IL BELLO DELLA
DIRETTA
Scena tre: “Per
finire in bellezza”. Motore… Azione!
I festeggiamenti erano proseguiti fino a tardi,
ovviamente senza il Principe dei Saiyan, tempestivamente dileguatosi prima di
porre fine non solo alla festa, ma all’intera razza umana. Con tutta
probabilità il pensiero l’aveva a dir poco sfiorato, a giudicare dall’occhiata
minacciosa che aveva riservato alla sua famiglia, uscendo dal salotto un paio
d’ore prima; tuttavia, considerata la situazione, tutto lasciava credere che
avesse al contrario reagito fin troppo bene.
Il sorrisetto divertito sul volto di Bulma, che
camminava per i corridoi della Capsule a tarda sera, visibilmente assorta in
qualche riflessione, pareva rivelare proprio un pensiero del genere. La donna
appariva piuttosto provata dalla lunga giornata appena trascorsa; ciò
nonostante, la sua espressione era invece distesa e assolutamente serena.
Quell’abbozzo di sorriso, poi, che non accennava a scomparire, aveva assunto
pian piano una sfumatura sempre meno beffarda, fino a trasformarsi in un
sorriso felice, semplicemente; allo stesso modo in cui le “notizie del giorno”,
esaurito l’effetto comico che avevano suscitato in un primo momento, avevano
finito per assumere un significato ben più importante.
Bulma si era ritrovata ad ammettere di avere un
po’ esagerato con Vegeta, quel pomeriggio, quando gli aveva rivolto quelle
accuse così categoriche. La sua sola presenza alla festa aveva avuto già di per
sé il potere di risollevarle del tutto il morale, ma le notizie del
telegiornale le avevano dato la conferma incondizionata che, in fondo, lui ci
aveva seriamente provato; e probabilmente non si era presentato alla festa
spinto soltanto da qualche specie di senso di colpa. Ora era lei a sentirsi
vagamente in colpa per quello che gli aveva urlato contro. Conoscendolo, doveva
essergli costata un’enorme fatica tutta quella storia; e in quel momento, visto
il particolare epilogo di quella strampalata avventura, il suo umore doveva
essere decisamente pessimo.
Senza troppa fretta, Bulma si era infine decisa
a cercarlo, dopo aver considerato che probabilmente sarebbe stato meglio andare
a vedere dove si fosse cacciato e, soprattutto, in che stato versasse davvero
il suo umore, prima che peggiorasse irrimediabilmente.
Sovrappensiero, fu solo in quel momento che si
accorse che la piccola Bra stava piangendo, quando svoltò istintivamente verso
la zona in cui si trovavano le camere da letto. Si riscosse all’improvviso e si
diresse a passo spedito verso la stanza della piccola, ipotizzando che avesse
avuto qualche incubo e convinta di risolvere la questione in pochi minuti. La
mano sospesa a mezz’aria, nell’atto di afferrare la maniglia della porta e
spalancarla, si bloccò però in un istante, non appena sentì la voce di Vegeta.
Trasalì lievemente per la sorpresa, prima di ritrarre istintivamente la mano e
fermarsi accanto alla porta socchiusa. La sua espressione, in un primo momento
assolutamente sbalordita, assunse in meno di un secondo una sfumatura
evidentemente incuriosita. Non riuscì a fare a meno di restarsene in disparte e
di mettersi a sbirciare, decisamente interessata a quello che stava succedendo
in quella stanza.
“Insomma! La vuoi smettere di piangere?! Dannata
mocciosa! Ho detto di piantarla!” sbraitò Vegeta, in piedi accanto alla culla
della bambina. Il suo stato emotivo era evidentemente ancora pessimo; in
aggiunta a ciò, l’agitazione e l’imbarazzo dovuti al panico, visto che non
aveva idea di come tappare la bocca della piccola peste, erano chiaramente
leggibili sul suo volto.
Bra pareva proprio non volerne sapere di
smettere di piangere. Gli occhioni tristi e colmi di lacrime fissarono il padre
letteralmente in preda alla disperazione. Tuttavia non sembrava affatto il tono
di lui la causa di tanta infelicità; era piuttosto evidente che la bambina si
trovasse alle prese con ben altri, gravosi problemi. Appoggiata in equilibrio
precario alle sbarre della culla, a cui si reggeva a malapena sussultando tra
un singhiozzo e l’altro, tornò a fissare insistentemente un oggetto sul
comodino, troppo distante. Pareva intenta nel disperato quanto inutile sforzo
di allungare le braccine attraverso le sbarre. Con i lineamenti del visetto
paffuto concentrati e tesi, seguitava a piangere inconsolabile e a stendere le
braccia, per poi tornare a disperarsi ancora più intensamente, farfugliando
qualche parola con la voce rotta dal pianto. Tra queste, un orecchio allenato
avrebbe potuto distinguere un suono simile a unksss.
“Che accidenti…” parlottò tra i denti il padre,
nettamente in difficoltà. Dove sono i nemici come Majin-Bu quando servono?!?
Sostenere un combattimento all’ultimo sangue era sicuramente meno problematico
che dover affrontare una mocciosa isterica.
Ringhiò frustrato, colto quasi dalla
disperazione, non sapendo più come risolvere la situazione. Infine, dopo
diversi istanti, si accorse che l’attenzione della figlia era rivolta al
comodino. Scostò lentamente lo sguardo, scoprendosi ad osservare un pacchetto.
Lo riconobbe subito, ma nonostante la famigliarità di quel particolare
involucro non riuscì immediatamente a comprenderne la provenienza. Fu solo dopo
qualche secondo che si ricordò quale fosse l’origine del misterioso pacchetto.
Il regalo di Trunks. “Dacci un taglio, mi hai sentito?” sbottò all’indirizzo
della bimba, afferrandolo.
Quel semplice gesto sembrò avere l’efficacia di
un Final Flash. Il pianto disperato della piccola scemò di colpo e la sua
espressione mutò improvvisa e in un istante, ritrovando un’intensa
concentrazione. Cominciò ad agitarsi notevolmente, seguitando a protendersi
verso l’oggetto con più foga di prima. Lo sguardo che rivolse a suo padre,
umido di pianto, si illuminò speranzoso.
“Pà?”. Sembrava gli stesse chiedendo
insistentemente, ancora tra i singhiozzi, proprio ciò che il Saiyan reggeva tra
le mani.
Vegeta si ritrovò ad osservare la
figlia per alcuni secondi, studiandone la reazione improvvisa; rivolse poi la
sua attenzione al pacchetto che teneva fra le mani, per tornare di nuovo a
scrutare la bambina un attimo dopo. Nel momento in cui abbassò nuovamente lo
sguardo sul pacchetto la sua espressione si rabbuiò leggermente.
Il regalo. Ecco la fonte di tutti i
suoi guai, proprio lì nelle sue mani.
La confezione pareva essere stata
già aperta e richiusa con cura, probabilmente da Bulma, e Vegeta sembrò
associare definitivamente quel ridicolo involucro a suo figlio maggiore. La
voce di Trunks prese improvvisamente a risuonargli nella testa e tutti gli
elogi su quell’insignificante oggetto in cui si era profuso suo figlio gli
tornarono alla mente in una sola volta. Sollevò per un momento lo sguardo per
guardarsi intorno, con un’espressione tutt’altro che determinata; sembrava
vagamente preoccupato di essere visto da qualcuno, quasi fosse un ladro. Solo
dopo alcuni istanti, ancora titubante e con un’aria decisamente sospettosa, si
decise ad aprire il pacchetto e ad osservarne il contenuto. Ciò che a detta del
figlio avrebbe dovuto essere il “regalo perfetto”, si rivelò infine essere un
banale elastico per capelli, abbellito da due piccole, semplicissime palline
rosse.
“Hn, e questo sarebbe lo stupido
regalo del moccioso?!?” bofonchiò tra sé senza più prestare attenzione alla
figlia.
La piccola Bra cessò definitivamente di
singhiozzare, focalizzando il meraviglioso manufatto colorato fra le mani di
suo padre. Non aveva smesso però di agitarsi e tendere le manine verso
l’oggetto dei suoi desideri, ormai evidentemente ansiosa di ricevere finalmente
attenzione. Se l’espressione della bambina appariva ormai sorridente e felice,
dopo qualche secondo cominciò a manifestare una certa impazienza, accorgendosi
che il padre non si decideva a porgerle il regalo. L’ennesima sequela di parole
sconnesse della piccola assunse a quel punto un tono allegro ma ansioso, che
pareva sottolineare una certa sorpresa riguardo agli indugi del Saiyan,
considerato come fosse ormai evidente che l’uomo avesse capito ciò che voleva.
La parola papà, che riuscì a pronunciare con estrema chiarezza, aveva
assunto un’inflessione quasi indispettita.
“Che vuoi?” brontolò quasi si fosse appena
ricordato della sua presenza. Nell’osservarla, però, si accorse di una ciocca
di capelli che le ricadeva sul viso. Dimenticandosi di tutto il resto rimase a
fissarla per un po’, per poi rivolgere di nuovo la sua attenzione
sull’oggetto così desiderato, ancora nelle sue mani. Ora tutto aveva un senso.
Decisamente riluttante e impacciato, consegnò l’elastico alla figlia; e quando
la piccola Bra afferrò l’oggetto, non poté fare a meno di ritirare velocemente
la mano, come se rischiasse di bruciarsi.
Non appena Vegeta aveva allungato la mano verso
di lei, in realtà, la piccola Bra si era fatta raggiante di gioia. Con non
poche difficoltà per mantenere l’equilibrio e un’aria estremamente concentrata
e decisa, aveva afferrato goffamente l’agognato elastico, non mancando di
rivolgere un intenso sorriso a suo padre. L’espressione radiosa della piccola
era di certo uno dei migliori “grazie” che il Principe dei Saiyan avrebbe mai
sperato di ottenere, se soltanto mai in vita sua avesse pensato di ottenerne
uno anche solo per sbaglio. Tuttavia, Vegeta si trovò involontariamente a
notare come quel sorriso somigliasse piuttosto ad una manifestazione di
orgoglio; pareva voler semplicemente significare “Non trovi anche tu che sia
bellissimo? Ed è mio!”. Quella vaga sensazione lo costrinse a fermarsi per
un momento ad osservare la piccola, incuriosito da ciò che avrebbe fatto con
quello che a lui pareva un oggetto fondamentalmente inutile, nonostante tutto.
Che cosa la bambina volesse farne di
quell’elastico, in realtà, appariva un mistero anche per lei, visto che la sua
espressione si fece estremamente concentrata e lo sguardo si corrucciò assorto,
mentre studiava l’oggetto nei dettagli. Dopo qualche momento di attenta
riflessione, la piccola tornò a sollevare gli occhi azzurri su suo padre,
sorridendo con un’inflessione lievemente interrogativa. Nel contempo, si
appoggiò l’elastico sulla testolina con fare deciso, cercando intanto di
scorgere l’effetto che aveva ottenuto; sollevò infatti ulteriormente lo
sguardo, assieme al mento, in un goffo tentativo di guardarsi la sommità del
capo. Ovviamente, con sua somma meraviglia e disappunto, l’elastico cadde dopo
appena un istante sul lettino.
Bra non sembrò però scomporsi troppo né darsi
per vinta per un così banale inconveniente, in un primo momento. Con una certa
fatica riuscì a raccoglierlo senza cadere e ripeté l’operazione con la stessa
cura e attenzione; ma la sua espressione perplessa di fronte a quell’identico
fallimento, si fece a quel punto decisamente più marcata. Per un momento si
voltò nuovamente verso suo padre, con uno sguardo che era sulla buona strada
per inumidirsi e rattristarsi in modo irreversibile. Gli occhi della piccola
parvero rivolgergli una domanda implicita la cui risposta appariva tristemente
al di là della sua portata. “Ma perché quando l’ha messo la mamma non
cadeva?” Potendo articolare una frase di senso compiuto, la piccola avrebbe
certamente rivolto questo interrogativo a suo padre, o meglio, all’intero
universo. Agli occhi di Vegeta però, quello sguardo poteva apparire soltanto
come una specie di richiesta incomprensibile.
Il Principe restò in silenzio a fissare l’intera
scena con la netta, pessima sensazione che la cosa sarebbe presto degenerata.
Al solo pensiero, dopo aver incrociato gli occhi della figlia, la sua
espressione si tramutò in una smorfia dal dubbio significato. Che fosse
schifato o semplicemente a disagio non era facilmente comprensibile. “Beh’? Che
accidenti vuoi ancora?” brontolò.
La piccola afferrò l’elastico per l’ennesima
volta e lo fissò per un momento sconsolata. Sentendo le parole di Vegeta glielo
porse con un’espressione interrogativa e turbata. Le piccole labbra della
bambina s’incresparono, tremando sull’orlo del pianto, e i suoi occhi
cominciarono ad inumidirsi di goccioloni salati. Quella domanda cominciò a
trasformarsi in una sorta di disperata speranza. “Forse tu sei bravo come la
mamma, anche se non si direbbe”. Probabilmente, il fatto che la piccola non
riuscisse a riferire esattamente quella riflessione al Principe dei
Saiyan, sarebbe stato da considerarsi un fatto positivo, visto che esisteva
gente nell’universo che aveva passato un brutto quarto d’ora per molto meno. Di
fatto, ancora una volta, quegli occhioni, sul punto di versare copiosamente
calde lacrime di delusione, comunicarono al suo interlocutore soltanto
un’estrema supplica.
Sì, decisamente l’espressione di Vegeta era a
quel punto dettata dal disagio o, più verosimilmente, dal panico.
Istintivamente allungò la mano verso la piccola, ma un attimo prima di raggiungere
l’oggetto che gli veniva offerto, la ritirò e si pietrificò fissando sua
figlia, immobile. Ripeté l’operazione pochi secondi dopo, ma solo al terzo
tentativo riuscì ad afferrare il fermaglio. Lo osservò per un momento,
palesemente disgustato e perplesso.
Come diavolo funzionava quel coso?!
All’atto pratico, le competenze del Principe dei
Saiyan sull’argomento “fermagli per capelli” erano se possibile pari a quelle
della piccola Bra; più verosimilmente piuttosto, la bambina ne sapeva di gran
lunga più di lui sull’utilizzo di quell’affare. Questa era la drammatica
verità.
Nonostante tutto però, un sorriso carico di
aspettativa si stampò all’istante sul volto della piccola, ignara delle perplessità
del Principe, nel momento in cui Vegeta afferrò l’elastico. La bambina
farfugliò nuovamente qualche parola confusa, chiaramente all’indirizzo di suo
padre, tra cui la parola “papà”, questa volta sussurrata appena, aveva un tono
estremamente dolce. L’espressione con cui lo fissò, in evidente attesa, pareva
la celebrazione stessa dell’amore incondizionato e della fiducia.
Vegeta si rese conto troppo tardi che guardare
sua figlia negli occhi sarebbe stato un grave, gravissimo errore. Se ne accorse
quando ormai quegli occhioni colmi di affetto l’avevano totalmente catturato,
mentre i suoi tradivano ormai il panico più totale.
Insomma, quel coso era un dannato problema!
L’unica cosa che il Principe dei Saiyan era riuscito ad afferrare con certezza
era solamente il fatto che servisse per i capelli. Ma, ok… Ok. Ragionare con
calma poteva essere una soluzione. Accidenti! Non doveva poi essere così
difficile se anche Trunks sapeva a che diavolo serviva! Con calma, giusto…
Capelli, ciocche… Forse…
Il volto del Saiyan tradì per un attimo un
guizzo impercettibile nei lineamenti. Vegeta sembrò riflettere per un paio di
secondi ancora, prima di ripiombare in uno stato di notevole disagio. La sua
espressione lasciava intendere che, probabilmente, l’aver intuito il corretto
utilizzo di quell’elastico per capelli non l’avesse messo in una posizione
migliore rispetto a qualche istante prima. Osservò la piccola Bra deglutendo
sonoramente e fece un passo nella sua direzione, manifestando peraltro in modo
evidente l’intenzione esattamente contraria di trovarsi altrove, possibilmente
molto lontano da quella stanza. Afferrò una ciocca di capelli della bambina con
notevole imbarazzo, con due dita soltanto, e la fece passare attraverso
l’elastico, reggendolo come se la sua temperatura avesse superato i mille
gradi. Fortunatamente tuttavia, quel modo goffo e stravagante di procedere
riuscì ad essere comunque efficace e a rimuovere, definitivamente, i capelli
che ricadevano sul volto della bambina.
Nemmeno fosse stata in gioco la sua vita, non
appena terminò la delicata operazione, il Principe dei Saiyan si allontanò di
scatto con un passo indietro. La sua espressione ancora turbata rivelava senza
ombra di dubbio che avere a che fare con Freezer, o chi per lui, sarebbe stato
decisamente qualcosa di meno problematico e, soprattutto, qualcosa da
affrontare con molto più coraggio.
La reazione di Bra, per tutta risposta, fu
invece a dir poco entusiasta. La piccola, lasciando la presa sulle sbarre della
culla per rivolgere un caloroso applauso al suo eroe personale, finì per cadere
goffamente seduta sul lettino. Con il suo meraviglioso elastico fra i capelli,
mentre era intenta a ritrovare una posizione relativamente stabile, riuscì a rivolgere
a suo padre un sorriso talmente raggiante e colmo di gioia che non aveva
bisogno di essere interpretato ulteriormente. L’espressione che comparve sul
suo volto un secondo dopo pareva l’immagine della soddisfazione. “Papà” fu
ancora una volta la parola più comprensibile fra quelle che fu capace di
pronunciare, ma il tono del suo discorso era inequivocabilmente permeato
di gratitudine e di affetto, ed aveva chiaramente l’inflessione di chi era in
attesa di una risposta.
La smorfia che le rivolse Vegeta appariva però
tutt’altro che l’emblema della felicità. Con un gesto nervoso incrociò le
braccia, tornando ad assumere un atteggiamento fiero e composto, tipico del
Principe dei Saiyan, quantomeno per nascondere il totale disagio. “Che vuoi
ancora?” domandò con distacco.
Per nulla turbata dall’espressione burbera del
padre, la piccola si limitò a sorridere ancora più intensamente. Se non fosse
stata una bambina di appena un anno, la sua espressione soddisfatta si sarebbe
potuta quasi scambiare per una manifestazione di amor proprio. “Sono bella
con questa cosa meravigliosa sulla testa!” Parevano comunicare quegli occhi
azzurri, letteralmente raggianti, fissi in quelli di suo padre.
Vegeta scrutò la bambina per alcuni secondi. Ok,
quel coso le stava bene, per quanto relativamente potesse saperne lui.
“Tsk, a che ti serve essere così vanitosa?” mormorò in una tonalità asettica.
Bulma non aveva perso nemmeno una sillaba, un
gesto, di ciò che era appena avvenuto in quella stanza. Era rimasta ad
osservare la scena dal sottile spiraglio della porta socchiusa, in silenzio,
come ipnotizzata. Per tutto il tempo, un sorriso intenerito e a tratti
divertito aveva accompagnato il dialogo fra Vegeta e la loro figlia in
ogni parola, sguardo, movimento; senza osare quasi respirare per non turbare
quel momento, Bulma se ne stava immobile, completamente rapita da ciò a cui
aveva appena assistito.
Fu quell’ultima frase che la riscosse
improvvisamente e in modo inaspettato. La riconobbe, identica quella che era
stata rivolta a lei non troppo tempo prima, dallo stesso uomo. La ricordò con
un tuffo al cuore, mentre i suoi ricordi si tuffavano a loro volta in quel
passato recente. No, non l’aveva dimenticata.
“…stavo
pensando che potevamo rifare la camera qui accanto. Tu cosa ne pensi? In fondo
non la usiamo mai, sarebbe perfetto, non trovi?” propose, concentrata in un
discorso apparentemente insignificante e privo di ogni logica. I suoi occhi si
posarono sullo specchio e sulla sua immagine riflessa. Una mano scostò una
piccola ciocca di capelli dietro l’orecchio, mentre, con l’altra, reggeva
saldamente un oggetto, che aveva continuato ad agitare insensatamente durante
l’intero discorso. Le sue parole denotavano un certo entusiasmo; confermato,
peraltro, da un intenso sorriso che le illuminava il volto. “Mi stai
ascoltando?” chiese poi, a prima vista rivolgendosi al vento. “Sarà sufficiente
ridipingere le pareti, non credo ci vorrà molto, non sei d’accordo?” continuò
imperterrita nel suo discorso, “Tesoro?”. Si affacciò infine dalla porta
del bagno, osservando la camera adiacente e passando in rassegna tutta la
stanza con lo sguardo. I suoi occhi si fissarono poi in un punto con
un’espressione interrogativa, chiedendo conferma, lì dove una figura se ne
stava seduta, immobile. “Cosa ne pensi, Vegeta?” domandò al diretto
interessato.
Lui era
comodamente seduto sul bordo del letto, con le braccia incrociate sul petto, in
apparenza disinteressato. La sua espressione sembrava lievemente annoiata, ma a
un attento osservatore avrebbe comunicato più che altro un’assoluta
tranquillità. “Fa quello che ti pare” rispose, sollevando lo sguardo solo
leggermente, quel tanto che bastava a soffermarsi sulla figura di lei. Il tono
con cui pronunciò quella frase, piatto e atono, sembrò voler liquidare la
faccenda il più in fretta possibile.
Lo osservò ancora per un momento, interpretando il suo sguardo.
Sorrise raggiante, per poi tornare automaticamente a rivolgersi all’oggetto che
reggeva ancora tra le dita sottili; con delicatezza, quasi con la paura di
romperlo. Il test di gravidanza, inequivocabilmente positivo, rifletté ancora
una volta un sorriso sereno e felice sul suo volto. Sparì un attimo dopo dietro
la porta del bagno e ne uscì definitivamente dopo appena un altro istante,
giusto il tempo di separarsi da quell’oggetto, con l’intento di continuare il
discorso a tu per tu col suo interlocutore.
“Non sarà un problema comprare dei mobili nuovi…” riprese a
parlare, assolutamente certa di avere l’attenzione di lui. Entrò
definitivamente nella camera da letto, soffermandosi a osservare lo specchio
accanto alla porta del bagno. I suoi occhi scrutarono nuovamente la sua
immagine, questa volta riprodotta per intero, e si trovò a smettere di
parlare, senza un apparente motivo. Una mano si posò, con un gesto automatico,
sul grembo.
Lui si
era alzato, intanto, intenzionato piuttosto a tornare alle sue occupazioni.
Visibilmente poco interessato a mobili, colori delle pareti e simili argomenti
di conversazione, pareva sul punto di andarsene, manifestando implicitamente
che, da parte sua, il discorso non aveva alcun motivo di proseguire. Aveva
esitato solo un momento tuttavia, indugiando anch’egli sulla figura di lei
nello specchio; pareva non avesse potuto farne a meno. La sua espressione, come
sempre imperscrutabile, aveva tradito nonostante tutto un susseguirsi
impercettibile di emozioni diverse. Il suo sguardo si era posato sulle gambe
nude di lei, percorrendole con una lentezza e con un’espressione inequivocabile
fino all’orlo della minigonna, ma aveva esitato su quella mano, assorto per un
attimo in qualche riflessione di tutt’altra natura.
“Vegeta…”
il suo tono di voce, che fino a pochi istanti prima rappresentava l’emblema
della felicità, cambiò decisamente tonalità. Una leggera inclinazione
malinconica tradì una punta di tristezza. Non aveva distolto lo sguardo dalla
sua immagine riflessa, nemmeno per un istante; continuava a scrutarla con
attenzione. L’età non era più quella di una ragazzina, lo si leggeva
chiaramente nei lineamenti del suo viso; di certo non era più nel fiore degli
anni. Lentamente il suo sguardo si posò sulla mano, ancora stretta sul grembo,
indugiando per diversi secondi. Infine la sua attenzione fu catturata dalla
figura del compagno rispecchiata alle sue spalle. “E se… non ci riuscissi?”
ebbe il coraggio di dire, dopo qualche momento.
Il
volto di lui aveva tradito immediatamente una reale sorpresa. Il lieve
inarcarsi di un sopracciglio denotò infatti, sul volto del Saiyan, una certa
perplessità. Nonostante ciò, lui, si limitò a fissarla tramite lo specchio,
senza manifestare alcuna emozione evidente. “Che ti prende adesso?” chiese
leggermente seccato.
Lei
rispose abbassando malinconicamente lo sguardo per un momento, “E se non
riuscissi a tornare più come sono adesso? Non sono più una ragazzina, Vegeta”
mormorò solo qualche istante dopo, voltandosi a guardarlo. Era sul punto di
piangere. “Se andasse tutto storto? Io… non voglio diventare grassa e brutta”.
Quelle
ultime parole sembrarono conferire all’espressione di lui un maggiore fastidio
e una palese irritazione. Di nuovo, un occhio più attento avrebbe notato invece
un lieve moto di preoccupazione in quello sguardo seccato, che non era riuscito
a nascondere del tutto.
Una
piccola lacrima solcò il suo candido visto, “E… e tu cosa ne sai?” piagnucolò
tra i singhiozzi, interpretando quello sguardo “N… non sono un Saiyan come
voialtri… io…” continuò. Intanto, quella che doveva essere solo una lacrima
solitaria, si tramutò ben presto in un pianto isterico e incontrollato. Svelta,
si passò una mano sugli occhi, nel vano tentativo di controllarsi ed eliminare
almeno i segni delle lacrime. “Potrei non avere più questa forma fisica…
ingrasserò, diventerò una palla, e tu… tu non mi capisci… andrà tutto storto,
già lo so…” si lagnò tra i singhiozzi, sempre più convulsi. Una ciocca di
capelli le cadde sul viso, e lei la scostò con un gesto nervoso. “Insomma,
guardami Vegeta… sta già cominciando ad andare tutto male… guarda… lo vedi?!”
insistette, portandosi anche l’altra mano nella folta chioma celeste. “Questi
maledetti capelli! Non li ho mai avuti così brutti!” piagnucolò ancora.
Lui
aveva ascoltato quello sfogo in silenzio, fissandola corrucciato e con le
braccia incrociate sul petto, senza distogliere lo sguardo. Dopo quella che
poteva sembrare la conclusione del discorso, aveva continuato a fissarla per
qualche istante ancora, impassibile, come volesse tacitamente accertarsi che
avesse finito davvero. La squadrò poi da capo a piedi; sembrava quasi cercasse
di imprimere la sua immagine nella memoria, senza fretta. Solo dopo, fece un
passo verso di lei. Le afferrò i polsi con un gesto brusco e improvviso, che la
fece trasalire, e le abbassò deciso le mani lungo i fianchi, senza allontanarsi
né allentare la presa. I suoi occhi, fissi in quelli di lei, la sfidarono
letteralmente a ribattere a ciò che stava per dire.
“Sei
una stupida!” affermò deciso, senza distogliere lo sguardo. Lei smise di
singhiozzare senza volerlo.
“Tsk”
sbuffò, lasciandole le mani e facendo un passo indietro, “A cosa ti serve
essere così vanitosa?” quella domanda suonò come un’affermazione; aveva un tono
quasi di rimprovero e di sdegno, ma il suo sguardo, che aveva percorso
lentamente la sua figura per poi tornare sui suoi occhi, esprimeva
eloquentemente tutt’altro che disprezzo. Infine, come se nulla fosse, uscì
dalla stanza.
Lo
osservò scomparire oltre la porta e tornò lentamente alla calma. Ripensò al
comportamento dell’uomo e un piccolo sorriso si fece largo sul suo viso,
“Grazie” mormorò dolcemente.
Un rumore improvviso all’interno della cameretta cancellò in un
istante il riflesso di quel sorriso sul volto di Bulma, ridestandola dai
suoi ricordi. Intuendo che Vegeta era sul punto di uscire dalla stanza di Bra,
fu presa vagamente dal panico e si guardò intorno nervosa, passando in rassegna
un milione di possibili scuse per giustificare la sua presenza nel corridoio.
Lo scatto repentino con cui si allontanò istintivamente dalla porta tuttavia,
non fu abbastanza fulmineo per evitare di essere beccata a spiare impunemente,
da un Saiyan che faceva dell’essere costantemente diffidente e all’erta il suo
stile di vita. Al Saiyan in questione peraltro, che finì inevitabilmente per
notare la donna e la sua strana espressione, non era servito che un semplice due
più due per intuire la situazione, conoscendo fin troppo bene le abitudini
della sua compagna.
Bulma si era sentita rivolgere una sorta di ringhio sommesso, ma
nulla di più. Vegeta infatti, che si era limitato ad augurarsi mentalmente di
non essersi reso troppo protagonista dei divertimenti della donna, si fermò
solo per un secondo a fissarla con la coda dell’occhio, incamminandosi lungo il
corridoio e ignorandola come se nulla fosse.
“Ah Vegeta, eri qui?” domandò Bulma, fingendo di essere sorpresa
ed ostentando naturalezza. Ignorò a sua volta, tra le altre cose, la terribile
espressione del Saiyan e il fatto che non si fosse fermato; ma, soprattutto, si
sforzò di rivolgersi a lui come se la presenza di Vegeta nella camera della
figlia fosse del tutto normale. “Pensavo dormissi già” insistette, parlando
ormai al vento, dato che il compagno si era già allontano. Conscia di non
essere più ascoltata, decise infine di entrare nella camera di Bra.
Il Saiyan proseguì deciso verso la sua stanza, continuando a non
prestarle la minima attenzione, fermamente intenzionato a tornare a fare ciò
che stava facendo prima di essere disturbato, cioè dormire; non senza aver
rivolto mentalmente qualche maledizione a Bulma e alla sua brillante idea di
piazzare la camera della mocciosa a pochi passi dalla loro. A fare le spese
dell’evidente nervosismo dell’uomo, furono ben presto sia la porta della sua
camera da letto, spalancata con un gesto brusco e richiusa altrettanto delicatamente
in meno di un secondo, sia le coperte, che furono scostate dal letto con un
certo, malcelato disprezzo. Da ultimo toccò al cuscino, che venne sprimacciato
in modo fin troppo energico e dovette cedere ben presto, sotto i colpi di un
guerriero Saiyan risolutamente deciso a riprendere sonno al più presto.
L’espressione irritata di Vegeta, nel momento in cui aveva chiuso gli occhi,
appoggiando finalmente il capo sul povero guanciale, esprimeva chiaramente la
sua ferrea intenzione di porre fine immediatamente a quella maledetta giornata.
Non passò che qualche istante, prima che Bulma entrasse a sua
volta nella stanza. Gettò un’occhiata all’uomo, in apparenza addormentato, col
chiaro intento di saggiarne l’umore. “Bra dorme” annunciò in tono tranquillo,
lasciandosi andare ad un vistoso sbadiglio, per poi stiracchiarsi. “Sono
stanca, è stata una lunga giornata” continuò parlando in modo naturale. Senza
attendere alcuna reazione dal Saiyan, cominciò lentamente a svestirsi, tenendo
sempre sotto costante osservazione il compagno, seppur solo con la coda
dell’occhio.
Vegeta non si degnò peraltro di dare il minimo segno di vita; che
stesse già dormendo o semplicemente avesse deciso di ignorare la donna fingendo
di farlo, impossibile intuirlo a un’occhiata distratta. Tuttavia, Bulma non era
certo il tipo da lasciarsi distrarre o ingannare, né tantomeno intimidire
dall’indifferenza mostratale da Vegeta. Entrò tranquillamente in bagno e, pochi
secondi più tardi, si udì chiaramente il rumore dell’acqua scorrere. “Bra era
molto felice oggi. È stata una bella festa!” disse a voce alta, affinché anche
il suo presunto interlocutore potesse sentirla. L’acqua smise di scorrere poco
dopo. “Anch’io mi sono divertita molto” continuò a parlare a distanza. Il tono
della voce risultò lievemente allusivo, ma questa volta appariva benevolo; non
vi era alcuna traccia di malizia, né di cattiveria. Un istante dopo, uscì dal
bagno indossando una sottoveste piuttosto succinta.
Con un gesto tanto istintivo quanto impercettibile, il Saiyan si
limitò a partecipare a quella supposta conversazione sollevando appena una
palpebra, quel tanto che bastava per osservare, o meglio sbirciare la compagna,
mentre si muoveva per la stanza. Nel tentativo di seguitare ad ignorarla
tuttavia, tornò quasi subito a chiudere gli occhi.
A Bulma, quella piccola reazione non era di certo sfuggita; ma,
nonostante ciò, continuò a parlare con Vegeta come se nulla fosse, afferrando
un indumento dal suo cassetto. “Le sono piaciuti tanto i regali! Quello di Trunks
soprattutto!” affermò soddisfatta. Nel frattempo, con una serie di movenze
studiatamente sexy, la sottoveste lasciò il posto a una camicia da notte ancora
più succinta e provocante. Il tono della sua voce contrastava vivamente con i
suoi gesti, naturalmente seducenti, che la donna fingeva di compiere con una
spontaneità che aveva l’effetto di renderla ancora più attraente. “Pensa,
l’aveva ancora in testa quell’elastico! Credo che non riusciremo più a
toglierglielo!” affermò ridendo.
Vegeta, ormai avvinto da quelle movenze, si era ritrovato a
schiudere gli occhi senza accorgersene, dimenticando completamente la fermezza
dei suoi fieri propositi di ignorare la donna. A quelle ultime parole e alla
risata di lei, tuttavia, la reazione del Saiyan ripiombò inevitabilmente e
altrettanto involontariamente nell’irritazione. Quel dannato elastico non la
smetteva di perseguitarlo! E quella maledetta storia non pareva avere fine! Con
un immane sforzo rimase in silenzio; serrò la mascella in uno scatto nervoso,
corrucciando le sopracciglia in un ennesimo, esasperato tentativo di mantenere
la calma.
Bulma si fermò per un momento, quando i suoi occhi si posarono
sullo specchio che rifletteva la sua immagine a figura intera, ed esitò un
istante. “Sai?” continuò con un tono più pacato, “Era bello il vestito che hai
scelto… Credo che domani andrò al negozio e lo comprerò. Sarebbe proprio carina
con quel vestito”. Pronunciò quelle parole ancora una volta priva di ogni
malizia, senza prenderlo in giro. “In fondo noi donne siamo vanitose!”. Questa
volta la sua tonalità risultò divertita; osservò nuovamente Vegeta, un secondo
dopo, con la coda dell’occhio.
La calma, a quel punto, era ormai un concetto lontano anni luce
dal Principe dei Saiyan. L’impercettibile occhiata che aveva seguito le curve
della compagna riflesse in quello specchio aveva acceso d’eccitazione lo
sguardo dell’uomo solo per una frazione di secondo; con la stessa rapidità con
cui un desiderio inequivocabile si era manifestato sul suo volto tuttavia,
quello stesso accenno di turbamento aveva lasciato repentinamente il passo ad
un cipiglio corrucciato che l’aveva spazzato via in un istante. A prima vista,
lo si sarebbe creduto quasi volontario, tale era stato l’istantaneo cambio
d’espressione. In una reazione improvvisa ed estremamente rapida, scattò
mettendosi seduto. “Smettila di blaterare a vanvera! Mi hai stufato!” sbottò,
visibilmente nervoso e un po’ imbarazzato, a causa dell’ultima frase di lei.
Bulma ignorò completamente la reazione brusca del compagno. Si voltò
a guardarlo solo per un momento, con un’espressione perplessa. Infine si
rivolse a lui come se gli stesse spiegando una cosa ovvia. “Non si può privare
una bella ragazza di un bel vestitino, no, no!” affermò con rimprovero, “E poi,
magari, se dico loro che sono la moglie dell’eroe che ha sventato così
coraggiosamente la rapina, mi fanno anche lo sconto!”. Quell’ultima frase,
infine, non poté evitare l’inevitabile. Le fu impossibile pronunciarla in modo
serio e scoppiò in una fragorosa risata, non riuscendo più a trattenersi.
Nonostante ciò, facendo appello a tutto il suo autocontrollo, Bulma si avvicinò
e si infilò sotto le coperte subito dopo, sforzandosi di non incrociare lo
sguardo di Vegeta e, soprattutto, di smettere di ridere.
Il Saiyan, in realtà, decisamente poco divertito e con
un’espressione imbronciata, altrettanto impegnato a controllare tutt’altro
istinto, si limitò ad emettere una sorta di ringhio sommesso, voltando di
scatto il capo nella direzione opposta e incrociando le braccia al petto
nervoso, ormai, in apparenza, irrimediabilmente irritato.
Pian piano la risata di Bulma si tramutò lentamente in un sorriso.
Si soffermò ad osservarlo con un’espressione divertita, ma ogni traccia di
malizia era di nuovo scomparsa dal suo volto. Dopo qualche istante però, il suo
sguardo si accigliò lievemente in un moto di rimprovero esasperato. “Oh avanti
tesoro! Sto cercando di chiederti scusa!” sbottò con un tono teneramente
scocciato.
Per alcuni istanti, Vegeta sembrò accogliere con la più totale
indifferenza quell’affermazione; lo sguardo rivolto di fronte a sé, evitò
accuratamente di incrociare quello della compagna, che continuava a scrutarlo
in attesa di una qualche reazione. All’attento esame della donna, non sfuggì
tuttavia il lieve corrugarsi delle sopracciglia di lui, segno che quelle parole
avevano sortito un certo effetto e che il Saiyan stesse riflettendo sul loro
reale significato. Lo sguardo dell’uomo si distese impercettibilmente e si fece
lentamente meno imbronciato e severo. Apparentemente assorto in qualche
pensiero, la sua espressione concentrata finì per tramutarsi infine in una
decisamente maliziosa, nel momento in cui si decise a voltarsi verso di lei.
“Tsk, c’è modo e modo per chiedere scusa” affermò squadrandola con lentezza,
decisamente allusivo e ormai chiaramente concentrato sulla sua camicia da
notte.
Anche lo sguardo di lei si tinse per un momento di assoluta
malizia; ricambiò l’occhiata carica di desiderio che le aveva rivolto Vegeta
con un’espressione tra le più seducenti del suo repertorio. Ciò nonostante
sembrò passargli per la testa qualche pensiero diverso, che le restituì quasi
all’istante un’aria naturale e distratta. Parve riflettere su qualche cosa
velocemente e ricominciò a parlare, come se nulla fosse; intenta nel frattempo
ad aggiustare il cuscino, come seguendo meccanicamente con quel gesto le sue
riflessioni. “Mica ti ricordi quanto costava quel vestito? Cioè, poi non
m’importa quanto costa…” cominciò a farneticare tra sé e sé, immersa ormai
nuovamente nelle sue elucubrazioni. Che il suo scopo fosse di fargliela pagare
almeno un po’ anche lei o che lo facesse solo per di divertirsi, non sembrava
avere poi molta importanza. Il risultato fu in ogni caso il leggero inarcamento
di un sopracciglio da parte dell’ormai alquanto impaziente Principe, che la
osservò per un momento assolutamente incredulo e quasi del tutto spiazzato.
“Chissà se c’era anche in rosso? Bra sta così bene in rosso…” continuò lei,
senza sosta, con il chiaro intento di non smettere tanto presto.
Vegeta tornò, inevitabilmente, a corrucciarsi irrequieto per un
momento. Quella donna aveva un modo di fare decisamente esasperante!
Oltrepassata ormai una molteplicità di stadi di irritazione, nervosismo ed
eccitazione e già ben oltre ogni limite umano ed alieno di sopportazione, sul
volto del Saiyan aveva finito per palesarsi, al colmo di tutte quelle emozioni,
l’unica espressione che riuscisse a contenerne la somma; un’imperturbabilità
assoluta. Stufo del modo di fare di lei e ancora fermamente deciso a porre fine
a quella giornata, parve convincersi, alla fine, che l’unico modo per uscirne
vincitore sarebbe stato l’uso della forza. Le afferrò una spalla non troppo
delicatamente, costringendola a girarsi e a guardarlo negli occhi. “Ti ho detto
di piantarla!” ripeté minaccioso, accostandosi lentamente a lei. Il tono
di quelle parole suonò lapidario; non ammetteva repliche, così come il suo
sguardo severo e inflessibile. Bulma replicò di fatto in silenzio, incatenata a
quegli occhi, che incombevano su di lei più prepotenti della sua stretta.
Sussultò appena quando lui la baciò, ancora sorpresa nel confondersi di fronte
a quel suo modo irresistibile di vincere ogni scontro. Si fermò un secondo a
guardarlo… No, lui non avrebbe vinto tanto facilmente… Sorrise.
“Accidenti Vegeta, ce ne hai messo di tempo!” sussurrò dolcemente,
con una punta di ironia. “Stai zitta!” rispose lui, prima di metterla a tacere
una volta per tutte, cercando nuovamente le sue labbra.
FINE…
Qualche
ora prima…
... la rapina poteva trasformarsi in una tragedia, se non fosse
tempestivamente intervenuto un eroico cittadino a fermare i malviventi... Non
ci ha voluto rilasciare un’intervista, purtroppo, né conosciamo il nome di
questo generoso...
Goten osservò lo schermo televisivo con un’espressione sgomenta.
Deglutì sonoramente, mandando giù il boccone che stava masticando. “Ehi! Ma
quello è Vegeta!” esclamò sbalordito, additando l’elettrodomestico e suscitando
lo stupore dei presenti.
Goku si ritrovò involontariamente ad alzare gli occhi dal piatto
in un’espressione incuriosita. Senza accorgersene era rimasto immobile,
completamente rapito dalla voce dello speaker e dalle immagini che si
susseguivano, inequivocabili, sullo schermo; con la mano che reggeva il
cucchiaio ferma a mezz’aria, pareva essersi dimenticato perfino di masticare.
… è raro trovare un tale esempio di abnegazione, eroismo e…
modestia...
Masticare fu l’ultimo dei suoi problemi quando, sgranando gli
occhi per la sorpresa e l’incredulità, si ritrovò a sputare in modo inconsulto
quello che stava mangiando, nel tentativo di evitare di strozzarsi.
Travolto in pieno dall’inondazione, Gohan si limitò a ripulirsi la
faccia col tovagliolo in un gesto meccanico e in preda ad uno stato di trance.
Lo sguardo fisso sulla televisione, si accorse a malapena di suo padre.
“Goku! Ti sembra il modo di comportarti a tavola?!” lo rimproverò
Chichi, come se nulla fosse. “Mamma?” domandò invece la piccola Pan,
strattonando un lembo della gonna della madre, incuriosita e confusa dallo
strano comportamento generale.
… un signore così per bene, era qui a comprare un regalo per la
sua bambina... La signora
ingioiellata, che riempiva lo schermo col suo sguardo rapito e sognante,
raggelò per un momento nel silenzio la quasi totalità dei commensali.
“C… come?” rispose distratta Videl, che a malapena aveva sentito
la figlia.
Chichi volse finalmente la sua attenzione alla tv, ascoltando
infine le parole del cronista. “Ah, quasi dimenticavo, oggi è il compleanno di
Bra” esclamò sorridente, colta dall’improvvisa illuminazione.
FINE!
vivvina:
Non siamo sicure che a
Vegeta piacerebbe essere definito un paladino della giustizia XD. Grazie mille
per i complimenti, speriamo che ti sia piaciuto anche il finale di questa
storia.
Angelo
Azzurro: Grazie per i
complimenti e per aver messo la storia tra i preferiti. Riguardo a Vegeta, ha
davvero rischiato di esplodere, ma è stato bravo dai. ^_*
lilly81: Lo scopo era quello di divertirci e se così ti è sembrato allora
possiamo considerarci più che soddisfatte ^^. Grazie per i tuoi complimenti, da
parte nostra cercheremo di crescere ancora.