Bugiardo
“…
Perché tu, dopotutto, sei rimasto fino all’ultimo
un bugiardo.
Niente
ha potuto cancellare dal viso quella tua espressione ingannevole.
Quella
stessa espressione che ti ha accompagnato fino alla fine.
Un
volto, il tuo, che hai avuto il coraggio di mostrarmi anche ad
un
passo dalla morte, davanti ai miei occhi pieni di compassione
…”
Un
giorno, Karin aveva fatto un sogno. Un sogno davvero strano. Qualche
volta le
capitava di ripensarci, mentre si ritrovava da sola, a vagare con il
pensiero nei
suoi stessi ricordi confusi.
“…era
tutto reale?” chiese a sé stessa, impensierita.
Si
gettò
nervosamente sul letto, infastidita al sol pensiero di non riuscire
proprio a
soprassedere su ciò che la tormentava. Strinse le gambe al
petto mentre
lasciava che i folti capelli rossi le inondassero prepotentemente il
viso.
Aggrottò le sopracciglia, agitandosi su quel letto le cui
lenzuola presero
rapidamente a stropicciarsi. Fortuna almeno che era sola,
pensò. Altrimenti non
avrebbe saputo come giustificarsi con Yuri. Non faceva che alzarsi e
gettarsi
su quel letto, in una delle stanze della casa di Saki.
Al
momento
Yuri era lontano. E con lui anche il resto del gruppo.
Stavano
accadendo molte, troppe cose. E il tutto aveva trovato
l’apice con la morte di
Nicolai e di quella donna di nome Ouka, che aveva causato la perdita
della
ragione dell’agente speciale Kato, vecchia conoscenza di Yuri.
“…Nh,
basta!”
urlò seccata, al che si alzò definitivamente dal
letto.
Si
avvicinò alla finestra, la quale affacciava direttamente nel
paese verdeggiante
di Inugami. L’ambiente rilassante e sacro non riusciva per
niente, tuttavia, a
placare il suo spirito, al che chiuse gli occhi e tornò sul
letto, sperando di
poter riposare. Ne aveva bisogno, ne avevano bisogno tutti.
Passarono
diversi istanti ove rimase in un silenzio solenne, mentre quasi le
sembrava di
aver sentito il suo cuore riprendere un battito più
regolare. Tuttavia una
singola frase riaccese la veemenza che aveva in corpo.
“Te
lo
meritavi…” disse di getto, in un sussurro, senza
nemmeno accorgersene. E il
cuore riprese a battere veloce. “…però,
perché hai fatto il mio nome?”
Se lo
chiedeva quasi con ossessione. Non riusciva a passarci sopra.
Non
riusciva a credere di essere stata l’ultima parola
pronunciata da quell’uomo.
“Nicolai…perchè
lo hai fatto ?”
Gli
occhi s’inumidirono, mentre la sua mente ripercorreva ancora
una volta quel
momento.
Egli in
preda alla disperazione, in un ultimo grido ad un passo dalla morte,
l’aveva
chiamata. Il suo urlo era rimasto indelebile nella mente della giovine
fino a
divenire una martellante ossessione che la stava mandando al manicomio.
Era
dura, per lei, avere quella consapevolezza.
Ma
dopotutto…perché? Non riusciva a spiegarselo.
“…e-era
un sogno?” parlò titubante. “Anche quel
giorno…in Russia, tu…”
La sua
mente allora si abbandonò, mentre la confusione
andò a far riemergere i suoi
ricordi legati alla Russia. Ripercorse quei giorni risalenti a prima
che
Rasputin si rivelasse.
A prima
che tutto degenerasse in un circolo dove
nessuno sarebbe più tornato indietro.
Ritornò
a quel giorno, quando fece quel sogno surreale. Ancora si chiedeva se
fosse
davvero tale o meno, sconvolta com’era da quel ragazzo il cui
volto sembrava
portavoce solo di menzogne e illusioni. Aggrottò le
sopracciglia e ricordò
quella lunga notte agitata. Quella notte, Karin aveva sognato Nicolai
Conrad.
Una
lacrima scivolò dal suo viso mentre ricordava con odio le
parole del ragazzo.
Che
fosse un sogno o meno, Karin si era ritrovata a Domremy. Nella chiesa
dove
tutto, per Yuri, Nicolai e lei, era cominciato.
“Karin.
Karin.” diceva lui.
Perché
l’aveva chiamata? Cosa sperava di ottenere da lei?
“Karin,
ti prego. Vieni via con me.” le aveva detto.
Fuggire
via con lui? E dove? Si
chiedeva in cuor
suo perché quell’uomo stesse cercando di farla
tornare sui suoi passi dopo aver
cercato di ucciderla.
“Cosa
cerchi? Fortuna, fama…qualunque cosa vuoi! Io ti
darò l’amore che desideri.”
Quel
che
lei voleva? L’amore che bramava? Ah, nulla che lui avrebbe
mai potuto
capire…povero Nicolai. Quel giorno, aveva provato molta pena
per lui.
Ricordava
ancora nitidamente il suo volto, mentre cercava di farla crollare dalle
sue
stesse certezze. Il suo sguardo ipocrita, la sua ossessione nel
distruggerla e
farle credere che lui potesse essere l’unica luce nel suo
mondo buio.
“Ho
bisogno di te! Rimani con me. Io ti amo. Io ti amo!” le aveva
urlato.
Amare?
No, lui era incapace di amare. Lui era in grado solo di odiare la
gente. Di
poterci giocare e poterle sfruttare fino a quando i suoi scopi non
venivano
raggiunti.
Lui…era
solo capace di giocare con il cuore delle persone. Eh, si…le
faceva davvero
pena.
Qualcuno
in grado solo di simulare l’amore, il calore
dell’affetto… era un uomo
distrutto, spogliato di tutto ciò che rimaneva di umano in
lui. Colpa del
demone? Colpa di Astaroth?
Qualunque
fosse la risposta più corretta, Nicolai, già da
incalcolabile tempo, aveva
perduto la sua stessa immagine davanti allo specchio. Uno specchio,
orami, che
rifletteva di lui solo un fantoccio.
Egli
stesso era divenuto vittima dell’odio che albergava sovrano
nel suo spirito,
perseguitato e accecato.
“Kaaaaariiiin!!”
e di nuovo fece il suo nome. Karin. Karin.
E
ancora
una volta…aveva detto “Karin”.
Come un
capriccio, aveva furiosamente invocato il suo nome, mentre
s’accorgeva che lei
non sarebbe stata il suo giocattolo. Convinto che il suo viso fosse
capace di
nascondere le sue mani sporche e putride di sangue, mentre i suoi occhi
ammaliatori incantavano la preda, incapace di accorgersi di essere
invece vicina
all’oblio.
No, lui
poteva illudersi di giocare con il suo bel viso. Poteva illudersi che
funzionasse. Ma non avrebbe mai ottenuto il suo cuore.
Strinse
le lenzuola a sé mentre continuava a stropicciare il letto,
con il cuore che le
impediva di trovare pace davanti ad un uomo così.
Plagiare
la mente di una donna per lui non doveva essere una cosa complicata. E
in
questo lui si era convinto che con Karin non sarebbe stato diverso.
Da
acuto
osservatore egli aveva subito saputo cogliere le debolezze della
ragazza,
convinto di potergliele scagliare contro e farla divenire
così più fragile e
sua.
Karin
sospirò, mentre chiudeva gli occhi ricordando ancora le mani
del biondo
cardinale mentre le sfiorava il viso e giungeva al suo collo, accecato
dall’ira
che le mostrava più nitidamente l’odio che
albergava, in realtà, dentro di lui.
In cuor
suo, Karin si chiedeva se Nicolai quella notte l’avrebbe
uccisa davvero, dopo
averle urlato di amarla, se solo il sogno non fosse finito.
Quello
strano sogno li aveva avvicinati. Lui l’aveva avvicinata a
sé, tuttavia ancora
si tormentava nel chiedersi perché lui avesse cercato
proprio lei.
Perché
avesse infine fatto il suo nome.
“Stupida…”
Era fin
troppo ovvio. Lui aveva visto in lei la preda facile.
La
“donna” sola e malinconica che i suoi occhi
avrebbero potuto far avvicinare a
sé. Tuttavia…perché? Quale tornaconto
avrebbe mai avuto nell’averla dalla sua
parte?
Cosa
aveva visto Nicolai in lei?
Scosse
la testa, volendo ignorare tutto. Ancora sdraiata sul letto, morse le
labbra
nel ricordare di colpo le urla di Nicolai, mentre, prima di morire,
urlava il
suo nome ancora una maledetta volta.
“B-basta!”
e strinse gli occhi. “Manipolatore,
egoista…”
Rimase
per lungo tempo in silenzio, mentre gli occhi le bruciavano invocando
riposo.
La sua mente era ancora in subbuglio, incapace di accettare e
comprendere cosa
la legava a quell’uomo in grado di pensare al suo egoismo
persino davanti alla
morte.
***
“Karin.
Karin.”
Una
voce
richiamava Karin con insistenza, mentre lei lentamente riapriva gli
occhi.
Attorno a sé vi era solo edera ed erba selvatica, illuminata
dalla fioca luce
del tramonto.
Allora
ella si alzò, mentre il vento freddo la costringeva a
raccogliersi un pò.
Si
chiese dove fosse, mentre si voltava a destra e a manca inquietata.
Cosa…stava
accadendo?
Non
lontano da dove si trovava, poteva scorgere una piccola chiesetta
antica,
contornata da un cimitero militare a lei più che familiare.
Anzi,
di
più. Più passava il tempo e più la sua
mente riconosceva quel posto. Si trovava
a Domremy, costatò confusa. Si domandava perché
fosse lì, come potesse mai
essere possibile. Si chiedeva se stesse semplicemente sognando.
Cominciò
a muoversi, oltrepassando quella campagna fino a giungere alle porte di
legno
consumato della chiesa. Un sibilo agghiacciante risuonò
proprio mentre le sue
mani facevano per toccare e aprire l’ingresso, al che si
ritrasse sgomentata.
“C-chi
c’è?”
Non vi
fu nessuna risposta dall’altro lato. Karin, con gran premura,
si apprestò dunque
ad aprire. Per qualche ragione non ebbe alcun indugio
nell’entrare nella
chiesetta antica. D’altro canto, non poteva fare altrimenti.
Così
le
doppie porte si aprirono, lasciando che quell’ambiente buio e
umido fosse
illuminato dai tenui raggi del sole che intanto stavano sparendo dietro
le
montagne.
Le ci
volle un po’ per riabituare la vista a
quell’oscurità improvvisa altalenata a
quella luce, sicché rimase immobile davanti
all’ingresso per alcuni secondi.
Davanti
a sé poi notò un uomo. Era dentro la chiesa ed
era l’unico lì presente.
Era
alto, dai capelli biondo ramato e ben pettinati all’indietro.
Le volgeva le
spalle e indossava un’elegante divisa bianca.
“Nicolai??”
sbandò.
Subito
si avvicinò non potendo credere a chi aveva davanti agli
occhi. Si sentì
mancare il fiato mentre la distanza fra i due diminuiva sempre di
più. Si
chiedeva cosa stesse accadendo, perché si trovassero a
Domremy. Che ci faceva
lì Nicolai.
Quando
lei fu distante da lui poco meno di due metri, il ragazzo non si
voltò. Tuttavia
le inveì contro mostrandole che impugnava saldamente in mano
un lucente spadino
dalla guardia dorata.
“Ferma.”
Karin
si
frenò immediatamente, guardandolo sorpresa. Rivolse lo
sguardo all’arma domandandosi
se fosse davvero pronto a usarla ostilmente. Si fermò dunque
appena dietro di
lui, che ancora le dava le spalle. Nicolai sembrava non accennare
minimamente
nello stabilire un contatto con Karin. Osservò quindi il
giovane costatando solo
allora la notevole differenza d’altezza che v’era
fra loro.
“E’
un
sogno…di nuovo?” chiese lei.
La
rossa
sussurrò quasi quelle parole, mentre di lì a
pochi attimi un sibilo feroce
rimbombò nuovamente nell’ambiente. Era esattamente
come quello che aveva udito
prima di solcare la soglia della chiesa.
Karin
si
accorse che proveniva dall’interno del luogo stesso, al che
si girò attorno
fino a focalizzarsi nuovamente sull’immagine di Nicolai.
Si
chiese ancora una volta perché fosse li. Come potesse essere
mai possibile che
fosse davvero di fronte a lei, visto che lui era…
“…Tu
sei
morto sotto i miei occhi. Che…cosa ci
fai…”
Di
colpo
s’interruppe, portando le mani davanti alla bocca e cadendo
all’indietro in
preda al panico. Solo in quel momento si accorse che un alone di luce
circondava Nicolai, creando attorno a lui la sagoma di un demonio dal
volto scheletrico.
Karin
lo
riconobbe con sgomento nel diavolo Astaroth, il Dio
dell’odio.
Tremò
sgomentata, mentre vedeva il ragazzo cominciare a lamentarsi,
piegandosi con la
schiena come fosse in preda al dolore. Sotto lo sguardo inerme di lei,
egli
cominciò a urlare, mentre prese a dimenarsi, come a voler
scacciare quel
dolore.
“Nh,
il
diavolo…Astaroth…io l’ho visto! Ah,
ah..!” e prese a ridere, come se il dolore
di Nicolai venisse ingoiato dal demone, che s’intravedeva
appena attorno a lui.
Un demone che lo perseguitava e che, al contrario, godeva di tutto
quell’odio
covato in corpo. “Si ciba…di quello che...Ah!
A-aiutami, Karin!”
Karin
lo
vide di colpo accasciarsi sulle ginocchia, così senza
pensarci nemmeno fu
subito dietro di lui. Si avvicinò toccandogli le spalle, ma
allora egli si
ritrasse e la scacciò violentemente via. Karin
così cadde a terra dolorante,
mentre i capelli le cascarono davanti al volto.
Nicolai
invece rimase inginocchiato a terra, continuando a toccare la sua
fronte
dolorante, non voltandosi mai indietro.
“Si
ciba…Astaroth? Di cosa?” chiese lei.
“Vendetta,
odio…più rimangono nel cuore, più si
fondono alla tua anima. Karin…oh,
Karin…” si
rialzò e le si rivolse cercando di controllarsi.
“Ho odiato tanto. Ho…desiderato
la vendetta. E ancora adesso io desidero…odiare.
Astaroth…lui mi aveva permesso
di farlo.”
Karin
lo
guardava incapace di credere a quelle parole. Strinse le mani in un
pugno
sofferto.
“Ti
sei
maledetto. La vendetta ti ha consumato a tal
punto…perché lo hai fatto!? Sai
cosa avrebbe significato la guerra che volevi scatenare? Sai cosa
significa…quel che volevi commettere in Russia??”
sospirò. “Volevi vendicarti
contro tuo padre. Per il tuo onore, la tua vita rubata…ma a
cosa ti ha portato,
invece, l’odio!?”
Nicolai
scosse la testa, mentre chinava appena il capo verso di lei. Karin non
riusciva
a scorgergli il viso, era ancora di spalle.
Il cardinale Conrad, comunque, non le dava
tutti i torti. Egli stesso era consapevole di conoscere solo e soltanto
il
terribile sentimento della vendetta, capace solo di consumare
lo spirito e l’anima di chi ne era vittima, trasformando
la vita stessa in un mondo triste e
desolato.
Anche
per Nicolai, il figlio bastardo
dello
Tsar di Russia, era così.
Per
quel
motivo egli aveva accettato un patto con il Dio
dell’odio, non sapendo che, invece, sarebbe stato
lui, il demonio, a consumarlo e bruciarlo definitivamente.
“Karin…promettimi
che non mi guarderai in viso.” disse improvvisamente.
“C-cosa?”
“Voglio…avvicinarmi
a te.”
Karin
sgranò gli occhi paonazza mentre, ancora a terra,
calò il viso verso il
pavimento gelido. Per qualche strana ragione, il suo corpo si mosse da
solo,
sicché lasciò avvicinare Nicolai a sé
che vide inginocchiarsi proprio di fronte
a lei.
Riusciva
a vedere le sue gambe, il suo petto. Vedeva gran parte della sua
elegante
divisa bianca, ma non fu capace di alzare gli occhi e guardarlo anche
in viso.
Si
chiedeva il perché di quella richiesta, ma
soprattutto…si chiedeva perché
dentro di sé trovò la volontà di
rispettarla.
Come
se…ci
fosse qualcosa nel profondo che le dicesse di non guardarlo.
La mano
del ragazzo si protrasse intanto verso di lei, mentre in un gesto
insolitamente
dolce andò a sfiorarle il viso col dorso della mano, con
fare desideroso,
bramoso…di stabilire un contatto con lei.
“Hai
degli occhi bellissimi.” disse continuando a sfiorarle in
viso. “Tenacia,
forza…parlano molto di te.”
“…finiscila.”
rispose di getto, infastidita, e scostò la sua mano
schiaffeggiandola via da
lei. “Cosa t’è mai importato di
me?”
Egli
rimase con il braccio sospeso per un attimo, mentre lentamente lo
riportava sul
ginocchio piegato. Karin continuava ad avere il capo chino, mentre
sentiva il
cuore battere, distrutta dall’idea di non poter sopportare
ancora lo sguardo
artificioso di quell’uomo.
Ripensava
ai giorni in Russia, a palazzo, quando Rasputin aveva gettato la sua
maschera
mostrando il suo reale volto malvagio.
Anche
lui le aveva parlato di come i suoi occhi avevano affascinato Nicolai.
Occhi
che avevano sedotto quel ragazzo fino a divenire una martellante
ossessione.
Un’ossessione che Karin stentava ancora a credere che fosse
reale.
“Gentilezza,
cordialità…fascino...” disse
improvvisamente la rossa. “…sono il tuo biglietto
da visita, che ti rendono attraente e rassicurante. Questo solo per
nascondere
il male che alberga in te e che ti ha logorato, fatto marcire. Quanto
più sei
impeccabile fuori…tu sei putrido dentro! A te non importa
nulla di me. Né di
nessuno! Dunque finiscila con questa farsa!”
Sentì
Nicolai ridere soffusamente di quelle parole, dondolava lievemente il
capo
quasi per biasimare la ragazza. Schiuse le labbra e le
sussurrò tenue.
“…ma
io
ti amo. Karin.” le disse e ripeté con insistenza.
“Ti amo. Ti amo davvero!”
Il
silenzio piombò nuovamente nell’aria. Karin si
sentì profondamente presa in
giro da quelle parole.
Amare?
Lui cosa ne sapeva del significato della parola “Amare”?
Dal suo
canto, Nicolai guardava intensamente l’adorabile viso
imbronciato di quella
fanciulla, quasi incantato da quell’espressione determinata e
fiera. Non
batteva ciglio tant’era ammaliato.
Quel
silenzio fu per lui il momento dove la sua mente si
concentrò pienamente e
completamente sulla ragazza, fonte delle sue attenzioni fin da quando
l’aveva
conosciuta in Vaticano e a Domremy.
Inarcò
le sopracciglia con un fare leggermente beffardo, poi prese parola,
riflettendo
ad alta voce.
“Non
ho
mai conosciuto una donna come te. Fin dall’inizio non hai
accettato alcuna mia
lusinga. Era come se tu…assurdamente, potessi leggermi
dentro. Potessi andare
oltre e scorgere ciò che nessun altro aveva visto albergare
in me. Era
terribilmente irritante.”
Karin
si
sorprese di quelle parole e si rese conto che Nicolai, più
parlava, più perdeva
coscienza di ciò che diceva. Rimase in silenzio ad occhi
sgranati, mentre lui
continuava a pensare e parlare.
“Però
mi
piacevi. I tuoi occhi mi hanno ineluttabilmente perseguitato.
Karin.”
Nicolai
si alzò da quella posizione costretta, e guardò
poi la ragazza chinando il capo
verso il basso. Solo dopo le diede nuovamente le spalle avvicinandosi
all’altare della chiesa.
Karin
alzò finalmente il volto verso la sua figura e lo vide
allontanarsi.
“Se
ora,
con quelle stesse parole, ti urlassi di venire via con me. Di
ricambiare il mio
amore.
Riusciresti a seguirmi?”
Il
silenzio piombò ancora un’altra volta. La rossa
aggrottò le sopracciglia,
indignata di quelle parole. Di quel nuovo inganno. Stesso Nicolai era
curioso
di sapere lei come avrebbe reagito.
“Sei
patetico, Nicolai. Anche prima di morire… tu hai avuto il
coraggio di
plagiarmi.”
La
mente
di Karin andò in panne, ricordando quelle urla. Le urla di
Nicolai quando le
mani dell’agente Kato gli spaccarono la testa.
Ella
strinse
gli occhi nel ricordare quello strepito di ossa, proprio prima che il
viso impeccabile
di lui si tingesse di rosso.
“A-anche
davanti alla morte, nonostante tutto…non hai avuto un attimo
di redenzione!”
digrignò i denti e in lacrime urlò:
“…E
ti
aspetti che io ti creda??”
Come un
tuono, la sua voce rimbombò nella chiesa. Karin si
lasciò andare ad un profondo
sospiro, mentre portava le mani sul capo confusa.
“Perché
hai fatto il mio nome?”
ripeté
urlando sempre più disperata. “Perché?!
Lo sei sempre stato.… sei rimasto fino
all’ultimo un bugiardo.
Fin dal primo
istante, quando ci siamo conosciuti in Vaticano. Niente ha potuto
cancellare
dal viso quella tua espressione ingannevole. Niente.
Quella stessa espressione ti ha accompagnato fino alla
fine. Un volto, il tuo, che hai avuto il coraggio di mostrarmi anche ad
un
passo dalla morte, davanti ai miei occhi pieni di compassione…Io
sarei…per davvero…se solo tu, almeno prima di
morire,
fossi stato reale. E ora la tua voce mi perseguita, mentre mi chiama
proprio
prima di sparire per sempre. Mentre io ho la consapevolezza di quanto
tu sia incapace di
amare.”
Gli
occhi verde chiaro di Nicolai si
persero languidi nelle parole della ragazza, mentre osservava in una
direzione
vaga ed indefinita. Guardò successivamente le sue stesse
mani, portandole
dinanzi a sé. Adirato e sconsolato dalle parole della
ragazza.
Egli…non
aveva conosciuto l’amore.
Questo era
esatto. Ancora una volta Karin lo sorprendeva e lo incantava.
La sua
gentilezza,
la sua impeccabilità…avevano sempre celato la sua
reale insofferenza per un
mondo che l’aveva rifiutato fin dalla nascita. Che gli aveva
rifiutato l’amore
in tutte le sue sfumature.
L’odio, al contrario,
era un qualcosa che ribolliva in
lui da sempre. Il suo sentirsi un rifiuto, disonorato e diseredato
dalla
società, lo aveva condotto in un oblio
che gli aveva destato una forte irritazione nei confronti di chiunque
avesse a
che fare con lui.
E la vendetta…
Quel
sentimento corrosivo si era scavato
velocemente in lui fino a consumarlo.
Ogni qualvolta
si presentava la possibilità, aveva usato ogni carta a
sua disposizione per i suoi scopi: fama,
bellezza, inganno…tutto. Ogni azione per giungere
al suo fine ultimo, in
ode ad un onore che non avrebbe mai potuto, in realtà,
riottenere.
Una
vita triste e meschina, la sua. Era strano per lui ammettere che
tanto odio fosse solo frutto di un’indicibile sofferenza che
non aveva saputo
sostenere.
Astaroth,
nella sua vita, aveva facilmente potuto soggiogarlo, masticando e
lacerando il
suo dolore fino a trafiggerlo con una ferita già esistente
nel suo cuore. Una
ferita che aveva solo allargato ulteriormente.
Schiuse
la bocca, mentre davanti ai suoi occhi apparve Karin. Presero a
riaffiorare uno
dietro l’altro, nella sua mente, una serie di ricordi legati
al Vaticano,
quando lei era ancora una militare.
Si. Era
sempre stato così.
Ogni qualvolta
si presentava la possibilità, aveva usato ogni carta a
sua disposizione per i suoi scopi: fama,
bellezza, inganno…tutto. Ogni azione per giungere al suo
fine ultimo, in
ode ad un onore che non avrebbe mai potuto, in realtà,
riottenere.
Sgranò
gli occhi, rendendosi conto che invece per lei non
era stato così.
“Karin…”
sussurrò.
Scioccato,
girò gli occhi ora tremanti
verso
quella donna così determinata, risoluta. Quella donna che
aveva veduto in lui ciò
che nessuno era mai
riuscito a scorgere nemmeno.
Acquisì
così una nuova consapevolezza, comprendendo per la prima
volta che, per lui, era
diventato impossibile essere reale. Nemmeno per se stesso.
E anche
il suo modo di amare era filtrato dall’inganno e
dall’egoismo
nutrito dall’odio che oramai lo aveva corrotto.
Karin…lei
era bellissima. I suoi occhi trasmettevano forza,
incorruttibilità.
Aveva,
a
differenza sua, fiducia nel prossimo, nei valori, nella gioia delle
piccolezze
della vita…
E
quegli
occhi, per lui erano insostenibili e meravigliosi. Questo da sempre. Da
quando
l’aveva vista.
In cuor
suo si chiedeva se quello fosse…amore?
Si voltò di scatto verso di lei,
dopo
averle negato di guardarlo fino a
quel momento.
“Io
ti
amo.” urlò improvvisamente, mentre le rivolgeva
degli occhi per la prima volta sconvolti.
“Davvero! Ti amo!”
Sebbene
il biondo oramai non le desse più le spalle, Karin non ebbe
la tentazione di
guardarlo in volto.
Si
rialzò da terra, mentre egli si girava definitivamente in
sua direzione.
Per
quanto Nicolai cercasse con tutte le sue forze di convincerla, oramai
fra loro
si era creata un’insormontabile voragine.
“Sei
un
bugiardo. Sei rimasto, nonostante tutto...bugiardo.” disse
con sguardo gelido.
“Ti
amo!” insisté lui, ma Karin inveì
prontamente.
“Smettila!”
Nicolai
chinò il capo, sconvolto e consapevole che lei non sarebbe
mai stata sua.
Strinse le mani in un pugno e allora le si avvicinò adirato
da quella reazione.
Non
conosceva l’amore. Non aveva mai amato.
In compenso, l’odio
era un qualcosa che era cresciuto in lui da sempre fino a corroderlo.
E anche
il suo modo di amare,
oramai, era pieno di odio.
E
così, ancora accecato dall’odio, si
avvicinò a lei e portò
violentemente le sue mani sul suo collo.
“Sei
mia. Io ti avrò. Karin.” strinse le mani
più forte. “Perché io ti amo.”
Karin,
provata da quelle parole, aveva ancora lo sguardo chino. Proprio non
riusciva
ad alzare gli occhi verso di lui, proprio non riusciva ad accettare
quanto un
uomo potesse essere così bugiardo.
Gli
occhi di Nicolai erano dunque come un qualcosa di offensivo, tagliente,
che
colpiva il suo animo distrutto. Tuttavia mai come in quel momento
avrebbe
dovuto specchiarsi in quegli occhi, per accorgersi quanto fossero
bramosi di
lei a ogni costo.
La
ragazza infatti non aveva visto la rabbia che si era repentinamente
sostituita
alla bramosità e alla disperazione. Così
non poté vedere le sue robuste braccia protratte
violentemente verso di lei.
La
giovane donna non ebbe nemmeno il tempo per opporsi, che subito ebbe le
mani del
biondo sul suo collo.
Portò
tempestivamente
le mani su quelle muscolose di Nicolai, spaventata e disorientata. Il
respiro
le venne velocemente a
mancare, mentre
si compiva quel gesto folle che offuscò i suoi sensi e la
mandò in panico.
“Nh….aaaah!
N-Nicolai…!!”
Aveva
paura, sentiva che egli aveva perso il senno, adirato dal suo modo di
affrontarlo che leniva direttamente il suo cuore.
Improvvisamente
poi…sentì il respiro tornare.
La sua
gola si liberò, la violenta presa allentò
quell’oppressione.
Spalancò
gli occhi scioccata, affannata. Guardò dinanzi a
sé d’impulso, dimenticando i
principi che prima le avevano impedito di alzare i suoi occhi verso di
lui.
Sgomentata,
stavolta fu incapace di calare lo sguardo dalla figura
dell’uomo dinanzi a se,
mentre notava adesso il suo petto sporco di sangue fresco.
Karin
lo
osservò confusa, mentre per la prima volta si ritrovava a
ricambiare quegli
occhi verdi intensi.
Attraente,
perfetto, bello. Egli aveva il viso esattamente come lo ricordava.
Questo,
meno che una profonda impronta rossa
di sangue che gli contornava la fronte.
Le sue
mani si fecero fredde e la sua espressione mutò, mentre si
riempiva di
sgomento.
Il
volto
di Nicolai marchiato dalla morte s’impresse nella sua mente
in un’immagine
torbida e angustiante che le fece gelare il sangue.
Adesso che i suoi occhi avevano veduto,
adesso che aveva deciso di alzare lo sguardo verso di lui, la
verità di quella
visione fu insostenibile.
Quella
profonda ferita rossa. Quella
stessa
che gli aveva dato la morte.
Anche
dalla bocca e dal naso scorse sangue. Un sangue rappreso,
scuro…rosso e simbolo
di grande violenza.
La
divisa candida era macchiata dello stesso sangue che gocciolava dal
viso. Come
fosse ancora assurdamente fresco.
Nicolai
sembrava avere un volto folle, angosciato, mentre ricambiava il suo
sguardo con
le braccia ancora tese verso di lei.
Lo vide
sconvolto dal fatto che lei lo avesse guardato in viso. Che avesse
visto il suo
volto oramai tracciato dalla morte.
“Luogotenente,
gli occhi che mi rivolgi sono crudeli.”
Mentre
parlava, Karin guardava i suoi occhi verdi, incapace di distaccarsi dal
loro
contatto.
Più
li
osservava, tuttavia… più si rendeva
inquietantemente conto della loro
immaterialità. Attraverso di essi poteva infatti scorgere
l’intera navata alle
loro spalle. L’altare stesso cominciava a riflettersi oltre
il corpo di
Nicolai, intravedendosi sempre più nitidamente.
“Io
ho…bisogno di te, Karin. Karin. Karin…”
Osservava
impotente e angosciata Nicolai che era ancora di fronte a lei, mentre
la sua
figura si faceva sempre più trasparente.
Nicolai
si avvicinò verso Karin, chinando il viso sempre
più vicino al suo.
La
ragazza schiuse le labbra d’istinto, confusa da quelle parole
e con occhi
sgranati, mentre cominciava ad avvertire il suo respiro soffiarle sul
viso.
Gemette,
disorientata da quella vicinanza, accecata dal fascino e
dall’incanto che
Nicolai continuava a destare, nonostante lei sapesse chi fosse...
A quel
punto però, quel leggero e quasi impercettibile fiato smise
di soffiare bramoso
sulla sua pelle.
Nicolai
svanì,
prima che Karin potesse reagire lucidamente alle sue parole, alla sua
vicinanza.
Prima ancora che potesse interpretare quegli occhi ammaliatori per
natura,
capaci di nascondere le mani sporche, putride di sangue.
***
Karin
spalancò gli occhi. Era buio adesso ed era nella sua stanza
nel paese di
Inugami. Si alzò mentre stringeva le lenzuola al petto,
provando molto freddo.
I suoi occhi s’inumidirono, mentre si capacitava che
ciò che era accaduto non
era stato reale. Un sogno, forse. Un sogno tormentato.
Ripensò
a Nicolai mentre, prima di morire, urlava il suo nome disperato.
A quel
punto lei non trattenne più le lacrime. In cuor suo ancora
ripensava a lui
mentre si avvicinava alle sue labbra. Si chiedeva come mai si fosse
svegliata
solo in quel momento. Si chiedeva perché fosse sempre stato
così.
E
Nicolai…la amava davvero?
“…Bugiardo.”
[…]
Breve oneshot
dedicata a Nicolai e Karin, che sono
anche un pairing di shadow hearts covenant che io trovo davvero molto
interessante. Nicolai per natura è un uomo affascinante ed
ingannevole. Un uomo
che sfrutta il suo fascino a favore dei suoi interessi personali. Egli
è anche
un uomo disperato e triste, accecato oramai dall’odio e dalla
vendetta.
Karin si rivela
essere una delle persone pronte a divenire
una delle sue vittime, ma lei non cade nella trappola del suo fascino.
Al
contrario, gli dimostra risolutezza, forza e determinazione. Ella non
cede alle
sue lusinghe da amabile tentatore.
Nicolai, al
contrario, rimane affascinato da
quella giovane donna che rimane, in qualche modo, legata ai suoi
pensieri, fino
a divenire un’ossessione. Nella sua perversione e
malvagità, io sostengo che
Nicolai fosse davvero invaghito di lei. Un amore tuttavia, che
è incapace di
donare o di non sfruttare a suo vantaggio, vista la vita sofferta e
ingiusta
che ha dovuto patire essendo figlio illegittimo dello Tsar Nicholas.
Nicolai
è un personaggio molto particolare che si
scava un ruolo decisivo nella trama di Shadow Hearts covenant.
E’ un
personaggio che mi ha attratta fin dal primo istante e sul quale conto
di
argomentare ancora. Specie alla luce della relazione che gli autori
hanno
voluto sott’intendere con la protagonista femminile Karin.
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