15 giugno 2010
Non erano arrivati nemmeno a metà lavoro per quanto riguardava
gli scatoloni da svuotare ma Meredith si stupì dalla sua poca voglia e
motivazione nell’aiutare i genitori. Certo traslocare dalla loro bellissima
casa in città era stato un colpo duro per lei ma non aveva progettato di
rimanere arrabbiata così a lungo . Quella sensazione
fastidiosa di disagio però non ne voleva sapere di andarsene
, specie dall’incontro con la nuova vicina, la “ non più signora Trenvont “… che seccatura.
Erano appena le
dieci del mattino ma il sole picchiava forte , tanto
che lo spiazzo d’erba su cui Meredith sedeva era diventato incandescente. La
terra sottostante sembrava ribollire . Era tutto così
innaturale; o forse era tutta colpa sua che non amava i cambiamenti , figurati quelli così radicali come trasferirsi in un
altro stato, separata da un deserto da tutto ciò che conosceva. Vedeva tutto in
maniera negativa.
Un’ora prima , all’ennesima richiesta di aiuto da parte della madre,
Meredith era scappata dal giardino sul retro e poi via per i campi di grano
fino ad arrivare ai margini di un piccolo boschetto dove si era stesa all’
ombra . All’ora dopo, il sole alzandosi si era portato
via quella deliziosa ombra fresca.
Si alzò con
l’intento di cercare riparo più in là così fece i primi passi nel nuovo
territorio ignoto, il bosco.
Anni prima , subito dopo aver scoperto di essere stata adottata erano
iniziate le sue esplorazioni; quando sentiva di non reggere più la tensione o
la stanchezza si rifugiava sempre tra gli alberi dietro casa, alti, imponenti e
rassicuranti . Non come quelli di adesso che gettavano ombre inquietanti ai
suoi piedi nonostante la poca chioma giallastra. Li osservò a lungo chiedendosi
con seria curiosità per quale motivo avessero quel colore malato. Si vede che
il caro buon vecchio sole non risparmia proprio niente e nessuno.
Attratta da forze invisibili
continuò a camminare in una direzione che apparentemente la faceva inoltrare
sempre di più nella foresta , ma in realtà stava andando verso le case alla
fine della corte. Nessun suono apparte i suoi passi
incerti, nemmeno un uccellino. Qualche foglia cadeva ogni tanto.
Si arrestò di
colpo allarmata credendo di sentire qualcosa ma quel silenzio era così
innaturale , assoluto, pesante che probabilmente le
faceva brutti scherzi. Meredith , non lo avrebbe mai
ammesso ad anima viva, ma era spaventata a morte. Quel senso di disagio si
faceva più opprimente ad ogni passo ma non riusciva a fermarsi; aumentò la
velocità fino a correre, poi di nuovo si fermò, questa volta sicura di quello
che stava sentendo: una risata, voci sempre più vicine. Girò su se stessa
cercando un nascondiglio sicuro ma oltre a quelli stupidi alberelli contorti non c’era niente in grado di coprirla.
Le voci erano sempre più alte.
Prese a correre verso destra facendo più rumore del necessario. Se
lei sentiva loro, loro sicuramente sentirono lei.
È così accadde .
Ci fu un intero
minuto di perfetto silenzio nel quale Meredith cercò di capire da che parte
andare . Senza neppure sapere perché , provava una
paura terribile che le scivolava su e giù
all’altezza dello stomaco, mischiata ad un senso di eccitazione , l’adrenalina a mille
. Una minuscola parte di lei adorava quelle sensazioni.
Sentiva le voci sempre più chiare e vicine, ne
distinse almeno tre, maschili. Continuò la sua corsa verso destra senza
voltarsi nemmeno una volta; si sentiva esattamente come quel piccolo coniglio
bianco che un
suo compagno di classe portò alle elementari. La bestiola era riuscita a
evadere dalla sua piccola cella scatenando l’innocente crudeltà che solo i
bambini possiedono . Fino a che quella piccola creatura non fu calpestata e
tirata per le orecchie nessuno intervenne.
La ragazza ebbe
chiara in mente l’immagine di quel soffice pelo bianco macchiato di rosso
sapendo che quello stesso trattamento sarebbe toccato anche a lei, se non di
peggio. Alla sue sinistra intravide una grossa sagoma
scura, una capanna di quelle che usano i cacciatori , tutta ricoperta di
rami, foglie e rampicanti.
Sentiva i passi
degli inseguitori sempre più vicini ma era quasi arrivata alla capanna.
Allungò una mano per scostare il telo che copriva l’entrata, sicura che ce l’avrebbe fatta ma non si rese conto che i nemici erano
alle sue spalle. Si sentì afferrare
forte per i lunghi capelli e stupidamente pensò a quando sua madre aveva
cercato di farglieli tagliere a forza ma lei era
scappata.
Gridò e si girò
di scatto mulinando entrambe le braccia, mani chiuse a pugno, per cercare di
colpire l’altro che prontamente mollò la presa sui suoi capelli ma le prese entrambi i polsi.
-E sta ferma,
cazzo!- la tenne ferma con la mano sinistra mentre con
la destra cercò di colpirla.
Spaventata,
Meredith chiuse gli occhi e si preparò al dolore, ma questo non venne. Ne aprì
lentamente uno poi l’altro.
Il ragazzo ,
tenendola saldamente , si era voltato verso i suoi compagni che venivano verso
di loro. Una decina di ragazzi più o meno della sua
stessa età più due che sembravano non averne nemmeno quattordici di anni.
Quello che l’aveva presa era il più alto e imponente di tutti ma a parlare fu
il secondo arrivato , aveva l’aria di essere più grande
degli altri, almeno vent’ anni.
-Chi sei?- senza
guardarla, ancora con il fiato grosso , si frugò le
tasche in cerca di una sigaretta. La trovò e l’accese
con impazienza. Sembrava uno di quei tipi che non trovano mai posa , nervosi ma che sanno il fatto loro.
Lei non rispose non sapendo cosa
fosse più saggio fare: mentire o dire la verità. Alla fine non aveva fatto
nulla di male , era semplicemente andata a fare una
passeggiata nel bosco dietro casa; come poteva sapere che quello era territorio
della loro banda?
Si sentì meglio. Aprì la bocca per parlare ma
non fece in tempo che uno dei ragazzini più giovani disse – è quella che si è
trasferita nella casa dei Johns
-.
Il ragazzo
grande lo guardò distrattamente poi concentrò la sua attenzione su Meredith, si
avvicinò a lei – è vero? Sei la nuova arrivata?-le soffiò il fumo in faccia
mentre quello grosso continuava a tenerla ferma. Lei girò la testa di lato e infastidita dal
gesto sputò fuori la risposta con un ringhio .
-Si-
-Si eh… e che ci
faceva una signorina per bene come te nel bosco tutta sola?- era così vicino che il puzzo della sua sigaretta la stava
intossicando. Tossì senza neppure voltare la testa ma lui non sembrava esserne
infastidito .
Sorrise.
-Mi sono persa…
stavo facendo una passeggiata e poi voi avete preso ad
inseguirmi- lo guardò dritto negli occhi, sfidandolo, ma lui non le diede
alcuna soddisfazione. Anzi, continuando a sorridere si allontanò di un passo e
si rivolse all’altro – Lasciala andare.- e questo obbedì senza esitazione.
Le andò vicino e
mettendole una mano dietro al collo la fece girare in modo da trovarsi di
fronte alla capanna.
- Devi capire
che tutta questa zona- allargò il braccio sinistro- è mia. Capisci? Qui comando
io. Quando siamo nella corte possiamo pure giocare a
fare i bravi bambini ma questo è territorio del mio branco. Capisci?- si
abbassò su di lei rimasta
impietrita da quelle gelide dita intorno al proprio collo. Annuì senza riuscire
a guardarlo negli occhi perché appena lui l’aveva toccata la morsa allo stomaco
era tornata e adesso voleva solo non essere mai entrata in quel bosco malato.
- Molto bene. Se
ti becco ancora vicino a questa capanna giuro che ti
faccio pentire di essere venuta non solo nella mia corte ma anche in questo
stato. Hai capito?- il tono era freddo, metallico e meccanico ma il sorriso era
anche peggio. Sembrava un pazzo appena scappato dal manicomio.
Meredith prese a tremare e sentì gli occhi
farsi sempre più lucidi, ma non voleva piangere davanti a quelli. Si morse
l’interno di una guancia e annuì. Ma lui non mollò la
presa, la condussero in silenzio verso dove era venuta con tutto il branco a
seguirli. Al margine del bosco la spinse in avanti e non scomparvero fino a che
lei non percorse il campo di grano e si ritrovò nel proprio giardino senza
rendersi nemmeno conto di come avessero fatto le sue gambe a muoversi senza
l’impulso della gelida mano sul collo.
Quella notte avrebbe
sognato dieci lupi che riempivano la sua bianca pelliccia di sangue.
-Pensi che abbia
visto qualcosa?-
Dopo averle dato
una spinta in avanti la guardò allontanarsi prima di
rivolgere la sua attenzione alla domanda dell’altro ragazzo.
-Penso che dopo
oggi si sia dimenticata persino il suo nome. - aspirò una boccata di fumo e
senza esitazioni si girò per andarsene lasciando l’altro ancora a guardare il
campo di grano. Ma non
senza aggiungere - Muovi il culo Jesse.- e insieme, Alpha e Beta si congiunsero al branco.