If you
ever felt...
...Confused
Frank
adorava le mattine d'inverno. In questa stagione aveva l'abitudine di
puntare la sveglia una decina di minuti prima dell'orario in cui si
sarebbe dovuto alzare per portare i bambini a scuola, così
da potersi crogiolare per quel breve lasso di tempo nel piacevole
tepore delle coperte a pensare. A esser sinceri, pensare e riflettere
erano azioni che, ne era convinto, aveva iniziato a compiere da poco.
Fino a un anno prima chiunque avrebbe istantaneamente associato il suo
nome alla personificazione dell'illogicità e della
sconsideratezza: era abbastanza certo che nel vocabolario sotto la voce
"pericolo" ci fosse stampata una sua foto.
Fatto sta che Frank era cambiato, da qualche mese a quella parte. Si
sentiva come se, un bel giorno, si fosse svegliato nel corpo di un
altro, in un'altra casa, con una moglie diversa. Anche se sapeva e
ricordava di conoscere molto bene chi fosse lui e chi gli stava
attorno, ogni cosa gli appariva troppo lontana per essere avvertita
alla perfezione. Era come quando ti sforzi per ripescare dalla tua
mente un qualcosa di perso, dimenticato, ma che senti di percepire
perfettamente. Aveva il ricordo di com'era la sua vita prima sulla punta
della lingua. Per quanto si spremesse le meningi, non riusciva a
ricordarsi chi fosse lui
precedentemente. Chi era Frank Iero? Cosa ne faceva della sua vita? Che
cosa aveva costruito fino a quel momento?
Che forse stesse vivendo la vita che gli sarebbe toccata se solo una
serie di curiose coincidenze non gliel'avesse stravolta, dodici anni
prima? O forse era stato tutto un sogno? Il tutto gli ricordava un film
con Nicholas Cage che aveva visto la sera precedente. e non sapeva se
riderne o esserne spaventato, perché, al momento, aveva un
tornado in testa che gli confondeva le idee.
Avrebbe voluto aprirsi la scatola cranica e anestetizzarsi il cervello
per qualche ora, in modo da non fargli vomitare addosso a sé
tutta quella marea di domande; o magari punzecchiarlo, così
da fargli provare le torture a cui lo sottoponeva ogni fottuto giorno.
In fondo era anche inutile crogiolarsi nei ricordo, nei sensi di colpa,
nella staticità che si attraversa quando si attende un
momento importante, durante la quale ogni istante è vissuto
senza goderselo appieno, giusto per far trascorrere i minuti, le ore, i
giorni che separano da quell'avvenimento. Perché non c'era
più nulla da aspettare. E il tempo non si sarebbe fermato
pazientemente fino a che non avrebbe compreso appieno la cosa.
In quei mesi che erano trascorsi da quando aveva preso la decisione
più difficile della sua vita, aveva capito che non poteva
restarsene con le mani in mano, a osservare il mondo andare avanti
senza di lui. Frank c'era, cazzo, e voleva farsi sentire! Per questo
era arrivato alla conclusione che doveva rendere vana quell'attesa.
Voleva raggiungere un traguardo, e finalmente porre fine a quella
sensazione di statico. Anche se non sapeva in che modo, o forse lo
sapeva talmente bene che aveva paura di aver frainteso le sue
volontà. Come quando a scuola era certo di conoscere la
risposta a una domanda dell'insegnante, ma si ritrovava sempre nel
dubbio di aver compreso appieno ciò che questo intendesse.
Si era detto che sbagliando non avrebbe causato niente di irreparabile.
Quella mattina, infine, come molte altre, si era alzato dal letto e si
era trascinato in bagno, non molto pronto ma con l'apparente voglia di
voltar pagina.