Vi
era più di una particolarità
nell’appartamento n.221b di Baker street.
In effetti, John non avrebbe
saputo da dove iniziare.
Lo smile giallo acceso che
ammiccava dalla tappezzeria della parete era uno dei primi candidati,
di certo.
Seguito a ruota dal teschio umano che occhieggiava dal camino e dalla
cervo
impagliato con le cuffie. Per non menzionare, poi, le svariate
cianfrusaglie che
invadevano ogni superficie pensabile. Ah, e le piccole
‘sorprese’ sparse per la
casa: sostanze sconosciute e membra umane, perlopiù.
Uno dei motivi per cui non era
mai ansioso di mostrare casa propria alle fidanzate.
L’altro motivo era ovviamente
Sherlock Holmes.
Un immenso altro motivo.
*
C’era
un metodo infallibile per
capire quando Sherlock Holmes accettava un caso: metteva il cappotto.
Mettere
il cappotto era un gesto univoco, un misto di concetti che andavano
dall’uscire
come una furia al non mangiare per giorni,
dall’iperattività mentale
all’intrattabilità più completa.
L’aggettivo perfetto per
descrivere la relazione fra lui e quel cappotto era probabilmente solo
uno:
inseparabili. Praticamente in simbiosi. Sempre se il cappotto fosse
stato
dotato di vita.
Probabilmente, allora, sarebbe
stato anche l’unico a capirlo sul serio.
Soprattutto considerando che l’altro
che viveva in simbiosi con lui non lo capiva affatto. E lui
sì che era dotato
di vita.
…ma forse era proprio quello il
problema.
*
A
vederlo rientrare carico di
buste della spesa in uno dei suoi improponibili maglioni colorati,
chiunque
avrebbe dubitato di trovarsi davanti all’unico essere umano
capace di passare
più di 24 ore in compagnia di Sherlock Holmes senza
ucciderlo. O commettere
suicidio.
John avrebbe riso se gliel’avessero
detto.
In effetti l’idea di ammazzare il
coinquilino l’aveva sfiorato molte volte. Anche
più che sfiorato, ma non
scendiamo nei dettagli… E d’altronde gli aveva
salvato altrettante volte la
vita.
Sforzarsi di tenerlo vivo per poi
ucciderlo all’ennesima frecciatina acida gli pareva un
paradosso.
In realtà molti avrebbero insinuato
che c’era molto più di questo.
John avrebbe riso un po’ meno se
gliel’avessero detto.
*
– Mhh…? – bofonchiò John dal divano dove era appena sprofondato, affondando i denti in un muffin.
– Passami telefono. –
– Sco*vdaelo Fe*loch...! – deglutì – …scordatelo, è nella tasca della tua vestaglia –
– Ottimo, sai anche dov’è. –
– Per l’amor di Dio, togli la mano da quei vetrini e prendilo da solo! –
Dall’altra stanza non giunse suono. Sbuffò esasperato tornando a concentrarsi sul proprio muffin: doveva essere uno dei suoi un capricci momentanei, giusto per infastidirlo perché era appena tornato da un appuntamento ‘abbandonandolo’ al suo ultimo caso. Che aveva risolto in non più di due ore, peraltro.
Un messaggio gli illuminò il dispaly.
SH