La prima cosa di cui si rese conto
nello svegliarsi fu un
sommesso raschiare non troppo distante da sé, che gli
carezzava le orecchie
mentre gli occhi restavano ostinatamente chiusi.
La seconda cosa fu che non si trovava a casa sua.
Non era la prima volta che trascorreva la notte fuori, quindi forse sua
madre
non aveva ancora avvertito tutta la popolazione femminile di Skjiord
dell'accaduto, ma era un imprevisto.
E a Kyoya non piacevano gli imprevisti, neanche un po'.
Solitamente chiunque si fosse macchiato della colpa di deviare anche
solo
minimamente i suoi piani sarebbe stato pestato seduta stante, mentre,
constatò
Hibari aprendo gli occhi, l'uomo che lo stava assillando da tempo
immemore era
ancora tutto intero.
Rannicchiato accanto a lui e con la schiena appoggiata alla parete,
aveva
appena alzato lo sguardo dal suo quaderno, posandolo sul suo.
-Kyoya, buong...-, la voce di Dino venne soffocata da una cuscinata
piuttosto
violenta.
-Che ci faccio qui-, sibilò l'altro, improvvisamente seduto
a gambe incrociate
davanti al padrone di casa.
-Beh, ieri ci siamo addormentati entrambi dopo...-, al Cavallone
bastò
un'occhiata furente del ragazzo per lasciar cadere l'argomento -Emh,
guarda
qui!-.
Rivolse il quaderno verso di lui, tenendo il pollice tra le due pagine
e
rivolgendogli un sorriso soddisfatto.
Sulla carta era tracciato il volto addormentato di Hibari, immobile in
un'espressione stranamente pacifica e ombreggiato da una frangia
disordinata.
Il guardiano scrutava in suo modello inconsapevole da sopra il
quaderno, in
attesa di un commento.
Kyoya si limitò a pigiargli il blocchetto sul naso e
voltargli le spalle
bruscamente.
-Dovresti smetterla di disegnarmi senza permesso-.
-Eh? Ma fai delle facce così carine quando sei tranquillo!-.
Forse gli ricordava Leo, si ritrovò a pensare distrattamente
il più giovane con
una sospetta fitta alla bocca dello stomaco.
-Non si usa fare colazione qui?-, glissò, per poi scendere
dal materasso con un
salto e avviarsi verso il tavolinetto nel vano cucina.
Udì i passi di Dino dietro di lui, seguiti dal rumore dal
cigolio dello
sportello della credenza.
-Oggi avrai l'onore di gustare il caffé espresso
all'italiana, altro che quella
brodaglia imbevibile che bevete qui-, ridacchiò lo
straniero, intento a
sciacquare una caffettiera di metallo insolitamente lucido e riempirla
di
polvere scura.
Le iridi grigie di Hibari osservavano vigili ogni suo movimento, come
quelle di
un gatto, finché non gli venne servita una tazzina sbeccata
ma fumante davanti.
Arricciò il naso, colpito dall'odore insolitamente forte
della bevanda, e
rivolse all'altro un'occhiata indagatrice mentre mescolava lo zucchero
in
entrambe le tazze.
Il Cavallone ricambiò lo sguardo con aria sorniona, per poi
iniziare a sorbire
il suo espresso in silenzio, aspettando che lui si decidesse a fare
altrettanto.
Dopo qualche altro istante di contemplazione silenziosa, Kyoya si
portò il
bordo della tazzina alle labbra e mandò giù una
sorsata bollente, pentendosene
l'attimo dopo.
Il liquido caldo gli bruciò la lingua e il sapore amaro
sembrò aggredirgli
tutto il palato.
Dino per poco non si strozzò nel vederlo storcere il viso,
improvvisamente
congestionato, e tossicchiare indignato.
-È un bevanda troppo da erbivori?-, chiese, la voce
incrinata dal vano
tentativo di trattenere la ridarella.
Per tutta risposta ricevette un calcio ben assestato da sotto il tavolo.
-Okay, okay-, mugolò conciliante, per poi andare a prendere
qualcosa dal frigo
e tornare verso di lui.
-Forse con questo ti piacerà di più-,
rimuginò, versando del latte fresco nella
tazzina e stando attento a non farla straripare.
Hibari si concentrò sulle volute biancastre che il liquido
disegnava nel caffé
nel tentativo di ignorare il volto carico di aspettativa chino su di
lui e,
dopo aver deglutito a vuoto un paio di volte, si decise a bere di nuovo.
Niente sorprese sgradite, solo un tepore dal retrogusto pungente, ma
piacevole.
Un po' come le labbra del guardiano, ma questo sarebbe rimasto
confinato nella
sua mente ancora per molto.
Vuotò la tazza in pochi sorsi, lo sguardo perso nel cielo
terso che faceva
capolino oltre le piccole finestre del faro.
-Ho sentito che oggi tornano le sterne-.
Le parole si persero nel tepore della timida estate di quei luoghi,
appena accennate
in tono casuale, fino a depositarsi come polvere sulla pelle di Dino,
facendolo
trasalire appena.
-Dal promontorio si dovrebbero vedere bene, no?-, provò a
dissimulare, mentre
nella testa tornava a rimbombargli il frastuono delle onde.
Kyoya annuì in silenzio, per poi spostare lo sguardo su
quello del Cavallone
che, avrebbe giurato, in quel momento sembrava in balia delle onde,
come quello
dei pescatori di Skjiord quando non potevano uscire in barca.
-Saranno molto stanche-, commentò senza scomporsi -meglio
portarsi dietro del
pane-.
L'altro impiegò qualche istante a registrare ciò
che aveva appena sentito, poi
sgranò gli occhi, di nuovo calmi, e spalancò la
bocca in un incredulo sorriso
da orecchio a orecchio.
-Dovrei averne un po'!-.
Se si escludeva la spiaggetta del porto, Skjiord aveva accesso al mare
solo da
una scoscesa scogliera di pietra scura, perennemente intaccata dalle
onde e
coperta di spuma.
Ed era da un punto relativamente basso della scogliera che in quel
momento
ciondolavano le gambe di Hibari e Dino, già ricoperte di
schizzi salati.
-Tutto questo-, esordì l'italiano -Non mi piace-.
Stringeva convulsamente tra le dita un sacchetto pieno di pane e
trasaliva ogni
volta che un'ondata più forte delle altre si infrangeva
sugli scogli sotto di
loro.
Faceva quasi tenerezza.
Un improvviso stridio coprì lo sbuffo esasperato di Kyoya,
seguito dal frullio
leggero di ali che sbattevano nel cielo.
Uno stormo di uccelli bianchi sorvolò le loro teste,
planando sull'erba accanto
a loro o sugli scogli più in basso in un'incessante
cacofonia di richiami, battiti
d'ali e onde.
Il Cavallone, improvvisamente calmo, aprì frettolosamente il
quaderno a una
pagina bianca e iniziò a tracciare quanti più
schizzi possibili, seppure
approssimativi, delle sterne che gli svolazzavano attorno, le labbra
schiuse in
un sorriso infantile e gli occhi sgranati.
-Guarda che becchi rossi!-, esclamava ridacchiando ogni tanto -E le
piume nere
sul capo sono così carine, me le ricordavo bene!-.
Per un attimo Hibari si chiese dove altro le avesse mai viste, dove
l'avessero
portato le mareggiate in cui annegava ogni giorno, poi scosse la testa
e
scacciò il pensiero.
-Perché pensi che viaggino così tanto?-, chiese
invece, lanciando qualche
briciola nella loro direzione.
-Beh, è ovvio-, l'altro si grattò il mento con
aria pensierosa -Lo fanno per
trovare un posto migliore dove fare il nido-.
-Ma alla fine tornano sempre qui, no?-.
Ora aveva due iridi scure e perplesse fisse su di sé,
probabilmente in attesa
di capire dove volesse andare a parare (cosa che non sapeva neanche
lui).
-Per quanto si affannino a cercare condizioni migliori-
tentò di spiegare
-Sentono il bisogno di tornare a casa, non possono continuare a
viaggiare
ininterrottamente-.
Si schiarì la gola e tossicchiò; non era abituato
a parlare così a lungo, di
solito per farsi capire gli bastavano violenza e occhiatacce.
Eppure, si rese confusamente conto mentre il grido di una sterna gli
perforava
le orecchie, in quel momento Dino lo stava abbracciando, o meglio
stritolando
tra le braccia tremanti e già incrostate di salsedine, il
volto premuto contro
il suo collo.
Altra cosa a cui non era abituato.
Si lasciò sfuggire un sospiro strozzato, per poi mordersi
immediatamente le
labbra nell'avvertire il viso dell'altro scendere impercettibilmente
verso una
spalla.
-Tu pensi che io possa trovare una casa dove riposare?-.
La sua voce gli arrivava attutita, soffocata dalla sua stessa pelle.
-Per forza, razza di stupido-, borbottò contrariato -E poi
qui hai preso un
impegno, non puoi andartene-.
Il Cavallone ridacchiò sommessamente e Kyoya fu percosso da
un brivido non del
tutto spiacevole nel punto in cui il suo fiato l'aveva carezzato, cosa
che fece
alzare lo sguardo del guardiano su di lui.
Si limitò a restare immobile e osservarlo diventare
più calmo mentre si
avvicinava alle sue labbra, fino a sfiorarle con le proprie.
Nell'attimo quasi inesistente prima del bacio, si chiese se non fosse
stato il
caso di scostarsi, lasciarlo continuare a fuggire e riempire pagine su
pagine
di ricordi che non voleva, poi gli gettò le braccia al collo.
Fu un bacio di quelli che ti accolgono sulla porta di casa dopo una
lunga
assenza, dal sapore dolce ma allo stesso tempo quasi spaesato, fatto di
labbra
che premono le une contro le altre a un soffio dal mordersi, di mani
che
stringono e spalle che tremano.
È un bacio che ancora ricorda, riflette Hibari accovacciato
davanti alla
finestra, trasalendo come se si fosse appena svegliato.
Ricorda che poi una sterna gli si è posata sulla testa, Dino
ha riso a
crepapelle e lui l'ha picchiato.
Si lascia sfuggire un sorrisetto divertito, che l'altra persona nella
stanza
non manca di notare.
-A che stai pensando?-.
La voce del Cavallone è allegra, forse addirittura velata di
malizia, come è
sempre stata da quando ha deciso di stabilirsi a Skjiord.
A volte ha ancora momenti in cui le ondate del suo mare personale lo
assalgono,
ma Kyoya non lascia mai che anneghi.
-A quanto fossi uno stupido erbivoro-.
Una risata divertita pervade il faro, coprendo per un istante il
mormorio del
mare e il fruscio del guardiano che si alza e gli va vicino.
-Perché, adesso non lo sono?-, mantiene un sorrisetto che
l'altro ha sempre
trovato piuttosto irritante e che gli fa guadagnare un pizzico sul naso.
-Prima eri molto peggio-, sentenzia Hibari, senza riuscire a nascondere
una
punta di ironia malinconica.
Dino gli si siede accanto e lancia uno sguardo dal vetro prima di
appoggiare il
capo sulla sua spalla.
-Oggi arrivano le sterne, vero?-, chiede, gli occhi che adesso vagano
per la
stanza fino a posarsi su uno scrittoio vicino al tavolo pieno di suoi
vecchi
quaderni.
-Così sembra-.
-Gli portiamo il pane?-.
Kyoya sbuffa.
-Tanto mi assillerai finché non ti dico di sì-.
-Come sempre-.
Questa volta sorridono entrambi, le dita intrecciate davanti alle
pagine su cui
sono disegnati ricordi che non fanno più male.
Yu's corner.
Chiedo umilmente perdono per il ritardo, miei erbivori!
La scuola e gli impegni stanno facendo i bulli, non è colpa
mia. ;A;
Comunque, siamo giunti all'ultimo capitolo di questa storia.
Spero che vi sia piaciuta e che abbiate trovato questa conclusione
degna del
resto, dal canto mio sento che Skjiord mi mancherà
tanterrimo.
Ciancio alle bande e alle lacrimette commosse, ringrazio di cuore
chiunque
abbia seguito la mia fanfiction e alla prossima!
Bye bye,
Yu.
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