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Autore: roby_lia    17/03/2012    6 recensioni
Come succede sempre, quando ci si sveglia c’è un momento, pochi secondi in verità, dove, semplicemente, non si ha idea di nulla, non si pensa a nulla e, soprattutto, non si ricorda nulla.
Per questo motivo, quando Thor si svegliò, si sentì particolarmente rilassato e in pace con se stesso. Per circa cinque secondi.
Poi, invece del soffitto marmoreo della sua stanza, davanti agli occhi gli si presentò lo sguardo verde, rassegnato e beffardo al contempo, di suo fratello che si lasciava cadere nelle profondità dello spazio.
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Semplici storie di un amore complesso'
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Noi due
                                                         
Dolce ricordo
 
Come succede sempre, quando ci si sveglia c’è un momento, pochi secondi in verità, dove, semplicemente, non si ha idea di nulla, non si pensa a nulla e, soprattutto, non si ricorda nulla.
Per questo motivo, quando Thor si svegliò, si sentì particolarmente rilassato e in pace con se stesso. Per circa cinque secondi.
Poi, invece del soffitto marmoreo della sua stanza, davanti agli occhi gli si presentò lo sguardo verde, rassegnato e beffardo al contempo, di suo fratello che si lasciava cadere nelle profondità dello spazio.
Si alzò di scatto, cercando di scacciare quell’immagine che lo tormentava da diversi giorni e di reprimere il dolore che gli causava. Anche se il sole non era ancora sorto, si vestì velocemente per andare nell’arena degli allenamenti dove, almeno per un po’, riusciva a sfogare tutta la sua rabbia e il suo dolore.
Quando uscì dalla stanza involontariamente il suo sguardo si posò sulla porta davanti alla sua. Un semplice corridoio divideva le camere dei due principi.
Pochi passi, anche per la gigantesca casa di Odino.
Immediatamente il dolore lo riassalì. Distogliendo lo sguardo fece un paio di passi per allontanarsi, quando un rumore sordo lo richiamò. Si bloccò nel mezzo del corridoio, il corpo teso e il volto girato verso la porta.
Il rumore era venuto dalla camera di Loki.
Ma Loki non era semplicemente caduto. 
-Loki è morto -si costrinse a pensare il biondo.
Tenne lo sguardo fisso sulla porta per un paio di secondi prima di decidere di gettarsi dentro la camera del fratellino.
Gli sembrò di avere una spada incandescente infilzata nel diaframma. Non riusciva né a gridare né a piangere. C’era solo quel dolore più forte che mai.
Con le gambe tremanti attraversò la stanza finendo per appoggiarsi con forza contro la porta che dava al balcone, chiudendola con un colpo secco. Era stata quella porta, restata aperta per qualche motivo, a sbattere causando quel rumore. Una porta, niente di più.
Cosa si era aspettato? Di entrare e trovarlo lì,  tranquillamente disteso sul divanetto incassato nel muro, sotto la finestra, dove tanto amava rintanarsi a leggere?
-Effettivamente sarebbe stata una degna azione per il dio del Caos-
Con un gemito Thor arretrò in un angolo dove si lasciò scivolare fino a terra, ma si costrinse a tenere gli occhi spalancati.
Dopotutto era solo colpa sua se ora quella stanza sarebbe stata vuota. Era lui che non aveva salvato il fratello, era lui che non lo aveva capito ed era sempre lui ad averlo allontanato da sé.
Erano passati diversi anni dall’ultima volta che era entrato veramente in quella stanza. Certo, ci entrava quando cercava il fratello o quando il suddetto era in ritardo per una delle loro avventure.
Ma aveva sempre cercato di evitarla dall’ultima notte che aveva passato lì. Come se non entrando in quella stanza ciò che aveva capito si sarebbe estinto da se.
 
Disobbedendo agli ordini del padre Thor sgattaiolò furtivamente fuori dalla sua camera per precipitarsi in quello del fratello.
Entrò di soppiatto sperando di riuscire finalmente a cogliere di sorpresa l’altro e iniziare la vendetta per l’ultimo scherzo del moro, che li aveva condannati entrambi ad un giorno di reclusione nelle rispettive stanze.
Ma era difficile non fare rumore nella stanza di Loki. Le uniche cose al loro posto erano i vestiti, dei quali si occupavano i servi. Per il resto, bhe, soltanto Loki sapeva esattamente cosa aveva e dove cercare… forse.
C’erano libri e fogli sparsi un po’ dappertutto, matite mezze consumate, pergamene con strani ghirigori magici e un mucchio di altra roba che andava dai pugnali di Loki, una delle poche armi che usava, a strani marchingegni con rune magiche intagliate sopra, probabilmente l’attrezzatura per il suo prossimo scherzo.
Comunque Thor riuscì a raggiungere il letto dove il fratello dormiva ancora. Trattenendo a stento le risate, Thor appoggiò di colpo le mani sulle spalle dell’altro urlando “BHUU”.
Loki socchiuse gli occhi, fissò annoiato il fratello e si girò dall’altra parte per tornare a dormire.
Thor era estremamente abbacchiato per non aver ricevuto neppur una reazione da parte del fratello. Ok, forse il suo scherzo non era originale come quello che Loki gli aveva fatto appena un mese prima (gli aveva messo la mano nell’acqua mentre dormiva… i risultati erano stati veramente molto sgradevoli!!), però si aspettava qualcosa in più.
Guardandosi intorno in cerca di ispirazione, decise di render pan per focaccia al fratellino, afferrando la brocca dell’acqua che si trovava sul comodino. Stava per rovesciarla sull’altro quando una voce lo prese alle spalle.
“Provaci e giuro che ti do fuoco ai capelli…”gli intimò il vero Loki. Thor, che era riuscito a trattenere un urlo solo mordendosi la lingua, si rassegnò e rimise la brocca al suo posto mentre la copia di Loki lentamente si dissolveva.
“Diventi sempre più bravo con i tuoi scherzi… “disse imbronciato. L’altro si limitò ad alzare le spalle, mentre faceva vagare lo sguardo per la stanza fino a puntarlo su Thor.
“Non è poi così difficile se l’unico altro avversario si limita a fare BHUU…” si decise a rispondere.
Thor mise un broncio ancora più imbronciato scatenando un sogghigno su viso di Loki. Il biondo, a quel punto altamente offeso girò i tacchi e andò nel balcone della stanza, per cercare di riacquistare un certo contegno.
Sospirando appoggiò i gomiti sulla balaustra, lasciando che l’aria gli rinfrescasse le guance arrossate. L’altro lo seguì sempre sogghignando e, come suo solito, si sedette sulla balaustra del balcone, lasciando le gambe penzoloni nel vuoto, noncurante dell’altezza.
Fu Loki a rompere il silenzio. “Allora ? Che cos’hai?”
“Niente, solo che… non riuscivo a dormire” butto lì l’altro.
“Hai provato a contare i martelli?”
“Loki!!” gli urlò esasperato Thor: da quando era riuscito a sollevare il Mjöllnir quella era diventata una delle battute preferite dal moro e la usava ogni volta che era possibile.
Questo rise divertito, alzando le mani in segno di tregua.
“Ok, ok …ma tu ti decidi a dirmi la verità?” chiese sollevando eloquentemente le sopracciglia.
Il biondo appoggiò il viso sulle braccia, mugugnando qualcosa d’incomprensibile e rimproverandosi, mentalmente, per non aver tenuto conto dell’intuito del fratellino.
Loki, tanto per irritare ancora un po’ Thor, gli prese una delle ciocche bionde, iniziando a tirarla “Dai muso duro, sputa il rospo”. Thor, scacciando la mano dell’altro, si arrese alla sua richiesta.
“Domani c’è la prova, non ti ricordi ?” mugugnò in un linguaggio un po’ più comprensibile.
Loki lo guardò per un attimo interdetto, prima di liberare nuovamente la sua allegra risata.
“E dai Thor ! Si tratta solo di quattro vecchietti che a malapena si accorgeranno di noi!”
“Sono gli Anziani, Loki! Dovremmo dimostrare le nostre capacità davanti agli Anziani, non a 4 vecchietti qualunque !”
“E di che ti preoccupi ? Tu sei il loro preferito…”  Anche questo era vero: gli Anziani non sopportavano Loki e, in ogni caso, il sentimento era reciproco. Ma quel che faceva infuriare più di ogni altra cosa il dio degli inganni era il fatto di non poter rispondere alle loro provocazioni senza scatenare l’ira del padre.  
Ma c’era qualcos’altro che turbava Thor. Qualcosa di cui il moro, con tutta la sua intelligenza e con tutto il suo intuito, non si era accorto, ma che lasciava Thor estremamente confuso e insicuro.
Non era tanto l’affetto che provava verso il fratellino, un affetto superiore a quello che provava per chiunque altro, ma che riteneva essere estremamente giusto.
No, più che altro era l’irrefrenabile bisogno di stringersi Loki al petto ed urlare al mondo che quella era una sua proprietà. Sua e di nessun altro. Era questo che provava molto spesso.
Per l’esattezza ogni volta che qualcuno attaccava, anche solo verbalmente, Loki.
Oppure quando i suoi occhi verdi si perdevano, gelidi e incupiti, da qualche parte nell’orizzonte.  Quando si perdevano lontano da lui. Proprio come stava succedendo adesso.
Era quell’irrefrenabile gelosia che non riusciva a spiegarsi, quel bisogno di avere Loki solamente per se.
Scosse la testa riportando l’attenzione sull’altro, ancora perso tra i suoi cupi pensieri. Forse non aveva il coraggio di abbracciarlo come gli suggeriva il suo istinto, ma poteva tentare un’altra cosa… veloce come un fulmine, per evitare che l’altro capisse le sue intenzioni, Thor portò le labbra vicino all’orecchio del moro, soffiandoci dentro un gelido respiro.
Loki riportò, con un urlo di fastidio l’attenzione sul fratello, che si era allontanato ridendo a crepapelle.
“Si può sapere che diamine ti è saltato in mente?!?!” urlò arrabbiato, ma tutto ciò che ottenne furono altre risate da Thor. Incrociando le braccia su petto iniziò a fissare con sguardo truce e un’adorabile aria imbronciata  il biondo mentre tentava di riprendere fiato.
Appena tornò in possesso delle sue azioni Thor si limitò a fargli un sorriso a 32 denti e ad usare una delle battute storiche dell’alto “ Con una situazione del genere, come potevo non approfittarne ?”  
 “Lo sai vero, che ora puoi dichiararti ufficialmente defunto ?”
“Qualunque cosa progetterai ne sarà valsa la pena…”
 “Rimpiangerai di averlo detto !” Restarono a fissarsi in silenzio, entrambi con un ghigno divertito sul volto.
“È colpa tua, avevi detto di voler un avversario alla tua altezza e io ti ho accontentato Loki”
“Prima di tutto io non l’ho mai detto e in secondo luogo tu non sarai MAI alla mia altezza” rispose alzandosi in piedi sulla balaustra.   
Ridacchiando e un po’ preoccupato Thor lo rimproverò “Loki scendi immediatamente !”
L’interessato si limitò ad alzare il volto al cielo, respirando profondamente. Era più distratto del solito. Probabilmente la prova preoccupava anche lui, almeno un po’.  
Di nuovo Thor fu invaso da quella strana gelosia che lo spingeva a cercare di proteggere Loki anche dai suoi stessi pensieri. Per questo motivo ( e per il fatto che ormai il moro aveva già giurato vendetta quindi, scherzo più o scherzo meno, la sua situazione non sarebbe cambiata) Thor lo afferrò per una manica della maglia e lo tirò verso di sé.
Si ritrovarono stesi sul pavimento, Loki sopra Thor e quest’ultimo che stringeva ancora la maglia dell’altro. Si guardarono per un momento negli occhi prima di scoppiare a ridere.
“Sei tutto intero?” domandò il maggiore.
“Bhe, io sono caduto sul morbido!!” rispose Loki punzecchiandoli un fianco con il gomito ossuto.
Thor riuscì a malapena ad accennargli un sorriso, perso com’era nell’avvertire lo strano piacere che gli provocava avere Loki così vicino a sé. Questo ridacchiò divertito, mentre il biondo era ancora perso a guardargli i fini lineamenti del volto, molto vicino al suo. Troppo vicino al suo.
“Sai, tecnicamente ho appena abbattuto il possente Thor…” L’interessato dovette fare uno sforzo enorme, molto maggiore di quello che aveva fatto per sollevare il Mjöllnir, per ricollegare il cervello.
“Questo non dovevi dirlo…” rispose quando capì la battuta e, con un rapido colpo dei reni, rotolò alla sua destra in modo da invertire le posizioni.
“Ahia Thor! Mi fai male!” cercò di dire il moro, ma aveva il respiro corto, spezzato dalle risate e dal peso che gravava sul suo corpo.
“Te la sei cercata Loki” rispose Thor stendendosi ancora più placidamente sul fratellino, ma stando ben attento a scaricare buona parte del suo peso sul braccio destro, per evitare di fargli male sul serio. Ma Loki in quanto Loki, non si arrese facilmente e iniziò, con un sorriso perfido, a fare il solletico al fratello.
Così, come accadeva più spesso che quotidianamente, iniziarono ad azzuffarsi, finchè esausti non si arresero entrambi, accasciandosi l’uno su l’altro, semiseduti contro il muro.
Ripreso fiato Thor girò il viso verso l’altro, non sorprendendosi nel trovarlo rivolto verso il cielo, con lo sguardo perso.
Il biondo sospirò, maledicendosi mentalmente per non aver la sua stessa abilità nel capire le persone. Per non riuscire a farlo sentire talmente a suo agio da permettergli di raccontargli ciò che voleva, come Loki riusciva a fare con lui.
Thor lo colpì leggermente con la testa, attirando la sua attenzione
“Che succede Loki?” chiese improvvisamente serio. Il moro fece un sorriso mesto, riportando lo sguardo sulle stelle.
Dopo qualche minuto si decise a rispondere “Sogni mai di andartene Thor?”
Il biondo accennò un sorriso confuso “ Perché mai dovremmo voler andarcene Loki? Questa e la nostra casa. Qui ci sono i nostri genitori e i nostri amici…. Non ti bastano ?” ma era un’altra la domanda che Thor voleva porgli: non ti basto io, Loki?
Loki annuì lentamente, sempre senza incontrare gli occhi azzurri dell’altro, fissi sul suo volto.
“Ti voglio bene Loki” Un po’ perplesso da quella manifestazione d’affetto, il moro girò il viso verso il fratello, che appoggiò la fronte contro la sua e portò un bracco dietro il suo collo chiaro.
“Anch’io ti voglio bene…” a quelle parole il biondo si rasserenò, il cuore iniziò a battergli più forte e la presa sui capelli mori di Loki si fece più ferrea mentre stava per avvicinare ancora di più i loro volti. Almeno per una frazione di secondo “…fratello”.
Fratello. Bastò quell’unica parola per farlo risvegliare. Loro erano fratelli, che diamine pensava di fare?
Con un sorriso teso, finse uno sbadiglio, districandosi in tal modo dal semi abbraccio in cui aveva avvolto Loki.
Entrambi i principi si alzarono in piedi, mentre la stanchezza iniziava a farsi sentire.
“Meglio se andiamo a dormire…” Loki si limitò ad annuire, ma bastò quel gesto a provocare un’altra fitta di dispiacere nel cuore del dio del tuono.
Dopo essersi augurati la buonanotte, Thor uscì dalla stanza e, mentre stava chiudendo la porta, non riuscì a trattenersi dal fissare un’ultima volta la figura del fratellino, ancora nel balcone, con il viso rivolto verso il buio orizzonte.
 
Fu una dolce carezza a riportare Thor all’oscuro presente. Una carezza estremamente famigliare.
Fu allora che si accorse di star piangendo.
Fu allora che si accorse che c’era qualcun altro in quella stanza.
 
Thor che entra nella stanza di Loki. Era sempre stata una visione normale, almeno quando erano più piccoli. Succedeva spesso che, nel bel mezzo della notte, uno lasciasse la propria stanza per andare in quella dell’altro, a causa di incubi, noia o, semplicemente per stare insieme. E non era raro per Frigga, trovarli la mattina dopo addormentati nello stesso letto. Era sempre stato il loro piccolo segreto da nascondere ad Odino.
Ma ormai non aveva più senso. Loki non c’era più. L’amaro dolore si rimpossessò del cuore della dea.
Dopo qualche minuto di puro silenzio, Frigga si decise a seguire il figlio in quella stanza.
Come sempre era in disordine. Aveva tentato in tutti i modi di convincere Loki ad essere un po’ più ordinato, ma sempre senza successo. In fonda le piaceva quel caos. Le parlava di quel figlio che non era mai riuscita a capire e che ora aveva perduto.
Con un sospiro di dolore si avvicinò a Thor, accasciato in un angolo. Gli passò una mano sul volto, non sorprendendosi di trovarlo rigato di lacrime. Il biondo sussultò, mentre i suoi occhi tornavano improvvisamente alla realtà.
Era strano guardare quell’uomo grande e grosso chinare il capo, vergognoso come un bambino scoperto a fare una marachella.
La donna lo avvolse in un abbraccio, lasciando che il figlio sfogasse tutto il suo dolore.
 
Alla fine Thor era tornato in sé e con un triste sorriso aveva lasciato la madre da sola, in quella stanza ricolma di dolore. Frigga si guardò attorno un’ultima volta e, trattenendo a stento le lacrime, uscì dalla stanza.
Non senza aver prima chiuso la porta che dava sul balcone, per qualche motivo restata aperta.
  
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