AU BAR 6
Arrivò al locale in orario. Cercò a tentoni
l'interruttore, non lo trovò, inciampò in una sedia e
finì lungo disteso imprecando. Si rialzò, con la
consapevolezza che, senza il supporto di Bass, quella che lo stava
aspettando sarebbe stata una lunga, luuunga giornata.
Si rimboccò le maniche, cominciò a dare una sistemata al
bancone. Si guardò intorno. Troppo silenzio. Accese la radio per
farsi compagnia.
Sbuffò, mentre sistemava le bottiglie sulla mensola. Era
lì solo da mezzora, ma senza Bass non era piacevole come sempre.
Anticipò l'apertura di un quarto d'ora, sperando che venisse
qualche cliente a tenerlo impegnato.
A casa, neanche Bass se la stava passando granché bene. Sembrava
che non trovasse pace. Passeggiava su e giù nella stanza, poi
prendeva un libro e si sforzava di leggere, poi lo rimetteva via e
accendeva la televisione, per spegnerla subito dopo e cercare un minimo
di distrazione con la radio. Senza contare che nel giro di un'oretta
scarsa aveva accumulato una quantità sconsiderata di
fazzolettini appallottolati.
Stupido raffreddore, pensò tra sé e sé, continuando a scalpicciare pigramente in giro per casa.
Guardava l'orologio, aspettando la chiamata di Miles. Si sentiva ancora
spossato, così si sdraiò sul divano, convinto che il modo
migliore di attendere la sua telefonata fosse cercando di sonnecchiare
un po'. Chiuse gli occhi mentre lo speaker annunciava Lullaby dei Cure, e neanche si accorse di aver già cominciato a sognare.
- Ehi, - alzò il ricevitore. Miles l'aveva chiamato un'ora prima del previsto.
- Ciao pulcino, - disse Miles, dall'altra parte. - Come ti senti? È scesa la febbre? - chiese
- M-mm, - mugolò Bass, in segno affermativo. - Non è
ancora ora di pausa, - gli fece notare, dopo un rapido sguardo
all'orologio. - Va tutto bene?
- Sì, sì, - lo rassicurò Miles. Si guardò
intorno. In effetti, se l'era cavata abbastanza bene. La gente se ne
stava ai tavoli a mangiare e chiacchierare, era andata meglio di quanto
avesse previsto. - Puoi essere orgoglioso di me, - gli disse, mentre
staccava dal blocchetto la lista della spesa con le cose che aveva
già preso e gettava il foglio nel cestino.
Bass sorrise, stiracchiandosi sul divano: - Ma io lo sono già, -
gli disse, strappando un sorriso anche a lui. - Mi manchi,
però... - ammise. Non voleva fare quello appiccicoso, ma proprio
non riusciva a trattenersi.
- Tornerò a casa sano e salvo e in orario, tranquillo, - rispose
Miles. - Comunque mi manchi anche tu, - aggiunse. Lo sentì
starnutire, dall'altro capo del telefono.
- Non ce la faccio piùùù! - Il tono esasperato di Bass lo fece ridere.
- Tieni duro, pulcino virulento, - disse, sorridendo. Si accorse che
stava arrivando altra gente, non poteva trattenersi ancora per molto. -
Ora devo andare. Ci sentiamo più tardi, d'accordo?
- D'accordo. A dopo, allora.
Quando sentì la porta aprirsi, Bass scattò in piedi e si
precipitò da Miles. All'inizio neanche lo vide, coperto dal
mazzo di fiori che gli aveva portato.
- Per te, - disse Miles, soltanto. Bass gli mise le braccia al
collo, gli sussurrò un "Grazie" commosso. L'altro lo
abbracciò forte, lo accarezzò, gli mise un braccio
intorno alle spalle e raggiunsero il soggiorno. Miles si tolse la
giacca, guardò Bass mentre metteva i fiori in un vaso. Era
un'abitudine che non aveva perso, quella di fargli qualche sorpresa
ogni tanto. Sapeva quanto gli piacesse, e traeva una gioia immensa nel
vedere il sorriso sul volto di Bass.
- Non vedevo l'ora di tornare, - gli disse, raggiungendolo e
circondandolo da dietro. Gli posò la mano sulla fronte, come
aveva fatto durante la notte, e lo sentì più fresco di
quando lo aveva lasciato.
- Sto meglio, - lo rassicurò Bass, accarezzandogli la guancia.
Si spostarono in cucina. Bass aveva già iniziato ad apparecchiare per la cena, ma poi
Miles l'aveva letteralmente cacciato via obbligandolo a sedersi ( "Miles, guarda che ho
l'influenza, mica sto morendo!", "Non importa, mettiti da una parte e
lascia fare a me!").
Bass aveva obbedito, si era messo seduto a cavalcioni su una sedia ed
era rimasto a guardarlo mentre si dava da fare; chiacchieravano della
giornata appena trascorsa. Lo guardava, e sulle sue labbra si
formò a poco a poco una smorfia divertita e allo stesso tempo
affettuosa. Miles era la sua unica sicurezza. Sempre pronto a farsi
carico di tutto, sempre pieno di premure. Non avrebbe saputo che fare,
senza di lui.
Probabilmente, non sarebbe neanche sopravvissuto.
- FERMO! NON TI MUOVERE! - gli urlò, di punto in bianco.
Miles si bloccò sul posto, come cristallizzato.
- Che succede? - chiese, preoccupato, senza fare un movimento, la mano
con cui stringeva il bicchiere sospesa a mezz'aria. Bass si
alzò di scatto, si avvicinò in fretta e poi, senza aggiungere altro, lo prese e
lo abbracciò forte.
- Fermo, che ti voglio abbracciare, - disse, contro la sua spalla.
Miles si rilassò.
- Stupido, mi hai fatto prendere un colpo... - sospirò,
ricambiando l'abbraccio. Più tardi, a letto, Bass lo strinse
ancora, gemendo piano, mentre il piacere gli appannava i pensieri. Era
stato via solo poche ore, ma quanto gli era mancato. D'altra parte,
Miles fu estremamente delicato e attento, con lui, quella sera. Lo
abbracciò, lasciò che si addormentasse con la testa
ricciuta posata sul suo petto. Sentiva il suo respiro sulla pelle, ed
era felice. Ci teneva davvero a Bass, voleva tutto il bene del mondo
per lui. Era innamorato perso di quel ragazzino con cui era cresciuto
insieme, e tenerlo stretto a sé gli procurava una sensazione
indescrivibile di gioia. Era qualcosa che provava solo con lui, con quel
piccolo concentrato di affetto con gli occhi azzurri che gli dormiva
accoccolato addosso.
|