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Autore: taemotional    18/03/2012    2 recensioni
[Seguito di "Body Talk"] [MaruDa]
"Da quando provo questo per lui?
Mi ritrovai a pensare, quando quel giorno accompagnai Koki nel locale.
Lui camminava davanti a me, con il solito passo ciondolante e le mani in tasca. Il sole iniziava a tramontare, e tingeva le facciate degli edifici di uno strano color vermiglio. Mi aveva chiesto di accompagnarlo, non so nemmeno il perché, ma gli risposi che sarei andato."
Genere: Angst, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Tatsuya, Un po' tutti, Yuichi
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Commento: Scusate se metto i seguiti come storie diverse... ma lo faccio perché per me sono effettivamente storie separate, che si concentrano su altri pairing e viste da altri punti di vista sebbene si ricolleghino ad altri contesti di altre ficci xD (pensiero complicato che ho scritto a caso... ma spero si sia capito xD) Via, passiamo alla storiaaaaa!!! Mi scuso anche per lo stile un po' semplice di questa storia, forse un po' scontato anche. Ma rileggendola alla fine ho pensato: va bene. Quindi immagino che sia così sul serio ^^ buona lettura!!!

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<< Il solo amarti non mi soddisfa, il solo ammirarti non mi sazia.
Anche oggi, la sola cosa vera è la mia solitudine.
Se venissi a cercarti, so che scoppierei a piangere.
Mi sono innamorato di te. >>


Da quando provo questo per lui?
Mi ritrovai a pensare, quando quel giorno accompagnai Koki nel locale.
Lui camminava davanti a me, con il solito passo ciondolante e le mani in tasca. Il sole iniziava a tramontare, e tingeva le facciate degli edifici di uno strano color vermiglio. Mi aveva chiesto di accompagnarlo, non so nemmeno il perché, ma gli risposi che sarei andato.
In quel periodo si comportava in maniera incomprensibile, usciva sempre prima dalle riunioni di lavoro e poi tornava chissà quando, con quella sua aria indifferente. Come se stesse cercando qualcosa... o qualcuno.
Poi lo ritrovammo chiuso in un ascensore. Dormiva, ma non era solo. Il cuore mi si strinse, perché? Accanto a lui c’era Akanishi.
E mi chiese di andare a bere qualcosa insieme, come niente fosse successo. Ma perché ho reagito così? Da quando provo questo per lui?
Lo seguii nel locale, lui sembrava essere un cliente abituale, era a suo agio. Era a suo agio anche quando ordinò da bere quel cocktail alcolico.
In poco tempo fu su di giri e mi gettò le braccia al collo, la fronte poggiata sulla mia spalla.
Io l’avevo visto solo una volta in quello stato, qualche anno prima, l’anno del nostro debutto. Non sapevo il motivo, ma anche in quel lontano 2006 lui aveva deciso di trascinarmi in un bar e aveva optato per un drink simile.
Ma questa volta era un po’ diverso, perché il mio cuore batteva come impazzito, e non l’avrei allontanato, ridendo del suo viso arrossato.
Gli accarezzai dolcemente i capelli e lui si strinse di più al mio corpo. Mormorò qualcosa.
“Se ne va...” sembrava dire. Ma non avevo la più pallida idea a cosa si riferisse.
“Mmm... non me ne vado.”
“No... domani.”
Domani?
Staccò la fronte dall’incavo del mio collo e le alzò leggermente il viso. Mi guardava le labbra con occhi socchiusi, ed io iniziai a sudare.
Le baciò velocemente, con enfasi. Pochi secondi, e mi ritrassi sconvolto. Come?
Mormorò ancora quel nome. Mi si mozzò il respiro.
Non il mio, Jin, aveva detto.
Koki ondeggiò un secondo davanti a me, i suoi occhi mi guardavano, non mi vedevano. Non mi stai guardando negli occhi.
Mi riconosci?
Poi si accasciò sul tavolino. Jin, Jin, Jin.
Lui, lui parte domani. Cosa avevano fatto nell’ascensore? Perché si tenevano per mano? Non me l’ero inventato... qualcosa era successo davvero... e quel bacio... non era per me... lo avevo già dimenticato. Il sapore delle sue labbra si era contaminato con quel nome, e già l’avevo dimenticato.
Perché Koki aveva deciso di andare a bere? Dov’è ora Akanishi? Perché non sono insieme?
Sì, mi morsi le labbra e distolsi lo sguardo dal suo corpo inerte sul tavolinetto, Koki lo ama. Akanishi, lo stai facendo soffrire.
Le mani mi tremavano, ma riuscii comunque a prendere il telefono.
“Akanishi...” dissi, quando dall’altra parte mi risposero.
< Ah, Nakamaru! Dimmi... >
“Perché...” ma non sapevo veramente cosa volessi dirgli.
< Cosa? >
“Come cosa?” gridai, “Perché Koki è qui con me in questo locale ad ubriacarsi pensando a te? Dove diavolo sei? Perché non sei qui con lui?”
Nessuna risposta. Ma potevo sentire il suo respiro, e anche io respiravo pesantemente.
“Dove sei...” soffiai ancora, e Koki si rialzò dal tavolino spaesato. Mi osservò, gli occhi offuscati, vitrei, un po’ rossi.
< Sono a casa... sto... preparando le valigie. >
“Idiota... vieni a riprenderti Koki.”
< E’ lui che se ne è andato, che vuoi? >
Poi un'altra voce, di sottofondo. Ma non la riconobbi, sembrava gli stesse domandando qualcosa, ed era la voce di un ragazzo.
“Con chi sei?”
Idiota! Se... se lo stai tradendo ora non ti perdonerei mai.
< Akanishi, chi è? > ancora quella voce, ma questa volta nitida, come se si fosse avvicinato alla cornetta del telefono. Capii di chi era.
< E’ Nakamaru... > gli rispose Akanishi.
“Hey! Mi hai sentito!? Vieni subito qui.”
< Sì, ti ho sentito... Ueda, stai zitto!... Dove sei? >
Inghiottii un pesante peso.
 
Akanishi era venuto e se l’era portato via. Perché poi lo avessi chiamato, non lo so. Non sopportavo la vista di Koki in quello stato. Punto. E la causa era lui.
Camminavo. Non sapevo dove, le gambe mi stavano probabilmente portando al mio appartamento senza che io gli ordinassi nulla.
Ma se Koki lo aveva lasciato là, nell’ascensore, doveva esserci un motivo, e la partenza immediata di Akanishi non aiutava le cose.
E Ueda... che faceva da lui? Lo aiutava a preparare le valigie? Improbabile...
In qualche modo arrivai sul pianerottolo del mio appartamento e, dopo essere entrato, mi sedetti sul letto. Sembrava non avessi più nemmeno la forza di respirare. Rimasi immobile, chissà quanto tempo, ad ascoltare il ticchettio dell’orologio sulla parete farsi sempre più fastidioso.
Rimbombava nelle mie orecchie come quel nome. Insistente, doloroso, inevitabile.
Un respiro mancato, e le lacrime iniziarono a scendere lungo le mie guancie. Era un pianto silenzioso, ma avrei voluto urlare.
Quante cose vorrei fare, ma non faccio.
Me ne rendo conto solo ora.
Di non aver mai mostrato i miei veri sentimenti, di aver sempre mostrato un volto che non mi apparteneva, di aver subito nel silenzio.
Ma quell’orologio... il cuscino, lo scagliai contro la parete. Caddero entrambi. L’orologio si frantumò al suolo.
Un fracasso assordante. Ma poi finalmente il silenzio. No, singhiozzavo.
E il cellulare vibrò.
Se era Akanishi, gli avrei urlato contro. Ma era Ueda, vorrà dirmi perché ha costretto Akanishi a tradire Koki.
Osservai lo schermo del cellulare che continuava a vibrare. Alla fine, cosa me ne importa?
Poi spense la chiamata, doveva essere partita la segreteria.
E di nuovo mi chiamava.
Non mi importa.
Lanciai il cellulare sul comodino e sprofondai il viso sul cuscino. Ancora quella vibrazione, sei proprio insistente.
 
Apro gli occhi. Quanto tempo è passato?
Forse... devo essermi addormentato. Cercai di alzare il viso dal cuscino, ho la testa pesantissima.
“Ah!” gridai, una volta essermi voltato. Mi ritrovai il viso di Ueda vicinissimo, “Che...?”
“Perché non rispondevi al telefono?” chiese serio. Se ne stava inginocchiato a terra, accanto al mio letto, con il viso poggiato sul mio stesso cuscino.
Scattai seduto e cercai un secondo di riprendermi. Poggiai la schiena sul muro, per stargli lontano il più possibile, e ritirai le gambe. Com’è entrato? E perché ho una coperta avvolta intorno al corpo?
Fuori era notte, ma la finestra aperta lasciava entrare la luce biancastra della luna, che illuminava il suo profilo. Cercai di sapere l’ora, ma non trovai l’orologio alla parete.
“N-non ho sentito il cellulare...”
Ueda lanciò uno sguardo al comodino dove giaceva il telefono, poi tornò a fissarmi.
Chinai il capo per evitare di incrociare i suoi occhi. Sentivo tutto il viso tirato dalle lacrime che si erano asciugate, e il mio aspetto non doveva essere dei migliori.
Ma ho pianto? Perché?
“Per fortuna che abiti al piano terra e che lasci ogni notte la finestra aperta...”
“Potevi suonare...”
“L’ho fatto, ma non rispondevi... mi sono preoccupato,” poi si alzò e, in un secondo, fu accanto a me.
Prese un lembo della coperta e se la tirò sopra raggomitolandosi.
“Mi dispiace...” disse.
“Eh?”
“Koki non si è mai reso conto di nulla...”
Sbarrai gli occhi. I frammenti della sera prima tornarono come schegge alla memoria.
“Ah...” mormorai solo, sforzandomi di non piangere una seconda volta.
“Lo ami, eppure... hai chiamato Akanishi...”
Già.
“Avresti potuto approfittarne, no? Akanishi parte tra poche ore... e Koki lo avrebbe dimenticato presto.”
Lo so.
“Perché io invece non ce l’ho fatta...?” domandò.
“A fare cosa?”
“A lasciare andare la persona più importante per me... sono stato meschino... ho fatto di tutto per convincere Akanishi a venire al locale per riprendersi Koki. In questo modo... tu saresti stato libero.”
Persi il filo del discorso... che c’entrava la sua persona più importante con me?   
Alzò la fronte che prima teneva pigiata sulle ginocchia.
“Sono un egoista.”
“No, so che non lo sei, però non capisco,” avrei voluto dirgli, per comprendere meglio le sue parole, ma lui me lo impedì. Allungò il collo e poggiò le labbra sulle mie. Le sue dita passarono leggere sul mio viso e si infilarono nei capelli. Approfondì quel contatto costringendomi a schiudere le labbra.
“Ueda...” feci solo in tempo a dire, prima di venire schiacciato contro il muro. Sbattei la testa contro di esso, ma lui sembrò non accorgersene. Si era messo cavalcioni su di me e continuava a tormentarmi la bocca con la sua lingua ruvida.
Portai le dita ai suoi fianchi. Che sto facendo? Poi sotto la maglia, a sfiorare la sua pelle bollente.
Socchiusi gli occhi e pensai a Koki... tentai di immaginarmi il suo corpo... ci provai davvero tanto, ma sembrava mi fossi dimenticato dei suoi lineamenti, delle sue labbra, del suo odore.
Ueda si staccò e io riaprii le palpebre. Già, quello era Ueda, nessun altro.
Mi osservava con uno sguardo colpevole. ‘Scusa’, mi dicevano i suoi occhi velati da quello che sembrava desiderio.
Le mie mani, dalla schiena, scivolarono sulla sua pancia. Le osservò interdetto, ma non so nemmeno io quello che sto facendo.
 
Risalgo il suo petto perfetto, lo sento con le dita, e la sua t-shirt si sfila senza rumore.
Non so quello che faccio, mi ripeto in testa, eppure continuo, la mente deviata da quei suoi occhi neri, e dall’addome scolpito al chiarore lunare.
Passo le dita su un capezzolo, avvicino la lingua e lo lecco. Lui si aggrappa alla mia maglia per non cadere all’indietro, che pensi di me in questo momento?
Passo all’altro capezzolo lasciando un sottile filo di saliva sulla sua pelle. Lo succhio e lo mordo, lo sento gemere. Forse, vorresti che continuassi?
Sì, pronuncia piano il mio nome, con la stessa gentilezza con cui continuava a sfiorarmi con lo sguardo.
“Tatsuya...” rispondo io. Forse arrossisce un po’, credo di non averlo mai chiamato per nome. Sorrido a quella sua espressione.
Mi sfila la maglia con mani tremanti e mi accarezzi la pelle bianca del petto. Ora non riesco più a pensare a nulla tranne che al tuo corpo un po’ abbronzato.
Quando hai preso il sole?
Lo distendo sotto di me e gli bacio le labbra piene, così morbide a confronto con il corpo allenato. Ora mi viene voglia di andare a vedere un suo allenamento di boxe, immagino il sudore lungo la schiena perfetta e mi eccito.
Gli prendo la mano e glielo faccio notare.
“Senti...” sussurro. Non mi era mai successo con nessun altro uomo, nemmeno con Koki... che improvvisamente era sparito dai miei pensieri.
Mi viene da ridere perché, invece di fargli toccare la mia erezione, avrei dovuto fargli sentire il mio cuore nel petto.
Di colpo si slaccia il bottone dei suoi jeans e infila una mia mano all’interno, cogliendomi di sorpresa.
“Senti...” ripete. Anche lui era eccitato.
Sorrido, perché continua a tenermi la mano pigiata in quel punto.
“Cosa vuoi che faccia ora?”
Stringe gli occhi, sembra davvero imbarazzato.
“Ho immaginato questo momento talmente tante volte che non so più cosa voglio...”
Gli stringo il sesso tra le dita e lui trattiene il fiato. Da quanto? Da quanto tempo mi consideri così? Possibile che non me ne sia mai accorto?
Inizio a massaggiarlo con velocità sempre maggiore, e il suo respiro diventa spezzato, inframezzato regolarmente da piccoli gemiti.
Lui invece si è accorto dei miei sentimenti per Koki... ma che sentimenti sono?
Ansima più forte e viene nella mia mano.
“Ah... scusa... io...”
Porto le dita alle labbra e passo la lingua tra di esse, lui sgrana gli occhi. Non scusarti, hai un sapore davvero dolce.
Stringo le sue cosce e le allargo di colpo. Serra gli occhi.
Non gli chiedo nulla, temo che la sua voce possa fermarmi, e gli infilo un dito nell’apertura.
“Ahn...!” grida e smette di respirare. Inizio a muoverlo per allargarlo.
Sono attento al suo viso: la smorfia di dolore è subito rimpiazzata da un espressione di piacere. Provo con un secondo dito, e lui si morde le labbra. Con la mano libera cerco la sua e la stringo.
Poi sfilo le dita e lui torna a respirare.
“Va bene?” chiedo, e mi slaccio i pantaloni.
Lui apre gli occhi, e sono profondi e sicuri come prima.
Lo penetro senza attendere la sua voce e questa arriva subito dopo come un grido.
“Di più...” dice poi, con sforzo, e alza il bacino per aiutarmi. Lo afferro con le dita ed entro completamente.
“Sei stretto...” mormoro, “Rilassati...”
Cerco di muovermi e seguo il ritmo dei suoi gemiti.
“Sto per...” dico poi, “...venire...”
Lui annuisce e lo vedo stringere le dita nel lenzuolo sotto di noi.
Distendo la schiena con un respiro profondo, e lui mi accoglie dentro di sé.
 
Uscii dal suo corpo.
Ueda rimase immobile, silenzioso, sotto di me, con il viso spostato di lato. Solo il petto si alzava e si abbassava veloce.
Qual’era dunque la sua reazione? Gli accarezzai una guancia e lui girò il capo, poggiando una mano sulla mia.
Sorrideva.
“Non ci credo...”
Mi distesi accanto a lui. Non ci credo nemmeno io, come ho potuto fare una cosa simile con un uomo? Con un collega... No, con un amico.
Passai un braccio attorno alla sua vita e lo feci voltare verso di me. Avvolsi i nostri corpi con la coperta che era finita a terra.
Continuai ad osservare il suo viso, senza dire nulla. Poi lui chiuse gli occhi e il suo respiro si fece pesante.
Sorrisi.
Tutto quello che era successo il giorno prima scomparve in quel momento. Quando chiusi le palpebre, solo il suo viso addormentato rimase impresso nella mia retina.
 
Quando Koki entrò nella sala registrazioni, calò uno strano silenzio.
Lui mi fissò negli occhi e si diresse subito verso di me.
“Yuichi...”
“E’ partito?”
“Eh?”
“Akanishi, è ripartito?”
Kamenashi, che fino a quel momento ci osservava, distolse lo sguardo, ed uscì, portandosi via Taguchi.
Anche Ueda, che era al mio fianco, fece per andarsene, ma lo afferrai per la giacca e lui rimase, in un angolo.
“Lui...” disse allora Koki, “...ha detto che rimarrà un altro po’... almeno fino al suo compleanno...”
Annuii e sorrisi.
“Sono contento.”
Koki sussultò, come se si fosse ricordato solo in quel momento di cosa voleva realmente dirmi, e si inchinò di scatto.
“Yuichi, mi dispiace! Per quello che ho fatto ieri sera... per... quel bacio... mi dispiace!”
Lo feci rialzare.
“E’ tutto okay, non preoccuparti.”
Ueda si mosse, e lo vidi incrociare le braccia con la coda dell’occhio. Sentivo il suo sguardo trafiggermi. Mi stai chiedendo di dire qualcosa, ma cosa? Vuoi che gli racconti tutto?
“Akanishi mi ha detto che, quando lo hai chiamato per farmi venire a prendere, sembravi sul punto di piangere...” continuò, “E’ successo qualcosa?”
“Beh, qualcosa è successo... credo che mi fossi fossilizzato su un idea...” cercai di spiegare, “Hai presente? Come quando hai un’idea fissa che ti tappa gli occhi e non vedi altro...”
Koki aggrottò le sopracciglia.
“Cioè?”
“Un giorno te ne parlerò...” oggi è troppo presto. Oggi, è ancora troppo fresca come ferita. Ma, fortunatamente, vederti non mi rattrista. E vorrei davvero vederti al fianco di Akanishi. Vedervi entrambi felici.
“Se ti fa soffrire dimmelo, che lo uccido,” dissi poi ridendo, e gli diedi una pacca sulla spalla.
Lui sorrise, poi si voltò, osservai la sua schiena allontanarsi.
E’ evidente, una notte non basta per dimenticarti. Ma mi è bastata per capire.
Mi rivolsi a Ueda e gli sorrisi, senza motivo, apparentemente. Grazie per avermi fatto capire.
Lui mi guardò interrogativo.
“Che vuoi?”
Koki uscì dalla sala e si chiuse la porta alle spalle, io mi avvicinai a Ueda.
“Baka...” mi disse.
“Sei geloso?”
“Ma nemmeno un po’... tu...” ma il resto della frase venne coperto dagli schiamazzi degli altri, che rientrarono di gruppo nella sala.
“Allora, vogliamo registrare questa canzone?”
 
Per tutto il giorno Ueda non mi rivolse la parola. Non doveva aver preso bene la faccenda del bacio con Koki, ma sapeva bene cosa io provassi per lui... non doveva trattarmi così, in quel momento delicato. Forse era proprio un egoista come diceva di essere. E il fatto che lo vidi agitarsi nel momento in cui io e Koki ci sedemmo in disparte per sistemare insieme il ritmo del rap e del beat box mi ripagò quell’atteggiamento freddo. Come una piccola vendetta.
Faceva proprio uno strano effetto, accorgersi degli sguardi gelosi di Ueda e ignorare il viso di Koki: non ero abituato a considerare che ci potesse essere qualcun altro al di fuori di quest’ultimo.
Finite le registrazioni, Ueda non attese nemmeno che potessi riprendere mie cose e schizzò fuori dalla stanza.
“Dove va Ueda?” chiese Kamenashi frugando con insistenza le tasche della propria giacca.
“Ha detto che vuole sfogarsi...” rispose vago Taguchi, e gli porse il pacchetto di sigarette che l’altro cercava tanto, e che era proprio sul tavolo sotto ai suoi occhi.
“Ah, grazie...”
Taguchi gli sorrise. “Anche se il fumo ti fa male, non sopporto di vederti così agitato...”
Koki mi lanciò uno sguardo espressivo: quei due non la raccontavano giusta. Ma non potevo mettermi a investigare in quel momento, fuggii dalla sala con la prima scusa che mi venne in mente.
Una volta fuori dall’edificio trovai Ueda nella sua auto, lo sportello aperto e la musica a tutto volume.
Mi avvicinai.
“Pensavo che con ‘sfogarmi’ intendessi ‘prendere a pugni un sacco di sabbia’.”
Abbassò un po’ il volume.
“Infatti,” rispose, “Vieni con me?”
Lo guardai un po’ di traverso. “Ti è tornata la voce?”
Sbuffò e si girò dall’altra parte, accendendo il motore. Sei solo parecchio infantile, pensai e quasi mi venne da ridere. Senti chi parla.
Feci il giro dell’auto ed entrai. Non sono io quello infantile?
“Verrai con me sul serio?” chiese, e innescò la retromarcia.  
Io annuii, “Ci conosciamo da così tanto, ma non ti ho mai visto boxare...”
Lo vidi sorridere con la coda dell’occhio.
Forse cerco una storia matura... ma è impossibile dal momento che nemmeno io lo sono.
Allungo una mano e gli sfioro la base della frangia.
“Questa la tiri su quando ti alleni?”
Lui, che era ancora in fase di retromarcia per uscire dal parcheggio, frenò di colpo.
“Non farlo mai più quando guido!” disse irrigidendosi.
“Eh?”
“Non toccarmi quando guido... o fallo, e non lamentarti se ci schiantiamo contro un palo.”
Mi sfuggì una risata.
“Tu non sei normale...”
“Come vuoi...”
Però... che carino ora che è tutto rosso. Dov’è finita la determinazione che avevi ieri sera quando ti sei intrufolato nella mia stanza? E’ scomparsa nel momento in cui ti ho posseduto.
Ora sembra un liceale alle prese con la prima cotta.
“Ma la smetto...?” sussurrai, di giudicare le persone? Io non sono affatto migliore.
“Come?”
“No niente... canticchiavo la canzone...”
“Mhn, la conosci?”
Alzò il volume. “Ah, mi sembrava strano!” disse, “E’ una nostra canzone, ovvio che la conosci...”
If you love I imagine you…” cantò. Voltai la testa verso il finestrino e sorrisi.
Kimi no kanashimi zenbu (Tutte le tue sofferenze)...”
Kakushiteru namida no wake (E quelle ragioni nascoste delle tue lacrime),” mi aggiunsi io...  
Subete wo tsutsumi, kimi wo ai su yo (Le impacchetterò tutte, perché ti amo)
Sore kurai shika dekinai kedo (Oltre a questo, non posso fare altro)
I'm on your side (Sono al tuo fianco).”
Lui era rimasto in silenzio. Cantò con me solo l’ultima frase, poi si mise a ridere.
“Proprio come dice il testo, la nostra è una storia proprio divertente...” disse e io mi voltai a guardarlo.
In quello stesso istante arrivammo davanti alla palestra e lui tirò il freno a mano. La canzone intanto continuava senza le nostre voci ad accompagnarla.
Si slacciò la cintura, io continuavo a guardarlo. “Eh?” mi disse una volta che si accorse di quello sguardo insistente.
Non dissi nulla, mi avvicinai a lui e lo baciai. Senza preavviso, cogliendolo alla sprovvista, proprio come aveva fatto lui la notte passata.
E la notte stava per scendere di nuovo, con il suo manto dissimulatore.
Passai una mano tra i suoi capelli.
“Sembra quasi un amore notturno, il nostro...” commentai riprendendo fiato.
“Non puoi amarmi alla luce del sole?”
Fuori doveva tirare un forte vento, perché la macchina subì una leggera oscillazione.
“Le tue fan non sarebbero d’accordo...” e lui rise. Solo in quel momento mi accorsi veramente di quanto fosse bello.
“Secondo me invece andrebbero in fibrillazione!”
“Eh? Ancora quella storia delle fujoshi?”
“E secondo te da quant’è che ho iniziato a capire che quello che provavo per te non era semplice amicizia?”
Sospirò, e passò le dita sulle mie labbra. Le leccai, perché ho improvvisamente queste strane voglie?
Tornai a baciare la sua pelle.
“Sono reclinabili questi sedili?” domandai, affondando il viso nel collo.
“Ah...” forse gli avevo lasciato un segno rosso, “Eh...? Vuoi farlo qui?”
Risi.
“E’ notte... chi vuoi che venga ad allenarsi a quest’ora! Solo tu ne sei capace.”
“Lo prenderò come un complimento... però... sul tuo sedile... qui c’è il volante...”
Lo tirai dalla mia parte.
“Se ci scoprono siamo nei guai...”
“Volevi una cosa alla luce del sole e ora ti preoccupi per questo?”
Spinse una leva e il sedile si allungò.
“Certe volte non so quello che dico! Non prendermi sul serio...” e lasciò che lo distendessi sotto di me.
“Il problema...” commentai io iniziando a sfilargli la maglia, “...è: riuscirò a reggere due volte in uno stesso giorno?”
Si mise a ridere. “Vedremo quale sono le tue prestazioni allora!”
Ganbarimasu!”
Douzo...”
Risi anche io. “Se veramente ci dovesse scoprire qualcuno...”
“Non ci pensare!”
“Certo! Tu stai sotto! Non ti vedrebbero comunque dal finestrino...”
Le sue sopracciglia si avvicinarono in un’espressione di riflessione. Cos’hai in mente?
Si tirò su di scatto e, non so come, io finii disteso sotto di lui.
“Eh?” potei solo dire.
“Ora vediamo se ti lamenti...”
Sbarrai gli occhi.
“Così mi metti paura!”
Scoppiò a ridere. “Ganbarimasu...” soffiò su un mio orecchio, e un brivido mi attraversò la schiena.
“Uhn...” annuii, e lasciai che le sue piccole dita slacciassero il bottone dei miei jeans.
Mi morsi le labbra.
E’ evidente, una notte non basta per dimenticare.
Ma è possibile che sia bastata per farmi innamorare di te?
“Ti amo...” mi disse. Forse... forse sì.
 

<< E’ una piccola storia divertente,
Giusto, è troppo tardi per tornare indietro.
Finché non mi addormenterò, continuerò ad amarti.
Ma a parte questo, non riesco a dire altro.
Sarò al tuo fianco. >>

 

30 Maggio 2011

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Commento: a domani per la terza parte!!! <3
   
 
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