AU BAR 7
La mattina dopo aprono gli occhi al suono della sveglia, si
stiracchiano, "Come ti senti?", un sorriso in risposta, "Bene",
rassicurazioni, qualche carezza, parte la routine quotidiana.
Come al solito sono in ritardo, ma sono troppo rilassati per
curarsene davvero; raggiungono la porta baciandosi, si separano a
malincuore ma soddisfatti: c'è un'altra giornata da condividere,
ci sono altre ore da passare insieme e altri fiori da prendere e
mettere nel vaso.
Era il momento di attrezzarsi a dovere per l'estate. In mattinata,
i ragazzi delle spedizioni scaricarono dal furgone il ripiano
refrigerante dei gelati, e Miles insistette per fare tutto da solo.
-
È una stupidaggine, ci penso io, - aveva detto, tirandosi su le
maniche, con il piglio sicuro e disinvolto del tecnico esperto e un
cacciavite in una mano. Bass aveva annuito, prendendo uno scatolone
pieno di bicchierini di carta dal bagagliaio della macchina e
rientrando nel bar. Non era del tutto convinto. Non che non confidasse
nelle sue capacità: Miles era sempre stato un ottimo tuttofare, sapeva
meglio di chiunque altro come eseguire piccole riparazioni e
manutenzione di tutto, al bar come a casa. Solo che, quando prendeva
qualcosa alla leggera, inevitabilmente poi succedeva sempre qualche
disastro.
Lo lasciò a smontare e rimontare il suo nuovo giocattolo
in tutta tranquillità. Approfittò della poca affluenza di clienti - a
quell'ora erano già tutti a lavoro, a scuola, o a fare altro - per fare
un po' d'ordine in cucina, come avrebbe voluto fare da tempo, e poi si
mise tranquillo a leggere in un angolo. Ogni tanto andava da Miles a
vedere come stesse procedendo, gli portava un caffè o semplicemente
restava lì a chiacchierare per tenergli compagnia. Più il tempo
passava, però, più aveva la netta sensazione che Miles non avesse la
minima idea di dove mettere le mani, anche se non lo avrebbe mai
ammesso.
- Miles, tutto bene? Vuoi che ti passo il libretto delle istruzioni? - chiedeva, inginocchiandosi accanto a lui.
-
No, non mi serve... È una cavolata, solo uno scemo guarderebbe le
istruzioni! - gli rispondeva Miles, e si risdraiava sotto il bancone,
tra viti, bulloni, dadi, guarnizioni, chiavi inglesi e raccordi. Bass
alzò un sopracciglio, con un sorriso incerto sulle labbra. L'eccesso di
testosterone portava Miles a fare tutto di testa propria, salvo poi
accorgersi di aver sbagliato qualcosa e dovendo ricorrere quindi al
libretto delle istruzioni che tanto odiava. Bass guardò l'orologio. Era
pronto a scommettere che, nel giro di un'ora e mezza, due al massimo,
Miles si sarebbe arreso e l'avrebbe richiamato per farsi passare il
manualetto, con l'aria imbarazzata. Lo conosceva troppo bene,
quell'ostinato, adorabile coglione.
Nel frattempo, servì un
gruppetto di anziani che aveva preso posto ai tavoli esterni, decisi a
sfidarsi nel torneo a carte più lungo ed epico della storia degli
ospizi. Non c'erano altri clienti, se non qualche rapido visitatore che
andava di fretta, così i pensionati lo intrattennero raccontandogli
storie di avvenimenti passati, ma così passati che probabilmente risalivano al periodo dell'invenzione della scrittura cuneiforme.
Bass
ascoltò, interessato, sedendosi con loro. Gli facevano tenerezza. E poi
gli piaceva chiacchierare con i clienti, quando non aveva nulla da
fare.
- Bass! - sentì urlare Miles a un certo punto, esasperato.
Guardò l'orologio. Un'ora e quaranta. Un buon tempo, dopotutto.
Lo
trovò seduto sul pavimento con l'aria contrita e a disagio, che si
grattava la testa e balbettava scuse tipo "Deve esserci un pezzo
mancante", o "Forse non è il cacciavite adatto...". Bass decise di non
infierire, raccolse il libretto che aveva gettato in un angolo e glielo
porse sorridendo.
- Prova con questo, - gli disse, gentile,
accovacciandosi vicino a lui. Miles sembrava riluttante all'idea, ma
alla fine cedette. Era di malumore, Bass lo invitò a staccare un po'.
-
Stiamo un po' insieme, dai, - disse, e dopo essersi guardato attorno
per accettarsi che nessuno potesse vederli, si allungò a dargli un
bacio rapido. - È tutta la mattina che stai dietro a questo affare...
Comincio a sentire la tua mancanza, - rise, prendendogli la mano, il
suo sguardo azzurro un po' divertito e un po' intenerito.
Miles
sospirò. Aveva sudato sette camicie per montare quell'aggeggio
infernale, per di più senza riuscirci, ed era contrariato oltre ogni
limite. Però poi vedeva Bass ridere, e non resisteva. Tutte le
difficoltà sparivano, scivolavano via. Si sentiva sollevato, si
incantava a guardarlo e dimenticava tutto il resto. Senza riflettere
due volte, lo afferrò per le spalle e lo attirò a sé, lo baciò con
amore e trasporto, gli accarezzò una guancia. Avevano entrambi chiuso
gli occhi, perdendosi nella sensazione piacevole di quel bacio
improvviso. Quando si staccarono, Miles lo tenne vicino a sé, posò la
fronte contro la sua, incorniciandogli il volto con entrambe le mani.
-
Ci pensiamo domani a questo coso, ok? E stavolta lascia che ti dia una
mano, d'accordo? - propose Bass, e Miles si limitò a dargli ragione.
Non aveva proprio più voglia di mettersi a litigare di nuovo con il
fottuto impianto refrigerante, e poi sì, in effetti era molto meglio
trascorrere del tempo con Bass che da solo sul pavimento a montare quel
mostro.
- È una dura sconfitta per il mio orgoglio, ma
sopravvivrò - constatò Miles, ma stavolta sorrideva. Lo accarezzò di
nuovo, sfiorandogli la guancia con lenti movimenti circolari del
pollice, e si prese qualche secondo per godersi quell'azzurro così
intenso che adorava. Si diedero ancora un bacio, riparati dal bancone,
e poi un vociare in avvicinamento li obbligò ad alzarsi e occuparsi
degli avventori dell'ora di pranzo. Bass gli lanciò un sorriso, e Miles
rispose, di sfuggita. Si sentiva a disagio, quando non erano soli, però
quei piccoli gesti e sguardi che gli altri non potevano decifrare li
facevano sentire complici.
Restarono ad accarezzarsi e a guardarsi in silenzio per un po',
sorridendo. Bass era sdraiato a pancia in su e Miles era accanto a lui,
disteso su un fianco, e lo accarezzava. Le coccole, dopo aver fatto
l'amore, piacevano a tutti e due. Bass percorse con la punta
dell'indice il volto di Miles, poi si avvicinò per posargli un
bacio sulle labbra. Si sentiva così bene, con lui. Si sentiva al
sicuro, libero, protetto. Miles si chinò su di lui, lo
baciò sulla fronte con tenerezza. Era innamorato perso.
Si strinsero l'uno all'altro, scalciando via le lenzuola. Cominciava a
fare davvero caldo. Bass gemette, sentendo Miles che lo baciava sul
collo, poi si voltò per ricambiare. Ridacchiò, piano, stiracchiandosi
nella sua presa.
-
Certo che fa caldo sul serio, mmm? - cominciò. - Sai di cosa avrei
voglia?, - gli chiese, guardandolo negli occhi scuri con aria divertita
e un sorriso ironico. Miles aggrottò le sopracciglia, gli salì sopra,
lo baciò.
- Se dici "di un bel gelato", giuro che non ti lascio
scendere vivo da questo letto, - lo minacciò, senza riuscire a non
ridere. Bass lo baciò a sua volta, lo accarezzò, rise:
- Hai
indovinato, - disse, e poi non poté più dire o fare nulla, perché Miles
lo bloccò giù e ricominciarono con il secondo round.
Si addormentarono sorridendo, più tardi. L'amore tra di loro era sempre stato un bel gioco.
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