Adesso, a distanza di quattro mesi all'inizio dell'epidemia, era tutto cambiato. Io ero cambiata, il mondo era cambiato. Mi ero adattata alla situazione, aveva prevalso il mio istinto di sopravvivenza. Avevo capito che dovevo fare tutto il più silenziosamente possibile, che non dovevo mai rimanere senza scorta d'acqua e che la pistola trovata sotto il bancone di un supermercato sarebbe stata la mia migliore amica, insieme ad un lungo coltello che avevo attaccato al cinturino dei miei jeans. Era quella, la mia nuova vita.

“Guardami negli occhi... Devi resistere, devi farlo per me. Ti prego amore”
“Aiutami ti prego... mi fa male...”
Era tutto buio, non riuscivo a vedere niente. Quelle voci, quelle voci mi stavano facendo diventare matta. Dovevo aiutarli, ma dove erano?
“Vedrai che ti passerà... resisti”
Continuai a guardarmi intorno, non vedendo niente. Poi sentii un urlo di rabbia, una voce maschile piena di dolore.
Mi alzai di scatto dal letto, con le lacrime agli occhi, e cercai il più velocemente possibile di accendere la luce sopra il comodino. Poi misi a fuoco il luogo in cui mi trovavo e mi presi la testa tra le mani. Non potevo crederci, erano tornati. Pensavo che quella città mi avesse fatto bene, ma era durato solo due notti. Quegli incubi erano tornati ancora una volta.