Disclaimer: I personaggi non mi appartengono
Ma sono di proprietà di Kazuya Minekura.
Se fosse il contrario…*evil grin*
A Rota per il suo compleanno ~
.: Dopo il Solito Bip :.
Quando Kubota gli aveva messo in
mano quell’aggeggio, Tokito l’aveva guardato con la stessa espressione che
riservava alle Gals o alla ventresca: un misto di curiosità affine ad una certa
sensazione di nausea e sottile confusione.
…Accidenti alla sua intolleranza alla
ventresca.
-E sarebbe?- aveva chiesto,
prendendo l’affare per l’antennina e facendolo dondolare davanti al viso.
-Sarebbe un cellulare, Tokito- aveva
risposto Kubota, spostando la sigaretta all’angolo delle labbra con un
movimento accennato della bocca. Il suo personalissimo modo di sorridere, con
un che di ironico in grado di far arricciare i nervi al povero Tokito.
-E a che servirebbe?-
Kubota l’aveva fissato con quella
sua espressione-non espressione che tutto voleva dire e nulla voleva spiegare.
A chiamare, a chiamarti, a
mandare uno o più messaggi, a parlare quando non ci vediamo –cosa che così, su due piedi, gli era
sembrata un’eresia…non certo perché aveva
bisogno di Kubota, figuriamoci, mica doveva vederlo ogni giorno, insomma,
poteva vivere benissimo anche senza averlo intorno per tutto il tempo,
figuriamoci, era un pensiero così …- insomma, pareva un prodigio della
tecnica. Avesse fatto pure il caffè, si sarebbe potuto stabilire un patto di
non belligeranza.
Ma Tokito preferiva comunque i videogiochi.
Insomma, almeno quelli erano
divertenti e il joystick, se gli si rompeva in mano, si poteva sostituire senza
troppi problemi. A giudicare da come Kubota aveva sollevato le sopracciglia la
prima volta che gli aveva mostrato i residui dell’aggeggio, sostituire un cellulare
non doveva essere troppo semplice.
La cosa peggiore, però, era quel tuu, tuu, tuu come un richiamo da antri
lontani, qualcuno che lo chiamava e lo cercava da echi profondi, che lo
additavano senza sosta, cercavano di afferrarlo con dita invisibili e artigli e
freddo e fame e sbarre e occhi rossi e dolore, dolore, dolore…ma bastava un click, quello di una pistola scarica e
nonostante questo efficace, che la voce di Kubota si sostituiva un crepitio a
quello sfrigolio di ricordi inabissati.
Che quella ferraglia luminosa sia
inutile, Tokito lo ripete da sempre, ma lo è ancora di più
se non c’è la voce di Kubo-chan a
sovrastare il rumore di fondo.
E quel tuu tuu tuu che ora rimbomba con la cadenza di una campana a morto
è la condanna alla solitudine e al passato nero di piombo che inghiotte ogni
cosa. Un tuu prolungato, che gli batte
contro le tempie e lo fa sentire colpevole senza che ci sia un motivo preciso,
uno strascico di malessere alla bocca dello stomaco, un rimasuglio grumoso di
rabbia e tristezza provocato dalle parole di Kubo-chan, lontano e distante –Ma il cellulare non doveva tenerli “vicini”, in realtà?
Una colpevolezza che non riesce a
comprendere e che non vuole capire, scandita dal tuu tuu tuu immutabile nel silenzio di una Tokyo sempre affollata.
Note finali
AUGURI
PUZZONAAAAAAAAH!
La
scena richiama a quella del Volume 4 in cui Kubo-chan chiama Tokito dicendogli
di non farsi vedere a casa per un po’ di tempo.
E’
un po’ non-sense, lo ammetto, ma spero lo apprezzerai comunque <3