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Autore: Enigmista96    22/03/2012    3 recensioni
Piccola SongFic sull'omonima canzone degli 883 con la mia coppia Holmesiana preferita: Sherlock/Irene.
Non sono sicura che Sherlock sia proprio IC ma non sono riuscita a resistere alla tentazione di rappresentare la sua personalità più nascosta...
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Irene Adler, Sherlock Holmes
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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Tornai a Baker Street letteralmente trafelato.
Ormai era l’alba ma non ero per niente stanco.
“Con questo fanno sei notti insonni…”
Pensai
Salii nel mio appartamento e presi il mio Stradivari.
Andai alla finestra e iniziai a suonare una melodia tesa e malinconica.
Le notti non finiscono all’alba nella via
Le porto a casa insieme a me, ne faccio melodia

Ero davvero preoccupato per lei, Irene Adler, anche se non lo davo a vedere.
Lanciai il violino sulla mia poltrona e mi avvicinai al mio scrittoio.
Presi la mia carta da lettere e iniziai a scrivere una missiva per mio fratello, una per Watson e una per il Primo Ministro, che mi doveva un favore.
Speravo che stesse bene e, nel profondo, mi sentivo realmente in colpa per lei.
Mi auguravo di vederla saltar fuori da un angolo del mio studio, con il suo solito sorrisetto beffardo, pronta a rinfacciarmi la mia ultima sconfitta.
E poi mi trovo a scrivere chilometri di lettere
Sperando di vederti ancora qui.

Mi ero sempre rifiutato di dirle ciò che provavo, pensavo che non avrebbe capito, che mi avrebbe sbeffeggiato. 
Avevo nascosto il mio amore verso di lei dietro l’ammirazione che provavo nei suoi confronti; non volevo ammetterlo nemmeno a me stesso.
Ripensai a quando la seguivo per le vie di Londra osservandola all’opera dietro ordine del suo ultimo capo.
Mi lasciai ricadere sulla poltrona di Watson.
Rischiavo di perderla…per sempre!
Era sparita dalla circolazione da quasi una settimana. Pensavo che mi avesse lasciato, gettato via dopo aver approfittato della mia infatuazione per lei.
Poi durante la mia ultima visita all’università, Moriarty mi aveva dato il fazzoletto della mia musa macchiato di sangue.
Mi aveva ricattato minacciandola di morte certa se mi fossi intromesso nei suoi affari.
Non avevo dato peso a quelle storie, potevano benissimo essersi coalizzati contro di me.
Raccolsi, tuttavia, il suo fazzoletto ricamato.
Inutile parlarne sai, non capiresti mai
Seguirti fino all’alba e poi, vedere dove vai
Cercai di non pensarci, ma fu troppo difficile.
Estrassi dalla tasca dei pantaloni il quadrato di seta bianca.
Non riuscivo a credere che potesse finire tutto tra di noi: gli scherzi, i dispetti, i trucchetti e i sotterfugi, le nostre avventure, le mie sconfitte davanti ai suoi modi di fare e i nostri incontri che tanto infastidivano Watson.
In quel momento sperai di essere uno dei personaggi di quelle storie noiose che hanno sempre un lieto fine, quelle con il “…e vissero tutti felici e contenti” che puntualmente non si realizza mai nella realtà.
Mi sentivo davvero sciocco.
Anche se non era presente era riuscita a mettere ancora una volta nel sacco la mia fredda logica.
Mi sento un po’ bambino ma, lo so con te non finirà
Il sogno di sentirsi dentro un film.

Chiusi gli occhi e rimasi preda dei nostri ricordi.
Ripensai alla mia vita prima di conoscerla. Aveva fatto irruzione nella mia vita scombussolandola.
Il caso ci aveva fatto incontrare e col tempo il nostro rapporto si era evoluto in qualcosa di strano e inusuale per il resto dell’umanità.
Non so se definirlo Amore ma di certo era speciale.
E poi all’improvviso, sei arrivata tu
Non so chi l’ha deciso, m’hai preso sempre più

Ogni mattina mi alzavo e andavo davanti lo specchio.
«Non puoi esserti innamorato! Sei Sherlock Holmes…il tuo amore è il lavoro!»
Mi ripetevo. Era una continua lotta con la mia fredda logica.
Però se in un primo momento mi rammaricavo del mio sentimento, quando ero insieme a lei cambiava tutto.
La quotidiana guerra con la razionalità
Vada bene pur che serva, per farmi uscire

Mille domande mi affollavano la mente.
Come mai una donna, Donna, poteva farmi un tale effetto? Chi era per avere un ascendente così forte su di me? Per farmi rimanere sveglio aspettando sue notizie?
Chi era Irene Adler per trattenermi nel mio salotto pregando per un “SI” alla lettera che avevo mandato a Moriarty.
“Lei è viva?” Gli avevo chiesto senza ottenere risposta.
Come mai, ma chi sarai, per fare questo a me
Notti intere ad aspettarti, ad aspettare te.
Dimmi come mai, ma chi sarai, per farmi stare qui
Qui seduto in una stanza, pregando per un si.

Ah, se Watson sapesse. Sono sicuro che non ci crederebbe, per lui ero una persona speciale, una specie di genio-mago.
Se c’era da lavorare non mi fermavo mai, né per amore né per tristezza, stanchezza o malattia.
Non mi ero mai innamorato di nessuno, l’amore era una debolezza, una perdita di tempo.
A quale scopo dannarsi lei?
Gli amici se sapessero, che sono proprio io
Pensare che credevano, che fossi quasi un Dio
Perché non mi fermavo mai
Nessuna storia inutile
Uccidersi d’amore ma per chi.

Ma poi in una giornata come tante altre LEI aveva fatto la sua comparsa nella mia vita.
Ancora mi chiedo perché proprio lei…perché io?!
Lo sai all’improvviso, sei arrivata tu
Non so chi l’ha deciso, m’hai preso sempre più

«E’ una criminale, Sherlock!»
Mi ero ripetuto più volte. Niente, con lei la mia logica non funzionava.
Era sempre pronta a sfoderare uno dei suoi sorrisi o a fare qualche battutina tagliente.
Non mi importava. Era l’unica, mio malgrado, che riuscisse a fare uscire il vero Sherlock allo scoperto.
Una quotidiana guerra, con la razionalità
Ma va bene pur che serva, per farmi uscire

Iniziai a camminare febbrile per tutta la stanza.
La stanchezza si faceva sentire ma non mi azzardavo a chiudere le palpebre.
Fissai la porta.
La stavo aspettando da giorni ormai, come aspettavo quel maledetto “sì” per il quale speravo costantemente.
Come mai, chi sarai, per fare questo a me
Notti intere ad aspettarti, ad aspettare te

Mi poggiai alla parete lasciandomi poi ricadere sul pavimento.
Ero solo.
Watson era con Mary ora, a me non restavano che le mie monografie e la sua foto sul tavolinetto.
Come faceva a tenermi psicologicamente in pugno anche quando non era con me?
Come potevo farmi inibire così da una donna?
Dimmi come mai, ma chi sarai, per farmi stare qui
Qui seduto in una stanza pregando per un si.

Ormai erano giorni che si ripeteva questa tiritera.
La mia depressione aveva superato ogni limite ed ero, ahimè, ricorso più volte al mio astuccio di marocchino.
Ero distrutto.
Perché stavo così male? Era una donna, niente di più…
«Bugiardo! Non era una donna: lei era La Donna.»
Mi dissi.
Dimmi come mai, ma chi sarai, per fare questo a me
Notti intere ad aspettarti, ad aspettare te
Dimmi come mai, ma chi sarai, per farmi stare qui
Qui seduto in una stanza pregando per un si.

D’un tratto, quando ormai stavo iniziando a perdere ogni speranza sentii dei passi dietro la porta.
La aprii e me la trovai davanti.
«Si!»
Mormorò abbracciandomi.
   
 
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