Gente,
vi chiedo immensamente scusa per il ritardo e... Vi lascio subito al
capitolo!
He was not there.
POV Kristen
"Kristen!"
"Ciao Claire. Posso entrare?"
La madre di Robert mi guardò con uno sguardo carico di
sorpresa ma, non appena fissò i suoi occhi nei miei,
capì subito che qualcosa non stava andando per il verso
giusto.
Quando Rob se n'era andato, ci avevo messo 3 giorni per capire che
dovevo andarmelo a riprendere. 3 giorni per capire che, con le mie
parole, gli avevo servito sul piatto d'argento un'uscita dalla nostra
casa e dalla nostra vita.
"Come mai a Londra, tesoro? e Rob? Ormai vi aspettavamo per Pasqua!"
Rob? Robert non era lì?
"Io.. son venuta per parlare con Rob. Lui davvero non è
qui?"
"No. Direi proprio che lui non è qui"
Lui non era lì. Non era a Londra. O forse sì. Ma
di sicuro non è a casa dei suoi.
stavo ancora assimilando la notizie quando sentii dei passi provenire
dalle scale. Non feci in tempo a voltarmi che un uragano mi
saltò addosso per abbracciarmi.
"Kristen! Oddio mi sei mancata in questi mesi! Come sta il mio nipotino
preferito,eh? E il mio fratellone?"
"Ehm... Io... non so dov'è. Credevo di tovarlo qui ma..."
"Come non sai dov'è?" chiese Lizzie alzando di qualche
ottava il tono di voce.
Feci segno di no con la testa abbassando lo sguardo che pian piano si
stava riempiendo di lacrime.
Lui non era qui e questa consapevolezza mi fece sentire la persona
più sola e sfigata sulla faccia della terra. Io non chiedevo
tanto. Volevo solo stare bene e avere un pò di
serenità con le persone che amavo. Volevo dimenticare quei
momenti terribili che adesso stavano rovinando la mia vita.
"Piccola, ma cosa è successo?"
"Io... Io l'ho praticamente cacciato di casa! E' questa la
verità. Sono stata una stupida! Una stupida! Ho inizio a
parlare a vanvera a sfogarmi su di lui. A dire che era tutta colpa sua
quello che era successo perchè lui non era
lì con me a proteggermi e... lui se n'è andato.
Son tre giorni che non lo sento. E non so dov'è. Speravo di
trovarlo qui e invece..." non riuscii più a proferire una
sola parola presa com'ero dai singhiozzi. Avevo bisogno di vederlo, di
sentirlo. Di sapere che stesse bene. E anche il mio bambino aveva
tremendamente bisogno del suo papà!
"Ho così tanta... tanta paura che gli sia successa qualcosa!"
"Ma no! No no! Non dire sciocchezze... Vedrai adesso lo chiamiamo e
risolviamo tutto"
Claire prese il telefono e compose con le mani tremanti il numero del
figlio. Si era preoccupara anche lei adesso. Aveva come un velo di
tristezza e panico su tutto il viso. Lizzie invece si era limitata a
starmi accanto e a tenermi la mano senza dire una sola parola.
A quella chiamata Rob non rispose e nemmeno a tutte le altre che
provarono a fare quel giorno e le mattina dopo.
Passai la notte a casa Pattinson e nonostante le forti insistenze di
Lizzie e Victoria per farmi dormire con loro, preferii riposare per
qualche ora nella camera del mio uomo. Mi era sempre piaciuto quel
letto. Era morbido, rilassante... E ci avevamo passato davvero un sacco
di tempo lì sopra. Avevamo riso lì sopra; avevamo
pianto, litgato, ci eravamo amati. Ma lo avevamo fatto sempre insieme.
Queste volta invece c'ero solo io a piangere e ad accanirmi con un
cuscino prendendolo a pugni.
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"Oh Buongiorno!"
Eccolo lì, il mio secondo papà. Mi bastava solo
una sua parola ed era come se riprendessi a sorridere automaticamente.
Il padre di Robert era una delle migliori persone esistenti sul pianeta
terra. Riusciva a coccolarti e a considerarti davvero come una figlia,
anche se in passato sei stata causa di tanta sofferenza per il figlio.
Mi precipitai tra le sue braccia, mentre il resto della famiglia era
intenta a fare colazione, e mi sentii protetta dal mondo intero.
"Quando ieri sera son tornato eri già in camera a dormire e
così ho preferito aspettare stamattina per salutarti"
"Non ho chiuso occhio per l'intera notte. Un pò di compagnia
mi avrebbe fatto bene" dissi con voce spenta dandogli un bacio sulla
guancia e sedendomi per fare colazione insieme agli altri.
"Sul serio non hai dormito per niente?" chiese con voce preoccupata
Victoria.
"Beh davvero vuoi farmi credere che non si nota dalle borse sotto gli
occhi?"
Sorrise leggermente prima di passarmi il telefono in mano.
"Abbiamo pensato che forse sarebbe meglio se chiamassi tu..."
"Io... davvero non me la sento. Lui è arrabbiato con me. Mi
starà odiando come mai prima d'ora."
"Mio figlio non ti odierebbe per nessun motivo al mondo! Tu sei la
persona più importante della sua vita e fidati se te lo
dico! Sei tu quella per cui ha mollato casa e famiglia per correre a
Los Angles. Sei tu quella per cui ha combattuto per più di
un anno prima di averti. Sei tu quella che lo ha salvato dall'alcool e
dalla strada che stava prendendo. Sei tu quella con cui sta costruendo
una famiglia. So che adesso ti sembrerà che la stia
distruggendo ma non è così. Lui... Ha solo avuto
un momento difficile ed è scappato. Prababilmente
avrà avuto paura e con questo non intendo giustificarlo!
Dico solo che... devo tranquillizzarti perchè
tornerà tutto apposto. Devi fidarti di me..."
Guardai Claire negli occhi e annuii impercettibilmente al suo discorso.
Era strano fare colazione a casa Pattinson senza avere Robert
accanto. Non era mai successo prima. Ma per loro non cambiava niente:
con o senza di lui accanto, mi consideravano sempre la salvatrice del
loro piccolo di casa,
la ragazzina che a 18 anni è antrata a casa loro
con una felpa di pail lunga fino alle ginocchia e con la mano
stretta stretta in quella di loro figlio. Sin da subito ero stata per
loro la quarta figlia da coccolare e viziare in tutti i modi; la
ragazza californiana che, a detta di Richard, "Aveva portato il sole in
casa". Sarei sempre stata loro grata per tutto il bene che mi volevano.
"Che ne dici se magari stamattina andiamo a fare shopping per il
bambino? Dai, magari ti rilassi un pò e..."
"Lizzie, a dire il vero avrei voglia di fare due passi da sola. Scusa
ma davvero ne ho bisogno..."
"Oh nono. Tranquilla.. Vai." Rispose sorridendo.
"Ok. Allora vado a prendere il cappotto. Ci vediamo dopo" sorrisi
impercettibilmente prima di uscire dalla cucina.
Fare due passi non era stata davvero una felice idea. Quelle strade,
quelle macchine, quelle nuvole... Ogni vicolo mi ricordava quegli
attimi di terrore e il fatto che io mi aggirassi in quelle zone ancora
una volta da sola, non metteva tranquilla neanche me. La
verità è che avrei voluto avere Robert accanto a
me. Pronto a stringermi la mano e farmi dimenticare quell'incubo che
m'inseguiva.
A volte può bastare un piccolo errore, un distrazione, una
differenza di qualche secondo. Era statao così. Se fossi
uscita di casa poco prima forse quel maniaco non sarebbe mai arrivato a
me.
E se adesso avessi guardato il semaforo anzichè
preoccuparmi delle lacrime che continuavano a scendere dai miei occhi,
forse non quel taxy non mi sarebbe finito addosso e forse il mio
bambino non avrebbe rischiato la vita.
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POV Robert
Fu come tornare indietro nel tempo. Un assurdo flashback che si faceva
spazio dentro me spaccandomi in due per il dolore.
Stesso ospedale.
Stessa persona lì ad aspettarmi.
Incubo diverso.
Un diverso che non aveva niente di nuovo.
Corsi a perdifiato fino alla clinica e poi sù per le scale.
Ironia della sorte volle che all'accettazione ci fosse proprio la
stessa infermiera che qualche mese fa mi aveva fatto passare in reparto
capendo il mio stato d'animo.
Mi trafisse con un'occhiata carica di tristezza e compassione e senza
che io proferissi parola mi indicò un medico poco lontano.
Lo raggiunsi e gli spuntai alle spalle proprio mentre si dedicava ad
un'attenta lettura di una cartella medica.
"Mi scusi... Salve io sono..."
"So perfettamente chi è lei!" esclamò con un tono
duro capace di far paura a chiunque.
"Vorrei sapere..."
"Sta bene. Tutti e due. Il bambino sta bene. E' stata un'ottima mamma:
l'ha saputo proteggere per bene. E' questo che voleva sapere?"
"Sì.. Io... Mi scusi perchè mi parla
così?
"Non parlo in nessun modo. Adesso ho da fare. Devo continuare il giro.
La stanza è l'ultima del corridoio. Ah e... Non si aspetti
una grande accoglienza."
Restai lì fermo quasi sconcertato dal tono e dalle parole
che quel medico aveva usato. Forse mi era soffermato davvero troppo su
quello per tralasciare la cosa più importante: il mio
bambino era salvo.
Con quella nuova consapevolezza camminai respirando profondamente fino
ad arrivare alla porta giusta. era socchiusa e sentivo le voci delle
mie sorelle e dei miei genitori mentre chiacchieravano tranquillamente,
forse per sdrammatizzare un pò la situazione.
Bussai lievemente e immediatamente il chiacchiericciò cesso
di esistere e tutti si voltarono nella mia direzione. Venni perforato
da otto occhi pungenti che trasmettevano odio come non mai. Ma non
erano quelli gli sguardi che mi interessavano. L'unico che davvero
contava per me non mi calcolava nemmeno di striscio.
Fissava fuori dalla finestra mentre vidi scendere due lacrime lungo il
suo viso e immediatamente mi sentii più verme di quanto lo
fossi sul serio.
"Posso entrare?" chiusi in un sussurro.
Come risposta ricevetti un sonore sbuffo da Lizzie che si
alzò per uscire "Se entri tu, io esco. Non ci sto nella
stessa stanza con te" sentenziò con tono brusco e scontroso.
Victoria la seguì a ruota, così come i miei
genitori. Nessun proferì parola a differenza di mia madre
che mi sfiorò il viso e sussurrò un "Non farlo
mai più".
Uscirono tutti e chiusero la porta alle mie spalle sulla quale io mi
appoggiai. Non avevo il coraggio di fare un solo passo.
Era lì davanti a me. Era distrutta e cosa ancora peggiora la
vedevo tremendamente sola e abbandonata a se stessa.
"Non mordo. Puoi anche sederti qui" disse a voce bassissima indicando
la sedia accanto al letto.
Presi un respiro profondo e a passi lenti mi avvicinai.
Stare di nuovo accanto a lei era quasi come riprendere a
respirare. Un respiro necessario per vivere ma che
contemporaneamente mi stava bruciando dentro.
"Ho... Incontrato il dottore fuori e..."
"Lui sta bene. Ho solo una gamba rotta, se sapere come sto io
t'interessa ancora"
"Kristen..."
"No, sta zitto. Non dire una parola." mi supplicò con quei
suoi occhi color smeraldo.
"Senti, io ti amo. Dico davvero. Non so cosa mi sia preso. Io..."
"Mi hai lasciata sola di nuovo"
"Lo so" ammisi abbassando gli occhi.
Era tremendamente vero: l'avevo lasciata sola. E per di più
non avevo scuse.
"Che hai fatto alla mano?" disse dopo un pò interrompendo il
silenzio.
"Ho preso a pugni una finestra" dissi sorridendo tristemente.
"Fà vedere"
Mi prese la mano e la sfioro lentamente quasi come se avesse al posto
delle dita delle piume.
"Ci vogliono dei punti. Sarà meglio che chiami un medico e
ti faccia dare un'occhiata..." disse spostandosi sulla sinistra per
suonare il campanello e chiamare un infermiere.
"No. Sta ferma. Non fare sforzi!" mi affrettai a dire velocemente
prendendola per le spalle per farla tornare ad una posizione di riposo.
Toccarla mi permise di sentire una scossa elettrica lungo tutta la
colonna vertebrale. Mi permise di sentirmi vivo.
Occhi negli occhi. Respiri che si confondono.
Ancora una volta noi.
Sentii delle dita familiari infilzarsi tra i miei capelli e
accarezzarli con movimenti fluidi e dolci. Istintivamente chiusi gli
occhi per godermi il momento di pura beatitudine.
"Ti prego non lasciarmi più sola" sussurrò con la
voce spezzata dal pianto.
Le carezzai il viso e feci segno di no con la testa, incapace di
aggiungere altro.
"... Questo bimbo sente la mancanza del suo papà quindi..."
"Anche voi mi siete mancati!" la strinsi sul mio petto respirando il
suo profumo che la abbandonava nemmeno in ospedale.
"Mi dispiace mi dispiace mi dispiace" cantilenai sul suo collo,
riempiendoglielo di baci.
"Mi è sembrato di stare in apnea in tutti questi giorni.
Senza di te non respiro. Mi manca l'aria. Mi manca la terra da sotto i
piedi"
"Ti giuro che non andrò mai più via. Te lo
prometto!" la rassicurai.
E immediatamente mi resi conto che mai e poi avrei potuto farle di
nuovo del male.
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