«La città è cambiata molto
dall’ultima volta che sono stata qui,» prese a commentare il Rubino
dell’Arco di Fuoco, guardandosi attorno, «ma questa casa resta sempre la
stessa.» Rivolse uno sguardo pieno d’orgoglio al fratello minore. «E’ più
che logico che il nostro popolo ti adori: viste le premesse, diventerai un
ottimo Shogun.»
Seduto ad un’alta
scrivania che a prima vista contrastava non poco con la costruzione che noi
definiremmo in “stile orientale”, proprio del palazzo reale di Zipangu,
Takumi scrollò le spalle. «Non mi pare di fare né più né meno di quel che si
aspetta nostro padre.»
«E’ per questo che dico
che la gente ti adora» si congratulò ancora la giovane donna. «Piuttosto,
come va il resto?»
«Grosso modo come al
solito. Non ci sono grosse novità.»
«Prendi regolarmente le
tue medicine?» volle sapere, inarcando le braccia sui fianchi come una mamma
che si appresta a fare una ramanzina al proprio figlioletto ribelle. O
semplicemente distratto, in questo caso.
«Ah-ah» annuì il
ragazzo. «Akira-kun è capace di gettarmele dietro, se le dimentico. Almeno
quando riesce a trovarmi per tempo. Altrimenti è costretta a farmele
prendere con la forza.»
«Con la forza?» aggrottò
le sopracciglia chiare Mai.
«Non che io mi lamenti,
in effetti» ammise Takumi, divertito, senza però dare ulteriori spiegazioni
in merito.
«Beh, fa bene» sorrise
la Otome, soddisfatta. «Ha ragione quando dice che senza di lei saresti
perduto.»
«Niente di più vero»
convenne lui.
Dopo qualche attimo di
silenzio, la giovane si chinò in avanti per fissarlo negli occhi, così
simili ai suoi, e per domandargli con sfacciata curiosità: «Ci sono stati
progressi?»
L’altro scosse il capo,
rassegnato. «Neanche l’ombra. E non certo per colpa mia, questa volta.»
Mai sospirò, tornando in
posizione eretta. «Mi viene da pensare che siate senza speranza…»
La porta si aprì,
scorrendo velocemente sull’intelaiatura della parete ed introducendo così la
figura della guardia personale del figlio dello Shogun di Zipangu. La
ragazza parve sorpresa per la presenza del Rubino dell’Arco di Fuoco, tanto
che rimase sulla soglia più a lungo del dovuto ed il suo signore dovette
richiamarla gentilmente al presente. Akira entrò, richiudendo la porta alle
proprie spalle ed inchinandosi al cospetto della principessa per scusarsi
per l’intrusione.
Mai sorrise
cordialmente. «Ehi, ehi... Cosa sono tutte queste formalità, Akira-kun? Ci
conosciamo da una vita, mettiamo da parte questo tipo di cerimonie almeno
quando siamo fra di noi, d’accordo?»
L’altra guerriera
ricambiò il sorriso. «Noto con piacere che non sei cambiata affatto.»
«Oh, beh… Anche qui le
cose sono sempre le stesse, pare. Purtroppo, mi verrebbe da aggiungere…»
sospirò, rivolgendo il solo sguardo al fratello e lasciando volutamente in
sospeso il proprio giudizio.
Cosa che mise
immediatamente sull’attenti la kunoichi, la quale decise di adottare il
silenzio come scudo difensivo, specie quando, a conferma dei suoi sospetti,
giunse la voce del giovane a rimproverare bonariamente la Otome. Fu solo
quando Takumi le domandò cosa fosse quel blocco di fogli che recava con sé,
che Akira riprese parola. «Le solite scartoffie da leggere e firmare.»
«Grazie per avermele
portate» rispose il principe, ricevendole fra le mani e dando loro uno
sguardo veloce, accompagnato da un paio di indicazioni da parte di quella
che era in definitiva il suo braccio destro, prima di allinearle di nuovo
battendone i bordi inferiori contro il ripiano di legno della scrivania e di
metterle da conto per esaminarle con maggiore attenzione in un secondo
momento.
Mai li fissò con
scrupolosa premura e non poté non balzarle all’occhio una nota stonata in
quel binomio di “teste vacche” costituito da padrone e serva: checché ne
dicesse il primo, qualcosa era successa, tra di loro, anche se la
principessa non riusciva a capire se in bene o in male.
Sentendosi osservata con
insistenza, Akira alzò gli occhi purpurei su di lei. «Ehm… Akira-kun, non ti
ho ancora chiesto come va…» si sentì domandare.
La ragazza tornò a
chinare le pupille sul suo signore. «Diciamo che potrebbe andare meglio»
lanciò quindi il primo dardo.
Cogliendo quello sguardo
e quella insinuazione, la Otome ebbe conferma ai suoi sospetti. «Akira-kun,
se hai bisogno di un aumento di stipendio, non hai che da dirlo» la sfidò
Takumi con un sorriso quasi dispettoso sulle labbra. Altra nota stonata, si
rese conto Mai.
La kunoichi si irrigidì,
arrossendo. «Se volessi una paga migliore, prenderei la qualifica di Otome»
ribatté, quindi, cercando di nascondere il tono seccato. «Sempre che il mio
signore non desideri diversamente.»
«No, non lo desidero»
replicò lui con stoica impassibilità di fronte a quel nuovo affondo.
«Sarebbero una spesa per lo Stato ed uno sforzo da parte tua assolutamente
inutili, visto anche il fatto che prima o poi dovrai dare degli eredi a tuo
padre.»
Il rossore sul viso di
Akira non parve sfumare, anzi. «Ti ho già detto che sono pronta a
rinunciarvi per il bene del Paese.»
Takumi sorrise. «E’
proprio per il bene del mio Paese che lo dico» ribatté, zittendola e
lasciandola completamente disorientata. Dopotutto, cosa c’entravano i suoi
eventuali figli con il futuro benessere di Zipangu?
Pur sentendosi di
troppo, e costretta a mordersi l’interno della bocca per non esplodere in
una risata poco gentile nei riguardi della guardia, Mai si sentì in dovere
di suggerire a fil di voce: «Io ve l’avevo trovata, la soluzione…»
Ed il miracolo avvenne.
Una luce bellissima ed abbagliante, scaturita da quelle parole rivelatrici,
spazzò in un attimo le nubi che oscuravano i neuroni della kunoichi,
impedendone le sinapsi. Dunque, quel che le aveva fatto alcune settimane
prima il suo signore… altro non era che una proposta di matrimonio?!
Incredula, la ragazza
volse di scatto la testa verso di lui, che ora la fissava con aria
innocente, come a dire “Che altro, se no?”, in attesa di una qualche
reazione. Reazione che non tardò a venire, perché Akira divenne paonazza,
chinando lo sguardo davanti a sé, mortificata al punto da sentire il bisogno
di piangere. La persona di cui era innamorata praticamente da sempre l’aveva
infine chiesta in sposa, e lei? Lei gli aveva risposto…
La voce di Takumi giunse
quasi ovattata alle sue orecchie. «Quando gliel’ho ricordato, non molto
tempo fa, mi ha urlato contro, dandomi dello stupido.»
Mai rise per non
piangere. «Non oso immaginare in che modo tu glielo abbia chiesto…»
commentò, portandosi una mano alla testa con fare sconsolato.
«Nel modo più onesto e
delicato, si intende» parve scandalizzarsi l’altro per tale mancanza di
fiducia.
«Oh, non ne dubito, ma…»
Gli occhi chiari della principessa si posarono misericordiosi sulla
fanciulla, trovandola sull’orlo delle lacrime. «A giudicare dalla sua
reazione, direi che non sei stato esplicito, quella volta.»
«Puoi dirlo» trovò la
forza per rispondere la kunoichi, ora infuriata, i pugni ben stretti lungo i
fianchi. «Non fa altro che parlare in maniera equivoca, al punto che…»
Tacque, troppa la vergogna.
«Perché, cosa le hai
detto?» volle sapere Mai, tornando a rivolgersi al fratello, a metà fra la
curiosità ed il desiderio di voler mettere pace tra i due.
«Soltanto che mi sarebbe
piaciuto mettere in pratica il consiglio che ci venne dato quel giorno al
Garderobe» si difese il giovane, iniziando però a sentirsi un po’ in colpa
per il tormento dato all’amata.
«Ma quel giorno ne avete
avuti diversi, di consigli!» gli fece notare sua sorella, battendo le mani
davanti a sé, per poi giungerle a mo’ di disperata preghiera, ed alzando gli
occhi al cielo con fare sconsolato. «A cominciare da quello di Shizuru, per
finire a quello di Nao!»
«Appunto!» riprese
parola Akira, tremendamente stizzita, ma forte di quella nuova complicità
femminile. «E dal momento che siamo entrambi della stessa opinione sulla
faccenda delle Otome…»
«…tu hai ben pensato che
fossi il tipo da proporti di diventare la mia amante» concluse per lei
Takumi, quasi senza vergogna alcuna, mandandola ancora una volta a fuoco.
«Non è questo il punto!»
scattò la ragazza, offesa a sua volta perché accusata di mettere in
discussione l’integrità morale dell’amico. «Ma tu avevi appena finito di
ciarlare a proposito di dormire e di fare il bagno insieme, e… e poi… hai
ripreso molto alla larga il discorso fatto al Garderobe, e… e…» e la voce le
venne meno, troppo confusa dalla valanga di emozioni che l’avevano assalita.
Insomma, alla fine era anche colpa di lui, se non aveva afferrato subito la
cosa, per la miseria! Cosa accidenti ci voleva a parlare chiaro sin
dall’inizio, senza perdere tempo in chiacchiere risultate più nocive che
altro?!
Takumi sospirò
pazientemente, si levò in piedi e l’avvolse fra le braccia, sperando così di
darle quel minimo di calore che potesse in qualche modo calmarla, almeno per
quel che serviva per farla smettere di tremare per l’ansia ed il nervosismo.
«Stavo solo ricordando di quando eravamo bambini» la rassicurò, mentre lei
si aggrappava con entrambe le mani al suo kimono in un goffo modo di
ricambiare l’abbraccio. «Perdonami se ti ho involontariamente messa in
imbarazzo.» Il giovane la sentì tirare su col naso. «Lo sai che è la mia
specialità, purtroppo, quindi non avresti neanche dovuto dubitare delle mie
intenzioni.»
«Io non dubito di
quelle, ma della tua intelligenza!» fu la risposta che divertì Mai, al punto
che questa volta la Otome non riuscì a trattenere una risatina.
«Ora, da bravi, non
ricominciate a litigare» si raccomandò, lieta che quella guerra fredda fosse
giunta a termine per lasciare spazio ad un futuro decisamente più roseo.
«Takumi, prendi coraggio e falle una proposta chiara e precisa. Akira-kun,
cerca di mettere da parte la timidezza e sii gentile con lui, dandogli una
risposta civile e priva di insulti, almeno per una volta.» Ma dal momento
che nessuno dei due giovani spiccicò più parola, finalmente anche alla
principessa sovvenne l’improvvisa consapevolezza di avere mancato in
qualcosa, mettendosi così in lizza con i presenti per la palma d’oro al
tatto e all’acume. Si batté quindi una mano sulla fronte. «Giusto, meglio
che ne discutiate con calma da soli» stabilì, impacciata, muovendosi per
lasciare la stanza. Prima di chiudere la porta, però, aggiunse: «Takumi,
resto nei paraggi: nel qual caso la cosa dovesse risolversi poco
pacificamente, lancia un urlo, intesi?»
«Ma tua sorella mi ha
presa per una selvaggia?» borbottò Akira, risentita, continuando a
nascondersi contro la spalla del suo signore anche dopo che la Otome fu
uscita.
«Le ho detto che sei
capace di lanciarmi contro le medicine, se dimentico di prenderle.»
«Questo non è vero!»
protestò con enfasi, prima di ricordarsi che era stata davvero sul punto di
farlo non più di cinque giorni prima, salvo poi dover rinunciare per
accorrere in aiuto del giovane, in preda ad un serio attacco.
«Mi dispiace» mormorò
Takumi, passandole le dita fra i capelli sottili per carezzarle la nuca e
stringerla di più a sé. «Ma, se ci pensi, è l’unico modo che ho per ricevere
i tuoi baci.»
Di nuovo, la ragazza
avvampò da capo a piedi. «Parola mia,» iniziò a rimbeccare, profondamente
indispettita, senza però avere la minima voglia di divincolarsi, «sei
l’unico sulla faccia del pianeta capace di urtare fino all’inverosimile i
miei nervi.»
«Posso prenderlo come un
incoraggiamento a chiederti in moglie?»
«Taci, idiota» la sentì
farfugliare lui, in modo così adorabilmente imbarazzato che non gli riuscì
di trattenersi dal ridere e dal posarle un bacio sul capo, mentre Akira si
aggrappava maggiormente al suo kimono, a dimostrazione che le sue azioni
rispecchiavano il suo cuore più delle sue parole.
Purtroppo sono due settimane che Lanfranco è entrato in sciopero, e visto che la mia creatività è al momento messa a dura prova dal mio precario stato emotivo e psicologico attuale, ho creduto opportuno di dover comunque cogliere al balzo l'opportunità di scrivere due righe qualora mi se ne fosse presentata l'occasione. Non so neanche se ne è valsa la pena e se questa shot è un degno sequel delle altre tre che trattano dell'argomento, quindi spero voi siate così gentili da farmi eventualmente sapere la vostra opinione in merito o quantomeno da segnalarmi eventuali errori e sviste.
Ringraziando come sempre tutti i lettori, mi auguro di cuore di potervi presto regalare una storia migliore.
Shainareth