Questa
storia stava marcendo nel mio hard-disk dall'anno scorso, temo. Temo
anche fosse un residuo della fantastica prima edizione di I
♥
Shipping di CoS e ora che l'ho ritrovata mi dispiace un sacco
non
averla terminata per tempo. È sempre colpa della vita
sociale da
quest'altra parte dello schermo. Mi pareva fosse una sfida
tristemente non portata a termine, ma non ricordo né di chi
né
quali fossero gli obblighi, mi dispiace tantissimo.
Tant'è
che questo è ciò che brucava nella zona
abbandonata dei miei
documenti, mi sono sentita in colpa ed eccola qui. Con questa salgo a
quota -140 altre ship da coprire. Ce la posso fare... eh, beh.
Racconti
di sabbia
Fan
fiction perdute nel tempo
*
Scacco
matto
Remus
Lupin/Lily Evans
L'eco
sordo dei passi di Remus pareva risuonare all'interno di quelle
pareti cupe come una marcia funebre. Camminava lentamente con quel
suo incedere calmo un po' tutto suo e le mani sprofondate nelle
tasche dei pantaloni, scrutando curiosamente le centinaia di sfere
luminescenti riposte sugli alti scaffali. Ne stava cercando una, ne
era certo, ma in quel momento non riusciva a ricordare quale.
Non
ricordava nemmeno quando e perché fosse entrato nell'Ufficio
Misteri.
Un'altra
volta.
«Remus?».
Rimase
impietrito. Sebbene fossero anni – secoli
– che non
sentiva il suono di quella voce, l'avrebbe riconosciuta fra centinaia
di altre donne: tuttavia, non era possibile. Lei non
poteva
essere lì, alle sue spalle, all'interno dell'Ufficio
Misteri... lei
sarebbe dovuta essere a Godric's Hollow, sotto tre metri di
terra.
Si
voltò con profonda cautela e trattenne il fiato. Lily Evans
era
proprio lì, davanti a lui, con i capelli ramati raccolti in
una
treccia e la spilla da Prefetto bene in vista sulla sua divisa di
Hogwarts. Quando lo vide, i suoi begli occhi verdi parvero incupirsi.
«Mi
dispiace, Remus» gli disse con un sorriso mesto.
Inizialmente,
Remus non riuscì a capire per quale motivo Lily dovesse
dispiacersi
per lui. Non capiva nemmeno perché lei fosse lì,
né come fosse
possibile che lui si trovasse all'interno di quel dannato Ufficio,
quando pochi istanti prima era a Hogwarts a combattere.
La
rivelazione lo colpì come una doccia gelida, mentre una
miriade di
immagini fluttuavano vorticose davanti ai suoi occhi. Hogwarts, i
Mangiamorte, la Torre Nord, le Acromantule, il duello con Dolohov...
Dolohov.
«Buon
Godric...» mormorò fra sé.
«Sono morto».
Lily
annuì una volta soltanto. Stava per aggiungere qualcosa,
quando
Remus fu travolto dall'agghiacciante consapevolezza che non sarebbe
tornato a casa, quella notte. Portò le mani al volto e
premette con
forza le palpebre, tentando di ricacciare indietro qualunque mostro
stesse risalendo la sua gola. Tonks lo aveva supplicato di
tornare con il loro bambino stretto fra le braccia. Aveva appoggiato
la fronte al suo petto, irrigidita in un pianto silenzioso e fiero e
lui le aveva giurato che sarebbe tornato da lei, in un modo o
nell'altro e a qualunque costo.
Ed
ora era morto.
Fu
in quel momento che lo sguardo gli ricadde casualmente sulle proprie
mani. Le sollevò davanti al volto, studiandole con aria
turbata.
Fissò entrambi i dorsi, i palmi e ogni singolo dito, senza
riuscire
a credere che quelle mani lisce e bianche appartenessero proprio a
lui. Ne portò al volto una e si sfiorò titubante
la mandibola: non
aveva un solo filo di barba. Si toccò il naso, la bocca, la
fronte e
più cercava di visualizzare nella mente il proprio aspetto,
più si
rendeva conto di non essere più lui.
«Sei
il Prefetto di Hogwarts, Remus» le spiegò Lily con
un sorriso,
camminando verso di lui e stringendogli con salda gentilezza la mano.
«Di nuovo».
«No,
Lily» ribadì con decisione lui. «Io non
posso morire».
«Lo
so. Lo abbiamo creduto tutti» rispose lei.
«Andiamo, Remus. Ci
stanno aspettando».
Lui
non si mosse di un centimetro.
«Perché
tu?» domandò a bruciapelo.
«Perché sei venuta proprio tu, perché
io ho ancora quindici anni? Perché non ci sono James e
Sirius,
qui?».
Lily
parve ferita dalle sue domande. Assottigliò minacciosamente
gli
occhi e lo fissò con un moto di improvviso astio.
«Sai
perfettamente il perché, Remus. D'altronde, sei sempre stato
tu, il
Malandrino intelligente».
Remus
fece una smorfia nauseata.
«Sono
passati anni, ormai, Lily...».
«Non
qui. Non in questo posto. Qui il tempo non esiste
più».
«Cosa
ti aspetti che faccia, quindi? Devo prenderti per mano e
trotterellarti dietro come se fossimo davvero due
adolescenti?
Devo chiederti di venire a Hogsmeade con me e fare a botte con
Prongs? Devo--».
«Devi
chiudere la partita. Con me, ora».
Lily
alzò l'indice e indicò un punto alle spalle di
Remus. Lui si girò
e sul suo viso comparve un'espressione imperscrutabile. Davanti ai
suoi occhi, in chissà quale momento, erano comparse due
belle
poltrone rosse che appartenevano alla sala comune di Grifondoro:
Remus non avrebbe potuto non riconoscerle. Fra loro, c'era un piccolo
treppiedi di mogano e una scacchiera dall'aspetto malandato.
Lily
si avvicinò a passo sicuro e si lasciò
sprofondare su una delle due
poltrone.
«Ricordi,
Remus? Era maggio e quella sera pioveva».
Remus
si avvicinò senza nemmeno rendersene conto e prese posto
davanti a
lei. Da qualche parte, in lontananza, gli pareva di sentire il
tintinnante rumore della pioggia che sbatteva contro i finestroni
della sala grande. Eppure, erano ancora lì, nell'Ufficio
Misteri,
circondati da profezie e polvere vecchie di secoli.
«Non
finimmo mai questa partita» continuò Lily,
fissando pensierosa i
pezzi della scacchiera. «Ricordi? Sirius fece esplodere una
decina
di Fuochi d'Artificio Freddi davanti alla porta del dormitorio delle
ragazze».
Remus
sorrise teneramente.
«Quell'idiota...
sperava che Mary MacDonald sarebbe scesa in mutandine»
commentò con
una risatina rassegnata, scuotendo appena il capo. «Alfiere
in C7».
Lily
ridacchiò candidamente.
«Ci
vollero ore prima di riuscire a spegnere il fuoco che aveva appiccato
al cappello di Sturgis. Cavallo in E3».
«E
delle mutandine di Mary MacDonald non vi fu nessuna traccia»
terminò
con tono nostalgico Remus. «Mi manca il tempo in cui
bastavano un
paio di Fuochi d'Artificio a strapparci una risata. Gli anni in cui
nessuno aveva ancora realizzato quanto grande realmente fosse la
minaccia di Lord Voldemort. Gli anni in cui eravamo tutti insieme, e
il mondo ci sembrava tanto più piccolo di noi».
Lei
lo fissò senza aggiungere una parola. Remus
continuò a scrutare le
caselle bianche e nere della scacchiera, nonostante avesse ormai
dimenticato quale mossa avesse intenzione di fare. Grazie a Lily, la
sua mente stava rivivendo i sette anni trascorsi ad Hogwarts ad una
velocità disarmante; difficile dire come fosse possibile che
non si
perdesse un qualche racconto e che lui, dopo una vita e dopo una
morte, ricordasse ancora ognuna delle fanciullesche avventure dei
Malandrini. Era così perso nei propri pensieri che si
accorse al
pelo delle goccioline che avevano iniziato a bagnare la vernice della
scacchiera.
Aggrottò
confuso le sopracciglia e rivolse a Lily un'occhiata interrogativa.
Lei alzò il capo al soffitto dell'Ufficio Misteri.
«Ricordi,
Remus? Era maggio e quella sera pioveva».
Remus
dischiuse le labbra, ma non trovò niente da dire.
Appoggiò a sua
volta la nuca al poggiatesta della poltrona e rimase lì,
immobile,
mentre la pioggerellina estiva gli bagnava il naso e gli zigomi,
mentre l'acqua fresca gli entrava nella camicia e l'odore di bagnato
si insinuava lentamente dentro di lui.
La
pioggia gli aveva sempre ricordato la cittadina di Kinsale, dove
aveva vissuto con la madre per gran parte della sua adolescenza.
Quando pioveva, a Kinsale, Remus aveva sempre l'abitudine di
spalancare il piccolo lucernario della sua camera. Sebbene
s'affacciasse su Pearse St., il vento riempiva la piccola soffitta
dove dormiva dell'aroma aspro del mare. L'olfatto sopraffino di
Remus, poi, riusciva a cogliere l'odore delle brughiere e delle
grandi vallate bagnate che circondavano la cittadina. In quei
momenti, desiderava con tutto se stesso poter essere lontano da
Pearse St. e dagli strilli dei pescatori che bevevano Guinnes al Blue
Haven, sotto casa sua. La pioggia aveva il profumo della
libertà, il
retrogusto amaro di qualcosa che in un'altra vita avrebbe potuto
afferrare e non mollare mai più.
«Perché
non mi hai mai invitato a Hogsmeade?» domandò Lily
con casualità.
«Ti avrei detto di sì e tu lo sapevi. Pedone in
D7».
«E
tu sapevi che non avrei mai avuto il coraggio di farlo. Non a James.
Torre in A3».
Lily
inclinò appena il capo e appoggiò il mento alla
mano con
espressione impenetrabile. Remus sollevò lo sguardo su di
lei,
realizzando per l'ennesima volta dopo una vita intera quanto fosse
bella. Aveva la bellezza frizzante e genuina delle brughiere
irlandesi, la freschezza d'animo della pioggia di Kinsale. Si chiese
cosa sarebbe cambiato, se solo le avesse permesso di entrare in
profondità nella sua vita, di aiutarlo ad afferrare quella
libertà
che da sempre gli era sfuggita. Lei parve leggergli nel pensiero
–
e forse fu proprio quello che fece.
«Avrei
davvero voluto andare a Hogsmeade con te, Remus. Una volta, due
volte, dieci volte... avrei potuto chiacchierare con te per altre
mille volte, e probabilmente non mi sarei mai
stancata».
«Era
così che doveva andare, Lily. Regina in F6».
«È
così che tu hai scelto».
«Non
capisco cosa tu voglia recriminarmi. Hai amato davvero
James e
continuerai ad amarlo esattamente come io continuerò ad
amare mia
moglie».
«Mi
avresti amato?».
La
domanda era arrivata talmente inaspettata che Remus non seppe cosa
dire per diversi minuti. Lily stava insinuando un numero
così grande
di ipotesi e assurdità che si ritrovò a pensare
che non sapesse
nemmeno lei dove aveva intenzione di concludere. Dove voleva
arrivare, con quelle intricate supposizioni? E lui, da quella cotta
adolescenziale che aveva messo a tacere per rispetto nei confronti di
James, avrebbe saputo realmente innamorarsi di lei? Le parole gli
uscirono dalla bocca prima ancora che terminasse di formulare il
pensiero.
«Eccome,
Lily... eccome».
Lily
sorrise.
«Alfiere
in C6. Scacco matto, Remus».
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