V - Bird
La punta nera del lapis correva sul foglio di carta
lasciando dietro di sé una striscia grigio scuro che si
stagliava sul bianco immacolato come l'asfalto della Strada del Re si
stagliava sulla coltre di neve di Grande Inverno. Sansa alzò
la matita dal foglio osservando critica lo schizzo che aveva appena
fatto e che in teoria doveva essere il viso di suo padre Eddard e
invece assomigliava di più a quello della Montagna che
Cavalca.
La
Montagna...
I pensieri della
giovane Stark corsero allora al fratello della Montagna, quello stesso
fratello che l'aveva ospitata a casa sua e con cui lei aveva litigato
la sera prima. Quando, quella mattina, era uscita dalla camera e si era
guardata intorno nel salotto aveva visto che lui era già
andato via, sicuramente anticipando il suo solito orario d'uscita per
non incontrarla. E come biasimarlo? Sansa si rendeva conto di essersi
comportata come una stupida bambina capricciosa e che lui non aveva
nessun dovere nei suoi confronti, ma se ripensava all'umiliazione di
essere stata messa da parte per una puttana sentiva l'ira salire di
nuovo in petto. Era strano.
Joffrey mi ha fatto
cose ben peggiori di saltare una cena per andare con una prostituta
eppure non mi sono mai arrabbiata. Ho sempre piegato il capo mantenendo
l'aspetto di una vera lady come mi è stato insegnato e
piangendo da sola nel buio della mia camera.
Aveva pianto anche la
sera prima, ma era lacrime di rabbia e di umiliazione, non di tristezza
e paura come quelle che piangeva dopo una delle torture del sindaco
pazzo o di sua madre. Loro due non le avevano mai fatto scattare l'ira
e l'orgoglio, ma il fatto della sera prima faceva capire alla rossa che
quei due sentimenti non erano spariti dal suo cuore come credeva e che
era ancora una degna Stark sebbene tutto.
E
per questo devo ringraziare il Mastino.
Sorrise, un sorriso
triste. Ringraziarlo? E come? Era scappata da quella casa come una
ladra, non sopportando l'idea di rivederlo e si era rifugiata nel parco
sedendosi su una panchina appartata e cercando di distrarsi disegnando
un ritratto di suo padre, saltando ancora una volta la scuola. Nessuna
delle due cose, distrarsi e disegnare, le stava riuscendo bene e i suoi
pensieri si rincorrevano come un cane rincorre la propria coda.
Un cane. Un mastino. E
il ciclo dei pensieri ricominciò da capo.
Con uno tonfo, Sandor
chiuse l'ennesimo libro di fotografie. Neanche in questo aveva trovato
la foto dell'assalitore di Cersei Lannister e l'idea di guardarne
un'altro gli faceva venire il vomito, ma doveva farlo.
Per
fortuna ne rimane solo uno, cazzo.
Non li sopportava
più quei libri del cazzo e non gliene fregava niente se
quella puttana bionda era stata assalita, se fosse stato per lui
l'avrebbe lasciata nelle mani di quel santo uomo che desiderava farle
del male. L'idea di cosa avevano fatto lei e quel pazzo assassino di
suo figlio all'uccellino gli faceva salire il sangue alla testa e
desiderare di essere stato lui ad assalirla. Lui l'avrebbe uccisa,
non gli sarebbe scappata. Lui non sbagliava mai nelle cose in
cui riusciva meglio.
Non sbaglio mai in
quello che so fare meglio: ferire le persone. Sia materialmente che
fisicamente.
Non aveva sbagliato
neanche nel ferire una certa ragazzina dalla folta chioma rossa e dagli
occhi come il cielo a primavera, anzi, ci era riuscito alla perfezione.
Quella mattina era
scappato dalla propria casa come se avesse avuto cento diavoli alle
calcagna, saltando la colazione e tuffandosi dentro quello schifoso
lavoro che però era sempre meglio che ritrovarsi davanti
l'uccellino dagli occhi di ghiaccio. Si chiese se l'avrebbe ritrovata
quella sera, di ritorno a casa. Probabilmente no e non poteva
biasimarla se se ne fosse andata, infondo la situazione ad Approdo del
Re si era stabilizzata e lei poteva tornare tranquillamente a vivere
nel suo appartamento con delle ragazze della sua età, la cui
compagnia era sicuramente migliore della sua.
Aprì il
libro. Era incredibile quanti criminali ci fossero in quella
città e lui si stava sorbendo tutte le loro facce
rivoltanti, prima in tre pacchi di foto singole e adesso in quattro
libroni in cui erano catalogate.
Fanculo.
Vaffanculo a tutto, cazzo.
Il sole che le
scaldava il viso non riusciva ad arrivare alla sua anima, gelida e
spaventata come un uccellino primaverile durante un lungo inverno.
“L'inverno sta arrivando”, diceva il motto della
sua casa, ma sembrava che fosse già arrivato da un pezzo per
Sansa Stark che si strinse tremando nelle braccia. Avrebbe preferito
che fosse un ragazzo a stringerla e subito si vergognò di
quel pensiero così infantile: dopo tutto quello che era
successo riusciva a pensare solo ai ragazzi?
Scuotendo la chioma
rossa prese il cellulare e attaccò ad esso le cuffiette, se
le infilò nelle orecchie e accese la radio sperando che la
musica la potesse distrarre.
Wake up
Look
me in the eyes again
I
need to feel your hand upon my face
Sansa
spalancò gli occhi, le parole della canzone che scorrevano
nel cervello come scariche elettriche. Guardarlo negli occhi? Lo aveva
mai guardato davvero? Un paio di volte aveva avuto il coraggio di farlo
e aveva visto che gli occhi del Mastino erano come quelli di un cane
rabbioso, neri e infuocati: a quella visone aveva abbassato subito i
suoi. Lo aveva mai toccato? Solo il pensiero la faceva rabbrividire, ma
il sentimento di volerlo fare, quel sentimento che l'aveva presa la
mattina prima mentre lo guardava dormire, era ancora vivo in lei.
Words can
relay nice
They
can cut you open
And
then the silence surrounds you and haunts you
Le parole sprezzanti che aveva pronunciato la sera prima e le parole
gelide che le aveva rivolto lui sembravano marchiate a fuoco nella sua
mente, avrebbe potuto ripeterle lettera per lettera. Strinse le
ginocchia tra le braccia appoggiandoci sopra la testa e chiudendo gli
occhi. Era vero, le parole poteva essere dolci, ma potevano anche
aprirti in due e lei lo sapeva bene. Sapeva bene anche come il silenzio
ti cacciasse, avvolgendoti nel suo freddo e terribile abbraccio:
anch'esso lo aveva sperimentato più volte nella sua
solitudine nella buia camera nella Fortezza Rossa.
Qualcosa, per il
Mastino, non tornava. Anche l'ultimo libro di fotografie era finito e
lui non aveva trovato quello che cercava. Anzi, quello che cercava per
lavoro lo aveva trovato (un mercenario di una delle Città
Libere dal nome impronunciabile), ma di quello che cercava davvero non
ce ne era traccia. Il Mastino voleva nome e cognome di coloro che
durante la manifestazione avevano cercato di stuprare l'uccellino,
avrebbe messo la mano sul fuoco (ignorando l'ironia della frase) che
erano criminali recidivi eppure di loro nei registri non c'era neanche
un appunto. I casi di ciò potevano essere due: o erano
davvero degli innocenti prima della manifestazione, cosa di cui Sandor
dubitava seriamente, oppure c'era sotto qualcosa di davvero grosso.
Il Mastino non si
stava soffermando sul pensiero di perché stava cercando quei
tipi, ormai morti. A lui cosa interessava? Aveva salvato una ragazzina
in pericolo, già questo era un fatto eccezionale, e non
gliene sarebbe dovuto fregare più un cazzo. Eppure, quasi
sovrappensiero, aveva cercato i visi degli stupratori tra tutti quelli
che aveva visto e, non trovando niente, si era messo a riguardare tutte
le fotografie perché, anche se era un cane, sapeva contare.
Aveva visto entrare nel vicolo all'inseguimento dell'uccellino dieci
uomini e dopo aveva visto solo nove cadaveri. Sapeva che tipi del
genere agiscono sempre in branco e quindi se avesse trovato uno di loro
avrebbe trovato anche il capo, quello che gli era scappato. Era sicuro
che il sopravvissuto fosse il capo: quelli come lui non muoiono mai.
Dove
sei? Fatti vedere, figlio di puttana.
La canzone continuava
a fluire nella sua mente e Sansa era ormai dimentica di tutto il mondo
che si muoveva intorno a lei. Rumori, luci, suoni, tutto sparito e
assorbito dalla bella voce calda del cantante che le raccontava i suoi
stessi sentimenti spiegandoglieli in termini che le erano
incredibilmente familiari.
I think I might have inhaled you
I could
feel you behind my eyes
You've
gotten into my bloodstream
I
could feel you floating in me
Ricordava il suo odore, l'odore che l'aveva avvolta quando lui l'aveva
salvata da quegli uomini spregevoli. Era terrorizzata e anche lui le
faceva paura (gliela faceva anche adesso), ma il vederlo l'aveva
tranquillizzata in un modo che nessun uomo prima di lui era riuscito a
fare. Ricordava quell'odore come se lo sentisse in quel momento e
ricordava bene quanto le fosse piaciuto. Desiderò poterlo
sentire di nuovo, dal vero e non nella sua testa.
Sansa Stark
alzò di scatto la testa, rossa fino alla radice dei capelli
altrettanto rossi. Ma cosa andava a pensare? Si tolse le cuffie dalle
orecchie, quella canzone la stava mettendo in agitazione e lo era
già di suo.
Magari
potrei trovare un po' di pace in biblioteca.
Pensò la
fanciulla, mettendo in tasca il cellulare. In realtà sarebbe
potuta andare direttamente nel suo appartamento, ma non ne aveva
voglia: era vuoto, freddo e in esso i suoi pensieri avrebbero
rimbombato amplificati cento volte. Meglio la biblioteca che era
sì silenziosa, ma c'erano comunque esseri vivi con cui si
potevano scambiare due parole. Inoltre l'odore dei libri le era sempre
piaciuto e l'antico edificio era a pochi minuti dal parco in cui era.
Si alzò e
iniziò a raccogliere la propria roba, per poi incamminarsi
verso l'edificio. Pochi istanti dopo un uomo alto, che leggeva un
giornale nella panchina di fronte a quella in cui si era seduta la
giovane Stark e che non si era perso un solo suo movimento, si
alzò. Indossava occhiali da sole e aveva voglia di leggere
un libro in biblioteca.
Il caffè
del distributore automatico nella Fortezza Rossa faceva schifo, ma
Sandor Clegane lo ingollò lo stesso desiderando con tutto se
stesso che si trasformasse in un buon rosso dorniano. Aveva bisogno di
bere, ma si doveva accontentare di quel fango che i Lannister
rifilavano ai propri dipendenti, gli stessi Lannister che erano
così pieni di soldi che avrebbero potuto servire vino dorato
di Albor ogni giorno a tutti senza intaccare minimamente le loro enormi
entrate mensili.
Grugnì,
appoggiandosi con la schiena alla parete e alzando lo sguardo
sull'orologio da parete davanti a lui. Erano le sette di sera e tra
un'oretta sarebbe potuto tornare a casa... dove l'uccellino di certo
non l'aspettava.
Sarà
tornata al suo nido.
Ma quale? Quello che
condivideva con la Tyrell? Oppure il suo vero nido, su al Nord, quel
nido a cui desiderava tornare con tutta se stessa? Il Mastino non lo
sapeva. Sapeva solo che la presenza della ragazzina nella sua casa non
era stata per niente terribile come si era immaginato, anche se poi era
andata come era andata. Sospirò. Tempo di tornare alle sue
fotografie, quelle stesse fotografie che aveva praticamente imparato a
memoria e in cui non riusciva a trovare lui.
Era perso nei suoi
pensieri omicidi su come avrebbe ucciso colui che aveva torto una piuma
al suo uccellino quando qualcosa catturò la sua attenzione.
Molti pensavano che il Mastino sapesse solo lottare e che quindi fosse
stupido, ma Sandor Clegane non era stupido per niente, semplicemente
non gliene poteva fregare un cazzo di quello che gli altri dicevano o
pensavano. Però quello che stava sentendo in quel momento lo
interessava molto.
- A
quest'ora l'avrà già trovata.
Era la voce maschile
che proveniva da una stanza la cui porta chiusa era accanto a lui. La
voce attraversava il legno della porta e Sandor non sapeva chi fosse a
parlare, ma sapeva istintivamente chi era il soggetto del discorso.
- Dici?
Neanche lui può essere così bravo. E poi lei sta
sempre attaccata al cane del sindaco, quel traditore.
- Anche un
cane può tradire il suo padrone se sente odore di figa.
Comunque sono sicuro che l'ha trovata, l'ha comunicato proprio qualche
minuto fa a lady Cersei. E sai la cosa più incredibile?
- Dimmi
tutto, non tenermi sulle spine.
- La sta
seguendo da tutto il giorno. Ma lei è sempre stata in
pubblico, lui non ha potuto fare niente. Adesso che è notte,
però, non ci sarà nessuno per le strade e
potrà prenderla.
- E quando
la prenderà... Il sindaco potrà riprendere a
giocare con la sua lupetta preferita.
Uno scoppio di risa.
Sandor non
aspettò di sentire il resto. Il caffè gli cadde
di mano mentre correva via.
Oh.
Sansa alzò
gli occhi dal romanzo d'amore che stava leggendo e guardò
l'orologio. Erano già le sette? Adesso doveva tornare a casa
davvero, ma il libro le piaceva e quindi decise di prenderlo in
prestito: lo avrebbe letto a casa, nel suo bel lettino caldo.
Stranamente l'idea non la entusiasmava come credeva, ma
immaginò che fosse solo suggestione a causa degli eventi di
qualche giorno prima. Non aveva ancora superato la paura e quindi era
normale che non volesse stare da sola, ma non aveva di certo voglia di
tornare a casa del Mastino... no?
Scuotendo la chioma
rossa, uscì dalla biblioteca e si inoltrò nella
strada buia stringendo a se il libro, cercando di non pensare che
dietro a quegli angoli oscuri si sarebbe potuto nascondere chiunque,
magari proprio il suo incubo: Occhi Gialli. Al solo pensiero di quegli
occhi fissi su di se sentiva la paura sommergerla e l'atmosfera da
incubo in cui stava camminando non aiutava di certo. Di solito le
strade di Approdo del Re erano perfettamente illuminate
perché la vita notturna era sempre viva, eppure quella sera
Sansa camminava in una via immersa nell'oscurità. Una
nebbiolina grigia confondeva i contorno delle cose e la giovane non
sapeva se quelle accanto a lei erano macchine parcheggiate o mostri
accucciati pronti a saltarle addosso. I rari lampioni accesi non
riuscivano ad illuminare che per qualche metro, creando isole di luce
fredda in cui Sansa si fermava per riprendere fiato. Non c'era neanche
una persona in giro, nessun gruppo di ragazzi che andavano al pub,
nessun impiegato che tornava a casa e nessuna macchina che rombava per
la strada: sembrava che fosse caduta una bomba che avesse ucciso ogni
essere vivente tranne Sansa. Lei sapeva che non era così e
quest'idea la terrorizzava. Non era l'unica abitante di Approdo del Re,
ma c'erano centinaia di criminali che avrebbero potuto farle qualunque
cosa.
Alzò gli
occhi azzurri dal cemento del marciapiede e si accorse che due paia di
occhi luminosi la fissavano dal buio completo del vicolo accanto a lei.
Erano gialli. Sansa Stark si bloccò, non riuscendo a muovere
un muscolo, riuscendo a malapena a pensare.
Calma, calma... Non
può essere lui...
Eppure quegli occhi
che rilucevano nell'oscurità erano fissi su di lei nello
stesso identico modo in cui l'avevano guardata quella volta nel vicolo.
“Tutti
insieme.”
Sansa aprì
la bocca per urlare, poi ci fu un rumore metallico e con un balzo gli
occhi luminosi si abbassarono a pochi centimetri dal terreno e fu solo
in quel momento che Sansa si rese conto che non era altro che un gatto
seduto su un bidone dell'immondizia che era appena sceso. Si
avvicinò a lei e miagolò, come dandole della
stupida. Istericamente, Sansa sorrise, un sorriso tirato e per niente
divertito.
Un
gatto. Che idiota.
Si rimise a camminare,
ma ormai era vicina a casa e in pochi minuti arrivò alla
soglia della sua bella casetta. Per fortuna sulla porta c'era
installata una lampada che creava un isola di luce sicura in quel mare
di oscurità in cui Sansa aveva nuotato fino a quel momento.
Sospirò di
sollievo, tirando fuori dalle tasche le chiavi e infilandole nella
toppa. Era al sicuro, era a casa finalm...
-Bentornata, dolce
lady.
“Tutti
insieme.”
Le pupille di Sansa
divennero due capocchie di spillo mentre rimaneva congelata su posto,
le chiavi ancora infilate della toppa. Non osava girarsi, ma era sicura
e questa volta non era un gatto. Questa volta era lui.
Mi ha trovata. Occhi
Gialli mi ha trovata.
Come rispondendo al
suo pensiero lui sussurrò:
- Non
è stato facile, piccola lady. Sei stata tutto il giorno in
mezzo alle persone, non ho potuto fare niente per prenderti. Mi hai
anche costretto a passare la giornata in biblioteca, cazzo. Lady Cersei
si è sbagliata, non sei per niente stupida.
Cersei? Allora c'era
lei e quel malato di suo figlio dietro tutto questo? Sansa chiuse gli
occhi, mentre Occhi Gialli le poggiava una mano gelida sul collo bianco
e la faceva scivolare sulla spalla. L'avevano ripresa. Non poteva fare
niente. Non poteva scappare, non poteva ribellarsi, non poteva lottare.
Se Joffrey la voleva l'avrebbe avuta anche se lei fosse scappata in
capo al mondo e l'unico luogo sicuro di tutta Westeros, Grande Inverno,
era lontano e evanescente come la Terra delle Ombre. Margaery aveva
cercato di proteggerla, ma le era bastato allontanarsi per una
settimana e i Lannister l'avevano ritrovata.
Che
idiota che sono. Sono solo una stupida ragazzina.
Se fosse rimasta a
casa col Mastino tutto questo non sarebbe successo. Lui l'avrebbe
protetta, non sapeva come mai, ma sapeva che lui non avrebbe permesso a
nessuno di farle del male e invece ora la mano di Occhi Gialli stava
scivolando sotto la sua maglia senza che lei non potesse fare niente.
Il Mastino...
Vorrei
che tu fossi qui.
Sansa Stark
gettò indietro la testa, calde lacrime che scendevano dagli
occhi chiusi.
- SANDOR!!
Il grido non era il
cinguettio di un dolce uccellino estivo, ma l'ululato di un lupo ferito
a morte e rimbombò nella via stretta rimbalzando tra le
pareti e il cemento, tra il vetro delle finestre e il legno delle
porte, fino a raggiungere le stelle gelide nel cielo.
E poi successe
qualcosa che di solito succede solo nelle favole, nei libri d'amore che
Sansa amava leggere e che si era resa conto non riflettevano per niente
la crudele realtà in cui viviamo. Eppure, in quel caso
accadde: l'eroe, evocato dalla preghiera della principessa in pericolo,
apparve in sella al suo cavallo bianco.
Beh, non proprio un
cavallo e sicuramente non un eroe in armatura, ma Sansa non sarebbe
stata più felice di vederlo, quando si girò di
scatto, risvegliata dalla sua trance dal potente rombo di una
moto. L'enorme moto nera era emersa dalla nebbia e si era
fermata davanti a loro. In sella, il Mastino che li fissava con un
espressione indecifrabile sul volto ustionato, poi le labbra si torsero
in un terrificante sorriso mentre scendeva dalla sua moto.
- Ti ho
trovato, pezzo di merda.
Occhi Gialli
staccò la mano da Sansa e prima che potesse fare niente lei
spiccò il volo, attraversando il marciapiede in due falcate
e atterrando fra le braccia del Mastino che per un attimo la strinse
contro il suo grosso petto con una strana dolcezza per poi
allontanarla, mettendola dietro di se in un gesto protettivo.
L'espressione di Occhi Gialli non cambiò, ma anche sulle sue
labbra comparve un sorriso che a Sansa parve quello dello Sconosciuto.
Era dietro al Mastino e ora si sentiva al sicuro, ma l'adrenalina
scorreva ancora troppo nel suo corpo perché si fermasse a
riflettere sul suo urlo e sul suo gesto, un gesto che tra poche ore le
sarebbe sembrato assurdo e di cui si sarebbe vergognata. Adesso
però si sentiva semplicemente protetta e pensava solo al
fatto che il Mastino era arrivato quando lei l'aveva chiamato.
Come
un vero cavaliere.
Un cavaliere,
però, non si sarebbe espresso come si stava esprimendo il
Mastino in quel momento:
-Com'è che
non ti ho trovato nelle foto degli stronzi di Approdo del Re?
Occhi Gialli
ridacchiò e la sua risata sembravano unghie su una lavagna.
- Sai... Ai
miei padroni non piace avere i loro dipendenti schedati.
- Non mi
dire. Sei più cane di me? Forse dovrebbero chiamare te
“Mastino”.
Sandor alzò
le sopracciglia, fingendo ironicamente un tono sorpreso.
- Ma non
sembri un mastino. Direi di più una cagna, una vera cagna
fottuta che lecca i piedi ai propri padroni e fa il lavoro sporco per
una semplice carezza.
Il sorriso di Occhi
Gialli non tremolò, ma anzi si allargò ancora di
più.
- Cagna?
Stiamo parlando di cagne? Allora dovresti rivolgerti alla cagna rossa
che hai lì dietro, idiota di un Mastino.
Il gesto di Sandor fu
così veloce e Sansa non riuscì a vederlo: la
pistola quasi gli saltò in pugno e fece fuoco in direzione
di Occhi Gialli. Il rumore rimbombò tra la via come prima
aveva rimbombato l'urlo di Sansa e dietro qualche finestra iniziarono
ad accendersi qualche luce. La gente, svegliata dallo sparo, presto
sarebbe uscita in strada e Sandor sapeva che era meglio non farsi
trovare nei paraggi quando sarebbe successo quindi prese Sansa di peso
e la caricò sulla moto.
- Reggiti
forte, uccellino.
Le disse ruvido per
poi accendere il motore e rombare via, senza curarsi di vedere se Occhi
Gialli fosse ancora vivo o no.
Sansa stava seduta sul
divano in casa del Mastino con in mano una tazza di tè caldo
e, sorridendo, si rese conto di essere tornata nella stessa casa in cui
aveva pensato di non rimettere mai più piede. Invece, eccola
di nuovo lì e quante cose erano cambiate dalla mattina,
quando era uscita con la coda fra le gambe, vergognandosi
come se avesse rubato.
Sandor emerse dal
bagno e la fissò qualche istante, istanti in cui Sansa
abbassò lo sguardo e diventò rossa. Cosa poteva
dire? Aprì la bocca, ma lui la precedette.
- Quella
dell'altra volta e di oggi non sono aggressioni casuali di un pazzo, ma
il piano di un cazzo di pazzo ancora più grande. Non sei al
sicuro ad Approdo del Re, uccellino. Devi tornare a casa. Nella tua
vera casa, su al nord, ma non ci puoi andare da sola.
Sansa alzò
di scatto la testa. Cosa intendeva?
Non
vorrà mica...
Sandor le sorrise.
- Avanti,
uccellino, prendi le tue cose. Ti riporto a Grande Inverno.
Salve
a tutti!
Lo so, avevo promesso che il capitolo cinque sarebbe arrivato in
pochissimo tempo eppure ci ho messo mesi O.o Chiedo umilmente scusaaaa
<3 Avevo in cantiere un altro progetto e quindi ho lavorato a
quello abbandonando per un pochino i nostri piccionicini, che
però in questo capitolo tornano più belli che
mai, non trovate? *__*
Forse ho calcato un po' la mano in quanto a dolcezza (forse Sansa che
si getta tra le braccia di Sandrone è un po' OOC), ma dopo
tutto questo tempo ero in crisi d'astinenza di sansan anche io e mi son
dovuta riprendere ahahahah
Il prossimo, il viaggio, arriverà il prima possibile, scuola
permettendo <3
P.S: La canzone che ascolta Sansuccia è Bloodstream degli
Stateless, una canzone molto sansan che trovate qui.
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