I’m sorry world.
Flippy
si portò
sconcertato una mano sull’orbita ferita, il sangue che usciva
a fiotti da sopra
il suo sopracciglio. Teneva gli occhi sgranati, confuso, incapace non
solo di
capire cosa aveva spinto Flaky a colpirlo, ma anche del fatto che una
come lei
fosse riuscita effettivamente a ferire qualcuno.
E
non un qualcuno
qualsiasi.
Aveva
colpito lui, lui
che più di tutti la amava e che, da mesi ormai, aveva la
fortuna di poterla
stringere fra le braccia neanche fosse il suo più grande
tesoro, l’unica
persona da cui mai si voleva staccare e dalla quale voleva andare
quando aveva
qualcosa di importante da dire, fosse questa bella o brutta. Flaky si
era
piegata, aveva afferrato uno dei tanti pezzi di vetro che stavano ai
loro piedi
– a proposito, come mai c’erano quei frammenti a
terra? – e lo aveva blandito
come un coltello, colpendo alla cieca fino a prenderlo in pieno.
-
Scu-Scusami… -
aveva mormorato lei, fra i singhiozzi, apparendo ora più
sconvolta di quanto
non lo fosse stato lui stesso – N-Non volevo…
Io…io pensavo che tu v-volessi…
Flippy
abbozzò un
sorriso, uno di quelli poco convinti e caratterizzati da un labbro
tremante.
Ancora non capiva cosa fosse successo, cosa
avesse spinto una dolce fanciulla come Flaky a colpirlo a sangue
freddo. Per
una volta, insomma, fu lui a provare paura.
-
Che volessi…cosa? – domandò, desideroso
di
avvicinarsi a lei per scacciare quelle lacrime amare che vedeva a
rigarle il
volto, ma sentendosi totalmente incapace di farlo.
-
Che volessi…farmi male…
-
Farti male, Flaky? – ripeté lui, stringendo la
mano sul viso senza neanche rendersene conto – Io non potrei
mai farti male, e
tu lo sai. Sei…sei il mio angelo.
La
vide irrigidirsi
tutta nel sentirsi dire quella cosa in specifico e, per quanto assurdo
potesse
essere, le lacrime parvero aumentare. Flippy sapeva che si poteva
piangere
dalla gioia, e confidava nel fatto che qualunque ragazza avrebbe
trovato
stupendo il fatto che il proprio partner la definisse come un
“angelo”, tuttavia
sentiva a pelle che quello non era un pianto liberatorio dettato da un
moto
eccessivo di felicità. No, lei stava piangendo davvero.
-
S-Sei il mio angelo, guarda che dico seriamente! –
esclamò, sentendosi improvvisamente in colpa.
Forse
non sembrava convincente.
Forse il suo tono di voce non era abbastanza deciso.
-
Flippy…tu non ricordi proprio quello che hai
fatto?
Stavolta
toccò a lui
irrigidirsi, stringendosi nelle spalle ora a disagio. Che aveva fatto?
-
…li hai… - cominciò Flaky, prendendo
respiri
profondi fra un fremito e l’altro - …li hai uccisi
tu-tutti… Hai…dato di matto
e li hai… I nostri amici… N-Nutty,
Giggles… Handy… tutti…!
Flippy
abbassò lo
sguardo e prese a fissarsi i piedi, osservando con minuzia di
particolari i
piccoli pezzi di vetro che stavano attorno ai suoi piedi e a quelli di
Flaky.
Notò delle macchioline rosse sui suoi stivali verde
militare, macchie che
neanche con tutta la buona volontà e l’ignoranza
del mondo non avrebbe potuto
non ricondurre al sangue. Deglutì, girandosi lentamente pur
mantenendo gli
occhi sempre bassi. Anche quando ebbe dato le spalle alla ragazza con
cui aveva
parlato sino a quel momento, si prese qualche secondo per trovare la
forza, o
il coraggio, di alzarli.
Lo
fece.
Lo
fece e subito cadde
in ginocchio, il fiato corto ed il cuore in gola.
-
No. – disse, in un sussurro – No, io…
No, no, no.
Scuoteva
forte il capo,
cercando di autoconvincersi che era tutto un sogno, un incubo da cui si
sarebbe
presto risvegliato. In fondo poteva anche darsi che stesse solo
dormendo, che
ora, magicamente, si sarebbe risvegliato nel suo letto, stretto a
Flaky, con le
stelle ad illuminare la notte.
-
Io non… Io non farei mai una cosa così. M-mai.
Mai!
Venne
preso d’assalto
dal terrore e dal disgusto per se stesso. Cominciò a
piangere anche lui,
disperato, sentendo di dover essere biasimato non solo per
l’omicidio di
qualcuno, ma anche per il fatto di aver cancellato la cosa come se
nulla fosse.
Valeva così poco la vita di un altro? Poteva davvero
uccidere e poi atteggiarsi
normalmente, senza alcun ricordo a tormentarlo?
No.
Non poteva. Non lui
che provava pena per chiunque. Non lui che quando spaventava per puro
caso
Flaky, entrando di sorpresa in una stanza, chiedeva scusa almeno cento
volte,
prostrandosi quasi fino al pavimento. Era impensabile.
-
Mi dispiace… - questo gli uscì come un rantolo,
sommesso, certo, però chiarissimo -
…Dio… Dio, mi dispiace…
Delle
mani candide e
tremolanti gli coprirono gli occhi verdi e lui, stringendole fra le
sue,
continuò a chiedere scusa a Flaky, ai suoi
amici…al mondo.
-
Non guardare più… - esordì lei, sua
compagna
perfino nel pianto - …d-dimentica, Flippy. Dimentica.