Conseguenze
inaspettate
Dalla
cartella clinica di Harlock
Ore
23.10 secondo il fuso terrestre
La
temperatura del capitano continua ad aumentare. Quando è
arrivato in
infermeria superava di poco i 38° C. Sono passate meno di due
ore ed
è quasi 40°. Nonostante gli antipiretici. Poco fa
gli ho
somministrato la dose massima di Zakimin consentita, ma il
paracetamolo non ha avuto nessun effetto significativo, se non quello
di tenere la febbre al di sotto dei 41°, almeno per adesso.
Le pulsazioni sono
molto accelerate e il battito è aritmico. Sto cercando di
tenere il
suo cuore sotto osservazione tramite l’elettrocardiogramma,
ma non
è facile perché il dolore e gli spasimi
improvvisi gli impediscono
di restare fermo nel letto.
E’ cosciente
solo a tratti.
Ore
24.00 secondo il fuso terrestre
La temperatura è
aumentata di nuovo, mantenendosi però di poco al di sopra
dei 41°.
Da quando il capitano è stato portato qui, Mime non lascia
mai
l’infermeria e fin’ora è stata una
preziosa assistente. Mi ha
aiutato meglio di quanto avrebbe potuto fare Masu-san, troppo piccola
per darmi una mano a tenere fermo il capitano nel suo letto, o Yuki,
che con i suoi sensi di colpa rischiava di avere un crollo
psicologico nel vedere Harlock in queste condizioni. Ho detto che me
la sarei cavata da solo e l’ho mandata a riposare, ma non
credo
riuscirà a dormire, povera ragazza.
Ho lasciato a
Mime il compito di eseguire delle spugnature di acqua fresca al
capitano: pur non essendo cosciente, credo preferisca di gran lunga
le affusolate mani di lei alle mie, per quanto siano più
esperte.
Il battito resta
molto accelerato e aritmico, le contrazioni muscolari improvvise non
sono ancora cessate. Ho prelevato del sangue per analizzarlo ma
è
difficile avere un quadro chiaro del tipo di contaminazione che il
capitano ha subito: le sostanze presenti su Eden sono così
misteriose e si comportano in modi talmente imprevedibili che non
sono in grado di immaginare quali saranno le conseguenze di questo
contagio. Ammesso che Harlock sopravviva. E’
un’eventualità che
la mia mente si rifiuta di considerare ma, come medico, non posso
fare a meno di ritenerla uno degli esiti possibili di un quadro
clinico così difficile.
Ore
01.40 secondo il fuso terreste
Il capitano dorme,
finalmente. Le convulsioni sono cessate, lentamente, poco fa.
La
temperatura
è scesa un po’ e si è stabilizzata
attorno ai 40°. Spero che la
dose di paracetamolo che gli ho appena somministrato lo aiuti a
riportarla su valori accettabili.
Il battito
cardiaco e la pressione sanguigna restano invece ben oltre la norma.
Sono intervenuto più volte per cercare di regolarizzare
anche questi
parametri, ma il fatto che le sostanze con cui è venuto a
contatto
mi restino sconosciute complica le cose e rende difficile la
somministrazione di una terapia adeguata.
Purtroppo le
analisi che ho effettuato sui campioni di sangue non hanno dato i
risultati ‘illuminanti’ che speravo.
Ore
03.20 secondo il fuso terrestre
Questa dovrebbe
essere una cartella clinica ma al momento non riesco a pensare a un
posto migliore dove scrivere quello che è successo. E credo
di avere
proprio bisogno di mettere nero su bianco due righe per riordinare le
idee...
Avevo
appena
mandato Mime a prendere dell’alcool nella sua stanza. La mia
riserva era finita (si capisce, con una nottata così lunga e
difficile!), anzi, stavo giusto sorseggiando l’ultimo
bicchierino,
con Mi acciambellata tra le mie gambe che dormiva, quando il bip
bip allarmato
proveniente dai
pannelli di controllo mi ha fatto sobbalzare. Ho capito subito cosa
doveva essere: l’elettrocardiogramma dava segnale piatto.
“Ecco,
troppo bello per essere vero”, mi sono detto
“Troppo bello che il
capitano stesse davvero migliorando”.
Ovviamente mi
sono precipitato di là. Ma la scena non era proprio come me
l’ero
figurata... Nel letto non c’era più nessuno: vuoto
e disfatto, mi
guardava come un enigma. Ma quando ho alzato lo sguardo l’ho
visto,
ho visto il capitano. All’inizio ho stentato a riconoscerlo,
è
naturale: chi non avrebbe avuto dei dubbi?
Era
in piedi
davanti allo specchio, nudo, e mi dava le spalle. In un primo momento
ho pensato persino che fosse Tadashi, ma le differenze erano
troppe... A cominciare dall’altezza: anche in quelle
condizioni, il
capitano resta più alto di Daiba almeno di una testa. E poi
cosa ci
sarebbe stato a fare Tadashi in infermeria, nudo, davanti allo
specchio?
Ho chiamato il
capitano a bassa voce, per non spaventarlo. In certi momenti
è
meglio usare molta prudenza, per non provocare traumi in soggetti
potenzialmente in uno stato di squilibrio psichico. Quando ha sentito
il suo nome, però, si è voltato subito e mi ha
guardato con occhi
spiritati, increduli. Ho temuto che non mi riconoscesse. L’ho
chiamato di nuovo, avvicinandomi con cautela e lui mi ha risposto,
con un filo di voce. Mi sembrava scosso. E del resto, chi non lo
sarebbe stato nel ritrovarsi, nel giro di così poche ore,
talmente
diverso? Nel ritrovarsi con almeno la metà dei propri anni?
Perché
quello che avevo davanti era solo un ragazzo che non poteva avere
più
di quindici anni.
Il capitano si
è lasciato cadere sul letto, gemendo e stringendosi la testa
fra le
mani.
“Che mi è
successo?” gli ho sentito dire.
“Vorrei tanto
saperlo anch’io” stavo per rispondergli, ma mi sono
guardato bene
dal farlo. Per il suo bene, dovevo riuscire il più
rassicurante
possibile.
In quel momento
è entrata Mime e ne sono stato proprio felice. Lei almeno sa
come
prendere Harlock nei momenti difficili. Forse era già
entrata da
qualche istante, ma mi sono accorto di lei solo quando mi è
passata
accanto, con il fruscio inconfondibile della sua veste. Ha preso la
coperta dal letto e l’ha gettata addosso al capitano,
avvolgendolo
con dolcezza, poi si è seduta accanto a lui sulla sponda del
letto e
gli ha messo una mano sulla spalla. Harlock ha sospirato e lei gli ha
sorriso con gli occhi, in quel suo modo così espressivo.
Avrei
voluto lasciarli soli ma in qualità di medico di bordo
dovevo
rendermi conto di quali fossero le reali condizioni psicologiche del
capitano, così sono rimasto un po’ indietro a
seguire il loro
dialogo, in attesa di poterlo visitare in modo approfondito.
“Sono contenta
che tu stia meglio, Harlock, e soprattutto, che tu sia ancora
vivo!”
ha detto Mime.
Santa donna,
solo lei poteva riuscire a trovare qualcosa di buono in un momento
simile! Ma del resto ha ragione: abbiamo ancora il nostro capitano,
mentre avrebbe potuto trasformarsi in qualcosa di mostruoso o di
insenziente. O avrebbe potuto morire.
Harlock ha
sospirato e l’ha guardata, non proprio rincuorato.
“Suppongo che
dovrei essere felice perché avrebbe potuto andarmi peggio...
molto
peggio.”
Mime
l’ha
accarezzato scompigliandogli i capelli e lui l’ha guardata
sbalordito, sgranando tanto d’occhi. Capisco che non debba
avergli
fatto per niente piacere quel tipo di confidenza da parte sua... Se
il loro rapporto, in privato, è mai stato di qualche natura
diversa
dall’amore platonico, beh... non credo sia mai stato vicino a
quello tra madre e figlio o, nella migliore delle ipotesi, tra
sorella maggiore e fratello, come era in quel momento.
“Non hai più la
cicatrice, hai visto?” ha continuato Mime.
Sul momento
Harlock sembrava non aver capito, poi si è riscosso ed
è tornato a
guardarsi allo specchio.
“Io... non ci
avevo fatto caso, ero troppo preso a rendermi conto di quanti anni
mi fossero stati improvvisamente tolti e di come fosse cambiato il
mio corpo nel suo complesso.” ha risposto.
Ha osservato
per un po’ la sua immagine riflessa, poi con gesti lenti,
quasi
seguisse un rituale, si è tolto la benda
dall’occhio destro. Non
so come sia possibile, per ora la medicina non ha una risposta per
una cosa del genere ma... ci vedeva! L’occhio destro era al
suo
posto, perfettamente ricostituito e, a quanto pare, ci vede come
l’altro.
A quel punto,
infatti, sono intervenuto io in qualità di medico e ho
voluto
visitare Harlock con la cura che le circostanze mi richiedevano e
devo dire che l’esito è piuttosto confortante: il
nostro capitano
sembra godere di ottima salute, nonostante la febbre e i dolori delle
ore precedenti. Inoltre è ancora nel pieno delle sue
facoltà
mentali e in possesso di tutti i suoi ricordi. Ha riconosciuto tutti
i membri dell’equipaggio, che gli ho mostrato attraverso
delle
schede, sa dove siamo e cosa stiamo facendo e questa non è
una cosa
da poco se teniamo conto che c’è ancora una guerra
da combattere!
E una nemica come Raflesia che ora più che mai è
alle porte.
Forse
dovremo
accontentarci di avere un capitano in miniatura (si fa per dire, dato
che è sempre uno stangone), ma non un capitano menomato
delle sue
conoscenze. Sarà ancora la nostra guida contro Raflesia, il
nostro
stratega, il nostro leader carismatico... O almeno... lo spero.
Harlock ha detto
che si sentiva meglio e voleva lasciare l’infermeria ma ho
insistito perché passasse qui il resto della notte, in modo
che
potessi tenerlo sotto controllo, del caso la situazione fosse mutata
improvvisamente. Fortunatamente, fin’ora è tutto
tranquillo.
Aspetterò
ancora un paio d’ore, poi chiamerò Yuki: il
capitano ha chiesto di
lei, voleva sapere se stava bene, dato che non riusciva a ricordare
come si erano messi in salvo e se Kei fosse rimasta ferita. Ma ho
preferito lasciarla riposare ancora un po’, povera Yuki:
credo ne
abbia di bisogno dopo quello che ha passato. Però sono
sicuro che
sarà molto contenta di sapere che il capitano è
fuori pericolo: si
sentiva così in colpa.
Spero solo che
questa novità su di lui non la turbi troppo... Dopotutto,
ora, hanno
praticamente la stessa età. E si sa come sono i giovani. Non
mi devo
dimenticare però che il capitano resta pur sempre un uomo
maturo,
coscienzioso e responsabile. Avrà giudizio per tutti e due.
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