Buonasera
a tutti!
Finalmente
riesco a postare il mio capitolo preferito di questo racconto, il
capitolo, soprattutto, nel quale maggiormente m'identifico. Ve lo posto
con un caro ringraziamento a Cristal_93 e a Fiulopis per le recensioni.
Che dire?
Vi lascio al capitolo. Buona lettura e, già che ci siamo...
buon Halloween!
Afaneia
"Oh!
Speravo,
signori, che avreste amato la mia aquila, che il vostro amore avrebbe
dato una ragione d'essere alla sua bellezza... Ecco perché
mi davo a
lei e la nutrivo del sangue della mia anima... Ma vedo che sono il
solo ad ammirarla..."
"Io
vivevo per lei,
ma lei, perché vive?... Aquila, che ho nutrito con il mio
sangue,
con la mia anima, che con tutto il mio amore ho accarezzato...
dovrò
dunque lasciare la terra senza sapere perché ti amavo?
Né quello
che farai né quello che sarai dopo di me, sulla terra...
sulla
terra, io ho invano...io ho invano interrogato."
(André
Gide, Il Prometeo male incatenato)
Rosso aveva dovuto imparare ad accettare la presenza di Giovanni
nelle loro vite. Certo, non era una presenza oggettivamente
ingombrante; non pretendeva certo di irrompere in ogni momento a casa
loro, o d'intromettersi nella gestione del loro privato. Tuttavia,
talora passava a trovarli. Non sempre però telefonava prima,
e
capitava a volte che non trovasse Blu in casa. In tal caso, tuttavia,
affermava di non voler disturbare, e si apprestava ad andarsene.
Rosso si trovava allora costretto a invitarlo a entrare.
Finalmente un giorno trovò il coraggio di dirgli: "No,
Giovanni, che non disturbi. So che passi a trovare Drake più
che
Blu, e hai tutti i diritti di farlo, poiché sei suo nonno
esattamente come lo è mia madre; perciò non
importa che fingi di
non voler disturbare. Hai tutti i diritti di vedere Drake. E
comunque, siamo soli per la maggior parte della giornata. Vieni!"
Da allora, Giovanni cominciò a venire più spesso
a trovarli,
inducendo Blu a tornare a casa prima dalla Palestra. Spesso portava
qualche regalo per Drake: pupazzi, calzini, tutine, libri illustrati,
giocattoli istruttivi con lettere e numeri.
"Giovanni!" lo rimproverò Rosso un giorno. "Questi
sono giocattoli molto costosi."
"Lo so, Rosso, e meglio di te" replicò Giovanni con calma.
Sorrideva. "Se glieli porto è perché posso
permettermi di
farlo. Tu non preoccuparti."
Rosso non era precisamente soddisfatto da questa risposta: lui sapeva
da dove proveniva quel denaro. Tuttavia era lo stesso denaro col
quale era stato allevato Blu, col quale la casa in cui vivevano era
stata acquistata, e sarebbe stato ipocrita farglielo notare.
Era un enorme pupazzo a forma di Dewgong, coperto di una morbida
peluria bianca da sembrare autentica – era davvero un
giocattolo di
qualità, un giocattolo costoso, di certo. Si
rassegnò, e disse:
"Allora... grazie. Drake ora sta dormendo, però. Glielo
metterò
accanto, così lo vedrà quando si
sveglierà. Vieni, entra pure."
Si allontanò dalla porta e Giovanni entrò con la
giacca in mano.
Rosso aveva aperto le finestre, e l'aria fresca entrava
piacevolmente: era un maggio caldo e promettente. Aveva messo Drake
nel box, per tenerselo vicino lontano dai riscontri d'aria, ma Drake
si era stancato di giocare e aveva finito per addormentarsi. Giovanni
lo guardò teneramente: Drake pareva quieto e sereno,
addormentato
sulla pancia. Rosso si chinò su di lui e gli
appoggiò accanto,
badando a non svegliarlo, l'enorme peluche.
Si sollevò e scomparve in cucina. Faceva molta fatica ad
accettare
di passare del tempo da solo con Giovanni, ma per amore di Blu si era
ripromesso di comportarsi correttamente; e poi, c'era qualcosa in
Giovanni che lo attirava. Forse, come gli aveva detto lui stesso,
erano i fantasmi che li avevano accomunati per anni.
"Mia madre ci ha portato del succo di fragole, stiamo cercando
di finirlo prima che vada a male. Ne vuoi un po'? A Blu piace molto."
"Lo prendo volentieri se ne prendi anche tu.
No, non sembrava davvero il crudele capo del Team Rocket, l'uomo che
aveva tanto dolore disseminato, tante creature ucciso. Rosso prese
due bicchieri alti, sottili e vi versò il succo di sua madre.
"Sei venuto qui solo per portare quel Dewgong?" domandò ad
alta voce. Non era una domanda aggressiva, o meglio, in qualunque
altra situazione lo sarebbe stata; ma tra lui e Giovanni no, non era.
Ritornò in salotto. Giovanni si era seduto sul divano,
davanti alla
televisione spenta; Rosso appoggiò sul basso tavolino i due
bicchieri e si sedette di fronte a lui. "Sapevi bene che Blu era
in Palestra, vero?"
"Sì, lo sapevo" rispose profondamente Giovanni. "Ma
ti dirò la verità, Rosso... avevo voglia di
chiacchierare un po'
con te. Oltre che di vedere Drake, ovviamente."
"E a me che volevi dire?" replicò Rosso. Era a piedi nudi:
era vestito di abiti da casa, con morbidi jeans strappati e una
maglietta bianca sulle spalle larghe, sul petto ampio.
"Non so, Rosso... nulla di che. Ho piacere di stare qui con voi,
con Drake, con... con te, anche. Io e te ci capiamo molto bene. Non
trovi?"
Rosso sorrise appena, chinando il capo. Alzò le spalle, e
replicò:
"Sì, mi pare di sì."
Rimasero in silenzio per un po' di tempo. Poi Giovanni riprese:
"C'era qualcosa che volevo chiederti" proseguì allora
Giovanni. Rosso assentì col capo. "Dimmi pure."
"Volevo domandarti se hai sfidato di nuovo Mewtwo, dopo... dopo
quel giorno."
Se Rosso fosse stato un Pokémon, avrebbe rizzato le orecchie
e si
sarebbe messo in guardia contro un nemico. Ma era solo un semplice
essere umano, e dovette accontentarsi di spostarsi lentamente sulla
poltrona, così da appoggiare sul tappeto i piedi nudi e
bianchi, ma
segnati e ispessiti dai calli di dieci anni di fatiche. Guardava
fissamente Giovanni: il suo sguardo era fermo e sicuro, il suo
respiro lento e regolare. Voleva solo saperlo.
"L'ho rivisto" disse semplicemente. "Sono sceso negli
abissi della Grotta Ignora, l'ho cacciato, l'ho trovato..."
"Lo hai sfidato?" esclamò Giovanni: gli occhi gli
brillavano.
"No!" disse Rosso a bassa voce, e quella luce si spense. "O
meglio... sì, l'ho sfidato, maè stato lui a non
raccogliere la mia
sfida. Non volevo combattere con me. Ha respinto i miei attacchi, ma
senza reagire."
"Non voleva più combattere?" chiese debolmente Giovanni.
Il suo sguardo era mesto e ansioso, come se la sua voce parlasse di
un amore lontano.
Rosso negò col capo. "No, non voleva. Celebi l'aveva assunto
tra i Pokémon leggendari, gli aveva dato
l'immortalità, ma
soprattutto l'aveva liberato dalla prigionia nella quale tu l'avevi
rinchiuso."
Giovanni tacque a lungo. Poi, a bassa voce: "Era sereno?"
Rosso rifletté per lunghi secondi su quella domanda. Era un
ricordo
lontanissimo (era successo quasi dieci anni prima) eppure
quell'attimo era ancora presente alla sua mente.
"No, ancora non lo era. Era ancora arrabbiato, ancora infelice
per la sua nascita, per ciò che gli avevi fatto fare. Ma
voleva
diventarlo, voleva conquistare la propria serenità: e
proprio non
accogliere la mia sfida era la più immediata soluzione che
conoscesse."
Il bagliore degli occhi azzurri di Mewtwo aveva illuminato le sue
notti per lunghi, lunghi anni sulla vetta dell'alta montagna di
Johto; ma Luisa gli aveva poi parlato della sua quiete, della sua
ritrovata pace. Mewtwo era ormai lontano dai tormanti terreni,
carnali della lotta, degli scontri continui; era un Pokémon
leggendario, anche se il meno etereo di tutti."
Giovanni assentì, sì, ma senza convinzione:
rimase immobile, in
silenzio con lo sguardo chino sulle ginocchia e, stretto in una mano,
il bicchiere ancora pieno.
Finalmente Rosso parlò. Disse: "So cosa vuoi. Vorresti
rivederlo, parlargli, dirgli che ti dispiace, che eri cieco e
avvinto; che ora che sei libero, sei dispiaciuto, ma sai d'aver
vissuto una vita intera solo per creare la sua; che non vuoi che ti
ringrazi, ma che ti odi un po' meno; vorresti che ti perdonasse;
vorresti, semplicemente, rivedere i suoi occhi per una volta, e in
essi trovare pace, poiché sapere di aver rubato e ucciso, ma
per
generare una creatura serena e in qualche modo felice, sarebbe certo
un po' meno terribile che sapere d'averlo fatto per creare un essere
infelice di vivere..."
Si pentì quasi d'avergli parlato così... a
nessuno si dovrebbe
parlare così! Giovanni taceva, tuttavia le dita strette
attorno al
bicchiere parevano tremare. In quel momento si udì il pianto
di
Drake, e subito Rosso balzò in piedi e scomparve dal
salotto. Vi
ritornò dopo vari minuti col bambino avvinghiato al collo.
"Hai visto, Drake? È passato a trovarci il nonno. Hai visto
il
bel peluche che ti ha portato? È un Dewgong! Con Dewgong
puoi
giocare, puoi dormire... hai sentito quanto è morbido?"
Giovanni lo guardò dalla poltrona, scrutando il suo fisico
tormentato e muscolare, segnato in superficie da vene pulsanti e, in
taluni punti, alcune cicatrici...
"Sembri un papà delle riviste" disse guardandolo.
A Rosso scappò una risata a quell'idea. "Tu dici?"
domandò, appoggiando le labbra sulla fronte di Drake: era
proprio
uno di quei padri modello, bello come una divinità.
"Sì, dico. Sai, di qualche pubblicità..."
"Perché cambi così argomento?" domandò
allora Rosso,
sedendosi di nuovo sulla poltrona con Drake in braccio. Subito Drake
protese le braccia verso il nonno, ma Rosso intuì che non
era il
momento e lo trattenne.
"Cambio argomento perché hai ragione" mormorò
Giovanni.
"È così, è proprio come hai detto:
vorrei rivedere Mewtwo,
vorrei incontrarlo, parlargli... domandargli se, ancora, si ricorda
chi io sia... Vorrei che non mi avesse dimenticato, e che magari solo
un po' del suo rancore fosse sfumato, scomparso... è come
dici, mio
caro ragazzo, è esattamente come dici tu. Che altro dovrei
dire che
tu non mi abbia già detto?"
Tese le braccia al bambino. Rosso si alzò e glielo
passò al di
sopra del tavolo: tra le braccia di Giovanni, un colosso robusto
quanto e più di un armadio, Drake sembrava davvero
scomparire.
"Non ha ancora cominciato a parlare?" domandò Giovanni,
accarezzandogli il capo morbido e ricciuto. Drake intrappolò
le sue
dita con una mano paffuta.
"Ancora no. C'è tempo, è ancora troppo piccolo"
rispose
Rosso con calma. In effetti Drake aveva poco più di sei mesi.
"Voglio proprio sapere cosa dirà la prima volta" disse
Giovanni. "Diventerai un grande allenatore, proprio come i tuoi
genitori, sai, Drake? Me lo sento."
"Ce lo sentiamo tutti" disse Rosso ridendo. "Spero
tanto nel suo futuro, Giovanni. Non voglio a tutti i costi che
diventi un allenatore, no, no: potrà fare nella sua vita
tutto ciò
che desidera, che sia onesto, ovviamente" soggiunse guardandolo
in tralice. "Tutto ciò che della sua vita m'importa,
è che i
suoi occhi non diventino rossi mai, non del rosso che ardeva nei
miei; che scelga sempre in libertà, che non sia costretto da
nessuno, e che nessun fantasma vegli mai le mie notti... non voglio
che soffra quanto io ho sofferto, non voglio che, semplicemente,
debba rinunciare a vivere anche un anno solo della sua vita, in nome
di qualcosa che non potrà raggiungere mai..."
"Te ne penti?" domandò Giovanni a bassa voce.
"Non chiedermelo ancora, Giovanni; lo sai; sono pentito, ma
rifarei ogni singola cosa, ogni singolo passo con la stessa passione,
la stessa convinzione di allora; ciò che ho fatto, l'ho
fatto per
amore, e non cambia molto che l'amore fosse per Blu o per Drake, o
per il mio sogno o per me stesso..." O per Missingno, soggiunse
tra sé e sé, ma non disse niente al riguardo,
poiché nessuno in
tutto il mondo conosceva Missingno, a parte lui e pochi altri.
"Te ne penti, tu?"
Calò un silenzio profondo, abissale. Poi Giovanni, con voce
flebilissima, mormorò: "Sì." E subito dopo
riprese,
carezzando con l'enorme mano il morbido capo di Drake: "Ciò
che
tu hai perduto, lo hai ritrovato dopo non molto: Blu ti ha
aspettato..."
"Ma Ambra! Tu sai dov'è Ambra? Lei non mi ha aspettato! Blu
è
cresciuto senza ch'io lo vedessi... Mewtwo, senz'avermi amato,
è
fuggito, lui che tra tutti ho scelto per dedicargli la mia vita...
ah, non credi che sia una tragica, terribile fatalità? Che
proprio
Mewtwo, che con tutto il mio amore ho generato... che proprio lui tra
tutti mi abbia abbandonato?"
Calò un silenzio che Rosso avrebbe disperatamente voluto
interrompere parlando, rispondendo, dicendo qualsiasi cosa... ma non
seppe che dire. Chinò gli occhi cercando di parlare e
tuttavia...
Drake cominciò a piagnucolare facendo smorfie, come faceva
sempre
quando aveva bisogno di farsi cambiare. Rosso balzò in
piedi,
sentendo da qualche parte dentro di sé di poter cogliere
quell'occasione per far cadere la conversazione, far finta di nulla,
non tornar più sull'argomento... ma d'un tratto non gli
parve
onesto, e si fermò. Giovanni si alzò e gli
passò lentamente il
bambino; pareva deluso, come se avesse tentato, per anni, di trovare
una risposta a una domanda che lo aveva tormentato, ossessionato,
assillato nell'esilio tetro dei suoi lunghi anni, come se quel giorno
avesse fatto un tentativo ultimo, supremo nel chiederlo a Rosso,
l'unico essere al mondo a conoscere la sua verità; come se,
dopo il
doloroso sforzo per porla, quella domanda, avesse visto crollare ogni
sua speranza e non in una risposta vaga, ma nell'assenza di una
qualsiasi risposta... Rosso non si sentì capace di lasciarlo
così,
sospeso nel vuoto, e decise di rispondere.
"Non è una fatalità" mormorò
semplicemente e come
combattendo per trovare la forza per mormorare quelle parole.
Trovò
la forza e proseguì, cullando Drake per poter parlare per
quei pochi
momenti: "Com'era mio destino di vagare, per anni, inseguendo
quel vano mio sogno, così era il tuo quello di sprecare la
tua vita
creando Mewtwo, un essere che sfuggiva alla tua volontà, un
essere
nato per diventare divino..."
Allora si rifranse il dolore di Giovanni; fu un attimo, un battito di
ciglia; Giovanni mosse un passo avanti e gridò con voce
terribile,
tonante: "Ma l'ho creato io, io! Io ho dato la mia vita per lui,
e lui mi ha abbandonato! Io, io sono solo, ora! Io sono espulso dalla
società civile! Io ho perduto mia moglie, io ho ucciso, io
ho
rubato, io sono condannato! Io, io ho perso tutto, e loro credono che
io l'abbia fatto perché Mewtwo fosse libero?
Perché lui libero e io
no, lui divino e immortale, e io... son rimasto solo, io! E di tutto
ciò per cui ho lottato, oer cui ho pianto e ho perso, non ho
avuto
nulla, io! Né di rivedere i grandi occhi di Mew,
né di parlare per
l'ultima volta con l'essere che ho generato, vendendo l'anima e
l'impero..."
Cadde spossato sul divano, incapace di parlare ancora, di urlare.
Drake piangeva infastidito e Rosso corse al piano di sopra,
disperatamente cercando di capire, di...
Quando ne riemerse, tornò a sedersi cullando Drake, senza
osare di
guardare Giovanni in volto. Dal divano, l'uomo li scrutava con occhi
spenti e vacui.
"Mi dispiace, Giovanni" mormorò Rosso senza guardarlo. "Mi
dispiace, so che...". Non sapeva cosa dire.
"No, non sai, Rosso" disse Giovanni con voce spenta. "Hai
un compagno, hai un bambino meraviglioso. Hai perduto dieci anni di
vita, è vero, ma ora sei qui, hai una vita, hai una
famiglia. Ti
pare che abbia lo stesso, io? Non hai avuto Ho-Oh, ma hai ritrovato
ciò che avevi già lasciato, al tuo ritorno.
Certo, ho ritrovato
Blu, so che stai per dirlo; ma non è più il
bambino che ho
lasciato; era cresciuto mentre io non c'ero, s'era fatto uomo, creato
una famiglia..."
"Non hai avuto Ho-Oh, ma non l'hai perduto. È diverso. Non
hai
avuto il tempo di amarlo... io l'ho avuto, ma così poco! E
mai, mai
Mewtwo ha saputo che lo amavo. Era ciò che mi meritavo, per
ciò che
avevo fatto: ero stato malvagio, spietato; ma altri aveva deciso che
dovevo esserlo! Non era proprio tutta colpa mia! Ma ugualmente, sono
stato punito solo io..."
Rosso si sentiva profondamente colpito dalle sue parole. Scrutava il
volto paffuto di Drake tra l sue braccia, ancora senza osare guardare
Giovanni.
"Se io trovassi il modo" cominciò a voce bassa "Se io
trovassi il modo di farti vedere Mewtwo, una sola volta, di farti
parlare con lui per qualche minuto... se io vi riuscissi... pensi che
troveresti pace?"
"Ah! E chi può saperlo?" domandl Giovanni. "Credevo
che riuscire a generare Mewtwo, dopo lunghi anni, potesse darmi pace,
eppure sappiamo tutti com'è andata. Mio caro ragazzo! Ti
ringrazio
del pensiero che hai avuto, ma tu per primo sai che non è
possibile
trovare Mewtwo. No, no, Rosso: questo è solo lo strano gioco
della
fatalità: io e te abbiamo dovuto essere condannati
perché altri
potessero essere liberi... ciò che c'è di
sbagliato, è che non ci
è stato chiesto il nostro parere. Abbiamo dovuto dare la
nostra
vita, volenti o nolenti, per fare la felicità altrui... oh,
non
credere che per Mewtwo non l'avrei fatto, sai! Tutta la mia anima
avrei dato per lui, e volentieri, se l'avessi saputo; ma avrei voluto
sapere ciò che mi aspettava..."
Se Rosso avesse potuto, si sarebbe alzato in piedi, guardandolo con
occhi fiammeggianti. Ma Drake scalciava inquietamente tra le sue
braccia, e Rosso rimase seduto sul divano.
"Giovanni" disse allora con voce nitida e ferma,
guardandolo con occhi decisi e alteri "Ascoltami! Tu sai che io
ti ho sempre odiato, che ho fatto di tutto per distruggere il tuo
impero, e che non me ne pento; ma sai quanto io e te condividiamo,
anche, e che ti capisco come nessun altro al mondo è capace.
Se
fossi certo di non poterti aiutare, non te ne avrei mai parlato; ma
so di poterlo fare, e ti giuro che lo farò."
Giovanni l'aveva scrutato in silenzio, assorto, privo d'espressione.
Non era un momento glorioso, monumentale con quel bambino tra di
loro, ma le sue parole erano importanti, forti...
"Va bene, Rosso" mormorò. "Ti ringrazio, mio caro
ragazzo, ti ringrazio molto. I tuoi pensieri sono molto nobili, come
lo sono sempre stati da quando eri piccolo, e li accetto nella stessa
buona fede con cui me li rivolgi. Ti ringrazio molto."
Giovanni rimase con loro tutta la sera, e non ne parlarono
più, né
vi accennarono nei giorni seguenti. Ma non appena, dopo cena, se ne
fu andato, Rosso inviò segretamente un messaggio a Luisa dal
suo
Pokégear.
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