelli della sua età, appare un'improvvisa ombra che oscurerà il sole che rendeva la sua vita serena e con una positiva monotonia.
L'apparizione di un misterioso personaggio le farà cambiare idea.
Salve a tutti.
Questa è diciamo una fan fiction sperimentale.
Vorrei divertirmi ad approfondire il personaggio di Beyond Birthday e ci proverò scrivendo questa storia.
Da subito ringrazio chi leggerà e spero sia di vostro gradimento.
Genere: Dark, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beyond Birthday, L, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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La seguente Fan Fiction contiene Spoiler.
Tutti i diritti sui personaggi e tutto quello che è riguardante Death Note ed Another Note, è di proprietà degli autori Takeshi Obata, TsugumiOhba e Nisio Isin.   
 
 Grazie per essere qui e buona lettura.

Wrong Direction soundtrack playlist https://open.spotify.com/playlist/0hiiHloi1C3LKQfrQyGXyW

                                Impossibile

Credo che conosciate quel detto: l'amore è cieco. Ecco questo è il mio caso.
Ed io non mi pentirò mai di non aver voluto vedere.

Ho sempre avuto una vita tranquilla, per quello che si può definire tranquillità nella vita di una ragazza di appena diciotto anni.
Mi chiamo Leonor White, vivo in una piccola villetta beige con giardino, in uno dei tanti distretti di Los Angeles, precisamente Brentwood.
Se vi interessa sapere se sono figlia di Angelina Jolie e Brad Pitt, no non lo sono e non sono neanche ricca. Il mio quartiere è molto calmo e siamo tutti, diciamo, benestanti, secondo i parametri e il significato cui si vuole dare alla parola benestante qui a Los Angeles.
Diciamo che nella mia famiglia ci possiamo permettere due macchine, una modesta casa oppure una cucina con fornelli centrali e il frigorifero sempre pieno.
Ovviamente non mancano i soliti vicini ficca naso, che pur avendo loro delle vite disastrate vanno a cercare il disastro e lo scandalo in quelle degli altri.
Sono la figlia di due divorziati, ma non mi soffermerò nemmeno a fare la pantomima della povera ragazza in balia di due genitori snaturati.
I miei sono a posto, non mi fanno mancare niente, né l’affetto, né l’appoggio da genitori, si può dire che per essere due persone che vivono separate, una da un capo della città e l’altra dall’altro capo, sono sempre presenti quando ne ho bisogno.
Mia madre è un architetto, lavora molto, a casa c’è di rado, ma quando c’è non si può fare a meno di non sentirla, non tanto perché parla a raffica senza respirare, di ogni cosa, ma per il fatto che inciampa su ogni oggetto animato o non animato che sia. La mia gatta Molly, ancora urla dal dolore per le infinte volte in cui gli ha schiacciato accidentalmente la coda.
Inciamperebbe anche con l’aria e, ancora più ostinata, insiste ad indossare le scarpe con tacchi vertiginosi. Però è così bella quando scende in cucina la mattina per fare colazione e indossa il suo tajeur lillà, che mette perfettamente in risalto il suo incarnato roseo, i suoi occhi color cobalto, i suoi lineamenti delicati e fa brillare il biondo grano dei suoi capelli acconciati in un ondulato caschetto.
In più è così magra che non riesce a capacitarsi di come possa essere possibile che abbia avuto una figlia. Io sono il suo opposto, ho i capelli talmente scuri da non vedersi il riflesso castano al loro interno, li porto ondulati e lunghi fino alle spalle, è l’unica lunghezza che riesco a tollerare.
I miei occhi sono scuri, quasi allo stesso livello dei miei capelli, la mia carnagione è abbastanza pallida, guardandomi non si direbbe che sono una che vive a Los Angeles e che passa molto del suo tempo al sole.
Fortunatamente ho un fattore fisico in comune con mia madre, la corporatura asciutta e snella e sono ancora più fortunata perchè ho un metabolismo che mi permette di mangiare in maniera indecente.
In pratica nel resto somiglio a mio padre, che ora si trovava a Beverly Hills e viene a trovarmi nei fine settimana se non ho impegni o uscite con amici, ma il più delle volte è lui a saltare gli appuntamenti per via del suo lavoro di poliziotto.


Ricordo che il giorno della mia unica assenza da scuola, dopo anni di diligente presenza, fu segnato dalla pioggia.
Roba da non credere, a Los Angeles non c’è un giorno in cui non ci sia un sole sfacciato a fare da padrone.
Io non vado a scuola e piove!
Credo che come indizio dovesse andare bene per farmi capire che non era giornata, anzi che non sarebbe stata più una delle mie comuni giornate, con lo svegliarmi la mattina e il sapere già cosa fare durante il giorno.
La scuola, i tentativi del coach del club d’atletica leggera di farmi entrare nel suo team con conseguente mio rifiuto, il pranzo in mensa, tornare a casa in bici, i compiti, la cena e poi la lettura.
Io adoro leggere, non c’è cosa che mi renda più felice, che faccia proliferare il mio cervello di fantasie e nuove filosofie, di concetti.
Nella lettura ci sono le migliori lezioni di vita in ogni sua sfumatura.
Anche se posso dire di essere una persona attiva e dinamica, io preferisco di gran lunga allenare la mia materia grigia. Chiunque ora penserà che sono una secchiona, ma no, non lo sono. Me la cavo ma non mi impegno affatto, quello che mi viene imposto lo strozzo giù di forza per il quieto vivere.
Se dovessi riportare a casa di nuovo con una E, non so come potrebbe prenderla mia madre.
L’ultima volta mi minacciò di bruciare tutti i miei libri ed ora, per impedire questa intimidazione, mi sorbisco il sapere per flebo, quel sapere iniettato silenziosamente, che bisogna conoscere per sopravvivere in casa propria.
Le mie letture preferite sono i romanzi storici, i drammi, i racconti misteriosi e quelli che trattano dell’amore.
Sì, sono una romantica inguaribile, ma a vedermi non si direbbe.
L’ultima volta che mi sono presa una cotta, non è andata così bene come nei romanzi che leggo.
Nessuna sintonia, nessun dolce presagio nello sguardo l’uno dell’altra, nessun batticuore per entrambi.
Il tutto era nato in me, solo in me, lui nemmeno mi aveva mai pensato, ero io che leggevo segnali che non esistevano e così un bel giorno, mentre mi avvicinavo per togliere il lucchetto alla mia bici nel parcheggio della scuola, trovo lui, Richard Hill, poggiato sul palo dove avevo incatenato la bicicletta.
Io mi avvicinai, tentennai ovviamente, come un’imbranata, e lui che fece? Versò della coca cola mescolata a qualche altro schifo sul sellino della mia bicicletta!
Rimasi malissimo, le risate dei suoi amici arrivarono in ritardo alle mie orecchie, quasi in differita.
Non ci vidi più.
Mollai un pugno nello stomaco di Richard e scappai velocemente appena sbloccai il lucchetto. Dietro di me sentivo il nicchiare di quell’idiota, che fu come musica per le mie orecchie e mi sentii risarcita del tempo sprecato dietro a uno come lui.
Ora posso dire che l’amore per me rimarrà sempre quello stampato sulle pagine che leggo.
Gli amori che tutti trovano belli e gradevoli sono quelli a lieto fine, dove si finisce per sposarsi e per giurarsi l’amore eterno.
Ma io credo che gli amori più belli, quelli ricordati, i più potenti, siano quelli sospesi.
Dove nessuno dei due amanti rivedrà l’altro, dove non c’è un tutti vissero felici e contenti.
E’ in queste narrazione che c’è la conservazione perfetta dei sentimenti di entrambi, c’è il vero significato del per sempre.

Tornando a parlare della mia pessima giornata, mentre distoglievo gli occhi dalla pagina del libro che stavo leggendo, vidi dalla finestra della mia camera mia madre che rientrava nel vialetto di casa con la sua auto station wagon.
Pioveva a dirotto e qui in California nessun californiano sa cosa sia un ombrello, che forma abbia e come lo si usi. Di conseguenza mia madre, essendosi ambientata così bene qui a Los Angeles, uscì dall’auto correndo velocemente verso la porta di casa.
Io pregai, per tutto il tempo in cui percorreva quel tragitto, che non inciampasse come suo solito e che non scivolasse a causa dell’aggravante di uno scroscio così violento d’acqua.
Appena rientrò la sentii urlare dal piano di sotto il mio nome. “Leooooo!!”
Odio quando mi chiama così, perché storpia il mio nome.
“Sìììì!” Urlai esasperata e senza entusiasmo per aver sentito il mio nome troncato. Poggiai pigra il mio libro aperto sul letto, fin dove ero arrivata a leggere, e scesi di sotto. “Che cosa c’è? Perché urli così tanto?” Dissi appena arrivata in cucina, appoggiando le mani sul ripiano in marmo attaccato ai fornelli.
“Niente tesoro. Volevo sapere se ci fossi. Sai, ho sempre paura di non trovarti o che qualcuno ti rapisca o…” Iniziò la solita storia del -E se ti succedesse qualcosa?-
Io mi innervosivo appena accennava quel discorso, perché ho sempre pensato e penso, che se ci si scervella in negativo, la realtà potrebbe inevitabilmente essere attratta dalla propria negatività. Quindi la arrestai prima che iniziasse a elencare le possibili tragedie che avrebbero potuto colpirmi.
“Stop!! Mamma! Per favore, sto bene. Sono viva e adesso possiamo anche prendere il tè insieme!” Dissi stizzita ma con un’ombra di contentezza nella voce, perché adesso lei era a casa e potevamo stare insieme.
Mentre io e la mamma ci apprestavamo a preparare le tazze e a far bollire l’acqua nel forno a microonde, sentii bussare alla porta. “Vado io!” Disse mia madre mentre si toglieva le sue scarpe decolletè, camminando col rischio di schiantarsi a terra. Ma arrivò a destinazione sana e salva.
Aprì la porta e schiamazzo all’istante “Oh! Jesse! Avanti entra! Eravamo in cucina a prepararci del tè.” Mia madre chiuse la porta e continuò a parlare per tutto il breve percorso dall’uscio alla cucina e, per il sollievo di Jesse, arrivarono in fretta.
Jesse è una mia cara amica. Quando mi trasferii a Los Angeles per via del lavoro di mia madre, fu lei la prima a parlarmi e a farmi ambientare nella mia scuola.
Lei è la classica ragazza americana, capelli biondi con dei boccoli che gli cadono leggeri sul petto, occhi azzurri cielo, labbra rosse, l’unica cosa che le invidio sono le sue forme un po’ più prosperose delle mie, che la rendono più femminile rispetto a me.
E’ una ragazza molto dolce e intelligentissima, al contrario di me lei è un fenomeno a scuola, ma è insofferente a qualsiasi forma di suono acuto e ripetitivo, in quel caso la voce di mia madre la stava facendo impazzire.
Tagliò corto cortesemente, facendo un sorriso esagerato e scimmiottando la voce di mia madre “ Sì. Gradirei questa famosa tazza di tè.”
Facendo così la mamma si distrasse, capendo di essere presa in giro e si mise a trafficare con le tazze.
Poi Jesse portò l’attenzione su di me. “ Allora, come mai oggi non sei venuta a scuola?” Mi domandò mentre si accomodava sull’alto sgabello vicino al ripiano di marmo.
“Non avevo molta voglia e poi ho fatto tutti i test del mese di giugno, quindi direi che mi sono concessa il relax che meritavo. Per me l’anno è finito.” Dissi soddisfatta e sorridendole.
“Mmh, capito e brava la nostra ripetente. Posso accendere la tv?” Jesse pigramente sottolineò il fatto che l’anno prima mi fossi fatta bocciare e che ora eravamo in classi separate. Anche se ci vedevamo comunque per pranzo alla mensa della scuola, non mi aveva perdonato il fatto che avessi ripetuto il quarto anno.
Jesse poi prese il telecomando in mano come se niente fosse. Ormai lei era di casa, chiedeva comunque il permesso, ma solo per un fatto di educazione.
“Sì, tranquilla.” Risposi distrattamente mentre immergevo il filtro del tè nella mia tazza che emanava vapore.
Subito la tv iniziò a sparare le solite notizie macabre e agghiaccianti, proprio quello che ci voleva per un bel pomeriggio piovoso con una donna iperprotettiva e due ragazze in casa.


“Cominciamo parlando delle misteriose aggressioni che hanno colpito molti dei piccoli centri abitati di Los Angeles. L’aggressore agisce seguendo le vittime e immobilizzandole per poi ferirle con quello che si crede sia un coltello, in una diversa parte del corpo, tutto senza apparente motivo.
Chiediamo a tutti i cittadini di prestare molta attenzione e di denunciare o segnalare qualsiasi dettaglio o avvenimento e individuo sospetto.
La polizia è comunque sulle tracce di questo presunto aggressore.
I numeri utili sono…”



Sentii la notizia quasi esasperata, perché ora la mamma avrebbe iniziato a diventare ancora più paranoica di quanto già non lo fosse.
Sbuffai e dissi “Ti prego Jesse, metti qualcos’altro, che ne so, un film, della musica… Davvero non reggo più tutte queste brutte storie.”
“Ok…” Jesse con sguardo assonnato iniziò a fare zapping, poi mi domandò “ Ma qual è il tuo problema con la realtà Leo?”
“Non chiamarmi così! Per favore, te lo avrò ripetuto una marea di volte.” Replicai irritata e proseguii “E poi io non ho nessun problema con la realtà, semplicemente la evito come quando si evita una persona che ti sta antipatica per il quieto vivere, altrimenti finirei per scontrarmici tutti i giorni.” Dissi sarcasticamente.
“Sai, io credo che dovresti prendere in maniera più seria certi fatti. Hai perfettamente ragione quando dici che tutti i giornalisti e i media in generale sono degli approfittatori di tragedie e sciagure. Ma credo che su certe cose dovresti prestare più attenzione. Chi ti dice che un pazzo del genere, una sera, magari mentre torni a casa, non ti aggredisca?” Jesse parlò molto seria e a tratti alternò sorrisi preoccupati.
Io sbarrai gli occhi facendo una smorfia, come per dire: “Per favore, non davanti a mia madre!”
Mia madre colse ovviamente al volo l’affermazione di Jesse e in maniera ancora più ovvia non tardò a infierire “Jesse ha ragione tesoro, dovresti essere più attenta. Tutto qui.”
“Adesso non cominciate tutte e due. Va tutto bene e in più sono tranquilla, mio padre è un poliziotto e se avessimo qualcosa da temere ce lo avrebbe già detto. No? Quindi basta con queste storie. Ci limiteremo a mettere tutte e tre spray al peperoncino in borsa…” Non riuscii a finire quello che stavo dicendo, perché nel frattempo iniziai a ridere, da prima piano e poi scoppiando in vere e proprie risate, vedendo la faccia di Jesse che si stava contraendo in un sorriso, scoppiando anche lei a ridere.
Riuscimmo a contagiare anche quella pessimista di mia madre.
“Leonor, già ti immagino con in mano lo spray al peperoncino urlare << Mani in alto>> . Tu col peperoncino in mano!” Jesse venne di nuovo interrotta dalle sue convulse risate.
Io continuai a ridere e risposi rassicurata “Tranquilla, non succederà.”




Eccomi con un'altra follia partorita dal mio cervello, ancora prima di finire la mia prima fan fiction! XD Perdonatemi in anticipo, so che non sarà nulla di speciale come storia, ma io adoro mescolare, inventare e fantasticare.
Così ecco il primo capitolo della fan fic dedicata a BB.
Spero vi piaccia e vi ringrazio in anticipo.
Baci baci Ama82

   
 
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