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Autore: Dearly Beloved    18/03/2012    3 recensioni
''Si sa che gli attimi sono pericolosi, più pericolosi delle eternità.
In un attimo succede quello che non succede nemmeno in mille anni, e non sempre si tratta di qualcosa di bello.
In un attimo un muro si può costruire da solo e dividerti dal resto del mondo senza che tu abbia nemmeno il tempo di accorgertene.''
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Vergil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Attimi.

 

 

Non pensava di certo che quello sarebbe stato colui che insieme a suo padre le avrebbe rovinato la vita.
Era ancora così giovane, persa nel suo mondo di fantasticherie, di sogni, di passioni.
Non era neppure una ragazza estroversa, amava stare per conto suo, e con quei pochi che il suo sistema nervoso riusciva a tollerare.
Coetanei e non, contabili a mala pena sulla punta delle dita, fortunati, eletti.
In fondo quella ragazzina era graziosa, e di amici ne avrebbe potuti avere a bizzeffe.
Ma non era esattamente così, la sua sfiducia negli altri ancora era appena accennata rispetto a quello che come sappiamo sarebbe diventata.
Aveva costruito le fondamenta per alzare un muro, che ad un certo punto della sua vita si sarebbe costruito da solo, nel dolore di un singolo attimo.

Si sa che gli attimi sono pericolosi, più pericolosi delle eternità.
In un attimo succede quello che non succede nemmeno in mille anni, e non sempre si tratta di qualcosa di bello.
In un attimo un muro si può costruire da solo e dividerti dal resto del mondo senza che tu abbia nemmeno il tempo di accorgertene.

Mary ancora non lo sapeva per certo, ma lo intuiva, e non abbassava mai la guardia.

Ma bisogna stare attenti, perché gli attimi, gli attimi sbagliati, si insediano nella tua testa non appena abbassi la guardia anche di poco.

E lei abbassò la guardia, del tutto, rimanendo priva di qualsiasi difesa, quando i suoi occhi incontrarono quelli azzurri, profondi e bellissimi di lui.
Chi era? Perché era lì? Sarebbe rimasto? Cos’era quel rossore che improvvisamente le aveva colorato le guance candide? Perché i suoi occhi di solito impassibili adesso lo cercavano come se fosse stato l’aria che le serviva per non soffocare?

Forse fu in quel momento che Mary iniziò a morire, lentamente, senza accorgersene, mentre il destino per lei aveva in mente un progetto nuovo, che portava un altro nome.

“Vergil, loro sono mia moglie e mia figlia Mary, la mia famiglia”
“Arkham, non mi avevi detto di avere una moglie così bella” disse il bel giovane con un sorriso e una leggera riverenza alla signora “…e una figlia tanto splendida” fece poi portandosi il dorso della mano di Mary alle labbra. La ragazza sentì le gambe cedere.
Era davvero una scena da film, al centro di un bel prato inglese una donna ed un uomo impeccabili, nei loro vestiti più raffinati, una ragazzina dai lunghi boccoli castano scuro, un grazioso vestitino ricamato e gli stivaletti, e infine un meraviglioso, galante principe dalla mantella azzurra e due occhi mozzafiato.
Per Mary era quasi una situazione assurda, la sua vita non era tanto perfetta come invece veniva ostentato a chiunque guardasse quella scena.
Era la quiete prima della tempesta.
I quattro si sedettero ad un tavolino, e Vergil e Arkham iniziarono a parlare del tempo, della cura del giardino e altre stupidaggini. Mary odiava tutte quelle formalità.
Le persone si nascondono dietro le formalità, nascondono quello che provano, quello che pensano, nascondono sé stessi. 

…e Vergil e Arkham avevano tanto da nascondere, ma le due donne non potevano saperlo. 

Invece Mary desiderava conoscere quel ragazzo, che doveva essere di poco più grande di lei, e che da quanto aveva sentito aveva un lavoretto da sbrigare insieme a suo padre.
A lei non interessavano le cose burocratiche. A lei interessava Vergil.
Persa nei suoi pensieri si era distratta, e aveva cominciato a guardare il cielo, così limpido quel giorno, senza neanche una nuvola, e sulle sue labbra si era dipinto un lieve sorriso.
“Signorina, le piace molto perdersi nei suoi pensieri?” le chiese allora Vergil con un cordiale sorriso notando quel suo comportamento.
“Eh…?” fece lei puntando di scatto lo sguardo verso l’oggetto dei suoi pensieri.
“Perdoni mia figlia, signorino Sparda, è una giovane molto riflessiva e io e mio marito siamo molto fieri di lei” la donna si era forse accorta di quello che passava per la testa della giovane Mary “Piuttosto caro, perché non andiamo a prendere al negozio i dolci che avevamo prenotato? Magari il ragazzo deciderà di fermarsi a cena da noi, nel caso il vostro lavoro si dilunghi fino a tardi, e noi non abbiamo un dessert da offrirgli”
“Ma cara…”
“Non preoccuparti tesoro, ci penserà la nostra Mary a tenergli compagnia, sono quasi coetanei e certamente avranno argomenti in comune da trattare in nostra assenza, non credi?”
Fu Vergil a intervenire “Certamente, ma non c’è davvero bisogno di prendersi tanto disturbo…”
“Oh, caro, non si può dire che ospite che sia passato da casa nostra non sia stato trattato adeguatamente, andiamo caro e non annoiamo ulteriormente i giovani” disse la donna trascinando quasi di peso il marito.
Mary si sentì morire.
E lei e Vergil, una volta soli, rimasero in silenzio, imbarazzati, senza trovare un modo per rompere il ghiaccio.
“Allora signorina, le andrebbe di mostrarmi le altri parti del giardino?” disse ad un tratto il principe sorridendo.
“Certamente, ma smettila di darmi del lei e di chiamarmi ‘signorina’ ”.
“D’accordo” disse alzandosi e, insieme a Mary, lentamente dirigendosi verso la parte più interna del giardino, quella del labirinto “Immagino che per te sia una scocciatura restare qui con me, magari vorresti andare dai tuoi amici e…”
“Io non ho amici”.
“Come? Una ragazza graziosa come te sarà piena di ammiratori e gente disposta a fare amicizia con lei”.
“Non mi sembra di aver detto il contrario” disse Mary sistemandosi il vestito “ma le persone non mi piacciono, mentono, tradiscono… io non mi fido”.
“E di me ti fidi?” chiese con sguardo intenso Vergil.
“Che razza di domanda è?” Mary aggrottò le sopracciglia, ma non seppe nascondere il lieve rossore che le aveva colorato le guance.
“Perdona la mia impertinenza, ma sarei davvero onorato se una splendida ragazza come te mi accettasse… come amico” disse poi rivolgendole un sorriso “e inoltre… neanche io ne ho, sono solo” disse assumendo un’espressione malinconica.
“E la tua famiglia?”
“Sono orfano di madre e padre, e io e mio fratello abbiamo intrapreso… strade diverse”.

E prima o poi anche tu proverai il dolore che ho provato io, piccola Mary.

La ragazzina assunse un’espressione pensierosa.
“Allora va bene, ti accetto come mio amico, così non sarai più solo” Mary sorrise e gli appoggiò una mano alla spalla, in segno di solidarietà.

Non dirlo, mi fai sentire un traditore.

Vergil si scrollò quella mano di dosso, mentre il suo cuore veniva pervaso da uno strano calore.
Mary lo guardava con un misto di tenerezza, preoccupazione e malinconia, quasi fosse stato un cucciolo con la zampa ferita.
Vergil era un po’ così in fondo.
“Perdonami, ti ho dato fastidio?” disse lei distogliendo lo sguardo.
“No” Vergil le prese la mano, incrociando le dita con le sue mentre Mary diventava rossa/verde/fucsia/arancione/blu.
Vergil le sorrise, e non riuscì a trattenere una risatina.
“E-Ehi! Che ci trovi da ridere?!” Mary adesso paonazza lo guardava con un’espressione un misto tra l’imbronciata e l’offesa.
“No, nulla” disse guardandola negli occhi divertito, mentre sentiva il battito di quel cuore che accelerava pericolosamente, come non gli succedeva più ormai da prima della morte di Eva.

 Gli attimi sono pericolosi, anche per te Vergil.
In un attimo possono crollare tutti i tuoi progetti, se non presti bene attenzione.

Non bisogna abbassare la guardia.

   
 
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