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Autore: RoseSly    20/03/2012    10 recensioni
Manca poco alla Battaglia di Hogwarts. Remus Lupin si prepara a combattere, perdendosi nel labirinto dei ricordi.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Potter, Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, II guerra magica/Libri 5-7
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Chi non muore si rivede xD
Anche io ogni tanto torno a pubblicare qualcosa di nuovo e, sorpresa delle sorprese, non è una Drarry!
Prima di lasciarvi leggere, sappiate che questa one-shot è stata scritta a quattro mani con GinevraCorvino.
E grazie mille alle altre serpi per il loro sostegno, vi adoro tutte, dalla prima all'ultima ♥
Rose 
P.S.: se sopravvivete alla storia, lasciatelo un commentino, non vi porterà via troppo tempo!

 

************************





Adora stringere Teddy tra le braccia, lo fa sentire vivo, lo fa sentire uomo e non animale, come ha per lungo tempo considerato se stesso.

 

 

Si avvicina alla finestra, accarezzando i capelli turchesi di suo figlio distrattamente, un gesto ormai usuale per lui.

La Luna splende alta nel cielo, manca ancora una settimana al plenilunio, può ancora godere di quello spettacolo meraviglioso, c'è tempo per avere paura, paura per lui e paura per Teddy. Spera davvero non abbia preso da lui, di non averlo infettato con quel male terribile, non vuole per il suo bambino il suo stesso tragico destino.

 

Remus Lupin guarda la Luna.

 

Guardava la Luna con il naso all'insù, immerso nella notte. Lasciava che quella luce argentata gli illuminasse il viso, quel viso serio, più adulto dei suoi 11 anni. Era come se la Luna con dita di farfalla giocasse con i suoi lineamenti e lui la lasciava fare, senza gioia, senza dolore, rassegnato a quei perniciosi vezzi.

 

Ormai non pronunciava più il suo nome.

 

Quel nome era dolore, era un destino ineluttabile, senza rimedio, senza speranza.

 

Quel nome era solitudine e disprezzo.

 

Non pronunciarlo era il suo modo infantile di ferirla; la lasciava semplicemente pulsare nell'oscurità come un intatto segreto, uno spettro geloso della sua anima. Eppure, per quanto la temesse e un po' l'odiasse, comprendeva che quell'odio era riservato solo alle cose che si amano troppo; così Remus continuava a meravigliarsi ogni volta della sua bellezza sconcertante.

 

Anche la Luna era sola come lui.

 

Forse anche lei percepiva quel peso sullo stomaco, la consapevolezza che nessuno mai avrebbe capito, nessuno mai avrebbe accettato...

 

Sua mamma diceva che la Luna era una ballerina che danzava nell'oscurità.

 

Per lui, prigioniero di se stesso, la Luna era cuore ferito, lacerato e pieno di lividi com'era il suo corpo quella notte quando tutto era cambiato. Solo a pensarci si sentiva precipitare in una voragine nera di dolore e sconforto.

 

No! Non doveva ricordare.

Ma ormai era tardi.

 

Un brivido che non aveva nulla a che vedere con la brezza estiva lo percorse dalla testa ai piedi correndo su per la spina dorsale, marchiandogli l'anima. Il bambino distolse lo sguardo, non poteva più guardare quella candida sfera, non ce la faceva, troppo strazio nel suo piccolo cuore.

 

Quella perla perfetta gli scottava gli occhi, o forse erano le lacrime calde, ardenti, impossibili da trattenere.

 

Quella Signora fredda come le zanne di Greyback, superba come il ghigno arrogante e soddisfatto di quel mostro che gli aveva negato una vita normale. Non riusciva a perdonare nessuno dei due. Non poteva perdonarla, anche se era tanto bella, così bella da far lacrimare gli occhi, e tanto gentile quando gli sorrideva discinta nella notte profumata d'estate.

 

Il cuore batteva forte contro le costole, un tamburo suonato da un troll impazzito, le pupille si dilatavano e la ingoiarono voraci come se la Luna fosse una golosa caramella, il respiro gli morì nel petto. Era perduto, dissolto nella maledizione di quell'astro opalescente. Lo sapeva, sapeva che non c'era cura a quel che sussurrava la Bianca Signora al suo sangue infetto. Lo chiamava per nome, "Remus" sussurrava.

 

Lui non voleva ascoltarla. Chiuse gli occhi e premette le mani sulle orecchie. Lei, stizzita, graffiò le sue vene e insistette melliflua: "Remus". Faceva male e, anche se sapeva che lei avrebbe vinto, provò a resistere. "Remus". Vertigine, senso di nausea, come se nella stanza si fossero schiuse mille rose carnose, bocche pronte a risvegliare i suoi appetiti di sangue. Un sapore ferroso gli invase la bocca.

 

- Remus, Remus, dove sei? Scendi!

Un'altra voce che lo chiamava. Una voce familiare, calda, che odorava di baci alla zucca. Remus aveva ancora gli occhi serrati, disperatamente stretti come due ostriche spaventate. Forse se lui non l'avesse guardata, la Luna non lo avrebbe visto e si sarebbe dimenticata di lui, lasciandolo in pace, abbandonandolo lì in quella stanza affacciata sulla notte.

 

- Remus, puoi scendere? Su, presto!

Sua madre continuava a chiamarlo, si lasciò cullare da quella voce. Riprese a respirare a pieni polmoni, aprì gli occhi e il mondo si risolidificò nelle pareti della sua camera. Diede un ultimo sguardo fuori dalla finestra: le lucciole danzavano pigre sull'erba scura, l'aria profumava ancora di grano e di timo. Risollevò le bionde ciglia al cielo, la Luna era di nuovo immobile e muta.

Irraggiungibile.

 

- Remus- sua mamma lo chiamò ancora.

 

- Remus, ci sei? E' la quarta volta che ti chiamo!

Remus riprende ad accarezzare Teddy, teneramente.

- Scusami Dora, stavo pensando- dice voltandosi verso la donna che gli ha donato il cuore. Sorride, gli basta guardarla per ritrovare la pace, perdersi in quegli occhi ed essere di nuovo sereno. Lei gli sorride di rimando, un sorriso veloce come il bagliore di un gioiello nascosto, poi torna seria e Remus legge preoccupazione nei suoi occhi color del cioccolato.

- Hogwarts. Stanno per attaccare la Scuola, Minerva ha...

 

La voce di Dora si spegne lentamente, mentre la mente di Remus si perde di nuovo in un labirinto di ricordi.

 

Hogwarts...

 

La sua seconda casa. Il posto in cui aveva trovato degli amici.

Gli unici amici, si corresse.

 

Ricordava ancora le lacrime, il senso di impotenza quando i suoi genitori avevano strappato la lettera che lo designava futuro studente di Hogwarts.

 

- E' troppo pericoloso, Remus- gli avevano detto- Potresti ferire o chissà che altro i tuoi compagni, è meglio che resti qui con noi, sappiamo come prenderci cura di te, tesoro. Ti istruiremo qui, diventerai lo stesso un grande mago, tranquillo.

 

Non avevano capito che diventare un grande mago non era l'unica cosa che desiderava. Voleva un amico, qualcuno che lo aiutasse a vincere la solitudine. Che magari lo capisse. Ma forse questo era chiedere un po' troppo. Aveva abbracciato la libertà per un solo, fugace momento, poi gli era stata brutalmente strappata dalle mani.

 

Poi arrivò lui.

 

Aveva bussato alla pesante porta in quercia e sua mamma l'aveva fatto accomodare in salotto mentre faceva cenno a lui di salire in camera sua. Aveva finto di obbedire, salendo i primi gradini che portavano al piano superiore. Quando suo padre aveva raggiunto l'ospite, Remus si era avvicinato alla porta ed aveva cominciato a spiare la conversazione.

 

Da dietro lo stipite il piccolo Remus osservava i genitori parlare con quello strano signore dall'aria sorniona, gli occhiali a mezzaluna in equilibrio sulla punta del lungo naso gli davano un'aria un po' buffa ma dovette riconoscere che nonostante l'aspetto bizzarro quel signore emanava rispettabilità e potenza da ogni poro, anche i suoi genitori lo trattavano con riverenza.

 

– Silente, le abbiamo già detto la… particolarità di nostro figlio. Sappiamo che sarebbe un enorme inconveniente- suo padre stava forse parlando del fatto che era stato morso? Probabilmente sì. Remus lanciò uno sguardo triste ai pezzetti di pergamena rimasti sul tavolo in salotto, sfuggiti alle pulizie quotidiane di sua madre, poi, implorante, alzò lo sguardo verso il mago vestito di turchese dalle dita lunghe ceree e dal sorriso sereno. Sì, c'era dolcezza su quelle labbra, qualcosa di gentile che poteva illuderlo che forse tutto si sarebbe risolto anche per lui. Il Mago si accarezzò la lunga barba bianca che sembrava zucchero filato con un gesto lento e distratto e cominciò a parlare.

 

– Signor Lupin, credo che sarebbe saggio fare un tentativo.

 

Un timido sorriso si aprì sul viso di Remus: forse quel signore, chiunque fosse questo Silente, avrebbe convinto i suoi genitori!Allora quel sorriso che aveva intravisto increspare le labbra del mago non era la caricatura di un inganno, bensì una misteriosa promessa che avrebbe potuto aiutarlo!

 

– Non so…- replicò titubante sua madre- Remus potrebbe causare… difficoltà…

 

"Problemi, mamma, era questa la parola che volevi usare" pensò tristemente il bambino, che stava per sciogliersi in lacrime.

 

– Non ne sarei poi così certo…- replicò Silente guardando verso la porta, verso di lui– del resto… non si sa mai cosa può accadere, o sbaglio?- aggiunse un secondo dopo, strizzando l'occhio azzurro nella sua direzione. Remus si tirò immediatamente indietro, per paura di essere stato scoperto.

"Come faceva a sapere che ero nascosto dietro la porta? Che strano Mago!" pensò, immaginando che da un momento all'altro sarebbe arrivata sua madre e l'avrebbe sgridato, rimandandolo in camera e chiudendocelo dentro. Trattenne il respiro per qualche secondo, cercando di non fare il minimo rumore, ma all'interno della stanza tutto era silenzioso, eccezion fatta per il lieve bisbigliare ovattato degli adulti.

Facendosi coraggio, si avvicinò di nuovo alla porta e riprese ad ascoltare. Silente stava ancora parlando, spiegando ai suoi genitori che i professori erano tutti maghi esperti e lo avrebbero tenuto costantemente d'occhio, evitando che incidenti spiacevoli potessero verificarsi.

- Ho già preparato tutto personalmente affinché la Scuola possa ospitare senza nessun tipo di problema Remus. Tutto è stato predisposto per il suo soggiorno nelle sue notti "lunatiche". E' stato da me espressamente richiesto di "piantare" un luogo sicuro per vostro figlio- affermò Silente con una punta di incomprensibile ironia,mentre i suoi genitori si scambiavano un'occhiata perplessa- Non sarà necessario neanche informare gli altri genitori di questo piccolo problema, nessuno sospetterà mai niente. Remus, signori, sarà uno studente come tutti gli altri.

Remus vide i suoi genitori annuire, quel signore era riuscito a convincerli!

 

- Anzi- continuò l'uomo a questo punto in modo più solenne- il suo essere speciale sarà il suo punto di forza. Tutti abbiamo sia luce che oscurità dentro di noi. Ciò che conta è da che parte scegliamo di agire, è questo quello che siamo.

 

Già, l'importante è scegliere da che parte decidiamo di combattere.

 

- Dora, prendi Teddy e va da tua madre. Non voglio che tu metta in pericolo la tua vita. E no- aggiunge- non discutere, ti prego.

Si accorge che i suoi occhi si riempiono di lacrime, mentre i capelli si accendono rossi d'irritazione. Ma non le da tempo.

Afferra la giacca ed esce di casa.

 

 

L'aria della notte non profuma ancora d'estate, ma il lieve tepore primaverile lascia presagire che il caldo arriverà presto.

 

Remus cammina velocemente verso un vicoletto nascosto, dove potrà smaterializzarsi tranquillamente, anche se non c'è nessuno in giro, la prudenza non è mai troppa, non vuole correre il rischio che qualche babbano lo veda sparire.

 

"Vigilanza costante", avrebbe avvertito il buon vecchio Malocchio.

 

Ricaccia indietro il ricordo del valoroso compagno caduto in battaglia pochi mesi prima, non può permettersi distrazioni.

 

Nessun indugio.

 

-E così è qui che sgattaioli Remus?

Il cuore perde un battito. Scioccamente si guarda intorno, ma di Sirius, in quella stradina abbandonata, non c'è traccia. Anche lui l'ha lasciato.

 

Sono solo le voci che popolano la sua testa a parlare, quelle voci che gli tengono compagnia nelle notti di Luna, che lo trascinano indietro nel tempo, in un passato lontano.

 

Ormai quel ricordo si è affacciato alla mente, non riesce a ricacciarlo indietro.

Si ritrova alla Stamberga Strillante, vede i suoi tre amici che si guardano intorno, memorizzando ogni singolo graffio, ogni squarcio nel rivestimento ligneo delle pareti, tracce visibili del suo animo bestiale.

 

Remus allargò le braccia come ad accoglierli in un regno, un semplice gesto e Sirius si fiondò sul divano scompostamente, perfettamente a suo agio, mentre James passeggiava curioso per il locale, facendo scricchiolare le assi del pavimento. Solo Peter rimase fermo, in disparte. Peter che perdeva tempo a pensare cosa fare, mai una volta che agisse istintivamente.

 

- So che non è un granché, ma è casa, almeno ho un posto sicuro in cui rifugiarmi quando la Luna si fa troppo invadente- sospirò Remus.

- Io la trovo grandiosa- esclamò James andando a sedersi accanto a Sirius sul divano sbilenco.

- Ehi sta attento!- brontolò l'altro, spostandosi prima che James gli finisse addosso - Non vorrai distruggere l'appartamentino di Remus?- aggiunse con bonaria ironia mentre gli schioccava un sorriso malizioso, passando un polpastrello su uno squarcio del tessuto ocra dello schienale del divano.

- Molto cortese da parte tua Sirius, davvero- continuò Remus, reggendogli il gioco.

 

Era felice che i suoi amici fossero lì, in quello spazio decadente ma confortevole.

Era felice di non essere solo.

Era felice che James, Sirius e Peter ridessero con lui, gli stessero vicino, senza aver paura di lui, senza aver paura della bestia che viveva in lui.

 

-E ora che si fa? - domandò timidamente Peter.

-Intanto potresti passarci quelle Burrobirre non credi?- rispose con la solita sufficienza Sirius.

 

Peter obbedì e consegnò le Burrobirre ai suoi amici, prendendo posto sul pavimento di legno, gambe incrociate e schiena rigida, come sempre.

 

- Sei stato fantastico nell'ultima partita James! Quella picchiata ha lasciato tutti senza fiato, ho temuto ti schiantassi al suolo...

- Finta, Pit, si chiama finta. Era tutto calcolato, lo scopo era ingannare Mulciber e quell'idiota ci è cascato con tutte le scarpe! E' stato davvero facile prendere il boccino - esclamò James, scattando in piedi per imitare il momento della cattura della pallina dorata, allungandosi in avanti e protendendo la mano aperta nell'aria, ad afferrare invisibili fili di polvere.

- E piantala di fare lo sbruffone, Potter-  lo schernì Sirius, prima di spingerlo leggermente, facendolo finire addosso a Remus, seduto sulla poltrona di fronte al divano.

- Tutta invidia la tua!

- Invidioso io? Ma per favore! Tu piuttosto, vuoi forse negare che volevi far colpo su una rossa focosa di nostra conoscenza?

- Ahahah ma che divertente che sei, Sirius!

 

Remus sorrise, quei due si comportavano sempre come due bimbi, prendendosi in giro e scherzando. Forse proprio per questo gli voleva bene, avevano quel pizzico di incoscienza e menefreghismo che a lui mancava, sempre un po' troppo serio.

 

-Non si può negare che la Evans sia una bella ragazza- buttò lì Remus, prima di prendere un altro sorso di Burrobirra, pulendosi poi la schiuma bianca sul labbro superiore con il dorso della mano.

- Peccato non si scolli un attimo da Mocciosus- aggiunse con disprezzo Sirius.

- Il principino delle provette- gli fece eco Peter.

- No, sbagliate. È quell'idiota che sbava dietro la mia Lily, non il contrario- li corresse James.

 

Remus lo osservò giocherellare con il tappo della bottiglia, come preso in mille pensieri, poi alzò gli occhi e i loro sguardi si incrociarono. Si guardarono e scoppiarono a ridere come scemi, contagiando in quella risata forsennata anche Sirius, mentre Peter si limitò ad uno sghignazzo, sempre un filino indietro, sempre un po' estraneo a quella loro complicità.

 

- Potresti cominciare ad applicarti in pozioni, magari conquisti la tua bella- lo prese in giro con una smorfia Sirius.

- O magari dovremmo farlo tutti e quattro se non vogliamo ritrovarci con un Troll...

 

Sirius mosse la mano davanti al viso, come a scacciare una mosca fastidiosa.

- Non si può essere tutti perfetti come te Remus- aggiunse beffardo.

 

Remus gli scoccò un'occhiataccia, voleva sembrare burbero, ma il sorriso che gli illuminò lo sguardo rovinò l'effetto. Non ce l'aveva proprio fatta a trattenerlo, perché, nonostante il divano rovinato e l'aria odorosa di muffa, non c'era nulla che non fosse perfetto quella notte.

 

I suoi amici erano con lui, sapevano di lui eppure non c'era paura nei loro sguardi, solo complicità.

 

Remus Lupin non era più solo.

 

"Perché mi avete lasciato, ragazzi?" si ritrova a pensare tristemente, mentre asciuga con le dita le lacrime salate che gli rigano il volto.

Anche se sono passati anni, pensare a loro, pensare ai Malandrini, gli fa sempre quell'effetto, dolci ricordi che lasciano l'amaro in bocca.

Ricacciando indietro questi tristi pensieri, si smaterializza.

 

Un attimo, un risucchio in un gorgo frammentato di immagini inaccessibili, troppo fugaci per essere afferrate, poi ritrova la solidità compatta del pavimento della Testa di Porco sotto le scarpe.

 

Aberforth è seduto accanto al bancone, si limita a fargli un cenno con il capo, indicando il ritratto di una fanciulla. Remus ringrazia in silenzio ed entra nel passaggio celato dietro al quadro di Ariana.

 

- Remus puoi fare più luce con quella bacchetta? E' buio pesto in questo maledetto tunnel!

- Sta calmo James, siamo arrivati ormai- disse Remus che guidava il gruppo con la bacchetta in mano, cercando di illuminare il percorso, così che i tre ragazzi dietro di lui non inciampassero nelle radici che spuntavano dal terreno.

Avevano le braccia ingombre di pergamene e appunti, solo James portava tra le mani una delicata piuma di Augurey, avevano faticato un sacco per convincere il professor Kettleburn a dargliela.

 

Entrati nella stanza principale della Stamberga, posarono tutto accuratamente sul tavolo di legno scuro.

- Remus dov'è la mappa di Hogwarts che hai disegnato con James quand'eri in punizione da Gazza?- chiese Sirius.

James gli sventolò una pergamena davanti al viso.

- Eccola qui, Felpato!- disse sghignazzando- l'ho sistemata nel pomeriggio, aggiungendoci tutti i passaggi che conosciamo, manca solo la Stanza al settimo piano, credo sia protetta da un qualche incantesimo, è impossibile disegnarla, sembra si sposti continuamente!

- Poco male, vorrà dire che sarà il nostro piccolo segreto!

- Invece di fare tante chiacchiere, non potreste aiutarmi un po' con la pozione?

James sbuffò con fare teatrale, subito imitato da Sirius.

- Il nome Lunastorta ti calza a pennello, a volte sei proprio scontroso Rem!- scherzò James, prendendo di nuovo la piuma nera tra le mani, sfiorandone le sfumature verdi con le dita.

- Oh Godric, ci risiamo! Possibile che non appena tu veda qualcosa di verde pensi a Lily?

- Non pensavo a Lily, Sirius!- replicò l'altro, arrossendo come un pomodoro.

Remus sospirò, era inutile cercare di mantenere l'ordine con quei due, così si rivolse a Peter.

- Potresti passarmi il barattolo con i nostri peli, Pit?

Il ragazzo annuì brevemente prima di tendergli quattro peli di animale di lunghezze e colori diversi.

Remus li aggiunse nel calderone, continuando a mescolare.

- Bene, ci siamo- disse prendendo un calamaio e mischiando all'inchiostro qualche goccia di pozione- adesso dovremmo riuscire a scrivere con la piuma di augurey.

- Dovresti riuscire a scrivere- lo corresse Sirius - sei tu quello che ha la grafia più ordinata tra noi!

Nascondendo un sorriso, Remus intinse la penna nel calamaio, poi guardò gli altri, si scambiarono un cenno d'intesa, pronunciando poi  in coro le parole:

- Giuro solennemente di non avere buone intenzioni.

Remus iniziò a ricopiare la mappa di Hogwarts con minuziosa precisione.

- Stai disegnando la pianta del quarto piano?-domandò James.

-Sì- risponde Remus - dove c'è il passaggio dietro lo specchio.

- Oh proprio dove Lily ha maledetto James ieri mattina- sghignazzò Sirius.

- Ma quanto sei simpatico Sirius!

- Piantatela di stuzzicarvi a vicenda per favore! Sembrate dei bambini!

- Stai forse insinuando che siamo poco seri?- chiese fintamente offeso Sirius.

Remus alzò lo sguardo dalla mappa e lo guardò con non dissimulata contrarietà.

- Non lo distrarre!- intervenne Peter, mentre James lo guardava torvo.

- Scusate avete ragione- sorrise Sirius, sedendosi su una sedia e accavallando aristocraticamente le gambe.

- Tranquilli ragazzi, ho finito. Anche il passaggio sotto al Platano Picchiatore è stato aggiunto- e con un ultimo ghirigoro Remus scrisse il nome dell'albero.

- Adesso bisogna incantarla- esclamò Sirius alzandosi in piedi e tirando fuori la bacchetta.

Lanciarono diversi incantesimi sulla mappa e quando le prime impronte comparvero sulla pergamena ocra, un sorriso carico di soddisfazione si allargò sui loro volti.

- Sì! Ci siamo riusciti!- esultò James.

- Ecco qui la mappa del Malandrino! Mancano solo le nostre firme adesso- disse Remus aggiungendo il suo soprannome sulla mappa e poi passando la piuma a tutti gli altri.

- Saremo famosi gente! Felpato, Ramoso, Lunastorta e Codaliscia, i Malandrini che hanno svelato tutti i misteri di Hogwarts!

 

"Non tutti i misteri caro il mio Felpato, non tutti" pensa sbucando in una stanza gremita di gente.

- Ben arrivato professor Lupin, la stanza delle Necessità le da il benvenuto!

- Non sono più tuo professore George- scherza Remus salutando il ragazzo rosso che l'ha accolto e il suo gemello.

Pensa che è strano essere accolto dai due nuovi Malandrini di Hogwarts e sorride.

 

Si allontana dai gemelli e si mette subito all’opera, lasciandosi coinvolgere nell'attività frenetica della stanza, elaborando strategie, mettendo a punto piani di difesa.

In verità stanno solo prendendo tempo, Remus lo sa bene, una guerra non si vince su carta. È che non possono stare con le mani in mano, almeno così si tengono occupati.

Devono aspettare che Harry faccia ritorno, è l'unico che può dargli notizie su come affrontare l'imminente attacco al castello.

Vede in un angolo Molly discutere con la figlia e, conoscendole entrambe, Remus sa che Ginny vuole essere d'aiuto, mentre l'altra donna desidera solo proteggerla, come lui ha fatto con Dora.

 

Dora.

 

Ora che la sua mente, o più propriamente il suo cuore, ha fatto quell'associazione, gli balena davanti il sorriso dolce e luminoso di sua moglie, per un attimo sprofonda nei suoi occhi di cioccolata.

Si consola pensando che fortunatamente lei è a casa con Teddy, il piccolo Teddy.

Solo in quel momento di spietata lucidità Remus si rende conto che molti non sopravvivranno e lui potrebbe essere uno di quelli.

Potrebbe non incontrare mai più la donna che ama, non veder crescere il frutto del loro amore, quel bimbo piccino dalle mani paffute e il sorriso sdentato.

Perderà il momento in cui quel diavoletto dai capelli turchesi diventerà un uomo, ne è sicuro così come è sicuro che Harry, il suo secondo figlio, vincerà quella guerra, una volta per tutte.

 

Non ha mai detto loro che li ama.

 

Quel pensiero fa capolino in lui come un fulmine a ciel sereno, lo lascia senza fiato.

Si vergogna di questa sua mancanza, deve dirgli addio in qualche modo, deve fargli sapere che il mondo per lui inizia e finisce con il loro semplice esistere.

Trova in quella stanza, che conosce i bisogni degli uomini e ne asseconda i più diversi desideri, ciò di cui necessita, un piccolo calamaio e una pergamena sgualcita.

 

Accarezza la piuma con un gesti lenti e misurati, una piuma rossa come il sangue che sarà versato di lì a poche ore, rossa come i capelli di Dora incendiati di rabbia quando lui le ha detto di restare a casa.

Dora che ha combattuto contro di lui per affermare quell'amore che lo spaventava tanto.

Dora che vedeva solo l'uomo e non ha mai considerato la bestia.

Dora e le sue labbra da baciare, sempre sorridente e solare, il suo sguardo dolce e profondo, in cui gli sarebbe piaciuto annegare.

Mentre mette su carta tutti i suoi sentimenti, solo una cosa lo consola, che un giorno anche Teddy leggerà quella lettera e saprà che si è sacrificato per il suo bene.

 

Lascia asciugare l'inchiostro, poi piega la pergamena e la mette con cura al sicuro nel taschino interno della giacca.

Si guarda intorno, una fragile calma sembra essersi impossessata di tutti, perfino i gemelli sono silenziosi: quanti pensieri consegnati a quella penombra, quanti sguardi muti sui volti degli studenti si perdono nell'attesa inesorabile!

Bastano pochi attimi e tutto si fa confuso.

Harry ritorna nella stanza, le domande rimbombano una dietro l'altra, come colpi di cannone sparati in successione.

- Che si fa, Harry?- grida George- Cosa succede?

- Stanno facendo evacuare i ragazzi più piccoli, l'appuntamento è in Sala Grande per organizzarsi- risponde il prescelto.

Remus lo vede prendere fiato, poi Harry conferma quello che nessuno voleva sentire.

- Voldemort sta arrivando. Si combatte.

Il silenzio scende nella stanza per pochi, infiniti istanti, è come se il mondo si fosse fermato, una sfera immobile sospesa al centro dell'universo.

Poi la bolla di sapone esplode, frammentando quel silenzio innaturale.

Tutti si precipitano fuori, riversandosi nel castello, le bacchette sfoderate.

La McGranitt ha preso il controllo della scuola e Remus ne è contento. Nessuno meglio di lei può gestire questa situazione, è lei la vera, la degna erede di Silente.

Appena lo vede Minerva gli affida un manipolo di ragazzini pronti a combattere e Remus non discute.

Si mette a capo del gruppetto e li guida nel giardino con passo sicuro, lo conosce come le sue tasche, anche se sono passati anni non ha dimenticato, non potrebbe mai dimenticare.

 

- Allora, cosa ci nascondi?

Remus alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo, sprofondato nella sua poltrona preferita accanto al fuoco scoppiettante.

I suoi tre amici lo circondarono, guardandolo con aria minacciosa.

Si fece piccolo piccolo, imbarazzato da quella situazione.

- Non nascondo nulla- borbottò. - Non siamo scemi, Rem, non trattarci come tali. Ti abbiamo visto lasciare il dormitorio ieri notte e non è la prima volta che succede.

- E ieri sera ti abbiamo seguito e anche adesso hai un aspetto orribile, segno che non hai chiuso occhio- continuò James, interrompendo il discorso di Sirius.

Remus impallidì, non potevano averlo seguito! E se avessero scoperto il suo segreto?

- Mi avete seguito?

- Sì, l'abbiamo fatto. Devi ringraziare James e la sua incapacità cronica di allacciarsi le scarpe. Se non fosse caduto, avremmo scoperto cosa ci nascondi, invece ti abbiamo perso di vista una volta arrivato al Platano Picchiatore.

Remus tirò un sospiro di sollievo, almeno non avevano scoperto nulla,non sapevano nulla.

- Niente ragazzi, vi giuro che non ho niente da nascondere, sono solo uscito a fare due passi, nulla di che.

- Certo due passi con Evanna Rosier (in realtà dovrebbe essere Evan Rosier, serpeverde amico di Piton e poi Mangiamorte), vero?

- Evanna chi?

- Non fare il fintotonto, Rem, non ti si addice. La Rosier, serpeverde, carina, al secondo anno.

Remus strabuzzò gli occhi incredulo, trattenendo una risata a fatica. Se solo avessero saputo quanto erano lontani dalla verità!

- Io non credo sia la Rosier- prese la parola Peter con quel suo modo impacciato di rapportarsi agli altri tre.

- Già, forse hai ragione, Pit. Sembra davvero sorpreso.

- Certo che sono sorpreso! Non la conosco neanche! Perché poi dovrei tenervi nascosta un'eventuale relazione, me lo spiegate?

- Perché ti vergogni. Non vuoi che si sappia in giro che hai una tresca con una serpeverde della peggior specie- concluse Sirius con un espressione disgustata. Dopo un attimo di riflessione continuò - Già, ma se non è la Rosier, chi potrebbe essere, James?

- Non ne ho idea! A meno che... Merlino! È Lily vero? Come abbiamo fatto a non pensarci, ovvio che è lei, calzerebbe tutto alla perfezione- constatò deluso James.

- Cosa?- Remus restò di sasso al solo pensiero che l'amico potesse pensare una cosa una cosa simile.

- Si, insomma sarebbe logico- incominciò a spiegare Sirius - Tu e lei siete amici. Poi l'amicizia si è trasformata in qualcosa di più...

- Frena, frena. Io e Lily...- ma fu interrotto di nuovo da Sirius.

- Tu e Lily, sapendo che James è innamorato della ragazza, vi vedete di nascosto per non ferire i suoi sentimenti.

-È così?- chiese con voce ferita James, le mani livide tanto serrava forte i pugni.

Remus era in trappola. Non poteva lasciar credere a James che aveva una relazione segreta con Lily e non poteva neanche dire loro la verità sulla sua natura bestiale, la paura di essere giudicato, ferito, abbandonato era troppa.

Guardando i suoi amici, guardando James con il cuore spezzato, capì che scelta non c'era, non c'era mai stata.

Non poteva permettere che lo considerassero un falso, un ingrato. Meglio essere escluso, essere di nuovo solo che essere considerato un traditore.

Prese un respiro profondo e svelò il segreto nascosto nel più profondo della sua anima, celato sotto uno spesso strato di vergogna.

- Sono un lupo mannaro.

Quattro parole, pesanti come macigni, crude, spietate.

Ecco, l'aveva detto. Dopo segreti su segreti, menzogne su menzogne, aveva detto la verità.

Fu Peter a spezzare il silenzio calato tra loro, un sipario rosso alla fine della rappresentazione teatrale a segnare la fine della loro amicizia.

- Dici sul serio?

- Mai stato più serio in vita mia- confermò Remus, lo sguardo basso, senza avere il coraggio di guardarli negli occhi, per paura di leggervi orrore e paura.

- Ecco perché sparisci sempre durante i tre giorni di plenilunio!- esclamò Sirius, la voce carica di entusiasmo ed orgoglio, neanche avesse scoperto la formula dell'Elisir di Lunga vita.

Remus alzò il viso e li scrutò attentamente, non sembravano terrorizzati o inorriditi, anzi sembravano eccitati!

- Beh amico mio ora si spiega tutto!- disse James dandogli una pacca sulla spalla.

- L'avevo detto io che il buon Remus non poteva aver perso la testa per qualche odiosa serpetta- intervenne compiaciuto Sirius.

- E Lily poi!- sghignazzò Peter.

Remus non riusciva a crederci, la stavano prendendo come se avesse detto loro che aveva il morbillo.

- Quindi abbiamo un mannaro tra noi- disse James cominciando a dondolarsi sulla sedia su cui aveva appena preso posto- Non possiamo lasciarlo solo nelle sue notti pelose, ragazzi!

- James- si affrettò a dire preoccupato Remus- nessun uomo può stare con me quando mi trasformo, io non ho più alcun controllo, non sono io, vi farei sicuramente del male!

- Infatti nessuno sta dicendo che lo faremo da uomini- terminò Sirius, gli occhi che brillavano d'anticipazione, segno che aveva appena avuto un'idea geniale.

 

Un altro ricordo, il passato che lo richiama, invischiandolo nelle sue spire. Non può lasciarsi trascinare indietro nel tempo, non ora almeno.

Osserva l'avanzata dei Mangiamorte che attraversano il giardino a passo di carica, i mantelli neri svolazzanti, i volti coperti dalle maschere.

"O la va o la spacca" dice a se stesso, sapendo che in quella guerra non sono previsti ostaggi.

O vivi o morti.

Stringe forte la bacchetta e si prepara a combattere.

 

Lancia incantesimi a raffica, neanche il tempo di pensarli che questi escono veloci dalla sua bacchetta. Il suo avversario non è da meno.

Non sa neanche chi sia, il volto è completamente oscurato dalla maschera da Mangiamorte.

Duellano da pochi secondi o forse da ore, Remus non sa dirlo.

Poi qualcuno lancia l'anatema che uccide e il suo mondo esplode di verde.

 

Verde come le iridi di Lily, belle e profonde anche se colme di lacrime, gocce scintillanti che cadevano copiose da quegli occhi di fata.

Remus si era sempre tenuto al di fuori da quella stupida sceneggiata che andava avanti da anni tra James, Sirius e Piton, non aveva mai voluto prenderne parte.

Sapeva cosa voleva dire essere preso in giro ed essere isolato da tutti, per questo poteva capire come si sentiva quel ragazzo sempre solitario dai capelli corvini.

Allo stesso tempo non poteva non essere solidale con i suoi amici, gli unici che l'avevano accettato così com'era.

Per questi motivi aveva mantenuto la sua neutralità, difendendola anche quando il gioco si faceva troppo pesante e avrebbe voluto dire loro qualcosa.

Questo prima di vedere Lily ridotta in quello stato, ferita, pugnalata da quello che credeva essere il suo migliore amico.

Erano state quelle lacrime a fargli capire che aveva sbagliato tutto, la neutralità era solo una mancanza di coraggio, non una presa di posizione.

Il suo posto era con Lily ora.

Accanto a quella ragazza fiera dai capelli di fiamma, a cui voleva un gran bene, la sorella che aveva sempre desiderato.

- Schifosa mezzosangue, Rem- singhiozzò Lily- l'hai sentito anche tu. Perché mi ha chiamata così? Non riesco a capirlo.

- Lily, non piangere, guardami.

Le prese il mento tra le dita, alzandole il volto perché potesse comprendere meglio ciò che voleva dirle. - Non so perché l'ha fatto. Forse sono quei deficienti della sua casa che gli hanno riempito la testa di stupidaggini e cattiverie.

-Ma io sono sua amica- lo interruppe disperata lei.

- Lo so- continuò dolcemente Remus - forse la sua unica amica.

- Allora perché?- sospirò esasperata, mentre nuove lacrime tracimavano dai suoi occhi, scorrendo lungo le guance arrossate fino a morire sul cotone della camicetta candida.

- Lily, ha esagerato, indubbiamente ha sbagliato ad offenderti, ma neanche lo pensava, era solo in imbarazzo per lo scherzo di James e se l'è presa con te- provò a consolarla Remus.

La ragazza spostò una ciocca scarlatta dagli occhi e la sistemò dietro l'orecchio.

- Non devi giustificarlo,perché non ha una giustificazione!- intervenne Lily con rabbia.

- No, hai ragione. Quello che ha detto è ingiustificabile. Cose del genere non si dovrebbero neanche pensare, figuriamoci dirle.

- Appunto!

Il suo sguardo era sereno ora, della stessa durezza di uno smeraldo: Lily era tornata della sua solita fierezza, solo le tracce traslucide sul suo viso lasciavano intuire che fino a poco prima aveva pianto.

- Grazie Remus, tu sei diverso da quell'arrogante del tuo amico e dal suo compare- sentenziò con gratitudine Lily.

- Parli di James e Sirius?- domandò a mezza bocca Remus.

-Sì- affermò gelida lei.

- Non sono così come credi tu, davvero Lily. Lo ammetto con Piton esagerano un po'.

- Solo un po'? Ma se non lo lasciano mai in pace!- sbottò Lily, poi però la sua espressione si fece cupa - non che mi importi più ora. Si faccia aiutare dai suoi "amici", io sono solo una schifosa mezzosangue, no?

Remus le sorrise tristemente, sfiorandole le mani con le proprie.

- Va un po' meglio ora?

- Si Rem, grazie di tutto.

Lily si aprì in un sorriso sincero, mentre Remus le carezzava i capelli soffici al sapore di mandorle.

 

Remus infligge il colpo finale all'uomo che ha fronteggiato fino a quel momento, poi chiude gli occhi per un secondo, gli sembra di sentire quello stesso odore di mandorle.

Sa che è frutto della sua immaginazione, ma è così reale, così dannatamente vicino.

Eppure Lily non c'è più e l'unica altra persona a cui associa quel profumo è a casa, con il loro bambino.

- Remus.

Questa voce però non l'ha immaginata.

Si volta di scatto e la vede.

 

Dora.

 

Sta correndo verso di lui, il volto serio, ma riesce a leggere nei suoi occhi una scintilla di felicità per averlo trovato.

Per averlo trovato vivo.

Mentre la donna che amerà per sempre va verso di lui, le immagini si affacciano veloci nella mente, piccoli lampi di un passato che tanto passato non è.

 

Dora che gli mostra il patronus.

Sguardo basso.

Gote rosa di vergogna.

Stupenda.

 

Dora il giorno del matrimonio.

Il velo bianco che ondeggia dietro di lei mosso dalla brezza.

Felice.

Radiosa.

Meravigliosa.

 

Dora e il piccolo Teddy.

Occhi lucidi.

Sorriso emozionato.

Spossata.

Bellissima.

 

Come adesso del resto.

Preoccupata.

Tesa.

Eppure splendida, bella come nessuna. Perché in lei lui non vede nulla che non sia perfetto.

 

 

La parte razionale di lui gli sussurra di mandarla via, con la forza se necessario.

Ma ne è passato di tempo dall'ultima volta che ha agito razionalmente.

I suoi amici prima, Dora poi gli hanno insegnato ad agire con il cuore.

E il suo cuore gli dice in quel momento che, nonostante la battaglia, nonostante la morte sia già pronta ad accoglierli, nonostante tutto, il posto di Dora è lì accanto a lui.

 

Sempre, per sempre.

 

Prende la lettera dal taschino e la lascia scivolare a terra, un'ombra bianca che si posa sulle asperità del terreno.

Dora lo sa.

Dora non ha bisogno di leggere quelle parole.

Dora gli legge nel cuore, l'ha sempre fatto.

Volta le spalle alla battaglia e corre verso la donna che ama.

L'alba è lontana, Voldemort rappresenta ancora una minaccia tangibile.

Lotteranno ancora.

Combatteranno fino allo stremo.

Insieme.

  
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