Sognando 8
Avviso: Questo non
è l'ultimo capitolo.
La nostra piccola città era rimasta identica a come
l'avevamo lasciata, no non era cambiata lei, eravamo cambiate noi.
Avevo appena lasciato il taxi che ci aveva accompagnate dall'aeroporto
fino a una via precisa da me indicata: decisi di fare i pochi metri
fino a casa a piedi mentre Meg rimase a bordo. Ci saremo chiamate fra
qualche ora.
Ero li, nella via, con la mia valigia in una mano e un mucchio di
nostalgia nell'altra, percorrevo la strada guardando a destra e
sinistra: c'erano piccoli negozietti di souvenir per i turisti,
fiorai, il fornaio dove mi ero sempre fermata a fare due chiacchiere...
anche allora mi fermai.
« Lexi! Da quanto tempo non ti si vede qui in
giro!» Mi
salutò Salvatore, intento a mettere a posto un paio di
baguettes
« Ho fatto una vacanza a Los Angeles, son tornata proprio
ora» Risposi senza un particolare tono di voce
« Una vacanza, che bello... Vorrei tanto farne una anche io,
ma qui
c'è sempre da lavorare cara ragazza, beh ma almeno domani ci
si
riposa un po'!»
« Non lavori domani Sal?» Chiesi, dopotutto era un
giorno feriale. Mercoledì per la precisione.
« Tu sei stata via un po' e ti sei già dimenticata
tutto!
Domani c'è la festa, ci si diverte» Rise
sonoramente. Ma certo, la festa.
L'indomani ci sarebbe stata una piccola festa del quartiere, cibo e
bevande ovunque, luci da tutte le parti, musica, gente, molta gente.
Mi
piaceva quella festa, ma non allora. In quel momento, una festa non era
per niente nelle mie priorità.
« Allora divertiti Sal!» Gli sorrisi
« Tu non ci fai un salto?»
« Non credo, sarò sicuramente stanca.»
Scosse la testa e
mi salutò entrando dentro il suo negozietto e dicendo frasi
del
tipo "voi giovani siete sempre più stanchi di noi..."
Gli feci un cenno con la mano e proseguii dritta fino a casa. Casa
dolce casa, come si dice. Anche se non era tanto "dolce", piuttosto era
molto vuota.
« Dovrei prendermi un gatto.» Dissi ad alta voce
mentre lanciavo la valigia sul mio letto.
Mi guardai un po' intorno e mi resi conto che la mia casetta era
più piccola della stanza dell'hotel a LA, risi per un po'.
Si,
era piccola ma accogliente.
Dopo aver messo i vestiti nell'armadio mi buttai in cucina, dove
ritrovai il mio portatile abbandonato sul tavolo.
Decisi di dargli un'
occhiata, mi ero completamente dimenticata di chi ci fosse come
sfondo.
Quegli occhi, quel naso... quel sorriso che avevo potuto ammirare a
pochi centimetri da me.
Cambiai sfondo, subito.
Ma ovviamente neanche il mio pc mi dava tregua: quando aprii internet
si
aprirono in automatico pagine e pagine su Johnny a cui ero iscritta, da
brava fan maniaca.
Johnny, Johnny ovunque.
Non avrei mai pensato che essere una sua fan mi avrebbe "rovinato" la
vita. Chiusi immediatamente tutto, anche il computer, vederlo in quel
momento era l'ultima cosa di cui avevo bisogno.
Riuscivo a trovare una
sola cosa positiva in tutto
questo: Goffarda mi aveva abbandonato. Forse ora
era lei quella in vacanza... e la capivo benissimo, nessuno avrebbe
voluto essere nella mia testa in quei momenti.
Essendo passato un po' di tempo dal mio ritorno decisi finalmente di
chiamare Megan, che rispose dopo un paio di squilli.
« Hey...»
« Hey. Che combini?» Chiesi, sentendola un po'
spenta
« Niente di che, tolgo ragnatele e farfalle dall'armadio. E
anche un
po' dal mio stomaco.» Si lasciò sfuggire una
risatina
« Fai bene. Io l'armadio l'ho già rianimato, ora
devo solo decidere quale insetticida bere»
« Il DDT è ottimo! Come stai Lex?»
« Mh. Credo che i miei neuroni non abbiano ancora elaborato
la cosa... Tu?»
« In depressione. Come un Winnie Pooh senza miele.»
Risi, non
perdeva mai il senso dell'umorismo, neanche quando era a terra.
Rimanemmo al telefono per un po', ricordando tutti i bei momenti, tutte
le figuracce fatte, giusto per tirarci su di morale. Riattaccammo
all'ora di cena, ci saremo risentite in un altro momento.
Quella sera pioveva e io avevo la mente completamente vuota per
fortuna, avevo deciso di lasciare tutto al giorno dopo, avrei iniziato
da capo: col lavoro, con gli amici, con l'amore, con la vita in
generale; ma almeno per quella sera volevo solo sorseggiare il mio the
e fissare la pioggia che striava lentamente la finestra della mia
camera.
La mattina dopo fui svegliata dalla canzone che avevo messo per le
chiamate sul cellulare, all'inizio credetti di sognare, poi
però
sentendo che non finiva di squillare mi arresi
« Pronto?» Risposi con la voce impastata
« Lexi! Ho saputo che sei tornata, mai che avvisi tu eh...
come
stai?» Li per li non capii con chi stavo parlando e dopo la
stupida
domanda scoprii che era Giulia, la piccola ragazza che avevo conosciuto
il primo anno in cui mi ero trasferita in Italia.
Avevamo fatto tutte
le scuole insieme, ma una volta finita la scuola ci perdemmo di vista,
tutte e due massacrate dal mondo del lavoro.
« Allora, voglio che mi racconti proprio tutto! Ci vediamo
stasera,
va bene? C'è anche la festa.» Feci una smorfia
sentendo la
parola "festa", ero ancora convinta che non mi sarei divertita molto,
ma non potevo rifiutare l'invito di Giulia, non ci vedevamo da un sacco
di tempo...
« Mmm... e va bene. Verso le cinque al
"Caffè&Caffè" ok?»
« Perfetto, a stasera!»
Attaccai il telefono e andai verso la cucina in cerca di qualcosa da
mangiare, non avevo mica pensato che dovevo far la spesa visto che la
casa era completamente vuota di ogni cosa.
Mi vestii in
fretta, misi una tuta molto anonima e via, verso il supermercato
più vicino.
Mentre rovistavo in uno scaffale alla ricerca della farina sentii un
tonfo sordo e potente nella corsia vicina, mi guardai intorno: non
c'era anima viva la dentro.
Pensai che un qualcosa fosse caduto
dall'altra parte mentre io prendevo la farina, magari l'avevo urtato
per sbaglio... decisi così di andare nell'altra corsia per
rimettere a posto prima che una qualsiasi commessa isterica mi desse il
tormento.
C'erano due pacchi di cereali sparsi per il pavimento. Ma i
cereali non erano quattro corsie più avanti?
Raccolsi comunque le due
scatole e le poggiai, qualcuno che lavorava li
prima o poi le avrebbe notate e messe al loro posto.
Anche se in realtà io sembravo l'unica anima in pena in quel
mini-market.
Tornai a prendere il mio cestello della spesa e controllando che non
mancasse niente mi diressi alla cassa più vicina. Non c'era
davvero nessuno eh, nemmeno la cassiera: aspettai un bel po' prima che
questa si facesse viva, scusandosi.
« Mi perdoni, un cliente mi ha trattenuta!» Si
affrettò a dire
« Cliente? Perché, c'è qualcun altro
qui oltre
noi?» Scherzai, ma ebbi il presentimento che non
afferrò il
mio umorismo.
Mise nervosamente la spesa nei sacchetti e mi sorrise quasi per
congedarmi. Era parecchio strana, quella donna.
Quando uscii mi girai per darle un'ultima occhiata, ma proprio in quel
momento sentii di nuovo cadere qualcosa da una delle corsie.
La cassiera si voltò verso quella direzione, poi tornando a
guardare me, fece un sorrisetto nervoso che non me la raccontava
giusta, ma lasciai
stare.
Pensai che come minimo ero finita in una candid camera, o
qualcosa di simile.
Prima di tornare mi decisi a fare una piccola tappa all'edicola
più vicina: forse in qualche giornale avrei trovato degli
annunci di lavoro.
Entrai e mi feci spazio tra la gente per avvicinarmi alla pila di
giornali.
Presi il primo, come mi voltai però, tutti gli altri
caddero per terra.
« Oddio, mi scusi!» Blaterai rivolgendomi al
proprietario, mentre nel frattempo li rimettevo a posto
Quando mi misi in fila per pagare vidi davanti a me Vogue, la mia
rivista preferita. Dovevo assolutamente comprare anche quella, un po'
di gossip non fa mai male... Allungai
il braccio fino a prenderla e, come era giusto che accadesse, quando
ritrassi il braccio tutte le riviste che erano sul bancone caddero a
terra.
« MACCHECAVOLO!» Sbottai. Possibile che avessi
talmente tanta
sfiga addosso che ogni cosa cadeva appena le passavo vicino?!
« Suvvia stia un po' attento, che diamine!»
Sbottò anche
il proprietario, che non so per quale motivo mi scambiò per
un
uomo
« Sarò anche in una tuta schifosa e senza un filo
di trucco,
ma da qui a darmi dell'uomo ce ne vuole!» Lo fulminai.
Lasciai sia
il giornale che Vogue sul bancone e uscii irritata. Da dentro l'edicola
si scatenò una serie di risate.
Bah, ridete pure. Sfigati.
Avevo ancora la sensazione di essere in un qualche scherzo televisivo,
o era così, oppure la sfigata ero io.
Un trillo attirò la mia attenzione: mi stavano chiamando,
era Megan.
« Ciao bambola!» Disse subito
« Ehilà, dimmi tutto»
« Come va oggi, meglio?» Sembrava più
serena della sera precedente, funzionavamo al contrario noi
« Non proprio, sono anche perseguitata dalla
sfiga!» Le raccontai
del supermercato e di come gli oggetti fossero improvvisamente attratti
dalla forza di gravità al mio passaggio. Si mise a ridere,
ma anche a lei
sembrava strana la cassiera. Mah.
Aveva chiamato per sapere se sarei andata alla festa quella sera, e con
la solita smorfia risposi di si
« Perfetto, allora ci vediamo li, un bacione Lex»
« A stasera Winnie!»
Le cinque meno dieci e io ero ancora in pigiama. Cercando
lavoro su internet avevo proprio perso la cognizione del tempo...
Mi gettai in doccia e mi vestii con dei jeans scuri, una canotta e
sopra una maglietta color panna: non mi era mai piaciuta molto, aveva
una forma strana e le maniche si
allargavano dal gomito in giù. Era anche troppo leggera per
quel tempo, ma la misi lo stesso.
Io so perché
la metti... uhuhu
Oh no, Goffarda! Ancora tu!
Certo cara, io sono
sempre qui, che credevi?!
Credevo di essermi liber-ehm, no niente.
Comunque ti sta davvero
bene la maglia, è molto mmm... piratesca.
Taci. Non è vero.
Quando arrivai al Caffè&Caffè trovai
Giulia fuori che
mi aspettava, mi scusai per la mezz'ora di ritardo ed entrammo.
« Due cappuccini grazie» Ordinò lei
sorridente
« Allora -continuò- com'è andata a LA?
Dai racconta!»
« Se proprio ci tieni Giù...» Le
raccontai tutto, dallo
strafigo incontrato in aereo allo shopping, dal cancello degli studios
a Brigitte, da Orlando Bloom a Johnny Depp.
Non so dire che effetto mi fece rivivere tutto quello, un mix tra
malinconia e gioia allo stato puro: si alternavano.
Passarono ore e lei stette li ad ascoltarmi, facendo cadere fili di
bava sul cappuccino
ormai freddo.
« Io non ci posso credere.» Furono le uniche parole
che le
uscirono di bocca. Già, anche io non ci potevo credere,
eppure
era tutto vero.
Bevve un sorso di cappuccino e fece per aprire la bocca e parlare
« No Giù, non voglio parlare di Johnny
adesso.» Risposi a una domanda che sarebbe arrivata di li a
poco
« Ah, va bene. Dai usciamo di qui, la festa è
iniziata.
Godiamocela.» Mi sorrise a trentadue denti e uscimmo dal
Caffè.
Fummo subito investite da un mucchio di persone, sbattute qua e la fino
a trovare un punto libero dove poter camminare. Finimmo in una delle
vie principali ornata da piccole luci gialle che illuminavano le
bancarelle piene di ogni cosa, da oggetti inutili a vestiti orrendi, da
pop
corn a zucchero filato... Continuavamo a camminare beandoci di
quell'atmosfera che ricordava
molto il periodo prima di natale, ma nessuno correva alla ricerca di
regali, le persone erano più calme e sembravano ipnotizzate
da
tutto quello che le circondava.
Io no, io avevo la testa altrove e
continuavo a guardami dietro. Non sapevo il perché, ma
qualcosa
mi diceva che dovevo girarmi di tanto in tanto.
« Ma che cerchi?» Mi chiese Giulia, dopo la
milionesima volta che vedeva le mie spalle
« Controllo che non mi sia caduto niente dalla
borsa...»
« Si certo, l'hai già detta questa.
Ritenta.» Rise lei prendendomi in giro
« Ok, ok -mi arresi-... ho come la sensazione di avere
qualcuno dietro. Hai presente quella sensazione, no?»
« Certo, avrai qualcosa tipo cinquecento persone dietro.
Siamo in mezzo a una folla, Lex!»
Aah, ma che glielo dico a fare, pensai. Io mi sentivo davvero qualcuno
dietro, e non erano certo le cinquecento persone che diceva Giulia.
« Ooh fermiamoci un attimo qui, voglio prendere delle
caramelle
gommose!» Giulia e la sua passione per quelle caramelle.
A me dopo
un po' danno nausea e poi chissà che c'è li
dentro,
bleah. Ma ovviamente in tanti anni non sono mai riuscita a convincerla
di smettere di mangiarle quindi mi fermai.
Eravamo ormai alla fine
della via, alla fine delle bancarelle: c'era meno gente li, e meno
luce.
Per evitare di mettermi in mezzo a una fila infinita e rimanerci
incastrata dentro la lasciai andare da sola e feci per andare a sedermi
su un gradino, ma un infarto improvviso mi bloccò li
dov'ero:
avevo visto un viso fin troppo familiare tra la folla, un viso fin
troppo conosciuto per potersi permettere di stare li in mezzo.
Ma non c'era più, era stato un attimo: sparito dietro a un
palloncino lasciato volare per sbaglio dalla mano di un bambino.
Sono pazza, oh si lo sono, è impossibile. L'ho visto solo io
quindi è impossibile.
Ma l'ho visto anche io,
quel naso... quegli occhi... e i baffetti!
Goffarda, tu sei me! Se son pazza io sei pazza tu, chiaro?!
Buttai l'occhio su Giulia, che era sempre allo stesso punto della fila
per le caramelle e poi tornai a guardare la folla: no, quel viso non
c'era più.
Eppure sembrava li due secondi fa... No Lex, non era lui, pensaci: sei
in Italia e ed è pieno di gente. Sono già due
cose che
non vanno d'accordo con quel nome.
Eppure...
« Lexi!» Trasalii sentendo qualcuno urlare il mio
nome,
così smisi di guardare a caso nella folla e iniziai a
cercare
chi mi aveva chiamato.
« Sono dietro di te.» Mi voltai di scatto,
trovando Megan che ridacchiava da sola.
« Oh, ciao! Mi hai chiamato tu, vero?» Chiesi, con
aria speranzosa e un po' paranoica
« Certo... Chi altri? Ma stai bene?»
« Benissimo. Hai visto Giulia?» Sembrava a me, o
stavo passando per deficiente?
« Ehm, non conosco nessuna Giulia, Lex.»
« Perfetto, allora devi conoscerla!» Sì,
stavo passando per deficiente.
Presi Megan e insieme tirammo fuori Giulia da quella fila infinita,
senza caramelle.
Le feci conoscere e Giulia fu contenta di aver davanti la "famosa Megan
di LA", di cui aveva solo sentito parlare, così insistette
per
risentire la nostra avventura anche da lei. Povera Giù, non
immaginava che per noi raccontare tutto quello faceva riaffiorare
ricordi belli quanto brutti.
Iniziammo a camminare su e giù per le strade, e Megan
cedette alle sue suppliche.
La mia parte già la sapeva, e il bello è che
avevo
parlato più di Meg che di me, non immaginavo che la mia
amica
facesse la stessa cosa: raccontando più di me che di lei.
Così, tra qualche occhiata omicida fra noi due, Giulia
conosceva finalmente ogni particolare.
« Solo una cosa» Esordì dopo qualche
secondo di riflessione « Come avete potuto lasciarli
così?!» Già
Lex, come avete potuto?
Goffy, inizi a stancarmi.
Non sapendo cosa rispondere oltre al tipico "è
più
complicato di quanto sembri" iniziammo a ridere della faccia di Giulia,
che probabilmente ci avrebbe uccise allora, se ci fosse stata.
« Ragazze, sono quasi le tre. Vorrei davvero restare, ma
domani
lavoro e il sonno inizia a farsi sentire!»
Esclamò,
lasciandoci poco dopo e facendoci promettere che gli avremmo telefonato
- a Orlando e Johnny, ovviamente-.
Quando fu andata via, inutile dire che avevamo già cestinato
la promessa senza pensarci due volte.
« Chissà che direbbero, se li
chiamassimo.» Sospirai, davanti ad un cocktail che avevamo
preso nel pub vicino.
« Qualcosa come: " Oh, il viaggio è andato bene?!
Cavolo, e
noi che avevamo dirottato l'aereo nella speranza che
cadesse!"»
Commentò Meg con un occhiolino. Già,
probabilmente
sarebbe andata a finire così!
« Credo che anche per noi sia ora di tornare a casa, Lex. E'
praticamente mattina...» Sorrise poco dopo. In effetti erano
le
quattro e mezza del mattino... E anche se io non avevo un lavoro ad
aspettarmi tra qualche ora, lei si.
« Si hai ragione, è abbastanza tardi.»
Accordai. Pagammo ed uscimmo dal pub.
Dopo un pezzetto di strada assieme io e Megan ci separammo per tornare
ognuna a casa propria, o nel proprio letto, vista la stanchezza...
Decisi di andare a piedi anche quella notte, perché avrei
comunque fatto prima che aspettando un taxi.
Le strade si erano svuotate e oltre a qualche gruppetto di persone qua
e la non c'era più nessuno; ero piuttosto in pace con me
stessa, finché non sentii dei passi svelti dietro di me.
Sembravano avvicinarsi sempre di più e ebbi un flashback di
quello che mi aveva detto Megan poco prima: "E' meglio che non vai a piedi
da sola, non si sa mai..."
Certo che me l'aveva proprio tirata, e mannaggia a me che non ascolto
mai i consigli!
Ma ormai era fatta: ero da sola, alle quattro del mattino, con qualcuno
che mi seguiva dietro. Che potevo fare?
Corri sciagurata!!!
Fu l'unica volta forse, che ascoltai e presi alla lettera Goffarda.
Iniziai prima ad accelerare il passo, ma vedendo che la persona dietro
di me non si dava per vinta e riuscivo ad intravvederne anche l'ombra,
cominciai a correre, per quanto le scarpe non proprio da tennis me lo
permettevano.
Finalmente vidi la porta del mio palazzo, che spalancai per buttarmici
dentro non appena possibile richiudendola subito con due mandate di
chiave.
Ero tutta intera per fortuna.
Casa dolce casa...
Salve a
tutte, o tutti, non lo so... Come ho detto ad inizio capitolo: questo
non è l'ultimo, non disperate! *Seh, come se qualcuno lo
facesse...*
Lo so, lo so, avevo promesso che sarebbe arrivato preso, e invece no.
Avevo promesso che sarebbe stato l'ultimo, e invece no... Sono una
persona orribile!
E' che questa storia mi sta dando parecchi inconvenevoli, diciamo
così. Senza contare il fatto che come ho riletto questo
capitolo -che era quasi finito da anni, scusate...- mi son detta: "Come
diavolo mi è saltato in mente? Come ho fatto a scrivere tali
oscenità?!" E poi sono entrata in depressione pensando che
se "l'ultimo" era scritto tanto male, figuriamoci il primo... *Non ve
ne frega niente? Bene.*
Anyway, vi spiego perché non è l'ultimo: Tutto
è iniziato quando sono nata... no, scherzo.
Però ho sempre avuto un problema mentre scrivevo,
ovvero non dare mai tempo al tempo e fare tutto di fretta.
Quindi ho deciso -per vostra sfortuna- di fare una specie di capitolo
di transizione. *Vi autorizzo a fucilarmi*
So che fa abbastanza ribrezzo quindi potete tranquillamente dirmelo, ma
anche se fa schifo lo devo postare, perché sono arrivata
alla conclusione che prima finisco questo scempio meglio
sarà!
Non ho altro da dire in mia difesa. Sono pronta all'essere condannata,
un bacione.
June.
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