All’aeroporto
Riccardo non c’era più, e ora ritornava di nuovo a
essere da sola
con i suoi pensieri, cosa che la spaventava terribilmente, ma
finalmente un rumore, le stava squillando il cellulare.
-Pronto
-Sei
arrivata?
-Si
-Sei
sempre molto
loquace eh?
-Giò
sono stanca
dai! Sono appena arrivata, appena sono a casa ti chiamo io.
-Va
bene.
Terminata la chiamata e rimesso il cellulare in
tasca, si incamminò per
andare a prendere la valigia e tornare a casa. Di Riccardo nessuna
traccia!
Si
trovava fuori dalla porta, doveva solo girare la chiave e sarebbe
entrata, e poi tutto sarebbe ripiombato, la sua infanzia, suo padre,
la prima cotta, il primo bacio rubato dietro casa sua, e poi
l’aereo
e il bel sole della Sicilia.
Entrata!
La
casa non era cambiata, a parte la polvere che ormai era la padrona,
ma tutto sommato con un giorno da Cenerentola sarebbe ritornata
pulita.
Accese
la radio e iniziò a pulire l’armadio, almeno
quello per sistemare
poi la valigia, era tardi per pulire e sistemare altro, decise
quindi di mangiare e poi andare a dormire.
Finito
di sistemare la camera da letto, accese la tv e si sedette sul divano
mangiando un panino, non stava tanto attenta alla pubblicità
che
passava, pensava a come anche questa volta il destino si era tirato
indietro, le aveva fatto conoscere quel ragazzo che l’aveva
fatto
sorridere e con la stessa facilità l’aveva fatto
andare via, ma
l’attenzione era presa da una foto messa sul camino: suo
padre
l’abbracciava mentre lei piangeva; doveva andare a lavorare
la
notte della vigilia di natale e lei non voleva lasciarlo, era
piccola, e come tutte le bambine voleva passare quella notte ad
aspettare Babbo Natale abbracciata nel letto con suo papà.
Una delle
poche foto con suo padre la riprendeva mentre piangeva, non era una
bella cosa, ma quella foto aveva un qualcosa di sensibile che la
faceva stare bene, quelle bracci la coprivano tutta, e sua padre
aveva un sorriso così triste che, seduta sul divano, mentre
qualcuno
in tv stava ripetendo qualcosa sulla Divina Commedia, la fece
piangere. E piangendo si addormentò .
La
notte passò in fretta, senza un sogno, un immagine, una
voce. Buia e
silenziosa. Frencesca si alzò e ricordò di non
aver chiamato sua
sorella come promesso. Il cellulare segnava due chiamate perse:
Giorgia. Guardò l’orologio, le 10:45, a
quest’ora era al
panifico a lavorare, e mentre beveva il caffè-latte la
chiamò.
-
Eri così
impegnata ieri sera che non hai potuto chiamare? Una festa con nuovi
amici per brindare alla casa?
-
Buon giorno anche
a te!
-
Come stai?
-
Non mi lamento,
anche se devo ancora iniziare a pulire.
-
Mi dispiace!
-
Verresti ad
aiutarmi?
-
Stavo proprio
pensando questo!
-
Che sei simpatica!
Come sta mamma?
-
Bene, stiamo
tutti bene, quì è tutto apposto, tu invece?
-
Te l’ho detto
non mi lamento, anche perchè non ho ancora fatto nulla,
appena
inizio ti faccio sapere.
-
Bene, allora
datti da fare, sei ritornata lì per continuare il tuo
futuro,
continua allora.
Giorgia,
sempre la solita, aveva sbagliato a chiamarla proprio
all’inizio
della giornata, almeno avrebbe potuto sperare in un inizio migliore.
Ora, però, si accende lo stereo e si inizia a lavorare e poi
sarebbe
andata a comprare qualcosa per rendere accogliente la casa, ma
soprattutto per mangiare e pomeriggio sarebbe andata a quel
colloquio.
Piano
piano stava finendo, il bagno la cucina, la sala pranzo, e la sua
cameretta. Ieri sera non era entrata nella sua cameretta, le cose si
devono affrontare poco alla volta, era già entrata a casa,
la
camaretta e gli altri ricordi dovevano aspettare. Ma ora era
lì,
seduta su quel letto toccando quel cuscino e guardando quelle foto
che, quando andò via lasciò lì proprio
per dimenticare. C’erano
tutte, quella del battesimo, con i nonni, con la zia, con i cugini e
poi con le sue amiche, a scuola, al McDonald’s, a casa sua o
delle
altre, al cinema, al mare, due pareti piene della sua vita che
però
lei voleva ad ogni costo cancellare, e ora le apparivano tutte
così,
diverso da come prima le guardava. Ritorna guardare il cuscino, era
ancora sporco di quel rimmel colato, trascinato dalle lacrime di
quella notizia, suo padre, quel camion, quell’incidente,
quella
sera, quel Natale!
No,
non doveva piangere, non doveva ricordare, era andata così,
aveva
dimenticato tutto, doveva aver dimenticato tutto, sennò
quegli anni
via da quella città a cosa avrebbero serviti? Suo padre non
c’era
più, lei lo sapeva aveva superato il momento della
negazione, del
non voler capire, già da tempo, ma le lacrime, come un atto
non
controllato, iniziarono a scendere e d’improvviso
ritornò a quella
sera: mangiava con sua madre e Giorgia e guardava in tv i soliti film
di Natale che passano alla Vigilia, poi quella chiamata, quello
sguardo vuoto, perso, di chi con la mente si ferma e inizia a
ricordare, le lacrime e il silenzio, papà era sulla macchina
e stava
andando con gli altri a spegnere un incendio, ma un camion,guidato da
chissà quale mal capitato non contento di quel turno, va a
finire,
per errore aveva detto, incontro la macchina dove si trovava suo
padre e per un errore la vita di quattro uomini si spense, un errore!
Inutile
ricordare la sua reazione, e quella di sua madre e Giorgia, a cosa
sarebbe servito? Erano andate a vivere in Sicilia per dimenticare e
perchè così nonna sarebbe stata più
contenta, e alla fine vivevano
a Roma solo per stare con suo padre, dopo
‘’quell’errore’’
continuare a vivere lì non sarebbe servito a nulla. Ma ora
era
ritornata per ricominciare e doveva farlo. Il passato è solo
un arco
di tempo già vissuto, ora si deve vivere il presente e
allora
Francesca chiuse la cameretta e andò a lavarsi.
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