Anime & Manga > Death Note
Ricorda la storia  |       
Autore: Daifha    18/03/2012    4 recensioni
[Prima parte] "Neppure per un secondo avevamo avuto la presunzione di sperare che Matt fosse ancora vivo: si era sacrificato per noi, questo era quanto."
[Seconda parte] "Il silenzio continuò a regnare in quei giorni, rotto soltanto dai gemiti strozzati di Mello, dallo strusciare delle coperte, dallo scoppiettio del fuoco. Fissavo le onde che le luci del fuoco proiettavano sulle pareti, ballavano e sembravano annullarsi a vicenda l’una sull’altra, dando vita a vampate nuove e più grandi, e tutto quello non faceva altro che farmi pensare al dolore che Mello stava provando. Avrei voluto essere io al suo posto. Mi sentivo morire più e più volte, ammattire e poi morire di nuovo."
[Terza parte] "Ma non feci niente di questo. Non mi crogiolai nel dolore, non dormii tranquillo, non pensai a quello che mi aspettava l’indomani, non ne fui capace. Quelle prima notte nella mia nuova casa, della mia nuova esistenza, la passai a ricordare, a fare sorrisi tristi e illudermi che, forse, ora Matt e Mello erano in un posto migliore, insieme e felici. Ricordai tutto, quella calda notte.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Matt, Mello, Near
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

- Get involved - Prima parte
 

Il primo tra di noi ad andarsene fu Matt, portato via da quei signori vestiti di nero da cui scappavamo ormai da anni. Non ci era mai stato chiaro il motivo per cui noi fossimo stati presi di mira da gente tanto pericolosa, eppure quelli non si fecero assolutamente alcun problema a puntare le pistole contro il nostro compagno, facendo quasi subito fuoco e strappandogli l'anima da quel suo corpo tanto mingherlino - come d'altronde erano i nostri. Il primo proiettile lo colpì sul petto, e forse sarebbe anche potuto sopravvivere se un altro poco dopo non l'avesse preso dritto alle tempie, facendogli spalancare gli occhi e sputare sangue, prima di cadere nell'oblio eterno. Se n'era andato così, un buco che gli trapassava da parte a parte la testa e la faccia schiacciata contro il pavimento, ed è così che quei signori avevano lasciato il suo cadavere, quando erano usciti dalla catapecchia che poco prima fungeva da nostro riparo, ignari che, nascosti nella botola segreta nel pavimento, ci trovavamo io e Mello, tremanti e sconvolti da quel rumore di spari. Neppure per un secondo avevamo avuto la presunzione di sperare che Matt fosse ancora vivo: si era sacrificato per noi, questo era quanto.

Eppure, quando vidi il volto stravolto di Mello, rigato di lacrime, i lati della bocca piegati verso il basso in modo quasi inverosimile, non potei che gettarmi ai piedi del suo corpo, immerso in un lago di sangue, facendo pressione sulle spalle per girarlo e scuotendolo vigorosamente, pretendendo che si risvegliasse. Ma quegli occhi verdi rimasero fissi sul soffitto, vacui, vuoti, privi di vita, e il suo volto morto non diede ascolto ai miei ordini, rimase freddo e pallido senza riacquistare più colore.

Eravamo sempre stati soli al mondo, questa fino ad allora era stata la nostra convinzione, ciò che ci aveva permesso di andare avanti insieme, contando l'uno sull'altro, ma se davvero così fosse stato, se davvero non esisteva nessun altro oltre a noi, allora Matt non sarebbe mai morto. Solo in quel momento, all'alba dei miei dieci anni, con tra le braccia il cadavere del mio amico, arrivai per la prima volta a comprendere quella triste e devastante realtà: noi non eravamo mai stati veramente soli.

 

Matt si era sempre comportato in modo paterno con noi, prendendo spesso le redini della situazione e consolandoci nei momenti più bui - sebbene io e Mello fossimo particolarmente resti a lasciar trasparire i nostri reali sentimenti, lui sembrava intuirli sempre alla perfezione, comportandosi poi di conseguenza. Lo faceva in modo istintivo, per nulla calcolato, questo era evidente. Usava la fantasia, si inventava storie spettacolari e raccontava ogni dettaglio con emozione, finendo per coinvolgere anche noi. Poi, quando c'era bisogno di serietà, cambiava espressione, diventava più duro e autorevole, mandandoci spesso in confusione con i suoi ragionamenti. E non perché questi fossero troppo complicati per noi, ma per la loro assurdità: arrivava a dire cose del tipo "Voi restate qui, io vado a controllare che la via sia libera. Se non torno entro venti minuti, scappate." oppure "Farò da esca, nascondetevi finché non sentirete più alcuna voce e rumore.". In quei momenti potevo chiaramente sentire Mello sussultare, e a volte assottigliava gli occhi uscendosene con un insulto qualunque, poi più nulla. E toccava a me far ragionare Matt.

Non sapevamo perché si comportasse così, per quale assurdo motivo volesse sempre immolarsi al posto nostro, ma probabilmente non c'era alcuna ragione se non che si sentiva in dovere di proteggerci: di costituzione, tra di noi, era il più alto, superava Mello di qualche centimetro, mentre io non potevo assolutamente reggere il confronto, era ovvio che nessuno avrebbe mai fatto troppo affidamento su uno come me, a quei tempi. Lui si sentiva il più grande, e di conseguenza, era certo che fosse suo dovere difendere noi 'piccoli'. Anche a costo della vita.

 

Ricordo ancora il giorno in cui decise di essere lui il più grande. Noi eravamo sempre stati orfani, sin dai primi giorni di cui avevamo memoria, e per questo nessuno di noi sapeva con certezza la propria età, mentre il giorno del proprio compleanno era a noi qualcosa di totalmente oscuro. Per convenzione avevamo deciso di avere tutti e tre la stessa età, a partire dai cinque anni, ma solo verso i sette a Matt venne l'idea di fissarci ognuno una data specifica per il passaggio agli otto. In quel momento ci trovavamo al riparo dalla pioggia dentro dei grandi tubi di cemento destinati alle fognature o al passaggio di cavi elettrici, al momento inutilizzati, in quel periodo dell'anno in cui il freddo comincia a scendere per lasciar posto alla leggera brezza della primavera - il giorno esatto lo scoprii solo poco dopo. Stavamo mangiando dei pezzi di pane con salame che eravamo riusciti a rubare di nascosto poco prima dalla festa di un bambinetto grassottello delle elementari in un parco poco distante, e ci sentivamo abbastanza felici per quella piccola conquista, dato che di quei tempi era raro che riuscissimo a mangiare cibo fresco e non pane vecchio di qualche giorno, duro e racimolato per terra o dall'immondizia. "Chissà, probabilmente stava festeggiando il suo compleanno..." come sempre fu Matt a rompere il silenzio creatosi, lasciando la frase sospesa a metà e sospirando. Mello rispose con un verso di stizza.

"Tsè, non si accorgeranno nemmeno di tre panini in meno. È gente ricca, quella." storse il naso e riprese a mangiucchiare avidamente la sua parte di cibo. Matt gli sorrise di rimando, con un espressione ingenua in volto.

"Mica mi sentivo in colpa, Mello, solo, pensavo che sarebbe bello avere un compleanno," ma lui si limitò a scrollare le spalle come se la cosa non lo interessasse. Io preferii rimanere in silenzio, certo che Matt avrebbe ripreso subito con la sua parlantina. "Dai Mello, dimmi un numero, uno qualunque... Anzi due!" si corresse subito. Mello alzò gli occhi per fissarli sul volto di Matt, per poi riabbassarli subito: per un attimo sembrò ragionarci sopra, mentre si allacciava la gambe al petto, poi "Trentadue e tredici" disse, con un leggero ghigno a spezzare quella linea sottile e dritta che di solito erano le sue labbra. Doveva aver intuito le intenzioni di Matt, come d'altronde anch'io, e aveva deciso di assecondarlo solo per prenderlo di giro. Ma Matt non si lasciò scoraggiare, anzi, subito lo incalzò "Bene, allora il tredici sarà il giorno, mentre per il mese, dato che sei stato cattivo, ti becchi dicembre, ch'è tanto freddo quanto il tuo cuore!" e rise davanti alla faccia infuriata di Mello.

"Ehi, ma manca ancora un'infinità di tempo a dicembre! Faccio prima a morire!" gli sbraitò contro, ormai caduto nella trappola di Matt e totalmente preso da quella pseudo-conversazione. Lui però non cambiò idea, facendogli semplicemente una linguaccia dispettosa e girandosi dalla mia parte, con la chiara intenzione di porre a me la stessa domanda poco prima diretta all'altro. Mello, stizzito, finse nuovamente disinteresse raccattando da terra qualche briciola del panino ormai finito e ficcodosele in bocca rabbioso.

"E tu, Near? Quando vuoi festeggiare il tuo compleanno?"

Esitai. Non avevo mai pensato a una cosa del genere, dato che i problemi da affrontare durante quelle giornate erano stati ben altri. Feci un breve calcolo: come numero avevo sempre trovato elegante il due, e non mi sarebbe dispiaciuto se nella data del mio compleanno ne fosse comparso uno. Già, forse era un modo un pò ingenuo con cui ragionare, ma non avevo idea di che altro metodo usare, quindi non stetti a pensarci più di tanto e risposi, a bassa voce "Due." senza però avere idea di che aggiungere.

"E poi?" subito Matt mi fissò con sguardo indagatore, come fosse un piccolo detective alla ricerca dell'indizio mancante per risolvere un caso di media difficoltà, ed io mi sentii talmente esposto a quegli occhi che mi venne quasi naturale stringermi le gambe al petto come poco prima aveva fatto anche Mello - chissà che pure lui non si sia sentito a disagio e abbia agito inconsciamente di conseguenza allo stesso modo. Fissai lo sguardo a terra, senza idea di cosa dire, e provai istantaneamente un senso di invidia nei confronti di Mello che era riuscito ad uscire da quella situazione senza troppi intoppi, forse solo con un broncio un pò più accentuato del solito. Ma, per fortuna, Matt parve subito intuire il mio disagio, sorridendomi paterno.

"Due, quattro, otto, sedic... Ah, no, sedici è già troppo avanti! Due, quattro, otto, che ne dici?" lo fissai con aria interrogativa, non capendo quale ragionamento lo avesse portato a quelle cifre. "Beh, ecco," Matt parve subito intuire e mi spiegò "Direi che sono i numeri che meglio si collegano al due, ossia due, due alla seconda e due alla terza... Sarebbe il ventiquattro otto... Uhm," cominciò a contare sulle dita i mesi "Agosto! Ventiquattro agosto!" esclamò infine euforico mostrandomi le dita alzate, il sorriso a trentadue denti.

"S-sì..."

"Non ti convince? Preferisci cambiare?"

"No, no, va benissimo." scossi la testa vigorosamente e potei sentire benissimo lo sguardo di Mello su di me, bruciante di rabbia: sembrava proprio che non gli andasse giù l'idea di dover aspettare undici mesi per poter dire 'Ho otto anni' - ce lo vedevo perfettamente, tutto orgoglioso e impettito a ripetercelo ogni cinque minuti.

"No, no che non va bene! In questo modo, io," e si puntò il pollice sul petto indicandosi con veemenza "Io sarei il più piccolo". Attese un attimo "Io!"

Per Matt fu impossibile non scoppiare a ridere - e neanche provò a trattenersi. Mello era per entrambi un libro aperto, per quanto lui fosse convinto che la sua barriera glaciale contro ogni tipo di sentimento potesse rendere quest'ultimi invisibili agli altri - nemmeno lui poteva negare a se stesso che esistessero - io e Matt riuscivamo sempre a cogliere quel cipiglio alzato di arroganza e superiorità che spesso lo portava a parlare più di quel che lui si prestabiliva. Era come una molla ad orologeria, una volta che conosci il meccanismo, non smetti più di divertirti a farla scattare; vedere Mello arrabbiarsi per ogni idiozia, per quanta indifferenza all'inizio lui potesse mostrare, metteva sempre me e Matt di buon umore, a discapito ovviamente del malcapitato Mello - 'È la punizione divina di Dio per essere nato biondo.' si giustificava spesso insensatamente Matt prima di ritrovarsi puntualmente a terra dolorante e con un paio lividi in più.

Quando però smise di ridere, Matt arcuò le sopracciglia con aria interrogativa, fissando Mello con una sorta di insicurezza in volto "Come fai a dirlo, se io non ho ancora detto quando sarà il mio?"

"Tsè, sicuro non sceglierai dicembre, sei troppo un fottuto stronzo."

"In effetti non mi si addice affatto,". Era come giocare con le corde tese di un violino: il divertimento stava nel farle stridere per un paio di minuti prima di bloccarle tutte con un colpo secco di mano. Sì, Matt provava quasi un gusto folle nel torturare mentalmente Mello - forse perché ci riusciva benissimo, sempre e ovunque. Io invece mi divertivo semplicemente stando a guardare.

Mello sbuffò storcendo il naso rabbioso, ma non aggiunse altro, ancora troppo preso dalla ricerca di qualche briciola sfuggita dal panino - quando era arrabbiato cercava sempre qualcosa con gli occhi. "Per me direi l'uno febbraio. Uno due, è una data facile da ricordare." finì di dire Matt, sorridente seppur calmo.

E Mello non perse occasione per ribattere "Lo dici solo perché manca poco, e perché vuoi fare lo sbruffone facendoti più grande di noi!"

"Che ne sai che non sia già passato l'uno febbraio?"

"Sei tu quello che tiene conto dei giorni, non faresti mai un'idiozia simile come quella di stabilirti il compleanno poco dopo ch'è già passato il giorno!"

"Uhm..." Matt parve rifletterci un attimo "Probabilmente hai ragione." sorrise, senza alcuna intenzione di ribattere ancora. Mello gli ringhiò contro un " 'fanculo", girandosi e lasciando cadere anche lui il discorso.

Così, Matt aveva appena dato un'ulteriore prova di essere lui il 'più grande', senza ricevere particolari obiezioni da parte dei 'più piccoli'; solo poco dopo io e Mello ci rendemmo effettivamente conto di ciò che questo comportasse.

Il silenzio era tornato in fretta, mentre Mello scostava con le dita la polvere a la terra accumulatesi ai suoi piedi, nonostante avesse ormai abbandonato la sua impresa di ricerca di qualcosa da mangiare. Si limitava a lasciarci scivolare sopra con l'indice, tracciando piccoli solchi che poi disfava con uno sbuffo più sonoro - e le mani andavano a coprire gli occhi perché puntualmente qualcosa gli entrava dentro facendoglieli arrossare. Un modo come un altro per trascorrere il tempo senza dover ricorrere a parole o risse di vario genere, specialmente con Matt. Matt invece si guardava attorno, facendo sostare lo sguardo fuori, dove il vento continuava a soffiare piegando qualche ramo, se non l'intero albero, e lasciando che il rumore del fruscio delle foglie riempisse il loro mutismo. Poi voltava la testa a fissare Mello, sorrideva leggermente quando lo sentiva imprecare contro la polvere che lui stesso alzava e, poco prima che Mello lo sospendesse con quel ghigno in faccia, si voltava ancora, stavolta verso di me. Io non facevo nulla, tenendo lo sguardo fisso sui due, assorto in pensieri di poca importanza, tanto che sussultai quando vidi entrambi voltarsi verso di me - Matt probabilmente per completare il giro delle sue azioni, Mello spinto da un primordiale istinto interiore, nessuno dei due con un vero e proprio motivo.

Mello sbuffò e tornò alla sua polvere, Matt mi sorrise e girò la testa dall'altra parte.

Quei momenti apparentemente noiosi, altro non erano che i nostri momenti di riflessione personale, in cui ognuno, nel silenzio di ciò che ci circondava, aveva la possibilità di togliere il freno ai suoi pensieri, lasciarli andare, che fossero questi ricordi, idee, sentimenti, storie o pura fantasia. Ci concedevamo solo quelli, quando trovavamo un rifugio abbastanza sicuro dove dormire una o due notti, prima di chiudere gli occhi e fingere tranquillità, prima di addormentarsi. Di giorno si camminava, si parlava, si cercava da mangiare, si cercava un rifugio, si scappava: troppe cose da fare, troppa ansia, spesso anche troppa fame per poter riuscire a ragionare con calma, senza il bisogno di fare qualcosa o parlare con qualcuno per distrarsi dai morsi allo stomaco o dal cuore che batteva troppo veloce nel petto. Quei momenti erano importanti, servivano per non impazzire e per permettere alle nostre menti da bambini di avere un attimo di luce, di liberarsi, di avere un appiglio per continuare in futuro a ragionare con lucidità.

Erano rari i casi in cui ci permettevamo di rompere quel silenzio, mentre più spesso erano gli stessi uomini in nero a costringerci a tornare alla realtà e correre via da quel rifugio che avevamo trovato con tanta fatica. Per questo mi sorpresi di sentire Matt chiamare il mio nome, nonostante non stessi pensando a grandi cose. "Near, che ore sono?"

Io ero l'unico ad avere l'orologio; lo avevo trovato per terra poco meno di un anno prima, senza la lancetta dei secondi e con il vetro rotto, ma funzionava, e questo per noi era l'importante. Con il suo colore verde psichedelico risultava addosso a me come una macchia di colore nel bianco sporco più totale, e per sicurezza lo tenevo nascosto sotto alla manica della maglia.

Lo fissai un attimo. "Mezzanotte e otto." risposi poco dopo, scostando la stoffa della maglia per coprire nuovamente il mio piccolo tesoro - era incredibile come un aggeggio tanto malmesso potesse farmi sentire tanto orgoglioso.

Matt sospirò e fissò lo sguardo a terra, le gambe tese appoggiate al lato opposto di quel tubo che usavamo come rifugio. Mello alzò gli occhi per fissarlo, abbandonando la polvere; forse ormai aveva capito che non era il migliore dei modi per passare il tempo quello di farsi finire la sabbia negli occhi. Lo insultò, senza alcun motivo, lasciandosi sfuggire un "Idiota." prima di incrociare le gambe e appoggiarsi con la schiena alla parete di cemento. Secondo me era rivolto più a se stesso che altro, tanto mi sembrava stupido continuare a fingere di non aver capito. Sospirai prima di sussurrare un penosissimo "Auguri.", e dal silenzio successivo pensai che neanche lo avesse sentito. Alzai gli occhi giusto per incontrare a metà strada quelli di Matt, che sorrideva come suo solito; si sporse verso di me e sorrise abbracciandomi "Grazie, Near!"

Mello fece un verso di stizza: probabilmente lo aveva previsto, ma non sembrava avere alcuna intenzione di congratularsi con Matt per i suoi otto anni compiuti, più mentalmente che fisicamente. Si limitò ad insultare anche me prima di mandarci al diavolo entrambi.

Nessuno aggiunse altro, lasciammo che la notte calasse lenta sotto i nostri occhi, addormentandoci senza quasi accorgercene, ognuno rannicchiato più che poteva a se stesso e alla piccola coperta di pail un tempo azzurra, ora completamente sbiadita e sudicia che Matt tirava sempre fuori quando cominciava ad alzarsi il vento.

Era bello, sai, Matt, quel senso di protezione con cui ci addormentavamo, vicino a te, le notti di inverno…


 

E’ difficile darti la colpa per quel che è successo sapendo che tu non avevi fatto altro che provare a proteggerci, arrivando a mettere a rischio la tua vita, perdendola per noi. Eppure Mello lo fece, quello stesso giorno, mentre io tentavo ancora inutilmente di riportarti tra noi: lui mi poggiò una mano sulla spalla, tremate, gli occhi ancora rossi dal pianto e l’espressione deformata in modo atroce per trattenere altre lacrime, disse “Ci ha abbandonati”. Strinse a pugno la mano, conficcandomi le unghie nella pelle, e cominciò ad insultarti. Cane, traditore, bastardo, come hai potuto, perché, ti odio. Gridava parole a caso, frasi sconnesse, la voce che tremava perdendo tutta la sua aggressività, e io ti giuro, Matt, ti giuro, non vidi mai Mello tanto sconvolto e perso come in quel momento. Teneva la testa bassa, gli occhi spalancati fissati sul pavimento ricoperto di sangue, i muscoli tesi e sussultava, metteva paura. Delirava perdendo ogni attimo che passava una parte della poca lucidità che ancora gli rimaneva, e io ero terrorizzato all’idea di poter perdere anche lui se non avessi fatto qualcosa per fermarlo prima che compisse pazzie. E allora agii di istinto, muovendomi verso di lui, all’inizio con l’intento di bloccargli le mani - che ora vagavano senza meta per terra bagnandosi di sangue e striando di rosso le piastrelle ancora pulite - ma quando gli fui a poca distanza, l’unica cosa che riuscii a fare fu slanciarmi verso di lui e abbracciarlo. Mello si bloccò di scatto, irrigidendosi e smettendo di tremare a quel contatto, e ciò mi bastò per comprendere che ero riuscito a farlo tornare un minimo in sé, permettendogli di riacquistare la ragione che aveva totalmente perso l’attimo prima. E di nuovo non passò molto prima che sciogliesse i muscoli, abbandonando la tensione e l’energia che lo bloccava, scuotendo leggermente la testa contro la mia spalla “Basta, Near… Non voglio… Più. Smettiamola” e sussurrava così, ansimando piano, tornando a piangere silenziosamente e stringendo involontariamente l’abbraccio attorno alla mia vita.

Petto contro petto lo sentii, Matt, sentii distintamente il cuore di Mello battere forte, come un tamburo, prendendo il posto del mio, permettendomi di sentire chiaramente i suoi sentimenti, come se questi si fossero riversati in me con una potenza tale da spiazzarmi completamente. Sentivo la tensione, la paura, la confusione, l’odio e l’amore che si davano battaglia, non comprendendosi l’un l’altro, uccidendoci interiormente e devastando tutto ciò che trovavano. Un’onda che si abbatte sulla spiaggia portando via la sabbia vecchia, mischiandola, e rigettandocela addosso impedendoci di capire. Mi sentivo traboccante di sentimenti incompleti, che tentano ognuno di prevalere sull’altro, agitandomi e rendendo il battito del mio cuore irregolare e impedendomi di respirare se non a scatti simili a singhiozzi. Era come se tutto mi stesse invitando a piangere, a sfogarmi, a urlare, mettere a tacere quelle voci che odiose non facevano che avvallarsi l’un l’altra restando nient’altro che un sottofondo al caos dentro di me. E allora feci come mi sembrava giusto, e piegai la testa, appoggiando la fronte nell’incavo della spalla di Mello e piansi nuovamente liberandomi di tutto quel miasma di emozioni. Ugualmente, sentii Mello fare lo stesso, e restammo così, per molto, molto tempo, confortandoci l’uno nelle braccia dell’altro, bagnando di lacrime i vestiti e artigliandoci le magliette, macchiandole sempre dello stesso sangue, in cerca di un calore che da quella notte sapevamo di non poter più ritrovare.

 

- Era bello, sai, Matt, quel senso di protezione con cui ci addormentavamo, vicino a te, le notti di inverno. -

Se solo potesse tornare, ora, quella sensazione di calore che tu ci donavi, credo che non avrei altri desideri al mondo se non di poter chiudere gli occhi con la certezza di riverderti affianco a noi, la mattina dopo, Matt.

 
 

- Fine -

 

 

 

 

Ehssì, è una passione malata per il drammatico, la mia! Ma mi piace tanto! Tanto, tanto, capite?

 

Quindi che nessuno si faccia strane idee, del tipo che detesto Matt, al contrario, lo adoro… Ed è per questo che l’ho fatto morire… La mia è una dimostrazione di affetto u.u

Comunque, spero vi sia piaciuta - l’avete letta voi, eh!

In realtà sono piuttosto emozionata, è la mia prima fic su Death Note, e non vedevo l’ora di pubblicarla… Spero siate magnanimi e che mi lascerete qualche recensione, oppure anche semplicemente che la mettiate tra preferite/ricordate… Anche quello può far felice un’autrice!

Inoltre, può essere che pubblichi un continuo se vedrò che questa è piaciuta :D

Altrimenti mi inchino e mi scuso profondamente…

Tutto qui, a presto,

By Ming

  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Death Note / Vai alla pagina dell'autore: Daifha