SHERYL
Fortunatamente la forte dignità di Alchimie si fece forza,
evitando all'uomo un impellente svenimento. In ogni caso la voglia di
bisticciare con Sylvette o comunque di dire qualunque altra cosa svanì,
lasciando al suo posto un agghiacciante pallore sul viso del mago. Così
lungo tutto il viaggio regnò un eterno silenzio, interrotto solo da
qualche acciacco di tosse.
Solo quando arrivarono alla Residenza degli Orchi Alchimie poté
riacquistare un minimo di controllo sulla propria mente. Erano appena
entrati dal grande portone dall'aspetto gotico, quando Alchimie pose la
domanda che gli sembrò la più ovvia:
«Cosa volete da me?»
Sylvette si voltò, visto che prima gli rivolgeva le spalle.
Si aspettava quella domanda e si era preparato anche una risposta, ma
sapeva che il mago non sarebbe stato molto d'accordo.
«Si tratta della nostra nuova sovrana.» disse.
Alchimie smise di camminare. «E cos'avrebbe la vostra sovrana?» chiese
incrociando le braccia al petto.
Il leccapiatti degli Orchi non si era preparato, ahimè, a spiegare in
cosa consisteva il problema, quindi si grattò il capo con aria incerta
per balbettare qualcosa.
«Uhm, be', diciamo che è un tipo un po' difficile.»
A quel punto Alchimie non poté evitare uno sguardo alquanto scettico,
dimenticandosi del precedente stato d'animo.
«E cosa dovrei farci io?»
«Ehm, cercare di… aiutarla.»
«Quindi stai dicendo che dovrei farle da balia?» chiese senza
trattenere una risata.
Allora Sylviette scosse il capo. «Vieni con me, capirai.»
Alchimie non poteva certo opporsi a quel voltagabbana, visto che il suo
era il volere del re degli Orchi. Salirono una scalinata e
attraversarono svariate stanze e corridoi prima di arrivare davanti a
una porticina malconcia, dal color grigiastro. Sylviette esortò
Alchimie ad entrare con un gesto. Il mago lo guardò un attimo, cercando
di capire perché la porta non l'aprisse lui. Dedusse che l'Orco si
fosse semplicemente impigrito e spinse l'anta malconcia. BAM. Alchimie
ruzzolò a terra portando con sé Sylviette. Basta colpi di scena per
quel giorno, davvero basta. Dopo a alcuni secondi, ancora stordito,
alzò la schiena, sedendosi a terra. La porta era rimasta aperta di
fronte a lui. L'orco era ancora a terra, doveva avergli dato una bella
botta. Non trovando la forza di alzarsi rimase ad osservare la camera
dall'apertura. Si vedeva un letto, nero. Era dalla linea moderna, un
particolare strano per gli Orchi, grandi fan del barocco. Non si vedeva
nient'altro dallo spiraglio, se non una macchia bianca sul letto.
Arrancò a gattoni sul pavimento, attraversando la porta. Ora aveva una
visuale della stanza a trecentosessanta gradi, ma non poteva vedere
molto di più. Difatti gli unici mobili oltre al letto erano un tavolo
di vetro - sui cui peraltro era poggiato un violino dall'aspetto
costoso - e un armadio dalle dimensioni molto modeste. Ora era
decisamente curioso: la sovrana abitava lì? In una camera così modesta?
La cosa non lo convinceva troppo. Si aggrappò alla struttura del letto
tirando giù buona parte della coperta scura che lo avvolgeva. Quando
finalmente riuscì ad alzare il busto e a piegare le gambe in modo da
essere in ginocchio la vide: una ragazzina, sembrava avere all'incirca
sedici, diciassette anni. I capelli sembravano delle molle da tanto
erano ricci e erano di un bel color mogano scuro. La pelle era chiara e
i lineamenti decisi, ma dolci nella loro forma. Però ciò che risaltava
di più in quell'aggraziato volto erano gli occhi: chiarissimi,
ondeggiavano tra il verde e l'azzurro, in continue variazioni
cromatiche. Rimase in adorazione di quel viso per alcuni secondi,
finché la voce di Sylviette non lo riscosse dai suoi pensieri.
«Ti presento Sheryl, la principessa degli Orchi.» La ragazza non disse
nulla, stringendosi nel lenzuolo nel quale era avvolta.
Dopo un mse aggiorno, della serie: "viva me!"
non c'è molto da dire, se non che Alchimie mi sa che creperà d'infarto
prima della fine della fic D:
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