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Autore: Lelenu    26/06/2012    5 recensioni
Indubbiamente sono fortunata ad avere la mia vita piena di fottutissime cose materiali.
Sono fortunata ad avere persone che mi vogliono bene.
Sono fortunata ad essere bella.
Ma quando questa fortuna ti si ritorce contro che si fa? Quando tutte le cose belle che hai sono la causa della tua distruzione, come ci si sente?
Quando quella bellezza di cui tutti parlano e che tutti ti invidiano viene violata, come puoi continuare a guardarti allo specchio?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kristen Stewart, Robert Pattinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gente, vi chiedo immensamente scusa per il ritardo e... Vi lascio subito al capitolo!
         

He was not there.








POV Kristen


"Kristen!"
"Ciao Claire. Posso entrare?"
La madre di Robert mi guardò con uno sguardo carico di sorpresa ma, non appena fissò i suoi occhi nei miei, capì subito che qualcosa non stava andando per il verso giusto.
Quando Rob se n'era andato, ci avevo messo 3 giorni per capire che dovevo andarmelo a riprendere. 3 giorni per capire che, con le mie parole, gli avevo servito sul piatto d'argento un'uscita dalla nostra casa e dalla nostra vita.
"Come mai a Londra, tesoro? e Rob? Ormai vi aspettavamo per Pasqua!"
Rob? Robert non era lì?

"Io.. son venuta per parlare con Rob. Lui davvero non è qui?"
"No. Direi proprio che lui non è qui"
Lui non era lì. Non era a Londra. O forse sì. Ma di sicuro non è a casa dei suoi.
stavo ancora assimilando la notizie quando sentii dei passi provenire dalle scale. Non feci in tempo a voltarmi che un uragano mi saltò addosso per abbracciarmi.

"Kristen! Oddio mi sei mancata in questi mesi! Come sta il mio nipotino preferito,eh? E il mio fratellone?"
"Ehm... Io... non so dov'è. Credevo di tovarlo qui ma..."
"Come non sai dov'è?" chiese Lizzie alzando di qualche ottava il tono di voce.
Feci segno di no con la testa abbassando lo sguardo che pian piano si stava riempiendo di lacrime.
Lui non era qui e questa consapevolezza mi fece sentire la persona più sola e sfigata sulla faccia della terra. Io non chiedevo tanto. Volevo solo stare bene e avere un pò di serenità con le persone che amavo. Volevo dimenticare quei momenti terribili che adesso stavano rovinando la mia vita.

"Piccola, ma cosa è successo?"
"Io... Io l'ho praticamente cacciato di casa! E' questa la verità. Sono stata una stupida! Una stupida! Ho inizio a parlare a vanvera a sfogarmi su di lui. A dire che era tutta colpa sua  quello che era successo perchè lui non era lì con me a proteggermi e... lui se n'è andato. Son tre giorni che non lo sento. E non so dov'è. Speravo di trovarlo qui e invece..." non riuscii più a proferire una sola parola presa com'ero dai singhiozzi. Avevo bisogno di vederlo, di sentirlo. Di sapere che stesse bene. E anche il mio bambino aveva tremendamente bisogno del suo papà!

"Ho così tanta... tanta paura che gli sia successa qualcosa!"
"Ma no! No no! Non dire sciocchezze... Vedrai adesso lo chiamiamo e risolviamo tutto"
Claire prese il telefono e compose con le mani tremanti il numero del figlio. Si era preoccupara anche lei adesso. Aveva come un velo di tristezza e panico su tutto il viso. Lizzie invece si era limitata a starmi accanto e a tenermi la mano senza dire una sola parola.

A quella chiamata Rob non rispose e nemmeno a tutte le altre che provarono a fare quel giorno e le mattina dopo.
Passai la notte a casa Pattinson e nonostante le forti insistenze di Lizzie e Victoria per farmi dormire con loro, preferii riposare per qualche ora nella camera del mio uomo. Mi era sempre piaciuto quel letto. Era morbido, rilassante... E ci avevamo passato davvero un sacco di tempo lì sopra. Avevamo riso lì sopra; avevamo pianto, litgato, ci eravamo amati. Ma lo avevamo fatto sempre insieme. Queste volta invece c'ero solo io a piangere e ad accanirmi con un cuscino prendendolo a pugni.



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"Oh Buongiorno!"
Eccolo lì, il mio secondo papà. Mi bastava solo una sua parola ed era come se riprendessi a sorridere automaticamente.
Il padre di Robert era una delle migliori persone esistenti sul pianeta terra. Riusciva a coccolarti e a considerarti davvero come una figlia, anche se in passato sei stata causa di tanta sofferenza per il figlio.
Mi precipitai tra le sue braccia, mentre il resto della famiglia era intenta a fare colazione, e mi sentii protetta dal mondo intero.
"Quando ieri sera son tornato eri già in camera a dormire e così ho preferito aspettare stamattina per salutarti"
"Non ho chiuso occhio per l'intera notte. Un pò di compagnia mi avrebbe fatto bene" dissi con voce spenta dandogli un bacio sulla guancia e sedendomi per fare colazione insieme agli altri.
"Sul serio non hai dormito per niente?" chiese con voce preoccupata Victoria.
"Beh davvero vuoi farmi credere che non si nota dalle borse sotto gli occhi?"
Sorrise leggermente prima di passarmi il telefono in mano.
"Abbiamo pensato che forse sarebbe meglio se chiamassi tu..."
"Io... davvero non me la sento. Lui è arrabbiato con me. Mi starà odiando come mai prima d'ora."
"Mio figlio non ti odierebbe per nessun motivo al mondo! Tu sei la persona più importante della sua vita e fidati se te lo dico! Sei tu quella per cui ha mollato casa e famiglia per correre a Los Angles. Sei tu quella per cui ha combattuto per più di un anno prima di averti. Sei tu quella che lo ha salvato dall'alcool e dalla strada che stava prendendo. Sei tu quella con cui sta costruendo una famiglia. So che adesso ti sembrerà che la stia distruggendo ma non è così. Lui... Ha solo avuto un momento difficile ed è scappato. Prababilmente avrà avuto paura e con questo non intendo giustificarlo! Dico solo che... devo tranquillizzarti perchè tornerà tutto apposto. Devi fidarti di me..."

Guardai Claire negli occhi e annuii impercettibilmente al suo discorso. Era strano  fare colazione a casa Pattinson senza avere Robert accanto. Non era mai successo prima. Ma per loro non cambiava niente: con o senza di lui accanto, mi consideravano sempre la salvatrice del loro piccolo di casa, la ragazzina che a 18 anni è antrata a casa loro con una felpa  di pail lunga fino alle ginocchia e con la mano stretta stretta in quella di loro figlio. Sin da subito ero stata per loro la quarta figlia da coccolare e viziare in tutti i modi; la ragazza californiana che, a detta di Richard, "Aveva portato il sole in casa". Sarei sempre stata loro grata per tutto il bene che mi volevano.

"Che ne dici se magari stamattina andiamo a fare shopping per il bambino? Dai, magari ti rilassi un pò  e..."
"Lizzie, a dire il vero avrei voglia di fare due passi da sola. Scusa ma davvero ne ho bisogno..."
"Oh nono. Tranquilla.. Vai." Rispose sorridendo.
"Ok. Allora vado a prendere il cappotto. Ci vediamo dopo" sorrisi impercettibilmente prima di uscire dalla cucina.


Fare due passi non era stata davvero una felice idea. Quelle strade, quelle macchine, quelle nuvole... Ogni vicolo mi ricordava quegli attimi di terrore e il fatto che io mi aggirassi in quelle zone ancora una volta da sola, non metteva tranquilla neanche me. La verità è che avrei voluto avere Robert accanto a me. Pronto a stringermi la mano e farmi dimenticare quell'incubo che m'inseguiva.

A volte può bastare un piccolo errore, un distrazione, una differenza di qualche secondo. Era statao così. Se fossi uscita di casa poco prima forse quel maniaco non sarebbe mai arrivato a me.
 E se adesso avessi guardato il semaforo anzichè preoccuparmi delle lacrime che continuavano a scendere dai miei occhi, forse non quel taxy non mi sarebbe finito addosso e forse il mio bambino non avrebbe rischiato la vita.



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POV Robert






Fu come tornare indietro nel tempo. Un assurdo flashback che si faceva spazio dentro me spaccandomi in due per il dolore.
Stesso ospedale.
Stessa persona lì ad aspettarmi.
Incubo diverso.
Un diverso che non aveva niente di nuovo.

Corsi a perdifiato fino alla clinica e poi sù per le scale. Ironia della sorte volle che all'accettazione ci fosse proprio la stessa infermiera che qualche mese fa mi aveva fatto passare in reparto capendo il mio stato d'animo.
Mi trafisse con un'occhiata carica di tristezza e compassione e senza che io proferissi parola mi indicò un medico poco lontano. Lo raggiunsi e gli spuntai alle spalle proprio mentre si dedicava ad un'attenta lettura di una cartella medica.
"Mi scusi... Salve io sono..."
"So perfettamente chi è lei!" esclamò con un tono duro capace di far paura a chiunque.
"Vorrei sapere..."
"Sta bene. Tutti e due. Il bambino sta bene. E' stata un'ottima mamma: l'ha saputo proteggere per bene. E' questo che voleva sapere?"
"Sì.. Io... Mi scusi perchè mi parla così?
"Non parlo in nessun modo. Adesso ho da fare. Devo continuare il giro. La stanza è l'ultima del corridoio. Ah e... Non si aspetti una grande accoglienza."
Restai lì fermo quasi sconcertato dal tono e dalle parole che quel medico aveva usato. Forse mi era soffermato davvero troppo su quello per tralasciare la cosa più importante: il mio bambino era salvo.

Con quella nuova consapevolezza camminai respirando profondamente fino ad arrivare alla porta giusta. era socchiusa e sentivo le voci delle mie sorelle e dei miei genitori mentre chiacchieravano tranquillamente, forse per sdrammatizzare un pò la situazione.
Bussai lievemente e immediatamente il chiacchiericciò cesso di esistere e tutti si voltarono nella mia direzione. Venni perforato da otto occhi pungenti che trasmettevano odio come non mai. Ma non erano quelli gli sguardi che mi interessavano. L'unico che davvero contava per me non mi calcolava nemmeno di striscio.
Fissava fuori dalla finestra mentre vidi scendere due lacrime lungo il suo viso e immediatamente mi sentii più verme di quanto lo fossi sul serio.


"Posso entrare?" chiusi in un sussurro.
Come risposta ricevetti un sonore sbuffo da Lizzie che si alzò per uscire "Se entri tu, io esco. Non ci sto nella stessa stanza con te" sentenziò con tono brusco e scontroso.
Victoria la seguì a ruota, così come i miei genitori. Nessun proferì parola a differenza di mia madre che mi sfiorò il viso e sussurrò un "Non farlo mai più".

Uscirono tutti e chiusero la porta alle mie spalle sulla quale io mi appoggiai. Non avevo il coraggio di fare un solo passo.
Era lì davanti a me. Era distrutta e cosa ancora peggiora la vedevo tremendamente sola e abbandonata a se stessa.
"Non mordo. Puoi anche sederti qui" disse a voce bassissima indicando la sedia accanto al letto.
Presi un respiro profondo e a passi lenti mi avvicinai.
Stare di nuovo accanto a lei era quasi come riprendere a  respirare. Un respiro necessario per vivere ma che contemporaneamente mi stava bruciando dentro.
"Ho... Incontrato il dottore fuori e..."
"Lui sta bene. Ho solo una gamba rotta, se sapere come sto io t'interessa ancora"
"Kristen..."
"No, sta zitto. Non dire una parola." mi supplicò con quei suoi occhi color smeraldo.

"Senti, io ti amo. Dico davvero. Non so cosa mi sia preso. Io..."
"Mi hai lasciata sola di nuovo"
"Lo so" ammisi abbassando gli occhi.
Era tremendamente vero: l'avevo lasciata sola. E per di più non avevo scuse.

"Che hai fatto alla mano?" disse dopo un pò interrompendo il silenzio.
"Ho preso a pugni una finestra" dissi sorridendo tristemente.
"Fà vedere"
Mi prese la mano e la sfioro lentamente quasi come se avesse al posto delle dita delle piume.
"Ci vogliono dei punti. Sarà meglio che chiami un medico e ti faccia dare un'occhiata..." disse spostandosi sulla sinistra per suonare il campanello e chiamare un infermiere.
"No. Sta ferma. Non fare sforzi!" mi affrettai a dire velocemente prendendola per le spalle per farla tornare ad una posizione di riposo.
Toccarla mi permise di sentire una scossa elettrica lungo tutta la colonna vertebrale. Mi permise di sentirmi vivo.

Occhi negli occhi. Respiri che si confondono.
Ancora una volta noi.

Sentii delle dita familiari infilzarsi tra i miei capelli e accarezzarli con movimenti fluidi e dolci. Istintivamente chiusi gli occhi per godermi il momento di pura beatitudine.

"Ti prego non lasciarmi più sola" sussurrò con la voce spezzata dal pianto.
Le carezzai il viso e feci segno di no con la testa, incapace di aggiungere altro.
"... Questo bimbo sente la mancanza del suo papà quindi..."
"Anche voi mi siete mancati!" la strinsi sul mio petto respirando il suo profumo che la abbandonava nemmeno in ospedale.
"Mi dispiace mi dispiace mi dispiace" cantilenai sul suo collo, riempiendoglielo di baci.

"Mi è sembrato di stare in apnea in tutti questi giorni. Senza di te non respiro. Mi manca l'aria. Mi manca la terra da sotto i piedi"
"Ti giuro che non andrò mai più via. Te lo prometto!" la rassicurai.
E immediatamente mi resi conto che mai e poi avrei potuto farle di nuovo del male.


  
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