Tu ne quasieris, scire nefas, quem mihi quem tibi
finem di dederint,
Leuconoe, nec babylonios
temptaris numeros, ut
melius quidquid erit pathi
Seu plures hiemes seu
tribuit Iuppiter ultimam
quae nunc oppositis
debilitat mare
Thyrrenum sapias vina
liques et spazio brevi
spem longam reseces. Dum
liquimur, fugerit invidia eastas.
Carpe diem, quam minimum
credula postero.
[Orazio]
Non domandarti – non è giusto saperlo –
a me, a te
quale sorte abbiano dato gli dèi,Leuconoe, e non chiederlo agli
astri;
al meglio sopporta quel che sarà
Sia
che Giove ti conceda ancora molti inverni sia che questo,
che affatica il Tirreno sia l’ultimo,
sii saggia, versa il vino, e taglia
una speranza troppo lunga per un tempo
troppo breve.
Mentre parliamo, il tempo invidioso è
già fuggito.
Afferra l’attimo, credendo il meno
possibile nel futuro.
Odi et amo. Quare id facias fortasse
requiris.
Nescio, sed fieri sentio, et
excrucior.
[Catullo]
Odio e amo. Potresti chiedermi come io
faccia.
Non lo so, ma sento che accade, e ne
sono in croce.