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Autore: Misses me    16/03/2012    0 recensioni
Una ragazza londinese investita proprio mentre stava andando all'università per volere dei genitori, ma questo incidente cambierà la sua vita e la costringerà ad affidarsi anche agli altri e a vivere per se stessa... Commentate please per farmi sapere che ne pensate e se la storia riscuoterà successo pubblicherò altri capitoli, baci baci.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La sveglia suona e a quel rumore così fastidioso come pochi finalmente realizzo che sono le sette di mattina e se non mi deciderò a svegliarmi in fretta arriverò di nuovo in ritardo all’università.
Penso di essere l’unica ragazza di diciotto anni a vivere da sola a Londra, aver convissuto con il mio ex futuro marito e continuare gli studi in una città che decisamente non è la mia. Frastornata da tanti pensieri tutti insieme e, soprattutto alle sette di mattina, a fatica mi alzo dal letto e guardo fuori dalla finestra; il tempo sembra proprio rispecchiare il mio umore: nero... beh vediamo il lato positivo, almeno non piove; che da queste parti equivale a un miracolo. Sospiro, sarà meglio andare a farsi una doccia e poi sgranocchiare qualcosa prima di correre per andare a lezione. Entro nella vasca prendo un bel respiro e mi immergo immaginando chissà cosa, sento l’acqua scompigliarmi i capelli e la schiuma bruciarmi gli occhi, in questo momento non vorrei più muovermi, vorrei che il tempo si fermasse per farmi stare così spensierata a giocare con l’acqua. Mi ricordo che da piccola mettevo il sale nell’acqua della vasca, indossavo un costume, rubavo i pesci tropicali dall’acquario, mettevo una maschera e passavo giornate intere fare snorkeling dentro al bagno, è stato stupendo. Ok, ce la posso fare mi risveglio: mi avvolgo in un asciugamano e esco veloce, mi vesto e trucco alla buon’è meglio e prendo i cereali dalla mensola. Cerco distrattamente l’orologio con lo sguardo e mi accorgo di non essere in ritardo ma molto di più, prendo le chiavi, chiudo l’appartamento e comincio a correre.
Appena scendo in strada comincia il diluvio universale, sbuffo e tiro su l’impermeabile fino a coprirmi un po’ la testa, correre per il centro di Londra con le mie nuove scarpe bianche candide tacco dodici già non mi allettava molto, ma pensare di doverlo fare sotto una pioggia torrenziale mi fa proprio incazzare. Prendo un bel respiro e comincio a correre come una pazza, attraverso le strade quasi senza guardare, se arriverò di nuovo in ritardo non voglio immaginare che testa che mi farà mia madre... accelero, non posso permettermelo, non ora.
All’improvviso un enorme macchina nera, una Porsche credo,  spunta da un angolo e dirigendosi a tutta velocità verso di me mi solleva da terra. Sento caldo dappertutto, mi porto una mano al naso: sanguina, idem la bocca... guardo le mie ex candide scarpe bianche e urlo: se becco quel bastardo vedrai. Infatti quel bastardo scende dalla macchina, si inginocchia accanto a me e mi chiede: ”Tutto bene? Dovresti stare un po’ più attenta quando cammini per le strade, avresti potuto farti male.” Ma non lo vedi che mi sono già fatta male idiota patentato? E poi sei tu in torto quindi non rompere i coglioni e chiudi quella bocca o te la chiudo io a forza di calci in culo.
Intorno a noi una folla crescente di gente che o non si sa fare i cazzi suoi o non sa che cazzo fare oppure entrambi si sono riuniti attorno a noi e ci guarda con occhi indagatori, ma che cazzo vogliono? Perché guardano in modo strano il bastardo biondo? Forse è famoso in tutta Londra per la sua fama di guidatore spericolato... Chissà quante altre persone avrà investito prima di me... potrebbe passare meno tempo a specchiarsi come una checca e più tempo a guardare dove cazzo sta andando, ne trarrebbe benefici pure lui, beh più correttamente la sua patente. All’improvviso distolgo la sguardo dalla nostra folla di fan e guardo in faccia il bastardo così se lo volessi denunciare almeno avrei una descrizione fisica come aiuto per la polizia.
 Panico: sembra la fotocopia del mio ex futuro marito, bastardo pure lui, alto, biondo, palestrato, occhi verdi oppure azzurri? Naso dritto, bocca piena. Il mio ex futuro marito però aveva anche un tatuaggio con il mio nome sul collo. Subito le lacrime sgorgano, non riesco a fermarle, continuano imperterrite a farmi sembrare più debole e fragile di quanto non sia già di mio. Mi chiede: ”Riesci a camminare?” Bene almeno sembra che le abbia scambiate per lacrime di dolore. Provo ad alzarmi, ma come unico risultato ottengo un terribile dolore alla gamba destra e una smorfia: «No.» «Ti porto in ospedale». E tanti saluti università.
Il bastardo biondo mi cinge la vita e mi porta in braccio fino in macchina senza apparente sforzo, mi distende sul sedile posteriore e mi alza delicatamente la gamba, ci mette sotto la sua giacca e un altro cumulo di vestiti vari e ce la riappoggia sopra: «L’ho visto fare nei film, mi sorride, ho sempre sognato di mettere in pratica tutti i pomeriggi passati a guardare ER sul divano».
Fan culo com’è che io non sto ridendo per niente? Poi che me ne frega a me di cosa fai nel tuo tempo? Bastardo biondo logorroico. Ho pure rovinato le mie nuove scarpe e ho rotto un tacco. Non lo capisce che non è proprio giornata? Mentre mi teneva in braccio ho controllato: occhi verdi e niente tatuaggio col mio nome sul collo, per fortuna; anche se mi pare della stessa specie dell’altro demente, evviva. Penso seriamente di avere la nuvoletta di sfiga alle spalle o un radar per i coglioni. «Alex  e tu?» «Dolorante e parecchio incazzata, piacere» «Dico sul serio» «Anch’io». Silenzio di tomba. Non riesco a stare in silenzio, l’aria  si è  fatta pesante, stare così vicino ad un estraneo senza neanche presentarsi sarebbe starebbe stato imperdonabile per la mia famiglia : «Helen»  «Piacere Helen».
Parcheggia davanti al London  General Hospital e senza nessun indugio mi riprende in braccio diretto verso il pronto soccorso. «Ti conviene andartene...eh...Alex o come diavolo ti chiami, ci vorrà un bel po’ prima che sia il mio turno e di certo avrei altro da fare; come ce l’avrei avuto io e poi non ho voglia di averti tra i piedi. Ah a proposito grazie tante eh, ma chi cazzo ti ha dato la patente scusa, l’hai trovata nelle patatine? Avresti potuto uccidermi, e se al mio posto ci fosse stato un bambino piccolo? Non so se l’hai notato ma non siamo ad un rally quindi anche se non superi i centro chilometri orari non muore nessuno, anzi. »
«Primo non l’ho fatto apposta, secondo non ho mai avuto incidenti, terzo i bambini piccoli non vanno in giro a quest’ora da soli quarto non mangio patatine e quinto non me ne posso andare.» «Che c’è vuoi la mia benedizione, killer oppure hai sfasciato la macchina?» «Mi dispiace deluderti principessa dei limoni ma la mia macchina sta benissimo e io me la cavo alla grande anche senza la tua benedizione. Non posso semplicemente perché mio padre mi ucciderebbe, dice che sono un irresponsabile,  quindi quando combino un casino devo risolverlo e prendermi le mie responsabilità e, prima che tu me lo possa suggerire, anche se non glielo dicessi lo verrebbe a sapere e sarebbe peggio, quindi mi dispiace ma finché non sarai guarita da qualsiasi cosa tu abbia dovrai sopportarmi e accettare i miei servigi.» «Che culo. Io non ho bisogno di niente e di nessuno quindi puoi dormire sonni tranquilli soldatino coraggioso. Credi di meritare un Oscar solo per questo? Caro mi dispiace deluderti ma chi sta soffrendo come un cane e sanguinando sono io, mi dispiace  davvero tanto rubarti la scena e non farti fare la figura della vittima. Quella sì che sarebbe un’interpretazione da Oscar, ci scommetto.»

«Helena Stinson?» «Eccomi». Prima che potessi trucidarlo con lo sguardo il rallysta bastardo mi solleva tra le braccia e si dirige verso l’ambulatorio, puntando esattamente verso il lettino al centro della grande stanza bianca. Il dottore mi guarda, anzi, ci guarda ammirato e mi fa un occhiolino. Ma è possibile che solo a me capiti sta gente? Quella che ti fa chiedere ma con chi vado in giro? E ti fa convincere di essere un alieno in missione sulla terra prima della vera e propria colonizzazione marziana. Insisto: credo di avere un radar incorporato.  
«Bene, si accomodi sul lettino e mi mostri esattamente dove le fa male.» «Qui, sotto il ginocchio, fa davvero male.» «E contando il fatto che non riesce neanche a camminare, come ho avuto modo di constatare, la mia diagnosi è rottura parziale del femore; non si preoccupi, niente di grave, poteva capitarle molto peggio... Poi ha avuto anche la fortuna che questo giovane prestante l’abbia portata fin qui in braccio, è stato un bel gesto.»  «Beh è il minimo» sorride di nuovo facendo spallucce e guardandomi negli occhi. Dopo l’ingessatura il medico mi dice che dovrò tenerla quattro settimane e stare attenta a non bagnarlo. Bene, così mi toccherà restare ben quattro settimane con stampelle, gesso & Co. solo per colpa di un emerito idiota e per lo più dovrò arrangiarmi a fare tutto da sola a casa compresa fare il bagno che prospetto molto, molto faticoso. Mi riscuoto dai miei pensieri e noto che il medico mi sta allungando una garza inumidita per pulirmi la faccia coperta di sangue secco. Ringrazio il dottore e cammino con le stampelle tenendo la garza ben stretta in una mano. Arrivata allo specchio mollo una stampella e l’appoggio al muro con l’altra mano mi tengo stretta al mio unico sostegno ancora disponibile; prendo la garza e guardandomi attentamente allo specchio comincio a pulire le chiazze rosse scuro sparse per tutta la faccia... quando penso di essere abbastanza presentabile striscio fino al cestino per buttare la garza e riacchiappo la stampella e esco dal bagno senza dare troppa importanza al mio aspetto da sopravissuta alla terza guerra mondiale.
Il rallysta bastardo è seduto su una sedia in sala d’aspetto e parla sommessamente al telefono con qualcuno, qualcuno che credo sia suo padre. Appena chiude il cellulare mi avvicino più velocemente e minacciosamente che posso  e lo ringrazio con tutta l’acidità che ho in corpo per avermi rovinato le prossime quattro settimane e senza neanche guardarlo in faccia esco dall’ospedale alla  disperata ricerca di un taxi. Dopo un quarto d’ora di sbracciamenti riesco ad attirare l’attenzione di un taxi poco lontano, salgo con non poca difficoltà e quasi urlo l’indirizzo al taxista, che, poveretto non centrava niente. Ancora stordita dalla botta e, soprattutto, dagli anti-dolorifici  pago e salgo fino all’appartamento. Mi sdraio sul mio bellissimo e caldissimo letto matrimoniale e mi lascio andare alla stanchezza della giornata appena iniziata. Sento suonare il cellulare al piano di sotto e, sempre muovendomi come un elefante invalido scendo le scale. Purtroppo, riesco a rispondere al telefono: «Tesoro oddio, ti sei fatta male?? Non sai quanto io e papà siamo in pensiero per te, tesoro come farai adesso tutta ingessata in quell’appartamento enorme?? E con tutte quelle scale poi...» oddio ti pareva che lo venisse a sapere da qualche vecchia del club, magari sono già l’argomento del giorno al club... «Ciao mamma, sto bene non ti preoccupare devo solo tenere il gesso per qualche settimana e se avrò bisogno di aiuto verrà una mia amica dell’università ad aiutarmi con le scale e tutte quelle cose lì...tranquilla Sarah si prenderà ottima cura di me.»  «Tesoro per te ci vuole un ragazzo anzi, meglio un marito ancora meglio se ricco e non Sarah, ormai hai già diciotto anni e l’orologio biologico non si ferma, continua a fare tic tac... Ancora non capisco perché tu e Eric vi siate lasciati: tutti al club dicevano che eravate divini insieme, davvero divini, un’accoppiata che avrebbe fatto faville sai cosa intendo...»  «Mamma sto benissimo da sola e poi se non ti ricordi male tu mi stavi costringendo a sposare quel verme e io stavo zitta, poi lui mi ha tradito con una delle tue amiche puttane tardone e lì non ci ho visto più»  «Tutti possono sbagliare tesoro, anche Eric e poi quella mia amica tardona mi ha detto che ci sa fare quindi ti sei persa una luna di miele da urlo, letteralmente. Tesoro ripensaci... Poi pensa come saresti tranquilla con un anello al dito un paio di figli e una bella villa al mare, non sarebbe un sogno?» «Il tuo forse... e sinceramente non mi interessa. Ciao mamma»
Quella donna è davvero un incubo fin da quando avevo circa quattordici anni mi ripete le stesse cose senza senso... mi sa che tornerò a dormire.
  
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