asdfghjkl
CAPITOLO
30. CROLLO
Più passavano i giorni,
più Sgarbi si sentiva distrutto, ma il suo incorreggibile
orgoglio, che l'aveva sempre guidato, gli stava imponendo di smetterla.
Non poteva passare il suo tempo a starsene rannicchiato in un angolo
del suo appartamento per quanto fosse triste ed amareggiato.
Si era addirittura preso dei giorni di ferie, una cosa che non faceva
mai. Ormai sarebbe dovuto tornare al lavoro, ma non poteva farsi vedere
in quelle condizioni.
Non poteva permetterlo.
Si sentiva vuoto dentro, come se qualcosa a lui indispensabile per
vivere gli fosse stata strappata dal corpo, e lui non sapeva
più né come trovarla né come
rimetterla dov'era.
Tutto quello che riuscì a fare fu radersi la barba che stava
crescendo, e pulire gli occhiali. Non era molto, ma era sempre qualcosa.
Doveva uscire.
Vedere gente.
Erano settimane che non vedeva la luce del sole.
Doveva vestirsi e lasciare quell'appartamento, ma più ci
provava più si sentiva inadeguato per il mondo là
fuori.
Non era mai successa una cosa del genere.
Un tempo pensava che fossero gli altri ad essere inadeguati per il
mondo, e non certo lui.
Si grattò la testa e, una volta alzato, sentì
qualcuno bussare alla sua porta.
"Sgarbi! Sgarbi!"
Era Psycho.
Ancora.
L'ultima volta era andato molto vicino a raccontarle la
verità, anche se a sfumature molto confuse.
Ora cosa poteva volere?
A fatica andò verso la porta, e aprì.
"Qualsiasi cosa tu voglia.. credimi.. non è il momento."
mormorò in tono stanco.
Psycho era sinceramente dispiaciuta per come stava l'amico, ma era
anche consapevole che se avesse dovuto aspettare lui, sarebbero passate
settimane, e quella cosa non poteva più andare avanti.
Quel dubbio non la lasciava in pace un secondo, e lei doveva sapere.
"Lo sto facendo per te." mormorò lei, entrando dentro.
"Te l'ho detto. Sto bene. Ho solo bisogno di un po' di tempo."
"Un po' di tempo? Sai quanti giorni sei stato rintanato qua dentro? I
vampiri sono usciti più spesso di te!"
"Non sono in vena di battute."
"Perché non ne parli con me? Non ti fidi?"
"Non sono affari tuoi! Sono cose che riesco a gestire!"
Psycho prese l'amico per un braccio, lo trascinò in bagno e
lo mise davanti ad uno specchio, perché lui potesse
guardarsi.
"Questo lo chiami gestire?"
"Non è una cosa che ti riguarda." mormorò lui,
uscendo dal bagno.
Lei lo seguì.
"E' per Philippe, vero?"
Sgarbi si bloccò di colpo.
Sentì le vertigini in tutto il corpo e il sudore bagnargli
il viso.
"C- cosa?"
"Sgarbi, tu e Philippe avete una storia?" insistette la ragazza.
"Che schifo! Come osi chiedermi una cosa del genere? Tu vedi froci
ovunque. Sei malata!" urlò arrabbiato Sgarbi, ma non appena
diede di nuovo le spalle alla ragazza, delle lacrime gli rigarono il
viso.
"Non devi vederla come una colpa! Non si può scegliere chi
amare!"
"Vattene via!"
"Sgarbi ti prego ascoltami. Se non vuoi che non si sappia, giuro che
ogni cosa che dirai rimarrà tra te e me, ma credimi,
parlerne ti farà bene."
"VATTENE VIA!"
"Pensi davvero che una volta uscita da quella porta, staresti meglio?
E' qualcosa che non passa. Non è un'influenza. Lo sai come
la penso al rigardo, non ti giudicherei mai."
Sgarbi stava per crollare.
Le gambe tremavano, e i singhiozzi erano sempre più
difficili da controllare.
Ormai era fatta.
Psycho gli andò incontro e lo abbracciò forte, un
abbraccio al quale lui si aggrappò con tutto sé
stesso, perché altrimenti sarebbe caduto.
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