AU BAR 13
Caldo. Troppo caldo.
Scalciare
via il lenzuolo è servito a poco o niente. Non sono riusciti a chiudere
occhio se non per pochi minuti, a turno, senza soluzione di continuità.
Hanno addosso il minimo indispensabile, ma neanche questa misura riesce
a contrastare l'afa che da giorni li perseguita.
Quando la sveglia
comincia a vibrare, proprio nella frazione di secondo prima dello
squillo, Miles la butta giù con una manata stanca stroncando
così ogni
rumore sul nascere. Bass se ne sta accartocciato sulla sponda del
letto, in bilico, una gamba fuori. Ha il segno del cuscino sulla
guancia, l'espressione stravolta. I capelli gli si sono appiccicati
sulla fronte, ha l'aria di uno che è sopravvissuto a un
naufragio, o a
un cataclisma. Non ha fatto altro che rigirarsi da una parte all'altra
per tutta la notte, senza trovare pace. Miles lo guarda, studia la
linea sinuosa della sua
colonna vertebrale, la sua schiena nuda, il rilievo delicato delle
scapole, i piccoli, rari, adorabili nei che ha sulle spalle. Li conosce
a memoria. Potrebbe tracciare su un foglio l'esatta posizione di ognuno
di essi, anche del più nascosto. Bass non ha segreti per lui.
Per
quanto siano a pezzi, per quanto siano scombussolati - Miles odia non
riuscire a dormire, perché poi si sente totalmente
rincoglionito, con
la testa leggera e le palpebre pesanti -, non può fare a meno di
trovarlo meraviglioso.
L'altro sbuffa, esausto. Si sente fuori fase, gli gira la testa. Si solleva pigramente dal cuscino - come può un cuscino essere così caldo?, pensa
- e si poggia su un gomito, si stropiccia gli occhi. Quando si accorge
che Miles è sveglio, istintivamente si volta dall'altra parte,
coprendosi gli occhi con un braccio, pudico:
- Mmm-- Ti prego, non mi guardare, mi sento uno schifo...
Miles
ignora la sua richiesta, anzi, si avvicina quel tanto che basta per
passargli un braccio intorno alla vita e trascinarlo verso di
sé. Adora averlo nel letto con solo i boxer addosso,
perché può godere del contatto pieno, pelle contro pelle.
-
Non è che io stia messo tanto meglio, - gli dice, per soffocare
qualunque tentativo di protesta di Bass. - E poi tu sei sempre
stupendo, - mormora, accarezzandogli il fianco.
- Stupido... - risponde, divincolandosi debolmente. Ha solo voglia di
ficcarsi sotto la doccia e togliersi di dosso quella sensazione che lo
ha tormentato tutta la notte, quella di essere caduto in un enorme
barattolo di colla bollente. - Questo caldo mi farà fuori, lo
sento... - geme, sospirando.
A Miles non importa niente del fatto che Bass sia stropicciatissimo,
gli piace sempre, gli piace lo stesso. Gli dispiace vederlo di
malumore, però, vorrebbe fare qualcosa per aiutarlo, anche se sa
che non può fare granché. Lo accarezza sulla testa, sente
i suoi riccioletti inumiditi sotto le dita.
- Coraggio, pulcino, fila in doccia. Vedrai che poi ti sentirai meglio,
- gli dice. La sua voce tradisce la stanchezza, ma il tono è
dolce. Bass sbuffa.
- Evaporerò prima di arrivarci, - mugola, svogliato, sdraiandosi
sulla schiena. Inconsapevolmente, attira di nuovo le mani di Miles su
di sé.
- Dai, su, alzati - insiste l'altro, giocherellando col suo ombelico.
Bass sbuffa di nuovo, poi sbadiglia, cede e si alza. La sua faccia
contrariata non ha prezzo, e Miles sorride tra sé e sé.
Già, gli piace proprio tutto di lui, anche i capricci.
Le temperature erano salite oltre il limite di sopportazione, e anche
Miles ne risentiva. Scalpicciò svogliatamente in cucina, dove
trovò Bass sull'orlo di un collasso. Anche se era di spalle,
chino sul ripiano a impacchettare qualcosa, Miles si accorse che era
ridotto veramente male. I vestiti gli si erano praticamente incollati
addosso, e aveva un'espressione sbattutissima che lo fece preoccupare.
- Ehi, Bass, esci un attimo, va' a prendere un po' d'aria. Ci penso io
qua, - gli disse, riempiendo un bicchiere d'acqua che subito dopo gli
porse. Bass non lo rifiutò, e non disse niente neanche quando
l'altro gli slacciò il grembiule e glielo sfilò. Si
sentiva troppo a corto di energie per poter fare qualsiasi cosa. Miles
gli diede un bacio d'incoraggiamento, come se con quel gesto potesse
trasmettergli un po' di forza; gli accarezzò la guancia,
intenerito e protettivo, e propose di prendersi entrambi la giornata
libera, l'indomani.
- Nessuno si suiciderà se per un giorno stiamo chiusi, - disse,
continuando a sfiorarlo. Bass alzò lo sguardo fino ad incontrare
quello di Miles, occhi cielo contro occhi cioccolato fondente, o anche
caffé forte. Bass adorava gli occhi di Miles almeno quanto Miles
adorava quelli di Bass. Il suo sguardo scuro, profondo e caldo, era il
rifugio migliore in cui andare a nascondersi nei momenti difficili.
Annuì stancamente.
- Siamo d'accordo allora? - chiese ancora Miles, posando entrambe le
mani sulle sue spalle, una stretta che voleva spronare e confortare.
Bass annuì di nuovo, accennò un timido sorriso.
- Adesso vai, - gli disse soltanto. Fuori, tra i tavoli, non faceva
così caldo come in cucina, dove invece sembrava di essere in una
fornace, e voleva che Bass si allontanasse abbastanza da stare meglio.
Gli sembrava un gattino bagnato tirato fuori per la collottola da un
barile pieno d'acqua, e si sentì un po' in colpa. Forse doveva
aiutarlo di più, ma come? Quando era tra i tavoli, non poteva
essere in cucina, e viceversa. Sia lui che Bass faticavano come matti,
non c'era un compito più leggero che potesse fargli fare.
Sospirò, e lanciò uno sguardo oltre la porta per
assicurarsi che l'altro non fosse finito lungo per terra come un sacco
di patate. Fortunatamente era tutto a posto, Bass stava sparecchiando
un tavolo che si era appena liberato. Sentì qualcosa
stringerglisi, nel petto. Anche se ormai erano due uomini fatti e
finiti, non poteva fare a meno di vedere Bass come qualcosa da
proteggere, da preservare. Era così da sempre, e sarebbe stato
così per sempre, realizzò.
Il pensiero che il giorno successivo avrebbero potuto evitare tanto trambusto lo consolò.
---
La mattina successiva, Bass si sveglia per primo.
La luce del giorno entra dalla finestra come un regalo bellissimo.
Potranno passare una giornata insieme, lui e Miles, senza affanni
né preoccupazioni. Sorride. Si stropiccia gli occhi, si
raggomitola come un gatto accanto all'uomo che ama, ancora
addormentato, stando attento a non svegliarlo. Si sdraia a pancia in
giù e resta a guardarlo, la guancia appoggiata alle braccia
conserte, e un sorriso addolcito gli si dipinge sulle labbra. Miles
ronfa della grossa, del tutto inconsapevole della contemplazione in cui
l'altro è caduto.
Bass non può fare a meno di guardarlo. Ed è felice oltre
ogni limite al pensiero che Miles sia lì al suo fianco ogni
giorno. Lo ama con tutta l'anima. Non riuscirebbe minimamente a
concepire l'idea di stare lontano da lui. Non sarebbe vita. Non sarebbe
niente.
Miles lo fa sentire amato, voluto, protetto. Miles è forte e
buono ed è il perno attorno al quale ruota tutta la sua
esistenza. Miles, sbadato, disordinato, con le mani grandi e le guance
che pungono. Miles che beve whisky come fosse succo di frutta. Miles
che lo tiene tra le mani con la delicatezza con cui si tiene un
cristallo. Miles che lo stringe forte. Miles che gioca con i suoi
ricci. Miles più grande, più alto, più forte,
Miles che lo solleva e ci gioca; Bass non può fare a meno delle
loro lotte quotidiane nel letto, sul divano, in giro per casa. Miles
che non perde un'occasione per baciarlo e farci l'amore. Miles che non
ricorda cosa ha fatto il giorno prima, ma che non dimentica mai il suo
compleanno. Miles che tiene la loro foto nel portafoglio. Miles che
sfonda sempre i calzini. Miles che lo tiene abbracciato, di notte,
anche se il termometro segna quaranta gradi. Miles che scalpiccia per
casa e parla da solo quando non trova le cose. Miles che ha la
scrittura di un isterico col Parkinson. Miles, Miles, Miles...
Bass non riesce a trattenersi e allunga una mano, gli sfiora la fronte.
Quando si sveglia la mattina, sembra che Miles si sia pettinato con i
petardi. Bass sorride. Non c'è nulla che non gli piaccia alla
follia, dell'uomo che ha accanto.
Guarda l'orologio. Hanno dormito più del solito, e già
questo basta a fargli tornare il buonumore. Però ora che
è sveglio non sa che fare, o meglio: il suo corpo sa benissimo cosa
vuole fare, ma è qualcosa che deve fare con Miles. Perciò
comincia l'opera di risveglio nel modo che ha sempre preferito:
accarezzandolo. A poco a poco, guadagna centimetri fino a spostarsi
abbastanza da poterlo baciare sulla fronte, un contatto delicato e
tenero. La sua mano si posa sul petto di Miles. Sente il suo battito
sotto il palmo. Ha bisogno di lui. Ha bisogno di lui perché lo
ama da morire, e quando non lo ha dentro si sente vuoto. È
un'urgenza che non è mai riuscito a controllare. Il bisogno di
sentirsi preso, catturato, fuso
con lui. Come se respirassero dagli stessi polmoni, come se vivessero
grazie allo stesso, complicato, unico intreccio di arterie. Come se
persino i pensieri perdessero i contorni. È proprio così
che si sente, con lui. Dimentica il proprio nome. Ignora il dove, il
come, il quando. C'è solo Miles, che lo ama in quel modo
passionale e spontaneo che lo fa impazzire.
Sospira. Lo bacia di nuovo, gli accarezza i capelli con gentilezza. E
finalmente Miles mugola, sonno pesante, e comincia a tornare alla
realtà.
... Bass. Occhi che ridono. Riccetti dorati, stretti. Anellini di sole.
Pelle da bambino. E mani perfette, delicate, che lo sfiorano.
Miles non poteva immaginare risveglio migliore.
La prima cosa che gli esce è un ghigno sghembo,
sorriso-misto-sbadiglio, e ci mette un po' ad inquadrare tutti i
dettagli. Bass se ne sta a braccia conserte sul suo petto e lo osserva,
e la sua faccia è il compromesso perfetto tra dolcezza e
malizia. Miles sente il suo peso e il suo calore, la consistenza del
suo corpo contro il proprio, ed è piacevole.
- Buongiorno, - gli dice Bass, accarezzandogli la guancia.
- Mmmciao pulcino, - risponde,
riacchiappando quello sbadiglio che gli era sfuggito a metà.
Subito dopo sente Bass posargli una fila di baci sul petto, sul collo,
fino a trovare le sue labbra. Miles è ancora parzialmente
rintronato - lo è sempre, appena sveglio, - e tutto quello che
riesce a fare in risposta è posare le mani sui suoi fianchi,
sulla sua schiena nuda, trattenerlo in lunghe carezze che somigliano a
un massaggio, e rispondere ai suoi baci con una partecipazione che
aumenta man mano che riesce a svegliarsi definitivamente.
Apprezza moltissimo questo lato di Bass. Gli piace quando è lui
a cercarlo, a condurre il gioco. Gli piace averlo su di sé,
agitato e trepidante e in attesa, e così... Così bello.
Adora vedere il suo azzurro accendersi di desiderio, le sue mani
tremare, il suo respiro alterarsi. Ama vedere Bass innamorato perso.
Ama il suo lato primordiale, istintivo, semplice.
Lo sente eccitato, e il suo corpo risponde allo stesso modo, come un
riflesso condizionato. Una mano corre tra i ricci corti dell'altro, lo
attira più vicino; l'altra si avventura sulla sua pelle liscia,
sfiora le sue vertebre, una per una. Bass è sempre stato un
fascio di nervi. Miles posa una mano sul rilievo sporgente dell'osso
del bacino, lo afferra, lo spinge verso di sé. Bass mugola sulle
sue labbra, si muove piano, assaporando ogni singola sensazione che quel contatto gli procura.
Ha bisogno di Miles. Ne ha bisogno in un modo che lo sta straziando dentro.
Miles che nel frattempo è sceso a baciarlo nell'incavo del collo
mentre con la mano libera ha cominciato ad accarezzarlo tra le gambe,
lentamente.
- Potremmo passare tutta la giornata così, che ne dici? -
mugola, baciando la zona sensibile dietro l'orecchio, facendolo ridere.
Bass prende un respiro, prima di rispondere: - Non ho nulla in
contrario, - confessa, riprendendo a baciarlo sulle labbra, sul mento,
lungo la mandibola. È così perso a baciare Miles che si
accorge della rapidissima manovra con cui l'altro lo rovescia sul letto
solo quando sente la schiena aderire al materasso. Miles lo schiaccia
sotto con il suo peso, adagiandosi tra le sue gambe. Si guardano, in
silenzio, la fronte di uno posata contro quella dell'altro, per un
tempo interminabile, mentre la mano di Miles scorre lungo la curva
dell'anca di Bass, il pollice oltrepassa l'elastico sottile delle
mutande e lo porta via, giù, una carezza lenta dall'inguine fino
al ginocchio, accompagnata dal fruscio del tessuto che scivola via
sulla sua pelle. L'altro trattiene il respiro, cerca di restare calmo, ma
è troppo eccitato. Deglutisce a fatica, incapace di parlare. Si
sente debole e vulnerabile tra le mani di Miles, e gli piace. Aspetta
che sia lui a fare la prossima mossa.
Lo sente accarezzarlo ancora, tormentare la sua pelle nuda; vorrebbe
urlargli di arrivare al dunque, ma non può: è come
paralizzato. Gli piace troppo quello che Miles gli sta facendo e non
vuole che finisca. Chiude gli occhi, abbandonandosi completamente a
lui, e un attimo dopo l'altro gli si insinua dentro, un po' per volta,
con calma, fino in fondo, e Bass si sente finalmente in pace.
Miles lo circonda, lo tiene stretto tra le braccia, mentre comincia a
spingersi dentro di lui. Bass si sente in paradiso. Non c'è
nulla più bello che godere sostenuto dal suo abbraccio.
Miles diventa più veloce, più irruente. Sa che può farlo perché Bass gli concede di farlo, perché quel suo modo di lasciarsi andare è un gesto di resa, una dichiarazione: "Puoi farmi tutto quello che vuoi".
Non se lo fa ripetere due volte. Stare dentro Bass è tutto
ciò che vuole dalla vita. Non farebbe altro da mattina a sera,
senza interruzioni, sette giorni su sette. È la sola cosa che lo
fa sentire veramente a suo agio, completo, perfettamente inserito nel
grande quadro dell'Ordine Universale. Sono fatti per questo, i loro
corpi si plasmano insieme nella più perfetta delle combinazioni.
Sono l'incastro geometrico, la proporzione assoluta. Sono un
ingranaggio che funziona in armonia, due corde tese, l'asse di
equilibrio del loro piccolo mondo. L'orbita di un pianeta nuovo.
Di nuovo quella sensazione. Bass non riesce a pensare, non riesce a
parlare, non riesce a fare nulla di razionale, mentre il piacere prende
il sopravvento. Si stringe a Miles come se non ci fosse un domani, e
viene. È come atterrare su una nuvola morbida dopo un lungo
volo. Con Miles si sente tranquillo e al sicuro, e meravigliosamente
felice.
Restano abbracciati stretti, scambiandosi baci rapidi, carezze. È Miles a spezzare il silenzio per primo.
- Ti amo tanto, pulcino, - dice, accarezzandolo con tenerezza sul viso.
Bass gli rivolge un sorriso che è come un terremoto, lo scuote
dentro come una scossa fuori scala. Non può fare a meno di
baciarlo di nuovo, di tenerlo stretto, di stargli incollato addosso.
Prova un'attrazione smodata per lui, vorrebbe non separarsene mai. Bass
è il compendio di tutti i suoi desideri.
- Ti amo tanto anch'io, Miles, - sospira l'altro, riempiendolo di baci.
Se anche non lo dicesse, a Miles basterebbe guardarlo negli occhi per leggere quella frase che Bass gli ha appena detto.
Decisero di non mettere il naso fuori finché il sole non fosse
tramontato, sostituito dalla brezza sottile e fresca della sera.
Perciò, si misero comodi e ne approfittarono per fare tutte
quelle piccole cose che non avevano il tempo di fare durante la
settimana.
Bass si chinò sulla cesta di Miles Jr, la sollevo, sfregò
il naso contro il suo musetto e la baciò sulla testolina.
- Oggi avrai la tua casetta. Sei contenta? - chiese, sorridendo,
all'animaletto. Negli ultimi tempi, la tartarughina si era ambientata
definitivamente e aveva cominciato, ad esempio, a prendere piccoli
pezzetti di frutta direttamente dalle loro mani. Ogni tanto Bass si
ritrovava con dei segnetti rossi sulle dita, quando inavvertitamente
Miles Jr gliele mordeva nel tentativo di pappare un cubetto di cocomero
o una fettina di mela. Gli piaceva giocarci, anche, agitarle l'indice
davanti al naso e vederla mentre allungava il collo e spalancava la
bocca nel tentativo di prenderlo, come un piccolo draghetto affamato.
Miles sistemò ordinatamente gli attrezzi sul tavolo. Il pannello di compensato giaceva in un angolo.
- Allora, da dove vuoi cominciare? - chiese, adagiando il pannello sul
ripiano. Bass riaccompagnò Miles Jr nella cesta e prese una
matita, abbozzò un rapido schizzo su un foglio.
- Volevo fare una cosa del genere, - disse, mostrando il foglio a
Miles. - Ricaviamo quattro pezzi da mettere sui lati, e il pannello
centrale farà da base.
Miles annuì.
- D'accordo. Cominciamo, - sorrise, cominciando a tracciare le linee
sul legno. Fu abbastanza semplice e rapido da fare, in due. Bass
strinse un morsetto su un lato del tavolo e vi assicurò il
pannello, affinché restasse fermo mentre si apprestavano a
tagliare tutti i pezzi. Gli piaceva quando facevano qualcosa insieme.
Gli piaceva vedere Miles tutto preso a costruire il loro piccolo
progetto, gli piaceva sfiorare le sue mani quando doveva passargli il
martello o i chiodi o quando provavano ad assemblare diversamente le
pareti.
Anche a Miles piaceva avere Bass accanto. Gli piaceva essere aiutato da
lui - oltre che distratto dalla sua presenza. Non poteva fare a meno di
fargli una carezza, anche di sfuggita, o di guardarlo. Gli sembrava un
bambino intento a giocare con i Lego. C'era una cosa che Miles aveva
sempre amato di Bass: la sua inconsapevolezza.
Perché a volte lo guardava e l'altro non si accorgeva di essere
osservato, e in quei momenti sembrava ancora più bello, come se
le sue qualità risplendessero di una luce più vivida,
spontanea, fresca.
Quando ebbero finito di inchiudare tutti i pannelli, sistemarono uno
strato di plastica sul fondo per renderlo impermeabile, e infine Bass
sfregò tutte le superfici con la carta vetrata per renderle
lisce e togliere eventuali schegge. Distribuirono all'interno quello
che sarebbe stato il "pavimento" vero e proprio su cui Miles Jr avrebbe
camminato, scaglie di faggio, e poi sistemarono i due sottovasi che le
sarebbero serviti come contenitori per il cibo e per l'acqua.
Miles prese la sua omonima ospite e la adagiò dentro. La videro
muovere i primi passi nel nuovo ambiente con incertezza, e poco dopo
cominciare a scorrazzare in lungo e in largo alla scoperta di tutto
quello spazio extra che aveva ottenuto.
- Le piace, - sentenziò Miles, guardandola. Bass alzò un sopracciglio.
- Come fai a dirlo? - chiese. Miles lo guardò come se la risposta fosse la più ovvia del mondo:
- Lo so perché io e Miles Jr. abbiamo lo stesso nome e
presumibilmente ci piacciono le stesse cose. Quindi, se piace a me,
vuol dire che piace anche a lei, - spiegò, con una punta di
finta saccenza da professore fasullo. Bass ridacchiò: la logica
comune non poteva nulla, contro le Illogiche Conclusioni di Miles
Matheson. Sentì l'altro stringerlo da dietro, circondargli la
vita, e si lasciò abbracciare, contento. Miles gli posò
un bacio sul collo.
- Guarda che bella. Non merito un premio? - chiese il più grande, in un soffio, senza lasciarlo andare.
Bass mugolò appena: - Ma non ti stanchi mai? - chiese a sua
volta, voltandosi nel suo abbraccio per baciarlo. Però voleva
giocare ancora un po', e decise di non dargliela subito vinta, anche se
la tentazione era forte.
- No, - confessò Miles, che improvvisamente sembrava avere
cento, mille mani, e che era di nuovo eccitatissimo. Mugolò di
disappunto quando Bass si liberò, ridendo e con uno sguardo che
prometteva scherzi, allontanandosi di un paio di passi.
- Prima devi prendermi, - disse, e scappò nel corridoio. Miles
si lanciò dietro di lui, pregustando il momento in cui l'avrebbe
riacchiappato e fatto suo. Non avevano mai smesso di giocare neanche
crescendo, e nella libertà più assoluta della loro casa
potevano farlo quanto volevano: potevano rincorrersi e lottare e
rotolarsi sulle coperte, spruzzarsi l'acqua della doccia o attentare
alle rispettive vite con armi improvvisate e innocue, e potevano ridere
a voce alta, potevano essere felici senza nascondersi. Tutte le volte,
finiva con la vittoria di Miles e la disfatta di Bass, che in
realtà era anch'essa una vittoria, perché poteva avere
l'altro tutto per sé. Quando Miles lo prese, anche stavolta, e
lo inchiodò sul divano, Bass sorrise tra sé e sé.
Lo avrebbe sempre fatto vincere, se quella era la penitenza che avrebbe dovuto scontare.
Uscirono la sera tardi, approfittando del clima piacevole che era
sopraggiunto nel frattempo. Lasciarono la macchina nei pressi del
belvedere, e si incamminarono rilassatamente lungo il marciapiedi.
Era un bel punto, molto turistico ma anche tranquillo, pieno di
coppiette in vena di romanticherie e famiglie sedute ai tavoli esterni
dei ristoranti che mangiavano e parlavano. C'era una bella vista: il
mare sembrava a due passi e dalla superficie cristallina si emanava una
foschia leggera, tenue, che sfumava i contorni e rendeva tutto molto
simile a un sogno.
Miles si teneva il più possibile vicino a Bass. Odiava non
poterlo prendere per mano, come gli sembrava giusto, ma non voleva
neanche attirare l'attenzione su di loro. Sapeva che bastava poco,
pochissimo, per complicare le cose.
Molto spesso si voltavano a guardarsi, si scambiavano occhiate e
sorrisi. Parlarono a lungo, tranquilli, di quello che sognavano e dei
progetti più o meno impossibili che speravano un giorno di poter
realizzare.
Bass guardò il mare, con un sorriso un po' malinconico.
- Perché un giorno non veniamo a fare le immersioni? Che dici? -
disse. Gli era sempre piaciuto farle, ma poi aveva smesso nel periodo
in cui... Be', nel periodo in cui aveva smesso di fare più o
meno tutto. Miles sorrise all'idea che l'altro riprendesse a fare
qualcosa che gli piaceva.
- Certo, - rispose. - Le faremo qui e le faremo anche in Australia,
dove ti porterò quando saremo diventati ricchi e avremo
centinaia di persone che lavorano per noi, - declamò, con un
sorriso.
Bass ridacchiò: - Certo. E diventeremo due vecchi snob che
giocano a golf e leggono riviste di economia e fanno affari con la
politica.
Risero. Miles si fermò, e istintivamente Bass fece lo stesso.
Quando fu sicuro che intorno non ci fosse nessuno che potesse vederli,
Miles si chinò su di lui per dargli un bacio. Ma non un bacio
come quelli che non aveva fatto altro che dargli per tutto il giorno,
baci che lo reclamavano e che chiedevano di più: quello che gli
diede in quel momento, nella tranquillità e nel fruscio del mare
e del vento, nella carezza fresca che li sfiorava, era un bacio molto
più casto e dolce, un bacio-sigillo per una promessa.
- Dico sul serio. Ti porterò in Australia e passeremo le vacanze
più belle della nostra vita, e faremo le immersioni e tutto
quello che vorrai. Te lo prometto, pulcino.
Bass tremò leggermente quando uno spiffero lo punzecchiò
sul collo. O forse erano state le parole di Miles? A volte gli parlava
con un'intensità che metteva i brividi. Era come se parlasse a
una parte più profonda del suo cervello, del suo cuore, della
sua pancia. Sapeva quanto ci tenesse a rivedere la terra in cui era
nato.
Si strinse leggermente a lui.
- A me basta stare con te per essere felice, - sussurrò Bass
contro la sua spalla. Miles sospirò, gli accarezzò la
testa.
- E così è per me, piccolo.
Poterono starsene in santa pace per poco, però, perché
l'arrivo di una piccola comitiva, dall'altro lato della strada, li
costrinse a separarsi bruscamente. Ripresero a camminare l'uno accanto
all'altro, però, così vicini che potevano sentire il
calore scaturito dalla loro vicinanza.
Mangiarono una pizza in uno dei tanti, piccoli locali che pullulavano
nella zona, e poi si riavviarono a piedi verso la macchina, ridendo e
scambiandosi battute. Quando tornarono a casa, lessero insieme qualche
pagina come facevano di solito, abbracciati l'uno all'altro,
finché il sonno non prese il sopravvento e Miles non si accorse
che Bass si era addormentato già da un pezzo, con la testa
posata sulla sua spalla e un braccio di traverso sul suo petto, come a
dire: "Tu-sei-mio". Così,
mise via il libro, muovendosi il meno possibile per non svegliarlo, e
lo circondò, gli posò un bacio sulla tempia e
gli sussurrò la buonanotte prima di addormentarsi a sua volta.
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