Ehi, non è
così difficile.
Grosso modo è
così che si potrebbero
riassumere i miei pensieri in questo momento, mentre, sorseggiando la
mia coca cola, ascolto l'avvocato raccontarmi bizzarri aneddoti sul
suo lavoro.
Ha un bel
modo di parlare: un tono
rilassato, che però riesce a a dare la giusta intensità ad ogni
frase, rendendo i suoi racconti davvero piacevoli.
Mi sta
raccontando di una causa di
divorzio a cui ha lavorato qualche tempo fa, nel quale il fulcro
della diatriba tra i due contendenti era il piccolo pechinese Maxie,
per cui moglie e marito avevano speso dovizia di lacrime e urla
durante gli incontri nel suo ufficio.
Mi ritrovo
con il sorriso sulle labbra
senza neanche rendermene conto.
Sì, è facile,
decisamente facile.
Mi sono fatta
mille problemi per
niente. A quanto pare, ho ancora qualche asso nella manica, per
quanto riguarda l'interazione con il prossimo: riesco a fare
conversazione molto meglio di quanto mi credessi in grado. O, forse,
è soltanto l'avvocato a mettermi incredibilmente a mio agio.
Strano:
credevo che sarei stata agitata
e avrei farneticato frasi senza senso, e invece ogni parola mi è
uscita dalla bocca in tutta naturalezza, da quando ci siamo visti.
Ho
accantonato tutte le mie fisime
sull'inesperienza in un angolo del mio cervello, per potermi godere
appieno questa serata.
Ecco, una
nota per il mio ego di
scrittrice: non è così difficile. Gli
appuntamenti sono piacevoli, ed è piacevole chiacchierare con la
persona che piace.
Quindi,
in
definitiva, è tutto decisamente più semplice di quanto mi sembrasse
e, soprattutto, di quanto venga descritto solitamente nei romanzi
d'amore.
Parola
d'ordine: semplicità.
Un'interazione tra due persone normali all'insegna della normalità.
Potrei
propormi
questo, per il mio libro, ma piacerebbe davvero una storia così
piatta? Senza triangoli amorosi, grandi tragedie e diatribe?
E'
assurdo: più il
tempo passa, più torno a sbattere la testa contro gli stessi
ostacoli, senza fare il minimo progresso. Neppure questa mia nuova e
inaspettata vita sociale sembra dare i suoi frutti, dopotutto. Mi
tornano in mente le parole della mia fan intelligente: i lettori non
voglio una storia realistica, perché di realistico c'è già la
realtà.
Forse
ora, per la
prima volta, comincio a comprenderne il senso.
Che
nessuno mi
fraintenda, questa serata mi sta piacendo un sacco, e probabilmente
non mi divertivo tanto dai tempi dei miei primi successi letterari;
adoro questa normalità, questa facilità di interazione. La domanda
è: quanto può essere interessante una storia di questo genere? Può
davvero appassionare, pur raccontando vicende vissute da tutti?
Finora
mi sono
sempre posta il problema di creare una trama verosimile, ma forse ora
comincio a capire il punto di vista di chi vuole leggere storie più
romanzate, rispetto alla realtà. Certo, senza scadere nell'assurdità
come nei romanzi del mio caro collega...
-Scusami,
l'ho
fatto ancora-, dice l'avvocato. -Mi sono messo a parlare di lavoro e
mi sono trasformato nell'avvocato noiosissimo che sono. Accidenti,
non avresti dovuto scoprirlo così presto!-
Rido,
sentendomi un
po' in colpa: in realtà sono ad io, ad essermi persa a vagheggiare
sul mio lavoro. Meglio non ammetterlo, però, o verrebbe fuori il
discorso “storia d'amore”, che avrebbe risvolti quanto meno
imbarazzanti.
-Nessuna
noia,
anzi-, rispondo. -Mi sembrava una storia piuttosto avvincente. La
terrò in mente per qualche futuro romanzo-.
-Oh,
se dovrai mai
scrivere un libro su coppie di mezza età in crisi e divorzi
coloriti, sai a chi rivolgerti come fonte-.
Mi
sfugge un'altra
risata, mentre la cameriera ci porta le pizze (una normale Prosciutto
e funghi per me, e una normalissima Quattro stagioni per l'avvocato:
niente nomi fantasy, come promesso).
Sto
ridendo davvero
un sacco, stasera: spero di non suonare incredibilmente sciocca come
la mia ex compagna di classe dalla risata facile. Oddio, non voglio
trasformarmi in un'ochetta!
-Come
stanno i miei
cari ex compagni di classe?-, chiedo, cogliendo lo spunto di
conversazione che mi è venuto in mente.
L'avvocato
aspetta
di aver finito di masticare la sua fetta di pizza prima di
rispondere: che gentleman, dovrò fare anch'io attenzione a non
ruminare come una portuale mentre mi avvento sulla mia cena.
-Benone,
direi.
Credo che manchi poco alla fine del loro tirocinio. Restano ancora un
po' basiti di fronte a certi individui e alle pretese che avanzano,
ma nel complesso se la cavano bene-.
Evito
di approfondire il discorso chiedendogli se la mia cara amica
civetti ancora con lui ogni due per tre: non sarebbe carino sparlare,
né rivelarmi subito come l'acidona che sono.
-Ti
prego, non
lasciare che ricominci con gli aneddoti sul lavoro. Raccontami
qualcosa tu del tuo, che è sicuramente più interessante-.
-Ultimamente
è ben
poco interessante, fidati-, rispondo, con un sorriso, mentre taglio
un'altra fetta di pizza.
-Blocco
dello
scrittore? Colpa del romanzo d'amore?-
Mi
sfugge il
coltello di mano. Credo anche mi si sia disegnata una perfetta “O”
sul viso, perché l'avvocato ride sommessamente.
-Ma
come fai a...-
-La
tua pagina
Facebook- risponde, prima che finisca la domanda. -Tempo fa avevi
chiesto aneddoti amorosi ai fan-.
Oh,
è vero. Merda,
mi ero totalmente dimenticata della stupida pagina Facebook di cui
anche lui è fan.
Così
sa del
romanzo rosa: uhm, meglio cercare di cambiare in fretta argomento, o
finiremo incastrati in una conversazione che decisamente non voglio
avere.
-Ecco,
a
proposito-, dico, svelta, -non mi hai mai spiegato come conosci i
miei libri-.
Lui
ridacchia.
-Credevi
che
leggessi solo il codice civile?-
Touché,
avvocato.
Come
farti capire,
senza sembrare una deficiente, che con il tuo completo elegante e la
tua cravatta scura non hai esattamente l'aspetto di uno che, tornato
a casa, si mette a leggere avventure fantasy?
-Devi
sapere che io
ho una doppia vita-, riprende, serissimo, togliendomi d'impiccio.
Io
lo guardo
sinceramente incuriosita, mentre prendo un sorso d'acqua.
-Di
giorno, sono un
avvocato dedito al lavoro, impegnato fino a tarda sera con
improbabili divorzi ed intricate cause di eredità-. Fa una pausa ad
effetto. -Ma quando torno a casa, mi libero di questa identità e...-
Di
nuovo si
interrompe per creare suspense, e a me sfugge una risata nervosa per
il sentirmi puntati addosso i suoi begli occhi color nocciola.
Si
allenta il nodo
della cravatta con fare teatrale: immagino non abbia idea di quanto
sexy sia quel gesto. Pare agire in tutta innocenza, e anche questi
suoi racconti romanzati non hanno nulla a che spartire con le pose da
diva del mio caro collega – al diavolo, perché mi viene da fare il
paragone con quello.
-Di
notte mi
trasformo in accanito giocatore di videogiochi-.
La
sorpresa ritarda
la mia risata di qualche secondo. Questa proprio non me l'aspettavo:
l'avvocato è pieno di sorprese. O, forse, sono stata io a giudicare
ancora una volta il libro dalla copertina.
In
fondo, di lui so
davvero poco, se non che è un avvenente avvocato con qualche anno
più di me. A conti fatti, potrebbe anche essere un serial killer.
Okay, forse sto esagerando, ma è indubbio che di sicuro è pieno di
difetti che io, abbagliata dal suo bel viso e dalla sua abilità di
conversatore, ancora non scorgo. Magari è qualche perversione strana
o, che so, gli puzzano tremendamente i piedi.
Oh
Signore, ma
perché mi ritrovo intrappolata in queste pare mentali proprio ora
che sono in sua presenza e tutto sta andando a meraviglia? Non mi ero
detta che è tutto facile? E allora perché incasinarsi la vita con
problemi che neanche sussistono (ancora)?
Per
fortuna ci
pensa lui a riportare la serata sui giusti binari, riprendendo il
discorso:
-Non
sono un
grandissimo lettore, ho poco tempo e quando torno a casa preferisco
staccare la spina, ma sono “Star Nine” è uno dei miei giochi
preferiti-.
Ecco
il nesso
libri-videogiochi: “Star Nine” è un mio romanzo di fantascienza
da cui è stato tratto un videogame per PC, a cui ho provato a
giocare anch'io con scarsi risultati.
-Mi
sono
incuriosito e ho letto anche il libro, poi ho comprato il seguito-,
conclude infatti lui. -Però non ho mai letto tutti i tuoi altri
romanzi, e non li conosco se non di nome, mi dispiace-.
-Figurati!-
mi
schernisco io. -Non devi mica leggerli per farmi un piacere. Al
contrario, non mi sarei mai aspettata che avessi letto sul serio
qualcosa di mio-.
Lui
sorride. Oh, ha
proprio un bel sorriso, l'ho già detto?
-Per
quanto possa
contare il parere di uno che di letteratura se ne intende ben poco,
mi sono piaciuti molto-.
Questa
volta sono
io a sorridere: riesce a dire la cosa giusta con una facilità
disarmante. Probabilmente neppure si rende conto di quanto mi
facciano piacere le sue parole e i suoi sorrisi; sicuramente ignora
quanto questo incontro all'insegna di normalità e naturalezza stia
dimezzando il mio bagaglio personale di ansie e complessi.
Continuiamo
a
cenare chiacchierando del più e del meno. Saltano fuori un paio di
aneddoti degli anni del liceo – e credo traspaia almeno in parte la
scarsa simpatia che nutro per i suoi colleghi junior, ma lui non fa
commenti – e mi ritrovo senza troppo sforzo a rivangare ricordi che
sembrano appartenere a un tempo diverso.
Ad
un certo punto
mi viene da pensare che quest'appuntamento, forse, sarebbe uno di
quegli eventi adatti a quell'epoca, e non a questa, ma è solo un
flash, che incrina per una manciata di secondi l'appassionato
racconto di una gita scolastica e mi lascia vagamente stordita, come
se mi trovassi nel posto sbagliato al momento sbagliato; poi torno a
concentrarmi sul momento, e la serata fila liscia finché non andiamo
alla cassa.
Insisto
per pagare
la mia parte, e non devo battagliare molto per convincere l'avvocato.
Il mio metal detector per difetti si chiede se sia a favore della
parità tra i sessi o solo un po' tirchio, ma poi mi scrollo di dosso
il pensiero e tiro fuori i soldi che devo.
Fuori
dalla
pizzeria, c'è una lieve aria settembrina. L'estate sta finendo, e in
questi tre mesi non ho fatto alcun progresso con il mio romanzo; in
compenso, ho incontrato l'autore de “L'amore di noi due” e avuto
un appuntamento con un bell'avvocato. Com'è strana la vita, eh?
-Dove
hai la
macchina?-, mi chiede il mio appuntamento.
-Oh.
Da nessuna
parte. Non ce l'ho, la macchina-.
Lui
sgrana gli
occhi stupito: più o meno è sempre questa la reazione quando
qualcuno scopre che alla mia veneranda età non ho ancora la patente
e che, cosa più importante, riesco benissimo a sopravvivere senza.
-Sono
venuta in
autobus-, aggiungo, prima che faccia una domanda ovvia.
-Allora
vieni, ti
do un passaggio a casa-, dice lui, senza la minima esitazione.
Ecco,
com'era ovvio
aspettarsi.
-Ma
no, non è
assolutamente necessario. La fermata dell'autobus è qui a due passi
e il servizio a quest'ora è più che buono-.
-Mi
occuperò anche
di diritto civile, ma ho ben presenti le statistiche di rapine e
violenze. E' da pazzi girare da soli a quest'ora, specie per una
ragazza-.
Mi
mordo il labbro,
combattuta.
Da
una parte, il
passaggio mi farebbe comodo – anche se lui sta decisamente
esagerando, dato che sono appena le dieci e mezza e in giro ci sarà
pieno di vecchiette che portano a spasso il cane – e sarebbe un
pretesto per chiacchierare ancora un po'. Sarei contenta se la serata
si protraesse ancora un po', dato che per ora nessuno ha parlato di
ripetere l'esperienza.
D'altro
canto,
però, il farmi accompagnare sotto casa in macchina mi sa decisamente
di cosa troppo intima. Troppo da
appuntamento, ecco, dove con il termine intendo cena che si
conclude con scambio di saliva proprio in auto. Abbiamo già
l'elemento cena e io, sinceramente, vorrei evitare il
conseguente scambio di saliva.
Mi
chiedo se sia
sua abitudine baciare le ragazze al primo appuntamento. Una volta
avevo letto in qualche rivista che è norma baciarsi al terzo
appuntamento, ma si trattava di sicuro di qualche rivista da
adolescenti; chissà, a quest'età, come funziona.
Oddio,
e se si
aspettasse che lo inviti a salire per dell'altro?
“Hai
il modo di rapportarti al tuo prossimo che avrebbe un'adolescente
priva di esperienza del mondo, lo sai?”
Mio
malgrado,
mi tornano in mente le parole di Satana: in questo momento mi
sembrano più vere che mai. Sono intrappolata in un dilemma dettato
proprio dal fatto che non so come funzionino queste dinamiche e, per
questo, mi cruccio forse anche più del dovuto.
-Ehi,
tutto
okay?- Lo sguardo sollecito dell'avvocato mi riscuote dai miei
drammi. -Sei un po' pallida, motivo in più per accompagnarti a casa.
Su, non fare storie-.
Mi
arrendo
all'evidenza. In fondo sembra proprio un gentiluomo e non è il caso
di rovinare una serata così piacevole mettendomi a pestare i piedi
come una bambina.
Lo
seguo alla
macchina – di cui non riconosco la marca, ma che sembra decisamente
meno sfarzosa di quella del mio collega – e salgo in silenzio.
L'intero
tragitto è decisamente più silenzioso del resto della serata: mi
limito a dare indicazioni per arrivare a casa mia, mentre il mio
cervello lavora freneticamente su un modo rapido e cortese di
congedarmi prima di dare impressioni sbagliate.
Improvvisamente
un evento piacevole fino a pochi minuti fa mi sembra essersi
trasformato in una trappola mortale, da cui fuggire al più presto.
Allo stesso tempo, c'è una piccola parte di razionalità che
sopravvive in un angolino del mio cervello – la stessa che mi
diceva di non bidonare l'avvocato la scorsa settimana – che mi
avverte di non rovinare tutto con la mia inadeguatezza.
Penso
con
tutte le mie forze a qualcosa da dire, ma all'improvviso non trovo
argomenti. Il panico è arrivato, alla fine: be', meglio ora che a
inizio serata.
-Qui?-
mi
chiede, fermando la macchina davanti al mio portone.
Ecco
il
momento: dovrei prendere la borsa, salutare e filare, ma le mie gambe
non sembrano della stessa opinione.
-Sì...-
dico, e la voce mi esce moscia come quella di una bambinetta idiota.
Cerco di ridarmi un tono: -Grazie per il passaggio e per la
compagnia-.
Lui
sorride:
mi sembra quasi sollevato della mia ritrovata parlantina.
-Grazie
a te.
Spero ci saranno presto altre occasioni per ripetere l'esperienza-.
Mentre,
stupidamente, cerco una frase con cui replicare adeguatamente – Lo
spero anch'io? Contaci? – lui si sporge verso di me.
D'istinto
mi
irrigidisco, ma le sue labbra sfiorano soltanto la mia guancia,
rapide e disinteressate, lasciandosi dietro una traccia di dopobarba
elegante.
Camuffo
il
mio sciocco di disagio con un sorriso, sperando che lui non abbia
notato il mio essere tesa come una corda di violino.
Ci
auguriamo
la buonanotte a vicenda; poi io scendo e lo saluto con la mano mentre
fa retromarcia.
Quando
mi
chiudo il portone alle spalle, tiro un sospiro di sollievo.
E'
andata.
E
anche
questa è andata \o/
Ringrazio
di
cuore tutti coloro che hanno recensito lo scorso capitolo, sia i
nuovi che i vecchi lettori. So che in molti volevano vedere una scena
di trucco e parrucco con Satana che imbellettava la nostra
Scrittrice, ma non era in programma: scoprirete quanto ci ha messo lo
zampino nel prossimo capitolo.
In
questo
volevo finalmente dare un po' di spazio all'avvocato: ribadisco
ancora una volta che la narrazione è filtrata dal punto di vista
della protagonista, quindi se ha dato l'impressione di essere troppo
perfetto, è perché al primo appuntamento la nostra Scrittrice lo
vede così, ecco xD
A
proposito
di primo appuntamento: è filato tutto liscio, più o meno. Questo
perché, secondo me, spesso le cose si rivelano decisamente più
facili a farsi di quanto non sembrino a dirsi. Spero di non avervi
annoiato con un appuntamento tanto banale X°D
Vi
aspetto
per il prossimo capitolo e sulla mia solita pagina
Facebook per ogni aggiornamento :D
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