«La testa l’hai presa, Sora?» il castano rise, mettendo la tracolla in spalla – sì, Riku, ma il mio cuore è lì tra le nostre coperte.
[Ella ft Catullo]

– ti darò quello che vuoi, numero IX, ogni volta che ne avrai bisogno.
Perché è padrone delle Illusioni, ed anche se un cuore non può darglielo, gli farà credere che il piacere è infinitamente più necessario.
[A Syr, che si sta facendo grande ♥]

Roxas faceva parte di quella categoria di ragazzi che della musica si interessava davvero poco – pochissimo, ascoltava quello che voleva quando ne aveva voglia (gruppi conosciuti o meno, divini o non) ed in base all’umore. Ma nel frattempo che gli altri suoi amici parlavano di Guns N’ Roses, Metallica, Green Day, Beatles (e tanti altri gruppi che non ricordava neppure e che non si sarebbe sforzato a riconoscere) lui aveva trovato la sua passione nei tatuaggi e nei piercing: mentre un’intera orda di ragazzi scriveva le date e gli eventi importanti sulla bacheca di facebook per poterli rendere ufficiali, lui preferiva segnarli sulla pelle – perché era lì che li aveva sentiti, dopotutto.
[AkuRoku(principale)-RokuSo, RikuRokuSo, Zemyx, RiSo e VanVen (trattate)-altri pairing accennati (ATTENZIONE! Incest accennato: RokuVen)]
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A Mel, perché questa shot era per il suo compleanno. Auguri ♥

Zexion abbassò gli occhi sul libro, nascondendoci il volto dentro: non aveva fatto nient’altro che celarsi per una vita intera, ma questa volta non c’erano api da osservare né fiori in cui affogare, solo occhiate indiscrete da cui nascondersi, un’umanità da cui sfuggire.
A Syr, che voleva tanto una Zemyx nel loro giorno speciale.

Axel lo tratta come se fosse la cosa più preziosa e desiderabile del mondo, lo fa sentire un gradino sopra gli altri – sebbene sia soltanto il tredicesimo Numero – gli fa capire che è lui a tenere il comando, in un certo senso, ma Axel si comporta anche come se fosse di sua proprietà, e in un attimo lo fa sentire piccolo e in balia delle sue mani grandi e calde, delle labbra sottili come lame, fameliche, e allora passa in rassegna tutte le possibili sensazioni di contorsione dello stomaco, e capisce che adora essere idolatrato dal Soffio di Fiamme Danzanti, ma ama ancora di più esserne distrutto, carbonizzato, che avvenga nel giro di un solo attimo oppure in un’ora di languida e focosa passione.
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[Attenzione! Questa è al 99% una reverse dal linguaggio spinto.]

Axel Baker non credeva alle predizioni, neppure ai sogni premonitori, perché di fatto non ne aveva mai avuti, e quindi si affidava solo al suo sesto senso. Non aveva mai creduto al Destino, mai che ad ogni singola persona fosse affidato un disegno più o meno complesso su cui basare l’intera propria esistenza, che ad ogni decisione ne seguisse un’altra che non avrebbe interferito nei binari costruiti dal Fato stesso.
Per lui non c’era una limitazione, non c’era niente, solo un interminabile foglio bianco che aspettava di essere sporcato da una mano, esperta o meno che fosse.
Ma avrebbe dovuto sapere che per gli umani, scioccamente, un limite deve sempre esserci: è impossibile per loro tentare anche solo di immaginare l’Universo senza che impallidiscano, perché infinito è un concetto davvero troppo complesso per poter essere racchiuso tra le pareti del cervello.
E allora, per quanto distante e sottile ed invisibile ed inconscio, anche il foglio di Axel Baker aveva una forma, ed il Destino avrebbe giocato proprio su questo: era arrivato il momento di fermarsi ed andare a capoverso.

Odiava che la balbuzie non gli facesse spiccicare bene nemmeno una parola, odiava non riuscire neppure a scrivere e leggere, a causa della dislessia cui era affetto.
Odiava se stesso, più di tutto.
Perché non poteva immergersi in mondi che erano diversi dal suo, perché non poteva evitare di metterci ore prima di tracciare una lettera – sbagliata – su un foglio, perché non poteva nemmeno comunicare senza che l’ansia e lo sconforto lo prendessero.
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Axel H. Twain aveva ventuno anni ed un bellissimo appartamento all’ultimo piano di un altissimo edificio in piena città. Era talmente in alto che da lì poteva persino vedere il mare, cosa notevole visto che si trovavano piuttosto lontani dalla costa.
Inutile dire che chiunque altri non avrebbe avuto questo moto di superiorità a vivere in un posto del genere, quanto più un nauseabondo senso di vertigini: ma Axel era talmente pieno di sé che probabilmente, dall’alto del suo piedistallo, non aveva neppure idea di cosa fossero le vertigini.
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Perché quando un sedicenne che scappa dai propri problemi incontra un uomo che li incarna tutti, uno per uno, non può essere un caso.
Bisogna solo affrontali insieme.
[AkuRoku- RiSo]

Ma «Il cielo è eterno» aveva sussurrato ad un certo punto, senza smettere di guardare. «È l’unica cosa che non cambierà mai, Isa. Domani, dopodomani e tra cent’anni non avrò bisogno di ricordarlo, perché potrò alzare gli occhi e lo troverò come oggi, come in questo momento».
«Io mi ricorderò di te, Lea» mormorò, fissando il suo profilo. «Fai lo stesso con me».
«Memorizzato».
[Isa/Lea&Saix/Axel]

Nezumi/Sion | Spoiler per l'ultimo episodio!
Quando Nezumi si allontanò, il ragazzo sorrise nella direzione del sole che tramontava.
Che sorgeva su una nuova esistenza.
«Ci rincontreremo di nuovo.»
Presto o tardi, domani oppure un altro giorno.
Sion doveva solo aspettare che Nezumi trovasse il suo momento.
Sion avrebbe aspettato.
Nezumi avrebbe cercato con tutto se stesso.

“Non dovresti, Roxas. Non va bene mentire alle persone”.
“Ma cosa te ne importa! Sai meglio di me che tuo fratello verrà rimandato in arte, aiutarlo non fa male… e poi, a buon rendere. Un favore serve sempre”.
“Non mettergli in testa strane idee!”.
-Per l’amor del cielo, state zitti voi due. Già così svegli di prima mattina?-.
Roxas era un ragazzo normalissimo: scuola, passatempi e passioni, amici, e due esserini sulle sue spalle che potevano essere considerati la sua coscienza.
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«Che. Cosa. Sta. Succedendo?!» urlò isterico mentre Vanitas ancora rideva, mentre Sora si mordeva ancora la bocca, mentre Aqua ancora si lamentava per tutto lo schifo che stava facendo in cucina.
Solo Terra lo guardò, caritatevole. «Aqua è una strega».
[Pairing accennati]

«Come mai hai deciso di raggiungermi?» chiede, ingenuamente, mentre litiga un po’ col cappotto, perché non riesce a trovare la manica dove infilare il braccio.
Lo aiuta, ridendo per schernirlo, poi gli rivolge il solito sorriso divertito. «Altrimenti tornavi a casa disperato» rinfaccia.
Bastardo – vorrebbe dirgli. Brutto sporco bastardo.
Perché da quando l’ha baciato lui non riesce a pensare ad altro, mentre Sion sembra non ricordarsi neppure di averlo fatto.
[a Intaryuudo, perché lei voleva una reverse]

“Da dove vieni?” aveva chiesto Riku, ed Axel aveva riso, una risata graffiante, gutturale, una risata che gli aveva messo i brividi e che gli aveva fatto fare un passo indietro, perché gli aveva ricordato il ringhio di un leone che sta per attaccarti per sbranarti l’attimo dopo.
Effettivamente, Axel li aveva sbranati, quello stesso istante. Aveva strappato la loro pelle con denti ed unghie, rivelando loro che c’era qualcosa sotto la superficie, qualcosa che nessuno aveva voluto spiegar loro cosa fosse.
“Se te lo dicessi, non mi crederesti, ragazzino”.
[Attenzione! Foursome: Axel/Roxas/Sora/Riku]

Soffia, i granelli volano via impazziti, prima che ne tornino altri.
I problemi erano così, del resto. Tanto affanno per sperare di essersene liberati e restare senza fiato quando ne sarebbero tornati altri.
[ad Arbe]

Roxas, capelli biondo chiaro ed occhi celesti, ha cinque anni, quasi sei: ormai è un bambino grande, ed ovviamente ha le proprie esigenze, come è giusto che sia.

Premette forte il palmo sul suo stomaco coperto dall’ampia maglia. Sora sembrava sempre perdersi nei vestiti, inspiegabilmente, come se non ne facessero mai della sua misura; gli veniva voglia di toglierli, strapparglieli via con tutta la forza che aveva, ma non aveva intenzione di spaventarlo, nonostante tutto: era Sora, il suo Sora, e per quanto infinitamente avesse voglia di farlo soffrire, non poteva lasciargli il lusso di farglielo capire.
L’avrebbe graffiato, l’avrebbe morso ed umiliato e poi si sarebbe preso il disturbo di leccargli le ferite, così lui gli avrebbe sorriso, l’avrebbe capito, l’avrebbe perdonato e sarebbe stato tutto disgustosamente come prima, e lui avrebbe potuto graffiarlo, morderlo ed umiliarlo ancora, all’infinito.