-Sono venuto al mondo pesante, attraverso un corpo leggero.-
-Non avrei voluto che tutto ciò si ripetesse, uguale.-
-Evidentemente Dio ha un senso dell’umorismo che fatico a comprendere.-

Ci sono solo quegli occhi azzurri, così puri da potersi specchiare.
Abbassa subito le palpebre, arrossisce, sembra la cosa che le riesce meglio.
E poi lo fa:
pigia gli incisivi bianchi sul labbro inferiore, senza volere, è solo un attimo.
Vedere quel fotogramma di carne rossa, morsa con tanta innocenza, mi fa subito effetto.
Ma c’è troppo poco spazio tra noi, sento i suoi capelli frusciare sulla spalla e l'odore dolce.
Allora la fermo come posso, con le mani ruvide dalle risse, dai lavori forzati. La sua pelle è vellutata, dalla consistenza soda.
Spalanca la bocca per la sorpresa e vedo tutti quei denti bianchi, come un piccolo pianoforte ricurvo...
Vorrei suonare quei tasti con la lingua, mi dico.
La mia presa sulle braccia è salda e nulla può il suo peso esiguo.
Mi fora con gli occhi, da parte a parte, respira forte: la sua mente è in tilt.
Mi avvicino, la tiro verso il mio corpo.
Prova a chiamare aiuto, ma lo fa così piano che scambio il suo grido per un gemito di piacere.
Mi accorgo di volerla stringere contro di me, quando oramai è troppo tardi...

Era l’estate dei miei ventidue anni, un sabato pomeriggio caldo e umido, tipico di Seattle.
Passeggiavo nullafacente per le vie del centro, fresco fresco di rottura con la mia dominatrice, e non avevo idea di come impiegare il dannato tempo.
Libero di fare programmi mi ero ritrovato, insomma, a non fare assolutamente nulla: vagheggiavo per la città in cerca di qualche rara edizione di Satie in vinile, o ciondolavo per i bar di notte a bere bourbon invecchiato, o assieme a qualche puttana, che non riusciva mai a levarmi la voglia pulsante nelle braghe.

Quando è stato? In che momento? Non c’è stato preavviso, né un lampo, né un rumore.
Come una barchetta che imbarca acqua, legata in un porticciolo sicura, riparata dalle correnti e dalle tempeste, ma che goccia dopo goccia, silenziosa, s’inabissa.
Cos’è questa quiete? Cos’è questa aria, come nell’occhio del ciclone?
Non si muove una foglia, il cielo sopra le nostre teste è sereno, ma poco più in là, miei cari, è nero.
Nero come la pece.

-se ti bacio, ti metti ad urlare?-
Lei, con una faccia più adulta della sua età e con un coraggio di mille anni, disse:
-non lo so vecchia volpe, tu provaci e lo scoprirai.-
L’azzardo e il tono di sfida diedero lo slancio alla sua già maturata eccitazione e la assalì, investendola col corpo e spingendola lunga distesa sul lettino cigolante.

Il suo modo di camminare, come sull’acqua, come se il Sole splendesse per lui.
Le spalle aperte e il petto gonfio di boria, faccia superba, disprezzo per tutti e sorriso per nessuno.
Ha una voce che potrebbe convincere chiunque a commettere un delitto, ha degli occhi da ubbidire.
Ha due volti sulle mani, uno di velluto, l’altro di cuoio.

Eva, la prima donna, disobbedisce alla parola di Dio mangiando il frutto del peccato, suggerita dal Serpente.
Sembra che ella convinse Adamo a mangiare la mela con queste parole:
"se io vivo, vivi anche tu... ma se io muoio tu resterai solo..." (Midrash Bereshit Rabbah 19, 8)
Ho sempre amato gli antagonisti, i perdenti, gli infelici. Perciò parlerò di lei.

E dire che pensavo di essermi incancrenito così tanto, invecchiato così tanto da non poter cambiare mai più, allora perché mi sento come se avessi lasciato indietro la vecchia muta ed ora avessi una nuova pelle? Fa male, è delicata, è tenera come mollica.
Il cambiamento può essere un accidente, può essere una scelta, può essere che ti svegli una mattina che sei un altro rispetto ieri.