Ci sono luoghi sul pianeta governati da forze oscure, incomprensibili anche alle menti più illuminate, capaci di prendere possesso del più forte tra gli spiriti. Ci sono luoghi dove il passato e il presente non hanno forma, si fondono in un'unica dimensione che mette alla prova la sanità mentale degli uomini. Uno di questi luoghi è la zona d'ombra, ai piedi delle sacre montagne del Tibet.
La zona d'ombra è aperta solo a chi ha il coraggio di affrontare i mostri che ha dentro di sé. E a chi è pronto a farsi divorare da essi.

Distopia: una società indesiderabile sotto tutti i punti di vista.
In un luogo dove non sorge mai il sole, dove il gelo penetra nelle ossa fin quasi a scalfirle e il caldo arde tanto da spaccare la pelle, qualcuno ha gettato le basi per la costruzione di un’utopia distorta. Sono solo in quattro, o forse cinque, i malcapitati che verranno relegati in quell’angusto spazio dove non ci sono leggi e meno che mai regole.
L’unica certezza che grava sulle loro teste è quella che solo uno di loro potrà superare il confine.

[Momentaneamente interrotta]
Questa è la storia di vite concatenate: Genjo è lo pseudonimo di Koryu, uno scrittore pressoché esordiente, famoso per la saggistica pubblicata dal suo editore Ukoku, nonché particolare amico di vecchia data del defunto genitore adottivo – la cui morte ha segnato per entrambi un vero e proprio trauma. Gojyo, figlio bastardo, reduce dalla visione dell’omicidio di sua madre per mano del fratello Jien, ha trascorso la sua adolescenza nello stesso istituto di Koryu, sebbene non avesse mai intrattenuto con lui una qualsivoglia conversazione, troppo intricato dal carisma di Banri. Gono, al seguito del suicidio di sua sorella, è divenuto coinquilino del demone rosso sangue grazie al suo buon cuore e, mentre si preoccupa di rendere presentabile casa durante le sue nottate sfrenate all’insegna delle corse clandestine e del sesso, da anche ripetizioni di matematica a un ragazzino di nome Goku che frequenta l’ultimo anno di liceo.
Nel frattempo, le allucinazioni che sembrano realtà si mischiano con la tangibile follia e le sorti di molti saranno racchiuse nei loro stessi destini.
[ Revisione di "Somebody Help Me" ]

Sui libri di storia la guerra tra umani e demoni era stata riassunta in un capitolo o poco più e quindi nessuno di loro poteva immaginare cosa il Tenjiku fosse veramente.
Cosa ne potevano sapere loro di cosa volesse dire essere Umani, laggiù e piegarsi quindi alla volontà di un esercito di pazzi assassini?
Cosa ne sapevano dell’essere Demoni, prima carnefici e poi vittime del loro stesso gioco?
Solo qualcuno originario di quei luoghi poté raccontare loro la storia, un vero protagonista che, assieme ad altri come lui, accompagnarono Sanzo, Goku, Hakkai e Gojyo attraverso i confini del Togenkyo con il Tibet, in una verità violenta, oscura, che narra di uomini braccati come bestie, di popoli antichi e di persone che in fondo desiderano solo vivere in pace.
I quattro non poterono chiudere gli occhi di fronte a quella nuova realtà e impararono che, per quanto la vita fosse insopportabile da sostenere, esiste qualcosa che vale la pena assaporare.
Qualcosa da sperimentare.
Almeno una volta nella vita.

Eri voluto tornare a Resembool a tutti i costi.
Era sempre stato un tuo desiderio ritornare nel luogo in cui avevi trascorso l’infanzia.
Era una cosa che avevi sempre tenuto nascosta a tuo fratello per timore di venire deriso, perchè in fondo c’erano cose più importanti a cui pensare, al tempo.
Una volta riavuto il tuo corpo, però, l’avevi fatto.
L’avevi guardato negli occhi e avevi detto: “Torniamo a casa.”
Lui non aveva risposto.
Era rimasto tutto il tempo a fissare il paesaggio innevato che scorreva fuori dal finestrino del treno, i fiocchi di neve mischiati con lo sporco sul vetro. Era rimasto seduto perfettamente immobile, con la guancia poggiata su una mano e il volto privo di espressione.
Non aveva detto una parola.
Alla fermata successiva aveva preso il suo bagaglio.
Quando avevi tentato di imitarlo lui aveva sollevato una mano intimandoti di restare seduto.
Tu non avevi capito.
“Questo treno va a Resembool.”, ti aveva spiegato e tu, invaso dall’improvvisa, gelida consapevolezza che lui non sarebbe venuto con te, non eri riuscito a replicare. Ti aveva sorriso con affetto, squadrandoti da capo a piedi, e tu avevi avuto paura.
Dava l’aria di volerti imprimere nella memoria, come un ricordo già vecchio.
Le sue ultime parole, scendendo dal treno, erano state:
“Teniamoci in contatto.”

E se i Saiyuki Boys vivessero nella Tokyo odierna e facessero parte di una band? Che ne direste?