Non è ancora chiaro cosa vedesse in quel liquido riflesso,
cosa si aspettasse dal vento,
meglio ancora da sé stessa.

Le venne spontaneo allora assecondare lo sguardo di lui, farsi imprigionare, permettergli di diventare cacciatore di una preda imbarazzata, e regalargli su un piatto d'argento la totale consapevolezza che ogni suo imbranato gesto sarebbe stato causato, da quel momento in poi, proprio da quegli occhi invadenti.

Ad ispirarmi è stato Freud,
ma voglio presentare queste righe con una citazione di Nietzsche:
Così parla ogni grande amore: il quale supera anche il perdono e la compassione.
Bisogna tenere fermo il proprio cuore; poiché, se lo si lascia andare, ben presto se ne va via anche la testa.
- dal libro "Così parlò Zarathustra"

Il suo cuoricino chiese di cedere,
ma la richiesta fu respinta
e la morte condannata.

Non ha senso.
Ma fermatevi.
Vi chiedo di perdere un pò del vostro tempo e illuminarmi su queste paio di righe.
Cercare di capire, cosa proprio a me, risultata impossibile.
E' ironico.
E' un controsenso.
Vi chiedo di trovare all'interno di questo susseguirsi casuale di parole un qualcosa, un'essenza, che io stessa non sono stata in grado di cogliere.
E che se pure esiste, non riconosco.

Ti guarda rancorosa,
forse aspettando un cenno d’affetto, un abbraccio
che non le darai,
perché non ci riesci, perché ti fa paura, perché non vuoi.
Anche se è tua madre.

Conoscere i Sevenfold è stata la cosa migliore che potesse accadermi.
Sono stati per me una sorta di anestetico, devo ammetterlo.
La loro musica, la voce di Matt, i loro concerti...mi hanno aiutata ad estraniarmi dal mondo, quando nessuno poteva far niente per me o per lenire il mio dolore, la mia sofferenza, e tutti quei tuffi improvvisi nella realtà che molte volte ho creduto mi avrebbero portata ad affogare.
Mentre scrivevo questo testo, che non so bene come definire ancora....erano lì, come sempre a farmi compagnia.
Queste righe però non parlano di loro, ma di me.
E anche se si tratta di quello che oserei definire il mio punto debole, ho deciso di condividerlo con voi: in una sorta di prova del 9 per capire se tutto questo possa portarmi alla fine un qualche riscontro positivo, una rivincita,
quasi un urlo al mondo che parla della mia interiorità, perchè credo che non ci sia niente di cui vergognarsi nell'ammettere di essere stati deboli, di essere caduti almeno una volta nella vita.
Buona lettura,
a chiunque voglia fermarsi in questo frammento di vita.

Era una vita che non scrivevo più, così.
Mi ero arresa ormai all'idea di non esserne più capace e
invece ecco spuntare
qualcosa che, in linea di massima, dovrebbe somigliare a una poesia. (o almeno credo)
Spero sia qualcosa di decente ai vostri occhi,
più di quanto lo sia ai miei.
Che dire? è evidente che tornare nel mondo del fandom mi ispira.
Merito vostro.
VI stringo forte, come sempre.

E per la prima volta quel brivido che correva lungo la schiena, non era paura, ma desiderio.
E avevo scoperto di essere capace anch'io, di distinguerlo, di provarlo. Desiderio vivo, di possesso.
Perchè lo desideravo con tutta me stessa ogni volta che semplicemente incrociavo i suoi occhi verdi.
Lo desideravo ardentemente, come si desiderano solo le cose che pensi non avrai mai, ma che continui a guardare, o per follia o per autolesionismo.
Perchè avevo passato ore e ore a scorrere le sue foto.
Era perfetto.

Adesso,
penso a come potrà essere il nostro futuro insieme,
mentre la paura pian piano si dissolve sui volti dei miei compagni,
mentre ognuno scruta ancora i propri tagli;
rivedo il tuo volto tra i tanti,
rivedo quel meraviglioso sorriso.

Diciamo che è da quando sono piccola che pensieri di questo genere mi travolgono, non è la prima volta che mi capita di sentirmi così, quasi un incrocio tra depressione e stato catatonico, che però per mia fortuna riesco a nascondere bene....a tutti....tranne che a lui, purtroppo.

Amava e odiava una canzone allo stesso modo,
almeno di questo era perfettamente consapevole.
Fermamente convinta.