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Autore: __WeatherlyGirl    17/03/2012    1 recensioni
Tranlate!
Ziva e Tony sono felici insieme, sono pronti a compiere il grande passo. Ma l'immaturità emotiva e l'ubriachezza di Tony rovinano la relazione, segnando la fine della relazione. Ma che sia solo l'inizio?
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Ziva finalmente tolse lo sguardo dal muro e camminò verso il tavolino, guardando l’anello. Dopo molti minuti di contemplazione e milioni di pensieri che le attraversavano la mente, usò un dito per chiudere la scatolina.
Era finita.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ziva David
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Erano le due e Ziva David era seduta nel suo freddo, solo e buio appartamento. Tirò su il copriletto che teneva sulle gambe in modo che coprisse anche il collo, provando a riscaldarsi.

 

Asciugando la lacrima bagnata sulla guancia, fece un respiro profondo e tremolante, e abbracciò le ginocchia, lasciando che la testa le cadesse su di esse, e la lacrima che le scendeva ora le bagnò i jeans.

 

Era tutto cominciato nove mesi prima, quando Tony l’aveva invitata ad un match di baseball con lui. Il suo compagno aveva avuto un contrattempo e all’ultimo minuto Tony non era riuscito a trovare un rimpiazzo. Così, dopo averla pregata a lungo e averle promesso che avrebbe fatto il suo lavoro nei due casi successivi, Tony riuscì a convincerla e quel venerdì andarono al match. Lei odiava ammetterlo, ma nonostante Tony, la metà del tempo, avesse cercato di spiegarle come funzionava, si era divertita. Lui le aveva dato un lento e profondo bacio quando l’aveva riaccompagnata a casa, quella sera, e la settimana successiva fu un susseguirsi di appuntamenti che fecero innamorare Ziva, e anche Tony.

 

Ora, anche Gibbs sapeva di loro due, e in realtà non aveva problemi perché sapeva che un giorno sarebbe accaduto. Ziva era pronta a cominciare una relazione stabile, e il pensiero del matrimonio aveva addirittura sfiorato la sua mente.

 

Quello che aveva rovinato la loro felicità era confuso. Lei era appena tornata a casa da un incarico a Parigi, dove era stata mandata con McGee. C’erano un paio di ragazzi, uno negli States e uno in Francia, che assolutamente dovevano trovare perché avevano ucciso un sottufficiale. 

 

Gibbs e Tony avevano trovato il loro uomo, ma in uno scontro a fuoco, Robert Williams, il sospettato, aveva sparato a due bambini e alla persona che l’NCIS stava proteggendo da lui. I bambini, di cui uno aveva solo 4 anni, erano orfani ed erano fratello e sorella. Il bastardo uccise uno di loro e mandò l’altro all’ospedale. Dopo aver risolto il caso, Gibbs si ritirò nel suo seminterrato e Tony dovette aspettare 7 ore nel proprio appartamento che Ziva tornasse.

 

E quello rompeva alquanto.

 

Aveva appena riattaccato con Ziva, che gli aveva detto che sarebbero tornati per l’1 o le 2 del mattino. Passò una mano sul volto e respirò profondamente. Gli era mancata. Prese le sue cose e andò verso l’ascensore, ma il suo telefono vibrò, ricordandogli che aveva una chiamata persa e un messaggio in segreteria. “Oh sì!” disse a voce alta. Qualcuno lo aveva chiamato durante la sparatoria e lui non aveva potuto rispondere. Gli era anche venuto in mente di metterlo come messaggio di segreteria, “Scusate, non posso rispondere. Probabilmente sono nel mezzo di una sparatoria con un bastardo che spara ai bambini per divertimento. Lasciate un messaggio e io-” non poté finire il pensiero. Stava ascoltando il messaggio e sentì una voce che non sentiva da anni.

 

Wendy.

 

“Tony. Ehm, hey. E’ un po’ che non ci sentiamo, eh? Probabilmente sei al lavoro ora, e scusami per averti chiamato, ma avevo voglia di farlo. Quindi l’ho fatto, e credo che aiuti parlare alla tua segreteria. Questa settimana sono in città per fare un servizio e sarebbe fantastico se ci potessimo vedere. Dobbiamo aggiornarci su un sacco di cose, vero? Sarò al bar dove ci siamo baciati la prima volta fino alle 12. Vieni, ok? Ciao.”

 

Il suo dito si avvicinò al tasto dell’ascensore e rimase così per circa un minuto, prima che lui si rendesse conto che era immobilizzato. Chiuse violentemente il telefono. Santo cielo, quello non era ciò di cui aveva bisogno. Le porte argentate dell’ascensore si aprirono e lui entrò, premendo il tasto per il garage. Sapeva perfettamente dove fosse il bar, e anche dove probabilmente lei sarebbe stata seduta, ma non ci sarebbe andato per nessuna ragione al mondo.

 

Lei l’aveva lasciato, ed era successo nove anni prima. Lui ora era felice con Ziva, finalmente, e non aveva nessuna intenzione di buttare tutto all’aria. Wendy sicuramente non era ciò che gli serviva.

 

Ma aveva bisogno di bere e dimenticare quell’orribile giornata. Aveva della birra a casa, ma non ne aveva voglia. Di fronte a casa sua c’era un bar che era solito frequentare, così decise di andare lì, bere qualcosa, tornare a casa e aspettare Ziva.

 

Circa un’ora dopo, era seduto al bar. Guardava il match di basket trasmesso dalla silenziosa tv sopra il bancone, e cercava di dimenticare quanto gli mancasse Ziva in quel momento e quanto quella giornata, in realtà tutta la settimana, avesse fatto schifo.

 

“Hey, Sean. Ho bisogno di un altro.” E Sean si avvicinò a lui

 

“Brutta giornata, eh?” Chiese

 

“Sì. E ne voglio un altro.” I bicchieri di tequila e birra sicuramente gli avrebbero fatto dimenticare la brutta giornata.

 

Il barista lo guardò e si allontanò per qualche istante, tornando qualche momento più tardi, “Mi servono le tue chiavi. Non hai nessuno con te.” Tony lo guardò fisso, ma quando si accorse che non gli avrebbe dato il drink se non gli dava le chiavi, estrasse il piccolo mazzo di chiavi dalla tasca e lo mise nelle mani di Sean. Lui gli diede il drink e portò via il bicchiere vuoto. “Vuoi che ti chiami un taxi?”

 

Tony rise, “No grazie. Io, ehm...vivo proprio qui di fronte” e indicò verso una direzione.

 

Sean era in piedi che batteva sul registratore di cassa. “Dov’è Ziva stasera?”

 

Tony guardò verso la cassa. “Su un aereo”

 

Sean rise. “Ti dico solo di stare attento”

 

Tony buttò giù un altro bicchiere e respirò profondamente. Era da un po’ che non si ubriacava così, ma quella sera ne sentì il bisogno. Si sfregò la faccia con entrambe le mani e sospirò. Mancavano ancora almeno quattro ore all’arrivo di Ziva. Bevve un sorso di birra e stava per chiederne un altro a Sean, ma una voce dietro di lui lo spaventò.

 

“Sono stanca di aspettarti, Tony.”

 

Lui lentamente si girò, ma sapeva già chi fosse. “Wendy” si alzò lentamente “cosa ci fai qui?”

 

“Ti ho detto che ti volevo vedere.”

 

Lui rise, più di quanto avrebbe fatto se fosse stato sobrio, “Sì, ma come mi hai trovato?”

 

Lei sorrise ampiamente e gli accarezzò la spalla, “Ho le mie fonti, Anthony.” Lui sospirò e calò nuovamente il silenzio tra loro, finché lei parlò ancora, “Beh, non hai intenzione di abbracciarmi?” Tony la guardò mentre lei apriva le braccia e aspettava che lui facesse qualcosa. Lui si avvicinò un po’ a lei e l’abbracciò nel modo più gentile e soft che poté. “Wow, questo non è uno di quegli abbracci che mi davi un tempo.” Lei ridacchiò.

 

“Sai, eravamo fidanzati, è diverso ora.” estrasse il portafogli dalla tasca e pagò il barista.

 

Wendy fece una smorfia, “Oh, non bevi più?”

 

Tony sorrise “Ho già bevuto abbastanza.”

 

“Ti accompagno a casa, allora” disse lei.

 

Lui la guardò intensamente, poi prese il cappotto e si avviò verso la porta “No, grazie, non vivo lontano.”

 

Lei sospirò e lo guardò camminare per un po’ prima di chiamarlo ancora, “Tony, non mi vuoi nemmeno parlare?”

 

Lui rise, “Non ho molto da dire, e non sono molto sobrio in questo momento.”

 

“Certamente non sei sobrio, ma non sei ubriaco come durante quella festa nel 2001.”

 

“Quella dove mi hai lasciato in cortile? Sì, mi ricordo.”

 

Lei rise, “Eri troppo ubriaco per camminare! E, ovviamente, non potevo prenderti in braccio e condurti fino in macchina.” Tony continuò a camminare sul marciapiede con le mani nelle tasche, la sua ex-fidanzata lo seguiva affianco a lui. Wendy sospirò rumorosamente, “Tony, speravo veramente che tu ti facessi vedere. Voglio parlarti.”

 

Lui roteò gli occhi, “Di che diavolo vuoi parlare?” E, girato l’angolo, cominciò a camminare nella propria strada.

 

“Sinceramente? Mi manchi”

 

Lui la beffeggiò “Mi hai lasciato, Wendy.”

 

“Non ti ho lasciato perché non ti amavo.” Disse lei in modo pacato, e questo lo fece fermare e voltare verso di lei. “E’ questo ciò che hai pensato?”

 

Lui la guardò nei suoi occhi marroni e sospirò, “Andiamo. Non possiamo parlarne qui.” Rimasero in silenzio per il resto della strada, fino all’appartamento di lui. Tony aprì la porta ed entrò, tenendo la porta aperta per lei. Wendy entrò e si guardò intorno, studiando il posto. Tony camminò verso la sua camera da letto e appoggiò pistola e distintivo sul cassettone, prima di tornare in cucina. “Vuoi qualcosa da bere?”

 

“No, grazie.” Rispose, “Mi piace casa tua. Ti stai trasferendo?”

 

Lui aveva preso una birra per sè e la seguì in salotto. “No, la mia fidanzata si trasferisce qui.” Disse lui sottovoce.

 

Lei si impietrì con le braccia conserte, e guardò la birra. “Credevo avessi detto che avevi bevuto abbastanza.”

 

Lui guardò in basso e trangugiò la bevanda. “Ho avuto un ripensamento.”

 

“Quindi la tua fidanzata...le cose sono serie?”

 

Tony la guardò mentre camminando andava dal divano fino alla coperta, che Ziva e Abby avevano decorato con foto di lui, Ziva e il resto del team. “Sì. Io, ehm...la amo.”

 

Lei continuò a guardare le foto, e poi quando ne vide una dove erano soli lui e Ziva la prese in mano, soffiandoci via un po’ di polvere, “E’ bellissima.”

 

“Sì, lo è.” Tony era d’accordo.

 

“Dov’è?” Chiese Wendy.

 

Tony la guardò, “Cosa ti aspettavi che pensassi, Wendy?” Chiese lui ignorando la sua domanda.

 

I loro occhi si incontrarono e lei fece spallucce, “Ti amavo, Tony. Ma all’epoca non amavo l’idea del matrimonio.”

 

“E allora perché me l’hai detto solo dieci ore prima?”

 

Lei sospirò profondamente, appoggiò la loro foto e camminò intorno al divano. “Credevo di poter ignorare il fatto di non essere pronta perché ti amavo. Ma, la notte prima, mi sono accorda di aver sbagliato. Non potevo farlo.”

 

Lui sorseggiò nuovamente la birra, “Non credo che tu sappia quanto mi hai ferito, Wendy.”

 

Lei prese la sua mano libera e incrociò le dita di lui con le sue, “Sapevo non avresti risposto alle mie chiamate.”

 

“Non ti volevo vedere mai più” entrambi stavano sussurrando, come se qualcuno potesse sentire ciò che dicevano.

 

“Certamente, l’hai superato ora.” Rispose lei. Lui guardò in basso e aspettò che lei parlasse ancora, ma lei lasciò la sua mano e andò verso lo stereo dall’altra parte della stanza, accendendolo e passando di canale in canale finché non trovò quello che voleva: soft jazz. Lentamente si mosse verso di lui e prese la birra dalla sua mano, appoggiandola sul tavolino prima di tornare da lui, “Balleresti con me, come facevamo una volta?”

 

“Perché?” Chiese lui, e la guardò con attenzione, mentre lei appoggiava la mano di lui dietro la propria schiena, sui reni,  e poi prese la sua mano destra, avvicinandosi a lui.

 

“Questa era la cosa più bella che facevamo quando eravamo insieme, Tony. Voglio solo il ricordo.” La canzone successiva cominciò alla radio e lei si mosse insieme alla musica, avvicinandosi a lui in modo che i loro corpi fossero attaccati. Poi lei lasciò andare la sua mano e avvolse le proprie braccia intorno a lui, appoggiando la testa sulla sua spalla. Wendy sospirò, “Mi manca questo.”

 

Tony chiuse gli occhi. Era troppo ubriaco per ragionare, aveva bisogno di rallentare e pensare. Li riaprì solo quando sentì lei allontanarsi. Wendy mise le mani sulle sue guance, “Va tutto bene?”

 

“Sì.” Disse lui con voce roca.

 

Lei gli sorrise, tenendo il suo volto tra le mani, “Sei più silenzioso di quando stavamo insieme.”

 

“Non ho molto da dire.” Disse lui, e smise di muoversi con la musica. Lei si sollevò sulle punte e mise le proprie labbra sulle sue, trattenendolo per qualche secondo. Quando lo lasciò andare lui respirò profondamente e continuò a guardarla.

 

Minuti dopo, lui si piegò nuovamente e la baciò, e lentamente divenne appassionato, anche il soft jazz che suonava in sottofondo. Quando si separarono per respirare, lei disse senza fiato, “Santo cielo, lo fai bene.” Poi fece scendere le proprie mani lungo il suo petto e le fissò sulla cintura dei suoi jeans, poi le fece tornare su verso i bottoni della sua camicia. Scese sbottonandoli quasi fino a metà, poi si fermò, toccando la sua pelle con entrambe le mani.

 

Lui respirava profondamente. Voleva che si fermasse. Doveva fermarsi. Ma la sua testa girava e non riusciva a pronunciare le parole. “Wendy” disse infine, lei aveva tolto la camicia dalle sue spalle. Rispose solo con un altro bacio. Le mani nuovamente scesero lungo il suo petto e si fermarono subito dopo l’ombelico, appoggiato sopra i jeans. Wendy cominciò a sbottonargli anche i pantaloni, ma si fermò per togliersi la giacca e il vestito. “Wendy, io...” Ma lei non lo lasciò finire, avvicinandosi a lui, con i petti attaccati, appoggiando le proprie labbra sulle sue.

 

Il rumore della porta aprirsi la fece fermare, e le labbra si separarono velocemente, lei si voltò e guardò verso la porta. Riconobbe la donna delle foto.

 

“Ziva.” Disse Tony. Ziva lo guardò negli occhi per qualche secondo, prima di sbuffare di incredulità, girando i tacchi e andandosene, con la borsa sopra le spalle. Tony sospirò e si abbottonò i jeans, raccogliendo la camicia da terra e buttandosela su una spalla, seguendola oltre la porta e sul marciapiede, “Ziva, aspetta.” Lui gentilmente le prese il braccio e lei si girò, fissandolo dritto negli occhi. Lui ebbe una stretta al cuore, quando vide  una lacrima scendere sulla guancia di lei.

 

“Cosa vuoi, DiNozzo? Sei arrabbiato perché sono tornata a casa presto e ti ho scoperto?” Mise entrambe le mani sul petto di lui e lo spinse via con forza. “Vattene da me!” Disse duramente, e continuò a camminare verso la sua Mini.

 

Tony corse nuovamente verso di lei, “Ziva, aspetta!” Lui camminò intorno alla sua macchina e si accostò alla portiera del guidatore, prendendola prima che lei la chiudesse. “Fermati, per favore.” Disse lui pacatamente.

 

“Lasciami andare.” Disse lei a denti stretti, guardandolo con occhi che lui era convinto lo volessero uccidere.

 

“Ziva, voglio parlare”. Le disse, tenendo ancora la portiera.

 

“Lascia andare la portiera o ti sparo.” Disse lei nuovamente, e lui sospirò, lasciando andare la porta. Lei la sbattè e sgommò via. Tony rimase in piedi, in strada, con la camicia appoggiata alla spalla.

 

Guardò la sua macchina sparire nell’oscurità. Camminò verso il suo appartamento, con il cuore infranto in mille pezzi. Respirando profondamente entrò e vide Wendy nuovamente vestita che spegneva lo stereo.

 

Lei gli si avvicinò mentre lui si abbottonava la camicia, guardandola con sospetto, “Mi dispiace, Tony.” Disse lei. “Non so cosa mia sia preso, ma voglio che tu sappia che non sono venuta per fare di te un infedele, ma solo per chiarire delle cose.” Lei gli si avvicinò ancora e lui continuò a fissarla, “Risolvi la questione con lei. So che la ami.”

 

Lui socchiuse gli occhi, “Non so se posso.” Disse onestamente.

 

“Provaci.” Lei sorrise, si alzò nuovamente sulle punte e lo baciò sulla guancia, “Fidati di me, Tony. Perderti è difficile. Ciao” Disse, e con quello lasciò il suo appartamento e andò verso il marciapiede.

 

Tony finì di abbottonarsi la camicia e prese il telefono fuori dalla tasca, chiamando la compagnia di taxi di cui si serviva sempre.

 

Lui aveva provato troppo a lungo a lasciarla andare.

 

E lei non era pronta a farlo oggi.

 

Ziva si forzò a scendere dal divano e ad andare verso un frigorifero vuoto, per prendere una bottiglia d’acqua. Sentiva la bocca secca, e il suo stomaco brontolare. Non aveva mangiato nulla per tutto il giorno, ma il pensiero del cibo le faceva venire la nausea.

 

Il bussare alla porta la fece sobbalzare, solo un pochino. Sapeva chi era, l’unica persone che poteva essere davanti a quella porta a quell’ora. Si sentì bussare ancora, sapeva che lui sarebbe andato avanti finché lei non avesse risposto. Camminando verso il piccolo specchio rettangolare del suo salotto, si pulì la faccia meglio che poté.

 

Lentamente, camminò verso la porta e girò il pomello, aprendo la porta abbastanza da poterlo vedere. Dimenticò quanto si sentisse sconvolta, e gli parlò con rabbia, “Cosa vuoi?”

 

“Voglio parlarti, per favore.”

 

Lei scosse la testa, “Non c’è niente di cui parlare” Provò a chiudere la porta, ma il piede 

di lui in mezzo glielo impedì.

 

“Per favore, Zi. Per favore, lasciami parlare.” Lei guardò i suoi occhi verdi e ci vide dolore, lo stesso che provava il suo cuore. Fece un passo indietro e aprì ancora un po’ la porta, in modo che lui potesse entrare. Lui camminò nel salotto e si sedette da un lato del divano, e lei lo seguì, sedendosi dall’altro. Prima di parlare lui si sfregò il volto con una mano e respirò profondamente, “Una delle regole di Gibbs dice di non chiedere mai scusa.” Lui girò la testa verso di lei e la guardò, “E non credo che farlo adesso sarebbe giusto, ma devi sapere che sono completamente desolato e mi odio per quello che è successo.”

 

Lei lo guardò e la sua faccia carica d’odio prese nuovamente il sopravvento, “E’ tutto?”

 

Lui continuò, “Mi ha chiamato oggi,” Ziva roteò gli occhi aspettando che andasse avanti, “Mi ha chiamato, ma non sono riuscito a rispondere. Quando ho controllato la segreteria, mi ha detto di incontrarci in un certo bar. Io sono andato in un bar, ma non quello che aveva detto lei. Ma mi ha trovato.”

 

“E tu allora l’hai portata nel tuo appartamento, le hai tolto i vestiti e hai deciso di fare sesso con lei, giusto?

 

“No, Ziva.” la guardò ancora e osservò il modo in cui si toglieva la lacrima dalla guancia, “Non le avevo più parlato da nove anni. Non l’avevo più vista da nove anni. Lei mi ha detto che voleva parlare, chiarire delle cose. Ma io no. Quando ho lasciato l’ufficio volevo solo bere qualcosa per dimenticare questa giornata e aspettarti a casa. Non ho smesso di pensare a te neanche un secondo durante questa settimana.” Ziva non lo guardava, fissava un punto sul muro. “Ero ubriaco, e ho lasciato che mi baciasse e mi togliesse la camicia, e lei si è tolta il vestito. Avevo bisogno di una chiusura, di sapere perché mi ha lasciato all’altare. Volevo che smettesse. Questa giornata ha fatto schifo e io aveva bisogno di te. E tu non c’eri.”

 

Ziva si alzò dal divano e andò dall’altra parte, “Dai la colpa a me per avermi tradito?”

 

“No, Ziva, io...”

 

“Non riesco nemmeno a guardarti. Sapevo che sarebbe successo, prima che cominciassimo ad uscire. Ma mi sono detta che eri cambiato, che non l’avresti fatto a me.” Tony si alzò e si avvicinò a lei, “Ma ovviamente mi sbagliavo. Sono solo un’altra delle donne con cui ti diverti...come un gioco. Mi hai usata per il sesso. E la cosa triste è che te l’ho lasciato fare.”

 

Tony fece tre passi verso di lei, “No Ziva. Questo è completamente falso.”

 

“Hai fatto la stessa cosa con me come...”

 

“Io ti amo!” Urlò lui. Respirò profondamente e si avvicinò ancora a lei. “Per me non sei un gioco, non ti ho mai usata per il sesso. Non ho mai provato questi sentimenti per nessuno. Non per Wendy. Non per Jeanne. Sei tutto ciò cui penso.”

 

“Come pretendi che ti creda, quando appena me ne vado tu cerchi qualcun altro?” Lei guardò dritto nei suoi occhi e la rabbia ripercosse il suo corpo, “E’ stato un gioco per te. E io non ci voglio più giocare. Nè ora nè mai.”

 

Tony sospirò, “Ziva, non è mai stato così. Io ti amo.”

 

Lei roteò gli occhi e indicò la porta. “Vattene, Tony.”

 

Tony scosse la testa, “Non finché non mi dici che siamo a posto.” Fece altri tre passi verso di lei, “Non me ne posso andare finché non mi dici che mi perdoni.”

 

Ziva alzò una mano verso la propria guancia e velocemente mandò via una lacrima. Lo guardò nei suoi occhi verdi e disse piano, “Se io non fossi entrata, avresti fatto sesso con lei?”

 

Tony la fissò finché poté, poi guardò altrove e disse, “Ziva, io...”

 

Lei scosse la testa e rise ancora di incredulità. “Ecco perché non posso perdonarti. Ne ora ne mai. Vattene da casa mia.”

 

Lui respirò profondamente, con la mano raggiunse la tasca e prese fuori una piccola, quadrata, scatola blu di velluto. Si riavvicinò a lei, standole proprio di fronte. Quando lei guardò verso le sue mani, la sua bocca si aprì incontrollata. Lui l’aprì lentamente, tenendola in alto cosicché lei la potesse vedere, “Volevo chiederti, Ziva, mi vuoi sposare? Voglio avere dieci figli con te e sedermi con te sotto il portico mentre li guardiamo giocare in giardino. Voglio invecchiare con te, insieme” Lui sospirò e prese fuori un piccolo anello d’argento dalla scatola, tenendolo tra le dita, “Non è mai stato un gioco, Zi. Non voglio nessuno tranne te. Ho fatto un errore, e mi dispiace per quello.” Si avvicinò a lei ancora di un passo, ma lei si spostò indietro.

“Per favore, Ziva.”

 

Lei scosse la testa, “Vattene, Tony.”

 

“Ziva, per favore”

 

“Esci da qui.” Disse lei a denti stretti.

 

Tony sospirò e si massaggiò la faccia con entrambe le mani. Rimise la scatola nella tasca. Camminò verso la porta, piazzando la scatola con l’anello sul tavolino. Mise le mani nelle tasche, “Pensaci su, Ziva.” Lei era in piedi, in mezzo al salotto con le braccia conserte, guardando il muro dietro di lui. “Per favore, pensaci su.” Le ripetè lui. Girò la maniglia e aprì la porta, incapace di guardarla ancora.

 

Ziva finalmente tolse lo sguardo dal muro e camminò verso il tavolino, guardando l’anello. Dopo molti minuti di contemplazione e milioni di pensieri che le attraversavano la mente, usò un dito per chiudere la scatolina.

 

Era finita.

   
 
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