Ed
eccoci
giunti al termine della FF ^-^
Vorrei
ringraziare le ragazze che hanno commentato, e anche chi ha letto la
Fic o l'ha
messa nei preferiti: apprezzo molto! Spero che il finale non deluda...
so che
scientificamente è improbabile (poi vedrete), ma ho pensato
che ogni dettaglio
fosse necessario ai fini della morale.
Un bacio e
grazie per aver seguito
questa FF, spero vogliate leggere anche le altre! ^-^ Kiki.
Capitolo
V
Epilogo
“Bill…
Bill… Bill…”
Due
medici
osservavano Tom Kaulitz, nel pieno del suo delirio.
Il
più anziano
sembrava trovarsi a disagio in quella stanza, in compagnia di quella
che gli
avevano detto essere una star di fama mondiale, ridotta a un miserabile
resto
di umano.
“Chi
è che sta
chiamando? Chi è questo Bill?” chiese,
torturandosi impaziente le mani.
L’altro,
evidentemente l’apprendista, sempre senza staccare gli occhi
dalle cartelle
mediche, scrollò le spalle.
“Il
signor
Kaulitz aveva un fratello di nome Bill… ma a quanto pare
questo poveretto non
ha più contatti con nessun parente o amico da un paio
d’anni.”
“Ancora
non
riesco a spiegarmi come sia sopravvissuto a una caduta
tale…”
Era
infatti un
caso del tutto inspiegabile. Tom Kaulitz era in uno stato di
dormiveglia
perenne da quasi una settimana. L’89% delle ossa del suo
corpo erano spezzate,
stando a quanto dicevano i medici.
Nessuno
avrebbe saputo contare le centinaia di migliaia di lettere e regali che
le fans
di tutto il mondo avevano inviato all’ospedale. Centinaia e
centinaia di
ragazzine in lacrime presidiavano costantemente il cortile
dall’edificio, in
attesa di notizie miracolose, o pessime. Tuttavia nel giro di pochi
giorni
sarebbero tutte scomparse, perché così andava la
vita: presto Tom Kaulitz, con
l’89% delle ossa rotte, avrebbe dovuto cedere il posto a
qualche nuova
celebrità, del tutto integra e con il solito, noioso fascino
da teenager.
Tom
premette sull’acceleratore della station wagon nera. Era
pulito da quasi una
settimana. Lo faceva per Bill, non per sé stesso.
Ormai
il
suo amore era tutto ciò che avesse da offrire agli altri.
Senza
Tokio
Hotel poteva inventarsi una nuova vita, ma senza suo fratello non era
niente.
NIENTE.
“E
allora
ammazzami!” aveva gridato Bill tempo
prima “Piuttosto che vederti così preferisco
morire!
AMMAZZAMI STRONZO!”
E
ora Tom
se ne stava da solo, a sudare e piangere e tremare e contorcersi,
anelando una
dose che non voleva prendere.
Però
tutto
questo diventava sopportabile al pensiero che Bill fosse a casa ad
aspettarlo,
insieme a Georg e Gustav… lo aspettavano, per la prima volta
da quando i TH si
erano separati.
Provò
ad
elencare mentalmente una lista di cinque motivi per i quali guidare
quella
cazzo di macchina in stato di crisi d’astinenza avrebbe
dovuto esser giusto.
Ne
trovò
qualcuno.
“Primo:
non
c’erano taxi disponibili.”
Le
vetrine
erano ormai serrate da un pezzo. Tom vide l’ultimo negoziante
correre sul
marciapiede, caracollando sotto il peso della sua panciona da birra.
“Secondo:
il gelato che ho comprato per la serata si scioglierà se non
faccio in fretta”
Il
gelato
era a quattro gusti, ognuno nella band aveva il suo preferito.
“Terzo:
la
legge dice di non guidare sotto stupefacenti, non sotto la loro
astinenza”
Futile
motivo, lo sapeva bene, ma il vetro sul quale si stava arrampicando era
freddo,
e lui voleva scalarlo in fretta.
“Quarto:
Bill e gli altri mi aspettano, e non voglio fare tardi”
Era
così
bello aspettarsi gli abbracci di una cara persona, senza dover firmare
prima un
autografo in cambio.
“Quinto:
Bill”
Tom
non si
accorse nemmeno del ragazzo che attraversava la strada in quel preciso
istante.
Forse
avrebbe anche potuto vederlo, se un velo di sudore ghiacciato non gli
avesse
coperto ormai gli occhi.
Non
si
mosse nemmeno mentre la macchina nera travolgeva l’innocente,
mentre,
schiacciando il suo corpo, sobbalzava finendo fuori strada.
Rimase
forse per cinque minuti fermo nella Station Wagon, con le mani premute
sugli
occhi. Dopo quei cinque minuti premette sull’acceleratore.
Cinque volte dovette
ripetere le manovre prima di tornare in strada. Quando fu a casa,
cinque
lacrime rigarono il suo volto, prima che cadesse svenuto sul materasso.
…
Il
giovane
medico sostituì nuovamente la flebo attaccata al braccio di
Tom, pensando a
quanto, in effetti, non biasimasse affatto la scelta del suicidio, in
quel
caso.
“Forse
però
non era la tua ora, amico.”
“Bill…
Bill…
Bill…”
A
Marcus,
l’apprendista, sfuggì un sospiro, mentre con gesti
lenti avvicinava al letto
del paziente una sedia.
“Vorrei
poterti dire che sono Bill… vorrei
davvero…”
Si era
informato, oh si. Aveva cercato di capire cosa fosse successo a Bill
Kaulitz.
Era
morto.
Solo un giorno prima del suicidio del fratello.
Era
morto,
travolto da una station wagon. Il responsabile non era stato trovato.
Sospirò:
quel
ragazzo sarebbe rimasto solo fino alla fine.
Spariti
nel
nulla, tutti, amici, parenti… persino gli attuali colleghi
del ragazzo non si
erano presentati all’ospedale… troppo occupati,
secondo il manager, a cercare
un nuovo chitarrista.
Ma
cosa
puoi aver fatto di tanto terribile da farti odiare così da
tutti?
“Bill…
Bill…
Bill…”
“Perché
non
muori, ragazzo? Lo dico davvero per il tuo bene… non
è vita questa… e nemmeno
quella di prima, se posso permettermi.”
Parlare
con un
paziente in stato comatoso poteva anche essere un metodo poco
ortodosso,
tuttavia era il massimo che egli potesse fare per quel poveretto.
“Non
riesci a
morire… forse perché in fondo amavi la tua
vita…”
un altro
sospiro, poi Marcus afferrò una delle cartoline sul comodino
del chitarrista.
-guarisci
Tom!
Ti amo!-
Erano
migliaia
di ragazzine al mondo ad amarlo.
Il
medico
rabbrividì.
“No.
ma allora
perché?”
“Bill…
Bill…
Bill…”
Un lampo
improvviso. Una prospettiva tremenda eppure così logica.
Il
medico posò
una mano su quella di Tom, poi tentò l’ultima
medicina che gli rimanesse, la
più profana ed inevitabilmente giusta che conoscesse.
L’amore
di una
bugia.
“Si
Tom… sono
Bill… tuo fratello.”
“Bill…”
“Si…
Bill”
“Bill…”
Pur
essendo un
uomo irreprensibilmente serio, Marcus non poté contenere le
lacrime, mentre Tom
Kaulitz gli stringeva la mano, esalando gli ultimi respiri della sua
vita, i
lineamenti distesi da una nuova serenità.
Tom
Kaulitz
von Tokio Hotel abbandonava questo mondo, ma forse ne avrebbe raggiunto
uno
migliore, lontano da sé stesso.
Lontano
da
sé stesso.
Fine
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