Storia breve ispirata alla reale esperienza da Cupido della mia Parabatai.
La copertina è un'immagine di su_pectrum (instagram)
Alexander è un liceale tranquillo e diligente, campione di tiro con l'arco e capo del Consiglio Studentesco dell'Institute.
Ha un solo problema: il suo amico Jace e la sua totale propensione all'egocentrismo.
A causa di uno stupido tatuaggio consigliato al suo amico da un ancora più stupido antenato, Alec si ritrova in uno studio di tatuaggi con il suo migliore amico, intento a salvarlo da una scelta deturpante.
Solo che non sono da soli.
Con l'intero team Shadowhunters rivisitato e un contributo dei Nascosti, Jace Herondale si lancerà nella sua impresa più grande: fare in modo che Alec superi la timidezza e abbia un appuntamento con il ragazzo esageratamente stravagante a cui non smette più di pensare.
La salvezza della sanità mentale della sua ragazza, Clary, e dei suoi amici, dipende solo dalla riuscita di quella che passerà alla storia come OPERAZIONE MALEC.

Ivan ha otto anni quando, osservando i suoi lupi da lontano, incontra Misha, liberandosi della sua solitudine. Ivan ha tredici anni quando uno di quei lupi uccide e sbrana Misha davanti a lui.
Ivan ha diciassette anni quando, perseguendo la sua vendetta e il suo odio contro i branchi di lupi, azzoppa e poi salva la vita ad un bellissimo lupo bianco.
Ivan ha ancora diciassette anni quando quel lupo si trasforma in Misha, davanti ai suoi occhi.
Ora Misha non sa cosa fare. Il segreto è svelato. Il branco cerca Ivan per ucciderlo, ma quando sarà il momento la vera natura del ragazzo prenderà il sopravvento. I due amici sono di nuovo riuniti. La domanda è: per quanto?
*Dal testo*
"Non ti preoccupi che Misha possa perdere di vista il suo obiettivo?" Vladimir guardò la lupa accanto a lui osservare il paesaggio montano, il muso chiuso dalle mascelle forti che da umane erano così delicate. Sapeva che stava cercando di rintracciare il suo amico, ma era tempo sprecato. I boschi sugli Urali erano sterminati.
"No." disse infine, ed era calmo, freddo. "Il Bosco non lo permetterà. Ha bisogno di un Guardiano Bianco. Ucciderà il Nero. Al Bosco non ci si oppone."

"Come sarebbe a dire morto?" ripetè, sperando di aver capito male. Gli tremava la mano. La maschera da anbu che reggeva era caduta a terra, bloccandosi accanto allo stivale. Non si era neanche tolto l'uniforme. Era tornato prima. Voleva fargli una sorpresa. Lui lo faceva sempre, quando andava in missione. L'Hatake, dopo qualche secondo, cedette sotto al peso di quella notizia, e si coprì gli occhi con due dita.
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"Come hanno fatto a prenderti?" Sasuke sospirò, beandosi della presenza di quella voce incorporea. Probabilmente era nella cella accanto, sempre che quella fosse stata una prigione.
"Mi hanno colto di sorpresa." mormorò, piccato.
"E non ti sei chiesto cosa vogliano da te?"
"Per quel che mi riguarda, potrebbero anche uccidermi. Non mi opporrei."
"Ti prego, insegnami ad essere positivo come te."
"Hanno ucciso la persona che amavo. Non mi importa più di vivere. Forse ho lasciato che mi prendessero, chiunque siano."
"Mi dispiace." disse la voce, dopo un istante di silenzio.
"Non devi." Sasuke sospirò, chinando la testa. "Lascia solo che mi illuda che tu sia lui. Ho sempre sperato che l'ultima voce che avrei sentito, sarebbe stata quella di Naruto."

"Mela." Sasuke alzò il frutto in aria, mentre l'indigeno biondo continuava ad osservare ogni suo gesto con sguardo ingenuo.
"Me-la." ripetè. L'Uchiha passò ad un'altra parola.
"Mano." disse, mostrandogli il palmo bianco, ancora segnato da qualche graffio. Naruto aggrottò la fronte, senza capire. "Ma-no." ripetè allora il moro, spazientito. Quel selvaggio era più stupido di quel che sembrava. Anzi, forse il suo aspetto era perfettamente proporzionale al suo cervello. "Andiamo, dobe. Ma-no. Ma-no." Naruto si concentrò, alzando la sua, di mano, e sovrapponendola d'istinto a quella di Sasuke. Combaciavano quasi perfettamente.
"Mano." esclamò quindi, felice di aver capito a cosa si stesse riferendo. L'Uchiha ritrasse subito la sua, portandola dietro la schiena ed arrossendo di colpo, per poi maledirsi mentalmente a causa dell'espressione dispiaciuta che aveva assunto il demone-volpe. Era incredibile che quel tipo fosse il terrore degli abitanti del suo Paese, così civilizzato e perfetto. Eppure lui stesso aveva visto quella mano strappare il cuore ad uno degli altri partecipanti alla spedizione di conquista del Paese del Fuoco. Era stata quella mano ad averlo salvato dalla furia di quei selvaggi. Perché?
"Sì, bravo. Finalmente stai iniziando ad imparare."

"Uchiha Sasuke. Con chi parlo?"
"Signor Uchiha, lei aveva fatto domanda di adozione insieme ad un certo Namikaze Naruto due anni fa, a quanto ci risulta."
"Sì. E' successo qualcosa?"
"Beh, abbiamo un bambino che potrebbe fare al caso vostro. Lei e il suo compagno potete venire a vederlo tra tre giorni dalle otto del mattino alle quattro del pomeriggio... Signor Uchiha? Pronto?... E' ancora lì?"
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"Quindi come lo chiamerete?"
"Ma è ovvio." Sasuke e Naruto sembravano in perfetta intesa in quel momento. Bevevano entrambi i loro caffé, uno amaro come il cianuro e l'altro appesantito da almeno tre bustine di dolcificante, ed era come se Sakura stesse vedendo lo stesso essere scinto in due, come le inquietanti gemelle di Shining. Si chiese dove fosse il problema e perché l'avessero contattata con tutta quell'urgenza. Poi capì.
"Kira."
"Harry."

"Sasuke." Naruto osservava preoccupato lo sguardo vacuo del suo ragazzo. Gli occhi sbarrati in un'espressione inorridita, la bocca aperta e la totale immobilità del suo sangue. Poi, all'improvviso, quel tremolio del labbro inferiore, e gli occhi gonfi. "Dai, non fare così." Anche lui cercava di farsi forza, ma era difficile. Nella stanza era calato il gelo. Sasuke Uchiha non piangeva mai, ma quella volta una piccola lacrima sgorgò dal suo occhio sinistro, senza vergogna.
"Non può essere."
"Devi farti forza." Il biondo provò ad abbracciarlo, ma lui lo scostò con un gesto del braccio. Ci fu un attimo di silenzio, poi lo scoppio.
"HAAN!" L'Uchiha, si gettò ai piedi del televisore, afferrandolo con entrambe le mani ed iniziando a scuoterlo con insistenza, quasi a volerlo sradicare. Lo schermo da 102 pollici che ondeggiava pericolosamente, con il Dvd in pausa. "RIDAMMI HAN SOLO, BASTARDO!"
[Credo di averla scritta per un delirio di onnipotenza. Demenziale ma terribilmente verosimile, ne so qualcosa.]