Scars
Reyna
sedeva a terra, la schiena appoggiata contro
il tronco di un albero, le mani strette a pugno e gli occhi che
bruciavano per
le lacrime che si sforzava di reprimere.
Cosa
c’era di sbagliato in lei? Perché non poteva
essere felice come tutti gli altri?
Aveva
atteso il ritorno di Jason per così tanto
tempo. Aveva pregato, implorato e scongiurato gli Dei perché
glielo
riportassero sano e salvo e tutto quello che aveva ottenuto era stato
vederlo
di ritorno con una nuova ragazza.
Piper
McLean.
La
cosa peggiore era che aveva provato a farsela
stare antipatica, a odiarla, ma non ci riusciva. Era una ragazza
sveglia,
coraggiosa, e talmente buona che le poche volte in cui aveva provato a
malignare su di lei si era sentita subito tremendamente in colpa. Non
era lei
la responsabile del suo dolore, non volontariamente perlomeno.
E
neanche Jason aveva colpe, questo poteva
ammetterlo almeno a se stessa, perché è il cuore
che sceglie chi amare e non la
testa.
Però
faceva male vederli passeggiare per il Campo,
mano nella mano, e guardarsi come se al mondo esistessero solo loro
due. La
feriva guardarli e pensare che un tempo era lei a riderci insieme, a
tenerlo
per mano e a baciarlo, e che lui neanche se lo ricordava.
Poi
era arrivato Percy e aveva pensato che fosse un
risarcimento che gli Dei le avevano inviato, magari un dono di Venere
per
aiutarla a dimenticare il suo amore perduto, ma anche lui si era
rivelato una
delusione bruciante.
Sì,
perché Percy aveva solo un ricordo che riguardava
la sua vita e aveva un nome e un cognome: Annabeth Chase, figlia di
Atena.
Una
ragazza sveglia, determinata, combattiva. Per
certi versi le ricordava tantissimo se stessa e cominciare a nutrire un
sentimento di simpatia e amicizia nei suoi confronti le era venuto
naturale.
Magari
aveva davvero qualcosa che non andava. Perché
altrimenti avrebbe finito con il nutrire rispetto e simpatia per le
ragazze che
erano amate dai soli due ragazzi per cui aveva davvero creduto di poter
perdere
definitivamente la testa?
Scrollò
le spalle, lasciando che le lacrime le
rigassero il volto dagli zigomi alti.
Al
Campo doveva indossare la facciata da Pretore
Reyna, la ragazza dura a morire che non si scomponeva davanti a niente
e
nessuno e sembrava impossibile da ferire. Almeno quando era da sola
poteva
permettersi di crollare e mostrare al mondo ciò che si
teneva dentro.
Un
fruscio la mise in allarme. Si asciugò con forza
gli occhi, voltandosi indietro.
Octavian
camminava tra l’erba alta, puntando dritto
verso di lei, gli occhi blu leggermente offuscati come se ci fosse
qualcosa che
lo tormentava.
Fantastico,
proprio l’ultima persona da cui avrebbe
mai voluto farsi vedere in quello stato. L’Augure era
già assolutamente
convinto che lei fosse una buona a nulla, qualcuno da sostituire il
prima
possibile, e se l’avesse vista in quelle condizioni non
avrebbe di sicuro
esitato a prenderla in giro. Le sembrava già di sentire le
sue parole: “Ma
come, una figlia di Bellona che piange come una mocciosetta?”
-
Ah, sei qui. –
Le
sedette accanto, osservandola con un biondo
sopracciglio inarcato. – Aspetta, stavi piangendo? –
Dannazione,
tutta colpa di quegli stupidi occhi
arrossati. Ormai negare non aveva alcun senso anche perché,
per quanto non
fossero propriamente in rapporti amichevoli, doveva ammettere che era
tutto
fuorchè un ingenuo o uno stupido.
-
Sì, Octavian, anche io sono in grado di piangere.
La cosa ti sciocca, per caso? –
-
È per Grace, o forse per Jackson? Non dirmi che
stai davvero piangendo per uno di quegli idioti?! –
Era
incredibile il modo in cui faceva suonare i loro
cognomi, come se fossero la cosa più
simile a un insulto che gli venisse in mente o che si trattasse dei
suoi nemici
giurati.
-
Se anche fosse, la cosa non ti riguarda, giusto? –
replicò, piccata.
-
Seriamente, Reyna, nessuno dei due è neanche
lontanamente alla tua altezza. E lo sai che non sono esattamente un tuo
fan. –
borbottò, ciancicando quelle parole come se pronunciarle
richiedesse uno sforzo
sovrumano.
E
magari era proprio così, perché una frase del
genere detta da Octavian equivaleva a un complimento gigantesco.
-
Io … Bè, grazie, almeno credo. –
Octavian
le rivolse un sorriso sghembo. – Figurati. È
solo che non mi piace vederti piangere, preferisco quando fai la dura e
ci
scanniamo. –
Sorrise
a sua volta.
Sì,
doveva ammettere che anche a lei piacevano i
loro litigi. Andavano avanti da talmente tanto tempo, da quando
entrambi
avevano messo piede al Campo nello stesso anno, che erano diventati una
costante della sua vita.
Si
sorprese di quel pensiero, che equivaleva a dire
che l’Augure fosse un elemento importante delle sue giornate.
-
È difficile fare la dura quando dentro ti porti
delle ferite. – ammise.
-
Già, so di cosa parli. – replicò il
ragazzo, così
piano che per un attimo Reyna si chiese se l’avesse detto
davvero o se lo fosse
soltanto immaginata.
Octavian
che ammetteva di poter essere ferito da
qualcuno? Non aveva creduto di arrivare a vedere quel giorno,
perché se c’era
qualcuno davvero bravo a nascondere i suoi sentimenti quello era
certamente
lui. Era talmente abile che certe volte si era chiesta se, in effetti,
ce l’avesse
o no un cuore.
-
Qui al Campo c’è davvero qualcuno che è
riuscito a
ferirti? –
La
guardò come se avesse appena detto qualcosa di
incredibilmente stupido.
-
Davvero non sai di chi sto parlando? – Era
sinceramente stupito.
Scosse
la testa. – Non ne ho la minima idea. –
-
Eppure credevo che fossi intelligente, Avellano. –
borbottò, chinandosi verso di lei e catturandole le labbra
in un lieve bacio.
Reyna
trattenne il respiro per un attimo,
sconcertata. Le labbra di Octavian erano fredde e sottili, ma il
contatto sulle
sue non la faceva sentire a disagio, come aveva sempre creduto,
bensì le
suscitava una sensazione di calore e dolcezza … e piacere.
Sì,
quel bacio le era piaciuto.
-
Ora sono stato abbastanza chiaro? –
Riecco
il sarcasmo che sfoggiava in continuazione.
Solo in quel momento si rese conto che lo usava come uno scudo,
qualcosa dietro
cui nascondersi che gli permetteva di non esporsi mai troppo ai
commenti delle
persone che lo circondavano.
-
Quindi ti ho ferito? –
Non
era mai stata sua intenzione, ma adesso capiva
come doveva essersi sentito Percy quando aveva capito che si era presa
una
cotta per lui.
-
Parecchie volte, ma Grace è stata la ferita più
profonda. Ti vedevo con lui e l’unica cosa a cui riuscivo a
pensare era che era
sbagliato; lui non era quello giusto per te e il tempo ha dimostrato
che avevo
ragione. –
Già,
era tipico di lui rimarcare come avesse sempre
ragione ed era incredibile che
riuscisse a farlo persino mentre le dichiarava i propri sentimenti.
-
È per questo che non lo sopporti, perché io ne
ero
innamorata? –
-
Okay, adesso non sopravvalutarti troppo però. Non
sopporto Grace perché è un vero idiota, ma il
fatto che facesse il cretino con te è
di sicuro un incentivo in più. –
-
Quindi mi sopravvaluto? – domandò, inarcando un
sopracciglio.
-
Sempre, tranne che quando si tratta dell’amore.
Ecco, in quel campo devo dire che ti sottovaluti alla grande.
–
-
E chi sarebbe alla mia altezza? – lo stuzzicò.
Riecco
quel sorriso sghembo. Non aveva mai fatto
caso a quanto fosse affascinante quando lo faceva, mettendo in risalto
quella
piccola fossetta sulla guancia che
gli
conferiva un’aria assolutamente sexy.
-
È ovvio, solo io posso reggere il confronto con
te, Avellano. –
Già,
era ovvio.
I
battibecchi, le battute che ogni volta capivano
solo loro due, quella complicità che si era instaurata. Non
avrebbero mai
potuto essere amici, questo era sicuro, perché il legame tra
di loro era molto
più stretto.
Lei
e Octavian si completavano a vicenda, proprio
come due facce della stessa medaglia. Erano perfetti, ma solo se
stavano
insieme.
Annullò
la distanza che li separava, baciandolo e
cercando di trasmettergli tutto ciò che provava.
-
Questo che significa? – le chiese, non appena si
furono separati.
-
Che voglio provare a curare le tue ferite. –
[1.342
parole]
Spazio
autrice:
Okay,
seriamente, non ho la minima idea di perché questi
due siano diventati il mio OTP in Percy Jackson. Giuro, proprio non lo
so, ma
spero che Rick si decida a far succedere qualcosa tra di loro.
Sarà che ho
sempre amato questi rapporti di pseudo odio/rivalità
perché secondo me nascondono
sempre una qualche tensione sessuale/amorosa (lo so, ho una mente
malata u.u).
Quindi niente, viva l’Octreyna e se non vi piace come pairing
non mi resta che
una cosa da dirvi: fuggite, sciocchi!
Scherzi
a parte, spero che la storia vi sia piaciuta
e che vogliate farmi sapere che ne pensate. Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt
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