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Autore: Kiki Daikiri    19/05/2008    11 recensioni
Che buon profumo, profumo di pioggia.
Butto a terra il cappellino, lasciando che l’aria mi passi tra i capelli.
Ogni volta che me li tocco provo una strana sensazione… per quanto sia già passato un anno, ancora non mi sono abituato ai capelli corti.
I miei bei rasta appartengono al passato, quello stesso passato che mi sta spingendo a salire sul parapetto del balconcino in questa deprimente camera d’albergo.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Ed eccoci giunti al termine della FF ^-^
Vorrei ringraziare le ragazze che hanno commentato, e anche chi ha letto la Fic o l'ha messa nei preferiti: apprezzo molto! Spero che il finale non deluda... so che scientificamente è improbabile (poi vedrete), ma ho pensato che ogni dettaglio fosse necessario ai fini della morale. 
Un bacio e grazie per aver seguito questa FF, spero vogliate leggere anche le altre! ^-^ Kiki.
 
 
Capitolo V
Epilogo
 
“Bill… Bill… Bill…”
Due medici osservavano Tom Kaulitz, nel pieno del suo delirio.
Il più anziano sembrava trovarsi a disagio in quella stanza, in compagnia di quella che gli avevano detto essere una star di fama mondiale, ridotta a un miserabile resto di umano.
“Chi è che sta chiamando? Chi è questo Bill?” chiese, torturandosi impaziente le mani.
L’altro, evidentemente l’apprendista, sempre senza staccare gli occhi dalle cartelle mediche, scrollò le spalle.
“Il signor Kaulitz aveva un fratello di nome Bill… ma a quanto pare questo poveretto non ha più contatti con nessun parente o amico da un paio d’anni.”
“Ancora non riesco a spiegarmi come sia sopravvissuto a una caduta tale…”
Era infatti un caso del tutto inspiegabile. Tom Kaulitz era in uno stato di dormiveglia perenne da quasi una settimana. L’89% delle ossa del suo corpo erano spezzate, stando a quanto dicevano i medici.
Nessuno avrebbe saputo contare le centinaia di migliaia di lettere e regali che le fans di tutto il mondo avevano inviato all’ospedale. Centinaia e centinaia di ragazzine in lacrime presidiavano costantemente il cortile dall’edificio, in attesa di notizie miracolose, o pessime. Tuttavia nel giro di pochi giorni sarebbero tutte scomparse, perché così andava la vita: presto Tom Kaulitz, con l’89% delle ossa rotte, avrebbe dovuto cedere il posto a qualche nuova celebrità, del tutto integra e con il solito, noioso fascino da teenager.
 
Tom premette sull’acceleratore della station wagon nera. Era pulito da quasi una settimana. Lo faceva per Bill, non per sé stesso.
Ormai il suo amore era tutto ciò che avesse da offrire agli altri.
Senza Tokio Hotel poteva inventarsi una nuova vita, ma senza suo fratello non era niente. NIENTE.
“E allora ammazzami!” aveva gridato Bill tempo prima “Piuttosto che vederti così preferisco morire! AMMAZZAMI STRONZO!”
E ora Tom se ne stava da solo, a sudare e piangere e tremare e contorcersi, anelando una dose che non voleva prendere.
Però tutto questo diventava sopportabile al pensiero che Bill fosse a casa ad aspettarlo, insieme a Georg e Gustav… lo aspettavano, per la prima volta da quando i TH si erano separati.
Provò ad elencare mentalmente una lista di cinque motivi per i quali guidare quella cazzo di macchina in stato di crisi d’astinenza avrebbe dovuto esser giusto.
Ne trovò qualcuno.
“Primo: non c’erano taxi disponibili.”
Le vetrine erano ormai serrate da un pezzo. Tom vide l’ultimo negoziante correre sul marciapiede, caracollando sotto il peso della sua panciona da birra.
“Secondo: il gelato che ho comprato per la serata si scioglierà se non faccio in fretta”
Il gelato era a quattro gusti, ognuno nella band aveva il suo preferito.
“Terzo: la legge dice di non guidare sotto stupefacenti, non sotto la loro astinenza”
Futile motivo, lo sapeva bene, ma il vetro sul quale si stava arrampicando era freddo, e lui voleva scalarlo in fretta.
“Quarto: Bill e gli altri mi aspettano, e non voglio fare tardi”
Era così bello aspettarsi gli abbracci di una cara persona, senza dover firmare prima un autografo in cambio.
“Quinto: Bill”
Tom non si accorse nemmeno del ragazzo che attraversava la strada in quel preciso istante.
Forse avrebbe anche potuto vederlo, se un velo di sudore ghiacciato non gli avesse coperto ormai gli occhi.
Non si mosse nemmeno mentre la macchina nera travolgeva l’innocente, mentre, schiacciando il suo corpo, sobbalzava finendo fuori strada.
Rimase forse per cinque minuti fermo nella Station Wagon, con le mani premute sugli occhi. Dopo quei cinque minuti premette sull’acceleratore. Cinque volte dovette ripetere le manovre prima di tornare in strada. Quando fu a casa, cinque lacrime rigarono il suo volto, prima che cadesse svenuto sul materasso.

Il giovane medico sostituì nuovamente la flebo attaccata al braccio di Tom, pensando a quanto, in effetti, non biasimasse affatto la scelta del suicidio, in quel caso.
“Forse però non era la tua ora, amico.”
“Bill… Bill… Bill…”
A Marcus, l’apprendista, sfuggì un sospiro, mentre con gesti lenti avvicinava al letto del paziente una sedia.
“Vorrei poterti dire che sono Bill… vorrei davvero…”
Si era informato, oh si. Aveva cercato di capire cosa fosse successo a Bill Kaulitz.
Era morto. Solo un giorno prima del suicidio del fratello.
Era morto, travolto da una station wagon. Il responsabile non era stato trovato.
Sospirò: quel ragazzo sarebbe rimasto solo fino alla fine.
Spariti nel nulla, tutti, amici, parenti… persino gli attuali colleghi del ragazzo non si erano presentati all’ospedale… troppo occupati, secondo il manager, a cercare un nuovo chitarrista.
Ma cosa puoi aver fatto di tanto terribile da farti odiare così da tutti?
“Bill… Bill… Bill…”
“Perché non muori, ragazzo? Lo dico davvero per il tuo bene… non è vita questa… e nemmeno quella di prima, se posso permettermi.”
Parlare con un paziente in stato comatoso poteva anche essere un metodo poco ortodosso, tuttavia era il massimo che egli potesse fare per quel poveretto.
“Non riesci a morire… forse perché in fondo amavi la tua vita…”
un altro sospiro, poi Marcus afferrò una delle cartoline sul comodino del chitarrista.
-guarisci Tom! Ti amo!-
Erano migliaia di ragazzine al mondo ad amarlo.
Il medico rabbrividì.
“No. ma allora perché?”
“Bill… Bill… Bill…”
Un lampo improvviso. Una prospettiva tremenda eppure così logica.
Il medico posò una mano su quella di Tom, poi tentò l’ultima medicina che gli rimanesse, la più profana ed inevitabilmente giusta che conoscesse.
L’amore di una bugia.
“Si Tom… sono Bill… tuo fratello.”
“Bill…”
“Si… Bill”
“Bill…”
Pur essendo un uomo irreprensibilmente serio, Marcus non poté contenere le lacrime, mentre Tom Kaulitz gli stringeva la mano, esalando gli ultimi respiri della sua vita, i lineamenti distesi da una nuova serenità.
Tom Kaulitz von Tokio Hotel abbandonava questo mondo, ma forse ne avrebbe raggiunto uno migliore, lontano da sé stesso.
Lontano da sé stesso.
 
Fine

   
 
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