20/03
7.30
a.m.
-
Signorina Elizaveta, un uomo ha lasciato una busta
per lei.
Il
portiere ferma all’uscita di uno stabile la donna del baule.
-
Grazie. Mi potrebbe chiamare un taxi.
-
Certo, signorina.
Nell’attesa,
la donna apre la busta, dentro c’è un foglio con
un indirizzo.
-
È arrivato il taxi!
-
Bene. Buona giornata, signor Riggs.
Una
volta preso posto sul cab, la signorina Elizaveta porge il biglietto
all’autista.
-
Mi porti a questo indirizzo.
Il
taxi si ferma davanti ad uno dei tanti grattacieli della
città, un ammasso di ferro e vetro. Scesa dall'auto, la
donna si dirige verso un bar proprio di fronte all’edificio.
-
Un espresso, per favore.
-
Arriva subito.
Attendendo la calda bevanda, osserva
attentamente la costruzione indicata dal biglietto.
-
Imponente, vero? – così un
attempato barista, porgendole il caffè, cerca di attaccare
bottone.
-
Direi di sì. Sono uffici?
-
Sì ma solo fino al nono piano, i restanti livelli
sono occupati da appartamenti.
-
Uhm?!
-
Non mi dica che ne è interessata. Non mi sembra
adatta a quel tipo di casa.
-
Perché, scusi?
-
Ah, non la prenda come un’offesa perché
non lo è. L’acquirente tipo di quel genere di
alloggi è un uomo solo ossessionato dal lavoro che non
riesce ad allontanarsi dalla city.
-
Sembra che lei conosca il tipo.
-
Ero uno di quelli, fino a che non ho riscoperto il piacere
della vita. E per farlo ho dovuto rimetterci famiglia e salute.
-
Ah. – la donna più che a
disagio, sembra infastidita dalla troppa confidenza del
vecchio.
-
Ma, ormai ne è passata di acqua sotto i ponti. Se
vuole un consiglio, non si avvicini a quel tipo di persona.
-
Non ho mai accettato consigli, soprattutto dagli estranei.
– Di fronte ad un inebetito barista la donna beve
l’ultimo sorso di caffè. –
Ah, ottima miscela! – Lascia sul bancone una
banconota da 5 e si avvia verso l’uscita.
-
Il resto, signorina!?
-
Lo tenga pure, ne ha più bisogno lei. –
il tutto sarebbe potuto passare anche per un bel gesto se Elizaveta non
avesse utilizzato un tono così sgradevole.
All’entrata
dell’edificio, vicino alla porta, la donna si sofferma a
leggere la targa con incisi i nomi delle diverse società che
lì hanno sede, quando un sorriso malizioso comparve sulle
sue labbra.
-
Posso esserle d’aiuto? - La
receptionist in un tailleur impeccabile la ferma all’entrata
dell’edificio.
-
Sì, grazie. Dovrei incontrare il vicepresidente
della COBS.
-
Non ho ricevuto alcuna comunicazione in merito.
-
La COBS è una grande società, la
segretaria di turno si sarà dimenticata di notificarle
l’appuntamento. Ormai, per occupare questi ruoli secondari,
la bellezza è, a discapito della competenza,
l’unico vero criterio di selezione. Ovviamente non mi
riferisco a lei.
-
Può essere successo di tutto, ma dato che non ho
ricevuto nessuna comunicazione, la prego di non continuare a farmi
perdere tempo e di uscire, grazie. – il modo
peggiore per far fare a qualcuno ciò che si vuole,
è insultarlo.
-
Potrebbe chiamare il signor Patterson, il vicepresidente
della COBS.
-
Non ci è permesso disturbare gli alti dirigenti
per motivi di così scarsa importanza.
-
Bene. – Elizaveta prende il cellulare e
digita un numero. – John! Ciao, come stai?
… Anch’io, grazie. … Eheh …
Certo, volevo appunto parlare con te ma c’è una
zelante receptionist che mi impedisce di salire. … Ok,
certo. – Prende il telefono e lo porge alla
donna dietro al bancone. – Vuole parlare con lei.
– Un sorriso soddisfatto le illumina il volto
alla vista dell’espressione finalmente dimessa e preoccupata
dell’impiegata.
Dopo un breve scambio di battute, la receptionist chiude la
conversazione e porgendole il cellulare dice:
-
La prego di scusarmi per il disguido. Il signor Patterson
l’attende nel suo ufficio, al sesto piano.
-
Oh, non si preoccupi.
Per
Meg89: Era voluto ma più che confusione, speravo di rendere
un minimo di suspense. Temo di non esserci riuscita. Spero che questo
nuovo capitolo sia più agevole alla lettura. I fatti
verranno a galla a poco a poco. Grazie per la recensione e critica,
è così che si comprendono i propri errori.
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